Avete mai notato che le fotocamere Sigma dalla generazione Foveon Quattro in poi, quindi anche le Sigma fp e fp L, non hanno il logo sul frontale?
Se avete dei dubbi, controllate nella pagina di Nadir Magazine dove sono elencate tutte le fotocamere digitali prodotte da Sigma, sia con il sensore Foveon che Bayer. Sino alla Sigma SD1 Merrill c'è il logo sul pentaprisma delle reflex e sul frontale delle compatte, ma con la generazione Quattro e con le Sigma fp/fp L, il logo non c'è più. Una dimenticanza dell'azienda certo non può essere, voglio quindi fare qualche ipotesi del tutto personale.
I primi modelli Sigma digitali
Le prime fotocamere Sigma digitali risalgono al 2002 (Sigma SD9) ed adottano il sensore Foveon sin dall'inizio. Le fotocamere professionali mirrorless erano ben lontane dall'arrivare (in pratica solo le fotocamere compatte erano senza specchio, cosa comune a tutti i marchi, ma con ottica fissa), pertanto sono fotocamere reflex come qualsiasi fotocamera di qualsiasi altro marchio. La scelta delle fotocamere reflex non solo era obbligatoria a causa dell'evoluzione tecnologica di quel periodo, ma anche un passo naturale e scontato dall'analogico al digitale. Del resto, guai a parlare ad un fotoamatore evoluto o ad un professionista dell'epoca di fotocamere non reflex: un po' per abitudine, un po' per la novità del digitale (ed i fotografi della scorsa generazione erano molto conservatori: credo di aver vissuto un lungo ed importante periodo della storia della fotografia), una "vera fotocamera" doveva essere reflex "perché si vede quello che si sta fotografando", cosa molto sbagliata, visto che, se sottoesponete anche di 10 Stop nel mirino reflex non lo vedete, come non vedete le dominanti cromatiche e come verrà la foto prima ancora di scattarla, cosa che oggi sembra banale e scontata, ma che agli inizi è stata dura da mandare giù. Le compatte, ovviamente, erano tutta un'altra storia, ma - appunto - erano fotocamere compatte e, salvo rare e costose eccezioni, non certo strumenti professionali.
Le prime fotocamere Sigma, quindi erano reflex. Come tutte le reflex, avevano il pentaprisma per consentire la visione delle immagini: una soluzione tecnica indispensabile, una brutta protuberanza sulla parte superiore della fotocamera, diventata presto un elemento caratteristico delle reflex. Un elemento di design ed il comodo posto dove scrivere il nome del fabbricante. Le fotocamere reflex, ad un occhio non allenato, apparivano tutte più o meno identiche ed il logo le caratterizzava. Viceversa il logo era anche il modo per alleggerire il "bozzo" del pentaprisma e, in alcuni casi, quando la stessa azienda vendeva la stessa fotocamera a marchi diversi, consentiva di riconoscere una Yashica da una Cosina, da una Vivitar e non ricordo quante altre reflex identiche che uscivano dalla stessa catena di montaggio. Le reflex Sigma, pur avendo un design originale Sigma, non erano molto diverse da tutte le altre reflex ed il logo sul pentaprisma è l'elemento che permette di riconoscerle.
Lo stesso discorso vale per le fotocamere compatte della serie dp.
Come tutte le altre compatte, erano dei mattoncini squadrati con il "cerchio" di un obiettivo fisso davanti. Indispensabile aggiungere il logo Sigma per caratterizzarle.
Questo sino al 2012 vale a dire sino alla reflex SD1 Merrill e compatte dp1, dp2 e dp3 Merrill rimaste in produzione sino al 2016.
Arriva poi il sensore Quattro
Dopo il sensore Merrill, Sigma decise di rivoluzionare sia il suo sensore Foveon a tre strati identici (argomento sul quale si discute ancora oggi) che l'estetica delle fotocamere, estremamente ricercata e prodotti di design che potranno anche non piacere, ma sono indubbiamente originali. In realtà Sigma in quegli anni iniziò una svolta silenziosa per tutti i suoi prodotti: fotocamere e obiettivi, sempre migliori, sempre meglio realizzati e sempre più caratterizzati a livello estetico. Il design è entrato alla grande in Sigma, come pure la ricerca di materiali diversi (vedi il TSC usato per gli obiettivi che offre il feeling del metallo con una migliore resistenza alle variazioni di temperatura o il trattamento antiriflessi, oggi uno dei migliori sul mercato), con una cura che si estende alle scatole, alle borse, alla grafica, all'invenzione di un font che prima non esisteva ed utilizzato dal logo a tutto il sito, i manuali, la grafica sugli obiettivi, sulle fotocamere e nei menu. Ci avevate fatto caso? Fatelo ora.
Le fotocamere Sigma della serie Quattro sono incredibilmente ben realizzate, solide e ben rifinite, con un design inconfondibile. Le mirrorless non hanno bisogno del "bozzo" del pentaprisma (lasciato da altri fabbricanti per strizzare l'occhio ai nostalgici, basta vedere l'inversione di rotta di Sony dalla rivoluzione delle prime NEX e successive mirrorless APS-C prive di "bozzo" alla serie A7 Full Frame che voleva conquistare un pubblico più esigente) e la Sigma sd Quattro, infatti, non ha un nulla che ricordi un pentaprisma. Non serve, anche se alla fine in quello spazio qualcosa ci si mette lo stesso (vedi anche l'Hasselblad X1D che sembra una sd Quattro con l'aggiunta del pentaprisma).
A molti non piace, a me tantissimo, e comunque è una fotocamera che s'impugna benissimo. Viste le generose dimensioni sarebbe facilissimo aggiungere il logo Sigma sul frontale, di spazio ce n'è tanto, ma non c'è: la sd Quattro è inconfondibile. E' un oggetto iconico che si riconosce da lontano senza dover leggere il nome, come le Leica a telemetro e le Hasselblad a pellicola.
Stesso discorso per le compatte dp della serie Quattro: abbandonata la forma a mattoncino tipica delle compatte, hanno una forma allungata che migliora il grip e disperde meglio il notevole calore prodotto dal sensore Foveon. Una forma che può non piacere, ma validissima nell'uso di tutti i giorni e con una usabilità di tasti e menu ottima. Anche qui non c'è il logo Sigma sul frontale, ma è impossibile non riconoscere subito una Sigma dp della serie Quattro.
Sia la sd quattro che le dp Quattro non hanno il logo Sigma sul frontale, ma lo troviamo - molto piccolo e discreto - sul retro.
Le Sigma fp e fp L
Siamo così arrivati a tempi recenti - la fp "liscia" è stata commercializzata in Italia nel novembre del 2019 - e la cura per il design da parte di Sigma è continuata con la prima fotocamera full frame dotata di sensore di Bayer. La peculiarità della Sigma fp è quella di peso e dimensioni ridottissimi e per questo motivo è stato inevitabile ricadere nella forma del "mattoncino", ma con piccoli accorgimenti anche la fp è diventata immediatamente riconoscibile: impossibile confonderla con le Sony A7 e A9 che hanno dimensioni maggiori ed il finto pentaprisma sul tettuccio.
Elemento caratterizzante del design della Sigma fp è l'intercapedine tra il corpo, altrimenti sottilissimo, ed il display. Questa intercapedine, grazie a canali per lo smaltimento del calore durante le lunghe riprese video (altro vanto delle Sigma fp che sono l'unica fotocamera Full Frame che registra in 4K a 12bit come le videocamere da diverse migliaia di euro), caratterizza la fotocamera in maniera decisa.
Della Sigma fp abbiamo parlato recentemente qui ed abbiamo il test sia scritto che video della Sigma fp L. Anche sul frontale della fp non c'è il logo Sigma, solo la scritta "fp" o "fp L": è nascosto, ancora più piccolo, quasi invisibile, nella parte inferiore del dorso sotto al display.
L'attenzione di Sigma per questi particolari è incredibile e non è un caso che la piccola azienda giapponese, fiera della sua qualità "Made in Aizu", sia diventata un punto di riferimento nel mondo della fotografia.
Rino Giardiello © 11/2021
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SIGMA, MADE IN AIZU
GROWING UP FOLLOWING THEIR DREAMS
A small family-run Japanese company that has become one of the most consistent realities in the world of photography today
Sigma is a family-run Japanese company that has always had its only factory in the delightful Aizu region where life goes smoothly. It does not seem the description of a leading company in the photography sector, but it is the splendid reality of those who had the courage to grow up following their dreams.
An article by Rino Giardiello on Nadir Magazine which is not the story of Sigma, but an excursus on how the design of its lenses has changed in recent decades. A long race towards quality, innovation and the will to find original solutions.
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