La Sigma SD1 Merrill è l’ultimo modello delle reflex Sigma dotate del mitico sensore Foveon del quale si dice tanto (in bene ed in male). Si differenzia dal precedente modello di SD1 per il firmware, il prezzo e l’elegante logo “Merrill” in un angolo del display, un omaggio al geniale Dick Merrill, uno dei padri fondatori del sensore Foveon, scomparso nel 2008. E’ grazie alla creatività ed alla testardaggine di Dick Merrill, ma anche grazie a quelle di un’azienda che ha sempre creduto nelle sue idee e nella sua visione (dapprima come partner nel 2002 e poi con l’acquisizione della Foveon da parte di Sigma nel 2008) che la Sigma SD1 Merrill fa parte dell’attrezzatura del mio studio.
Il Foveon, il sensore che si comporta come una pellicola (cioè coi fotodiodi sensibili ai diversi colori disposti in strati verticali e non uno affianco all’altro come nel sensore di Bayer che equipaggia tutte le altre fotocamere digitali) nasce nel 1999 ma diventa realtà solo nel 2002 grazie all’incontro con Michihiro Yamaki, il CEO della Sigma, durante una dimostrazione del prototipo alla Photokina del 2000. La prima reflex digitale equipaggiata con un sensore Foveon da 2268x1512px (pari a 3.43Mpx che, per 3 strati, diventano, secondo Sigma, 10.29Mpx) fu la Sigma SD9 presentata nel 2002.
Non voglio dilungarmi in questo articolo sulla storia delle fotocamere Sigma dotate di sensore Foveon né sulle spiegazioni dettagliate del sensore (sono in preparazione due articoli a parte) e preferisco entrare nel vivo del test anche se, come vedremo, parlare della Sigma SD1 Merrill senza associarla al suo sensore, è praticamente impossibile.
La prima Sigma SD1 (ancora non Merrill) è stata presentata alla Photokina del 2010 e presentava alcune importanti novità: innanzitutto le dimensioni del sensore che, finalmente di dimensioni pari a quelle del formato APS-C (prima era un po’ più piccolo), al di là della maggiore qualità e della risoluzione di ben 15.36Mpx effettivi (x3), eliminava il fattore di crop usando le ottiche del sistema calcolate per il tradizionale APS-C. Il prezzo iniziale, però, era troppo alto e simile a quello di “mostri” bene affermati nel mercato come la Nikon D3X e la Canon 1Ds Mark III - sugli 8-9000 dollari solo corpo - dotate di elevate prestazioni, velocità, resa e, non ultimo, il pieno formato 24x36mm. Dopo un anno di vendite deludenti, Sigma ripropose la SD1 in versione Merrill con un sostanzioso calo di prezzo, sceso a circa 2000 Euro solo corpo: comunque tanti per una reflex APS-C. Un prezzo molto vicino a quello dei modelli Canon e Nikon pieno formato, ma ora adeguato ad una fotocamera che non era mai stata - non volendolo né potendolo essere - direttamente in concorrenza con una qualsiasi reflex tradizionale.
La verità, in breve, sulla risoluzione del Foveon
La Sigma SD1 Merrill è dotata di un sensore Foveon formato APS-C di tipo 1:1:1, vale a dire che i tre strati blu, verde e rosso, hanno la stessa risoluzione di 15,36Mpx effettivi ciascuno, che dovrebbero essere equivalenti, una volta sommati, alla risoluzione di 46Mpx effettivi di un sensore di Bayer. Ho scritto “dovrebbero” perché le cose non sono così facili come la matematica può far sembrare: il file della Merrill infatti è comunque da 15,36Mpx (4800x3200px) e, per arrivare alla risoluzione di 46Mpx, è possibile (se lo si desidera, e solo in fase di sviluppo del RAW) far compiere a Sigma Photo Pro un'interpolazione via software - ed addio alla splendida nitidezza del Foveon. Viceversa, se anziché triplicare la risoluzione del Foveon decidiamo di scalare quella dei sensori Bayer, allora dobbiamo dimezzarla, visto che in un sensore Bayer i fotodiodi sono normalmente dedicati al 50% al verde, al 25% al rosso ed al 25% al blu. Il sensore di Bayer, infatti, per arrivare alle risoluzioni dichiarate compie anch'esso un’operazione di interpolazione (stesso in camera).
A confronto un crop al 100% della stessa foto scattata a 100 ISO con un sensore di Bayer da 24Mpx (Sony A99) ed il Foveon 1:1:1 della SD1 interpolato alla stessa risoluzione. Nonostante l’interpolazione, alcuni dettagli con il Foveon continuano ad essere più nitidi e puliti del Bayer. Obiettivo 20/2.8 Minolta su Sony, zoom Sigma 10-20/3.5 alla focale equivalente su Sigma SD1. E’ doveroso sottolineare che il test è solo indicativo visto che si tratta di obiettivi diversi su formati diversi e con profondità di campo diverse.
Questo è il motivo per cui, fotografando un filo nero su fondo bianco, col Foveon alla risoluzione nominale si avrà solo la linea nera - incisissima - mentre col sensore di Bayer si avrà una linea nera con due lineette grigie ai lati. Questa è la vera differenza e preferisco lasciare da parte le equivalenze (moltiplicando per 3 il Foveon 1:1:1 della SD1 o dividendo per 2 la risoluzione di un sensore di Bayer per arrivare a risultati simili) e, facendo come sempre facciamo per i test di Nadir Magazine, passo a valutare le immagini e la nitidezza sul campo delle foto scattate con la Sigma SD1 Merrill; dopo tanti mesi di utilizzo costante e confronti, posso dire che i suoi 15Mpx equivalgono e superano quelli di una fotocamera Full Frame da 30Mpx col sensore di Bayer. Ops, ho scritto “full frame”? Ebbene sì, il punto è qui ed è il motivo per cui scegliere o non scegliere una fotocamera con sensore Foveon: la pulizia della resa, al di là di qualsiasi equivalenza e calcolo matematico, è uguale o superiore a quella di una ottima fotocamera full frame. E non è finita qui: al di là della nitidezza reale, c’è la “sensazione di nitidezza” tanto cara ai tempi in cui si disquisiva sugli obiettivi di scuola tedesca contro quelli di scuola giapponese (su Nadir potete trovare molti vecchi articoli al riguardo), ci sono la pastosità delle foto, la resa simile alla pellicola e la saturazione dei colori che è possibile trovare solo sulle attuali fotocamere digitali di medio formato, vale a dire NON 6x6cm come ai vecchi tempi ma 43,8x32,9mm come l’Hasselblad X1D e la Pentax 645Z (in pratica gli attuali sensori di medio formato sono poco più grandi del full frame).
All’atto pratico, come si può ben vedere da questi due crop al 100% tratti da Dpreview, la foto scattata con la medioformato Pentax 645Z, pur essendo più grande, non ha molte informazioni in più della foto scattata con la Sigma, più piccola e più incisa. Pareggiando le dimensioni, verso l’alto o verso il basso, le due foto hanno una resa abbastanza simile. Ovviamente è riduttivo parlare solo di nitidezza e salire di formato è sempre positivo per tanti altri motivi, ma la SD1 Merrill offre tanto con costi e maneggevolezza imparagonabili. Da notare come il peso dei file delle due fotocamere, sia RAW che JPG, sia molto simile.
In mano
La Sigma SD1 Merrill, come tutte le reflex Sigma, è solida e ben realizzata, tropicalizzata, s’impugna molto bene e si usa con facilità. Abituato alle complicazioni di altre reflex, l’ho trovata quasi spartana, cosa che non è in quanto ha tutte le funzioni fondamentali, quelle che servono davvero per fotografare, ed i principali comandi sono a portata di dita senza dover accedere al menu. In particolare ho apprezzato i comandi “vecchia maniera”, cioè con rotelle di generose dimensioni facilmente azionabili senza staccare l’occhio dal mirino. E’ in solido metallo (lega di magnesio) e le dimensioni sono più vicine a quelle di una reflex Full Frame che di una APS-C e di conseguenza anche il peso non scherza (790g solo corpo).
Sul pentaprisma c’è un piccolo ed utile flash a scomparsa, assenza che ho sempre criticato su molte fotocamere destinate ai professionisti. L’attacco per il treppiedi è allineato con l’obiettivo. Dei comodi sportelli a tenuta di polvere nascondono la scheda di memoria Compact Flash sulla destra, le principali connessioni sulla sinistra e la batteria in basso, sotto l’impugnatura. Lo sportello della batteria è da menzionare per la chiusura “vecchia maniera” (in senso positivo) e la robustezza. Semplice e comodo da gestire il menu.
Sul frontale domina la grande baionetta proprietaria Sigma SA e, rimosso l’obiettivo, nel bocchettone si vede il filtro antipolvere rosso anziché lo specchio, cosa utile due volte: la prima, scontata, per la protezione del sensore dalla polvere; la seconda, meno scontata, è che il filtro equivale al filtro IR che di solito si trova davanti ai sensori. Poiché è possibile rimuoverlo con facilità si può sperimentare la fotografia agli infrarossi senza troppe difficoltà (è necessario comprare un apposito filtro da mettere davanti all’obiettivo).
Sul campo
Il mirino è molto nitido e luminoso, peccato che mostri solo il 98%, dell’area inquadrata, ma questo è irrilevante sul campo e, in compenso, mostra tutte le informazioni necessarie durante lo scatto e la composizione dell’immagine. La Sigma SD1 Merrill è una “reflex vecchia maniera” per tutto, dalla solidità alla mancanza del Live View. Il display sul dorso serve solo per accedere al menu, variare le impostazioni di scatto (nella SD1 rispetto ai precedenti modelli, ha sostituito il piccolo display affianco al pentaprisma) e vedere le anteprime delle foto. La risoluzione del display è davvero bassa in termini odierni, 460’000 punti, buona per vedere le anteprime delle foto ed eventualmente fare degli scarti veloci, ma nulla di più. In compenso le informazioni sulle foto scattate sono complete ed è possibile visualizzare le alte luci perse.
Il pulsante di scatto è molto dolce ed il rumore è una sorpresa, molto ovattato. Di solito considero una fucilata lo scatto della mia Nikon D800 e, al confronto, lo scatto della Sony A99 mi pare un soffio, ma la SD1 si sente ancora di meno. La SD1 è senz’altro una delle reflex meno rumorose che abbia mai provato.
La Sigma SD1 Merrill, come dicevo, s’impugna molto bene ed è talmente istintiva da usare che verrebbe voglia di usarla per qualsiasi genere fotografico d’azione (per esempio, foto sportive o street photography), ma è proprio per questo tipo di foto che la SD1 non va bene. E’ una fotocamera lenta in tutto: lenta a mettere a fuoco, ad agganciare il soggetto e non sempre lo fa con precisione. Non serve a nulla avere un sensore nitidissimo se poi le foto sono sfocate. E' anche lentissima a scrivere i file se poco poco si decide di scattare in RAW + JPG. E’ poi lenta a scaricare questi file mastodontici (50-60MB per i RAW e circa 10 per le JPG) sul computer, lentissima da postprodurre con Sigma Photo Pro (non funziona bene con le versioni più recenti) se si scatta in RAW mentre, scattando in JPG, si possono aprire le foto con qualsiasi programma. La SD1 è paragonabile, per me, ad una vecchia Hasselblad a pellicola: lenta ma dalla straordinaria qualità. Il Foveon 1:1:1 che equipaggia la SD1 può senz’altro mettersi alla pari coi moderni sensori Bayer nei formati Full Frame e si avvicina molto alle Medio Formato 43,8x32,9mm... ammesso di ottenere una foto a fuoco in AF, motivo per cui, alla fine, gli appassionati di questa fotocamera, la usano in MF. E’ una fotocamera, come l’Hasselblad 500C, da usare in studio (food, still life, pubblicità, moda) o, in esterni, per foto di architettura e paesaggio, foto ragionate dalle quali poi tirar fuori il massimo in postproduzione, cosa che si può ottenere solo dal Foveon, solo scattando in RAW e solo aprendo i file con Sigma Photo Pro. In tal caso i risultati sono incomparabili ed a poco servono le disquisizioni teoriche sulla risoluzione.
Se, da una parte, i tempi di scrittura dei file durano un’eternità (sui 15 secondi), dall’altra la SD1 compensa con un buffer di dimensioni molto generose e si può continuare a fotografare anche se, da quanto detto poco fa, non comprerei di certo la SD1 per scattare fotografie a raffica se questa fosse la mia esigenza prioritaria.
La batteria è di generose dimensioni ma, pur essendo la SD1 priva di Live View, l'autonomia è stranamente al di sotto della media delle fotocamere di questo tipo. Sigma non fa dichiarazioni in merito, ma non sono mai riuscito ad effettuare più di 200 scatti. L’acquisto di una batteria di scorta è praticamente obbligatorio.
Una foto molto difficile scattata in piena estate. La parte sinistra verso l'interno molto scura e la parte destra, verso l'esterno sotto al sole a picco, del tutto bruciata. L'esposizione della SD1 in automatismo a priorità di diaframmi è stata ineccepibile ed il file RAW è ricco d'informazioni. Volendo, in fase di sviluppo con Sigma Photo Pro, avrei potuto schiarire maggiormente l'interno e recuperare più luci all'esterno (vedi tecnica "X3 Fill Light" più avanti), ma avrei perso del tutto il senso della foto. Molto bello il bianconero in modalità "Monocromo".
Autofocus
L’autofocus della Sigma SD1 Merrill si basa su 11 punti a croce disposti nell’area centrale. Oggi c’è di meglio, più punti distribuiti su tutta l’area del sensore, ma il problema fondamentale è che la messa a fuoco è incostante e dipende dagli obiettivi montati. Di solito la SD1 va d'accordo con l'obiettivo di serie e con gli altri è un terno al lotto ed a poco vale smanettare con la regolazione micrometrica. Insomma, non mi affiderei di certo alla SD1 per le foto d’azione, ma per un uso normale va più che bene almeno fino a che non si scende troppo di luminosità, situazione in cui, almeno per le foto a distanza ravvicinata, interviene l’illuminatore ausiliario e si possono effettuare più scatti per essere sicuri di portarne uno, a fuoco, a casa.
Rumore alle alte sensibilità
Il sensore Foveon offre una qualità straordinaria come nitidezza, ricchezza dei colori ed assenza di rumore a 100 ISO, ma peggiora rapidamente alle alte sensibilità. A giudicare dalle prime JPG, vedevo foto piene di rumore già a 400 ISO ed inusabili ad 800, almeno 2 stop peggio della media delle fotocamere APS-C con cui potevo fare dei confronti nelle stesse condizioni.
Invece le cose non stanno esattamente così e la cattiva reputazione è meritata solo in parte perché buona parte del rumore appare nelle JPG sviluppate dalla camera, davvero scadenti da tutti i punti di vista: non offrono che una piccola parte della nitidezza offerta dal sensore, sembrano aggiungere rumore anziché spianarlo troppo (vedi Sony e Canon) ed i file pesano circa 10MB l’uno. Aprendo il RAW con Sigma Photo Pro con le impostazioni standard la nitidezza è maggiore, i colori più corposi ed il rumore incomparabilmente minore con una grana piccola e secca, più simile alla pellicola che ad un sensore digitale, pur senza intervenire sui parametri relativi al rumore, quindi con la possibilità di ridurlo ancora (però si inizia a perdere anche la nitidezza). Come è facile verificare, il rumore del Foveon 1:1:1 della Sigma SD1 Merrill, esaminando le foto ottenute dai RAW, è addirittura inferiore a quello della Sony A77 di pari generazione. La A77 non è certo la prima della classe per quanto riguarda il rumore (basta vedere il confronto della Sony A77 II con le altre APS-C) ma è un valido termine di paragone. Viceversa, come si può vedere dai crop al 100% sottostanti (cliccare sull'immagine per vederla al 100%), la Sony A77 offre foto decisamente meno rumorose se scattate in JPG e sviluppate in camera.
Altra sorpresa, salvando la foto appena sviluppata con Sigma Photo Pro in JPG qualità 11 (Sigma Photo Pro ha una scala da 1 a 12 come Photoshop), si hanno delle foto nitide, brillanti, poco rumorose se scattate alle alte sensibilità ed il file pesa meno di 5MB!
Pensando di scattare sempre in RAW, si può utilizzare senza problemi anche la sensibilità di 1600 ISO la cui resa sarà addirittura migliore di quella della Sony A77.
Un altro motivo per scegliere di non scattare in JPG è che, contrariamente a ciò che fanno le altre reflex, le JPG sviluppate in camera dalla SD1 non godono della correzione dell’aberrazione cromatica, della distorsione e della vignettatura. Una scelta a dir poco strana di Sigma visto il sistema proprietario e la possibilità di “giocare in casa” fornendo foto esaltanti sin dalla prima occhiata, riservando al file RAW, come prassi, la lavorazione di fino per ottenere i massimi risultati.
Il software Sigma Photo Pro
Per ottenere la massima qualità dalla Sigma SD1 occorre scattare in X3F (il RAW del Foveon) e c’è poco da discutere, ma qui iniziano i problemi perché i RAW del Foveon non vengono aperti dai soliti programmi dedicati alla postproduzione delle immagini e, se li aprono, i risultati sono scadenti. Occorre quindi dotarsi del software gratuito Sigma Photo Pro che è l’unico in grado di spremere tutta la qualità dai file del Foveon ed ha numerosi controlli, ma è di una lentezza esasperante. E’ vero che buona parte della colpa è del file da 50-60MB, ma è anche vero che Photoshop apre file delle stesse dimensioni sullo stesso computer con una velocità incredibile e le modifiche avvengono praticamente in tempo reale. Con Sigma Photo Pro, anche solo variando l’esposizione di mezzo stop, occorre attendere diversi secondi prima di vedere le modifiche, ed altrettanto per tornare indietro se la modifica non è di proprio gradimento.
L'eccellente funzione "X3 Fill Light" all'interno del software Sigma Photo Pro. Nel provino 1, il RAW appena aperto e convertito in modalità "Monochrome", un apposito pannello ricco di funzioni speciali per il bianconero. La foto dell'esempio è una situazione di luci e di ombre con contrasti estremi e, tutto sommato, già ben risolti dalla Sigma SD1 Merrill in fase di ripresa. Anziché operare come al solito con Photoshop per recuperare le alte luci, conviene sottoesporre la foto in fase di ripresa o abbassare il valore di esposizione in SPP con lo slider "Esposizione" sino ad ottenere una corretta esposizione nelle aree più luminose (provino 2). Le zone fortemente illuminate ora sono perfette, ma le aree in ombra si sono chiuse: usando "X3 Fill Light" vengono "riempite di luce" con un effetto molto naturale (provino 3) e si recupera ancora qualcosa nelle alte luci. Volendo, potevo schiarire ulteriormente le ombre sino ad arrivare a renderle come nella foto iniziale (provino 1) ed anche andare oltre, ma a me la foto è piaciuta così, oltre al fatto di non rischiare di vedere gli aloni delle maschere. Ovviamente, a seconda dell'importanza che si dà alle diverse aree presenti nella foto, ci si deve regolare di conseguenza aggiustanto il tiro secondo le proprie esigenze. Da non sottovalutare che la funzione "X3 Fill Light", usata con valori positivi, recupera le alte luci e apre le ombre, ma usata con valori negativi, alza le alte luci, chiude le ombre e, man mano che si aumenta il valore negativo, introduce una specie di effetto flou grazie alla diffusione delle alte luci. E' un effetto da imparare a gestire, ma può aiutare molto.
In compenso, Sigma Photo Pro - "SPP" per gli amici - ha alcune funzioni notevoli come “X3 Fill Light” (vedi esempio pratico sopra), vale a dire che "riempie le ombre di luce", ma non solo perché nello stesso tempo interviene anche sulle alte luci, una sorta di efficiente HDR by Sigma. Anche se l'uso di "X3 Fill Light" sembra privo di limiti, è bene non lasciarsi trascinare dall'entusiasmo e non andare oltre +0.5 per non mostrare la maschera zonale (dipende dalle foto: a volte si può andare oltre, altre è bene fermarsi prima). Questo controllo, anche se simile, è molto diverso da “Luci e ombre” di Photoshop e permette di sottoesporre le foto per tenere sotto controllo le alte luci, saturare maggiormente la foto o, per esempio, rendere visibile un cielo quasi bianco, ma nello stesso tempo permette di recuperare l’esposizione generale e l’illuminazione nelle aree più scure. Grave mancanza del software, invece, visto che le uniche ottiche che è possibile adoperare con le fotocamere Sigma sono - appunto - le Sigma, la correzione della distorsione. Esistono i profili degli obiettivi e la correzione dell’aberrazione cromatica è eccellente, ma niente profili per la correzione della distorsione e questo costringe, se necessaria, a passare ad un altro software. Ottima la conversione del RAW con le impostazioni “Foveon” predefinite, ma non mancano la consueta funzione “Auto” e la possibilità di controllare tutto in manuale. Molto bella la possibilità di conversione delle foto in bianconero in modalità Monochrome anziché azzerando la saturazione, vista la diversa struttura del sensore Foveon.
Come si può leggere in alto sulle schermate, sono tutti crop al 100% della stessa foto scattata in RAW + JPG a 400 ISO con la Sigma SD1 Merrill. La prima a sinistra è l'ingrandimento della JPG sviluppata in camera, le altre sono tutte foto ottenute dal RAW sviluppato con Sigma Photo Pro ma salvando, nell'ordine, in TIFF, JPG qualità 10 e JPG qualità massima (12). Salta subito agli occhi la maggiore nitidezza della seconda foto rispetto alla prima, ma anche le due JPG successive sono comunque migliori della JPG sviluppata in camera e sono molto più leggere.
Cosa non c’è
La Sigma SD1 Merrill non può registrare video, non ha il Live View e non può inclinare il display, caratteristiche ormai presenti su qualsiasi reflex. Personalmente non uso mai la reflex per girare i video per cui non ne sento la mancanza (per la gita con gli amici uso lo smartphone e per i servizi professionali preferisco una vera videocamera), ma trovo molto comodo il Live View nell’uso quotidiano e poter inclinare il display per poter inquadrare da posizioni scomode senza dover fare l’acrobata.
Conclusioni
La Sigma SD1 Merrill non è una reflex per tutti e, soprattutto, non è adatta a tutti i generi fotografici ed a tutte le situazioni. Va scelta “cum grano salis”, come una volta si sceglievano l’Hasselblad 6x6 o la Mamiya RB67, per ottenere una qualità ben superiore al piccolo formato ma accettandone la lentezza operativa. Va affiancata ad un normale corredo reflex e non lo sostituisce ma, ovviamente, dipende dalle esigenze fotografiche. Le immagini che si possono tirar fuori dal suo sensore Foveon formato APS-C da 15Mpx equivalgono senz’altro ad una Full Frame di risoluzione doppia ma con la resa di una medio formato e l'incredibile capacità di andare oltre con gli ingrandimenti proprio grazie all’estrema pulizia dei dettagli (nitidezza che ho sentito talvolta criticare, ma a me piace molto). Per ottenere questa qualità si devono comprare ottimi obiettivi come quelli della serie Art perché la pulizia del sensore mostra subito i limiti delle ottiche con minore risolvenza (del resto che senso ha comprare una costosa Sigma SD1 Merrill per montarci un obiettivo super economico?), si deve rinunciare alla velocità operativa ed armarsi di tanta pazienza, soprattutto per lo sviluppo dei RAW con Sigma Photo Pro che necessita di computer ben performanti per lavorare in maniera accettabile. La Sigma SD1 Merrill è una fotocamera “vecchia maniera” per una fotografia più meditata e non “punta e scatta”. Per questo l’ho trovata ottima per le mie foto di architettura e, in studio, per gli still life pubblicitari, le foto di Food e di moda (una modella professionista in studio è ben più facile da fotografare delle modelle che corrono sulla passerella durante le sfilate di moda per le quali non rinuncerei ad una veloce reflex di ultima generazione e si possono effettuare più scatti per ogni posa).
A proposito delle foto di Food, la Sigma SD1 Merrill viene usata regolarmente da mia moglie Kate Chung per le foto che accompagnano “GhiottaMente” - la sua rivista telematica di cucina, food e tradizioni asiatiche - con un piccolo set di pannelli LED della Boling: le foto, seppur piccole, mostrano tutta la qualità e la naturalezza del Foveon con una minima postproduzione. Al riguardo devo dire di essere rimasto molto sorpreso dalla qualità delle foto scattate dalla SD1 anche in totale automatismo: bilanciamento del bianco e resa tonale perfetti da lavorarci davvero poco una volta aperti i file RAW con Sigma Photo Pro.
Rino Giardiello © 09/2016
Riproduzione Riservata
Un interessante zoom standard per la Sigma SD1 Merrill può essere il Sigma 17-70 F/2.8-4 Contemporary caratterizzato da un ottimo rapporto qualità/prezzo. Qui la nostra approfondita prova sul campo.
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