Dopo aver attraversato un periodo di viaggi ‘desertici’, da diversi anni mi reco sempre più spesso ai due Circoli Polari: difficile dare una spiegazione univoca e completamente razionale per questa scelta. Forse un desiderio di purezza, che il candore del ghiaccio e della neve sanno donare, la voglia del silenzio totale, gli animali mitici e rari, l’idea, forte e irrinunciabile, dell’estremo, sia come latitudine che come prova fisica.
Al decimo viaggio in queste zone ho deciso che era giunto il momento di provare l’esperienza dell’inverno nell’Artico, e precisamente nel nord della Finlandia: in fondo, se l’estate in Lapponia mi era parsa deludente ma l’autunno suggestivo, speravo che l’inverno mi rivelasse la vera natura di questi luoghi.
In effetti, il viaggio nella Lapponia finlandese si è rivelato di grande suggestione e neanche troppo arduo, sebbene un poco faticoso dal punto di vista fisico, specialmente dopo due giorni passati alla guida di una potente motoslitta, oltre un giorno passato a guidare, anche se per mia fortuna solo per poco, una vera slitta tradizionale in legno trainata da un’autentica renna, l’animale totemico dei Lapponi, ormai denominati Sami.
Compagne di viaggio sono state la classica Leica R6.2 col solito e insostituibile (almeno per me) zoom Leica 21-35mm, e la M6 in versione Titan con un Summilux 50/1,4 Titan.
Perché M6 Titan? Con questa macchina esiste, da parte mia, una lunga e quasi ventennale collaborazione, per lo più in montagna, di solito accompagnata dal Summilux 35/1,4 Titan. Com’è noto non si tratta di una macchina verniciata in color Titanio, ma di un corpo titanizzato, mediante un particolare procedimento grazie al quale il rivestimento al Titanio è ottenuto con uno speciale bombardamento sotto vuoto con particelle di metallo, che donano alla superficie un rivestimento di alcune decine di micron. Il Titanio dona alla macchina una straordinaria capacità di resistenza ai graffi e alla corrosione, tanto che la mia macchina, anche dopo notevoli traversie, non mostra graffi o segni. Da accoppiarsi a questa macchina sono poi disponibili ben otto ottiche al Titanio, il 35mm (3 modelli), il 50mm (3 versioni), sino al 90mm, in due versioni.
L’ottica da me scelta è stata un Summilux 50/1,4 al Titanio, per la sua capacità di catturare bassi livelli di luminosità, tipici dell’inverno del Nord, quando il sole è sempre basso sull’orizzonte oppure quando il cielo è coperto da fitte nuvole.
Ma la vera sfida è stata sicuramente quella rappresentata dal freddo: è noto che Leitz negli anni Settanta ha fornito all’Esercito americano una speciale fotocamera siglata KE-7A, derivata dalla M4, predisposta per funzionare a temperature estreme, ufficialmente sino a -100 F, ovvero -72°, quindi presumibilmente nell’inverno alaskiano. Questa fotocamera non possedeva i normali lubrificanti, ma era stata ricondizionata nella sua meccanica con speciali lubrificanti alla grafite, proprio per non essere bloccata nella sua operatività. Possedendo questa rara fotocamera da sempre, ho accarezzato a lungo l’idea di utilizzarla proprio in Lapponia in inverno, ma poi ho finito per optare per la M6 Titan. I motivi sono diversi: mi dispiaceva rischiare di rovinare una macchina dall’elevato valore collezionistico, inoltre non sapevo se la speciale lubrificazione della KE-7A era ancora integra. D’altra parte la M6 Titan mi dava un esposimetro collaudato e un corpo indistruttibile.
Una scelta di cui non ho avuto ragione di pentirmi: le temperature si aggiravano sui meno 15°/17° di giorno, per scendere a meno 25° di sera. Sulla motoslitta, alla velocità di 20/30 Kmh (il massimo che mi sono permesso, data la mia inesperienza alla guida di questi mezzi), si arrivava agevolmente a meno 20° gradi, sopportabili grazie ai sei strati di abbigliamento termico, sapientemente combinati grazie alle precedenti esperienze artiche e antartiche. La povera M6 Titan invece aveva solo la protezione di uno zainetto, altrimenti stava allegramente all’aperto con tutte le conseguenze del caso.
Tuttavia ho notato solo un leggero indurimento del bottone di scatto della macchina e della ghiera di messa a fuoco dell’ottica, mentre sulla R6.2 gli indurimenti delle ghiere sono stati diversi e prolungati, probabilmente a causa della maggiore complessità del movimento legato allo specchio dell’apparecchio reflex e alla doppia ghiera dello zoom. La sera poi, dopo un paio di ore al caldo della stanza, questi rallentamenti operativi sparivano, per poi ripresentarsi la mattina seguente dopo circa un’ora di gelida aria artica. E’ probabile che si trattasse di avvertimenti meccanici, ovvero che la lubrificazione standard delle macchine fosse vicino al limite del funzionamento, e che probabilmente un ulteriore abbassamento della temperatura vicino ai meno 30° rappresentasse un limite preciso di blocco della meccanica.
Inoltre più la temperatura scendeva, maggiore si rivelava la differenza sostanziale tra i due apparecchi: la complessità meccanica dell’apparecchio reflex ha portato al limite il meccanismo tra pulsante di scatto e simulatore del diaframma. Ovvero quando premevo il pulsante di scatto della R6.2 avvertivo un ritardo di mezzo secondo (almeno) al momento dello scatto, in quanto la lubrificazione del simulatore del diaframma ne aveva rallentato il funzionamento. Questo poteva portare ad un errore progressivo nella chiusura del diaframma impostato in base ai dati esposimetrici, sovraesponendo inesorabilmente le immagini della dia Velvia 100 ISO. Ho avvertito chiaramente durante il passare del tempo l’aggravarsi di questa problematica, per cui gli ultimi giorni ho preferito scattare solamente con la M6 Titan che, chiaramente, non aveva questi problemi, in quanto il diaframma agiva liberamente senza elementi meccanici interposti tra macchina e ottica.
Gli esposimetri invece hanno funzionato correttamente per entrambe le macchine, e pur avendo sempre con me delle batterie a pastiglia di ricambio, identiche per i due apparecchi, non ho mai avuto bisogno di cambiarle.
In definitiva la M6 Titan ha superato brillantemente la prova del freddo: anche durante una magica passeggiata notturna nel fiabesco bosco lappone, con racchette ai piedi e lampade frontali, non ha esitato un attimo a scattare nei pochi momenti disponibili, e mi ha dato la possibilità di rivivere gli eccezionali momenti di questa bellissima avventura invernale nell’ Artico.
Questa versione della M6 mi è cara, e direi amica, non casualmente: non è solo la bellezza e l’esclusività della sua finitura che la rende unica, ma il rapporto di fiducia e confidenza che nel corso degli anni si è instaurato con lei. Si ha un bel dire che si tratta solo di metallo con qualche pezzo di vetro: in realtà è molto di più. Perché a questo amalgama di metallo e vetro affidiamo l’importante incarico di mantenere e tramandare i ricordi, le emozioni, le esperienze che rappresentano la nostra vita: Leica è stata la migliore testimone della mia memoria e a lei sarò sempre grato!
Pierpaolo Ghisetti © 03/2019
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