Sigma continua a sorprenderci con le sue originali fotocamere compatte ad ottica fissa dotate di sensore Foveon. Almeno per ora, niente zoom, ma solo ottiche fisse di eccezionale qualità e la dp3 Quattro, con il suo telemacro luminoso, occupa un posto a parte.
Le Sigma della serie dp sono sempre state delle compatte decisamente “sui generis” a partire dai primissimi modelli (vedi apposita pagina con tutti i modelli di fotocamere Sigma dotate di sensore Foveon). Le prime dp erano davvero minuscole, dei mattoncini senza alcun vezzo estetico (come del resto la maggior parte delle compatte davvero tascabili), ma prendevano subito la distanza da tutte le altre fotocamere grazie alla resa del sensore Foveon.
All’inizio la serie dp era composta da soli 3 modelli che andavano dal grandangolare al mediotele - dp1, dp2 e dp3 - ma con il sensore Quattro Sigma decise di accettare la difficile sfida di realizzare il miglior supergrandangolare al mondo e venne progettata l’incredibile Sigma dp0 Quattro con un obiettivo equivalente a 21mm con distorsione virtualmente assente.
La Sigma dp3 Quattro, oggetto di questo test, è dotata di ottica fissa da 50mm F/2.8 (75mm equiv.) in grado di funzionare anche come telemacro vista la ridotta distanza minima di messa a fuoco di soli 22,6 cm. Non si tratta di un vero e proprio macro, ma il massimo rapporto di riproduzione di 1:3 è comunque ragguardevole e permette di fotografare con facilità anche fiori, insetti ed oggetti molto piccoli. Il tutto, cosa fondamentale, con una qualità costante (e molto elevata) dall’infinito sino alla distanza minima.
Come per le altre dp della serie Quattro, la Sigma dp3 non è più una compatta da taschino a forma di saponetta, ma ha una forma molto originale e “allargata” che può suscitare amore a prima vista o non piacere affatto. La cosa sicura è che, se da una parte si è persa la tascabilità, la fotocamera si impugna benissimo e non costringe a comprare impugnature accessorie o di fotografare col timore di vedersela scivolare tra le dita. Il grip è ottimo ed i comandi, visto il tanto spazio a disposizione, sono tutti comodi da raggiungere anche avendo le mani grandi. Altro vantaggio delle maggiori dimensioni è che la batteria, inserita nell’impugnatura, finalmente ha una durata decente: da circa cinquanta scatti della dp3 Merrill, un vero e proprio "rullino digitale", con la Quattro si sale ad oltre 200 scatti (sono arrivato con facilità anche a 250 usando il display il minimo indispensabile) e, considerando che Sigma offre due batterie di serie nella confezione, non ci sono problemi a coprire le esigenze fotografiche di una intera giornata.
Il sensore della Sigma dp3 Quattro è il solito Foveon APS-C di tutta la serie Quattro, quindi la resa è allineata a quella delle sorelle compatte e della mirrorless sd Quattro in versione APS-C, ma la differenza, come nel caso della dp0, la fa l’obiettivo: credo che il 50mm della dp3 sia, insieme al 14mm della dp0, un gradino più in alto rispetto agli altri e la mia impressione sul campo è confermata dai grafici forniti dalla stessa Sigma: tutti gli obiettivi della serie dp sono ottimi, ma quelli della dp0 e dp3 sono migliori e straordinariamente corretti per distorsione ed aberrazioni.
In mano
Solida e ben costruita, la Sigma dp3 Quattro si fa percepire per quello che è: una fotocamera di ottima qualità ed un prodotto di fascia alta con prezzo adeguato. S’impugna benissimo ed i comandi sono tutti intuitivi ed a portata di dita. L’unica cosa che ho trovato scomoda, come per la dp0, è l’alloggiamento della scheda di memoria che è chiuso da uno sportellino di gomma, difficoltoso da aprire se non si hanno le unghie.
Come tutte le dp, la dp3 non è dotata di alcun mirino oltre al display posteriore e la cosa può creare qualche problema in caso di forte luminosità. Esistono degli appositi accessori, ma, visto che per abitudine non passo le giornate a fotografare sotto al sole, in quei casi rimedio facendo ombra con l’altra mano.
Sul campo
La Sigma dp3 Quattro fa venir voglia di fotografare: quello che si vede sul display è quello che si otterrà poi in foto, con un realismo ed una tridimensionalità incredibili. I valori di risolvenza sono praticamente costanti a tutti i diaframmi al centro ed ai bordi e, anche se la maggiore nitidezza si ottiene ad F/5.6, sul campo è davvero impossibile notare la differenza. A tutta apertura si nota un po’ di vignettatura che diminuisce già diaframmando di uno stop e scompare del tutto ad F/5.6. La distorsione è minima, a cuscinetto, ed è difficile notarla anche fotografando soggetti architettonici. I colori sono sempre belli, vivaci e naturali. Ottimo il trattamento antiriflessi e non esistono situazioni di luce in grado di metterla in difficoltà.
L’autofocus della Sigma dp3 Quattro è molto preciso e abbastanza veloce: chi è abituato ai tempi di reazione delle fotocamere Foveon lo troverà ottimo ma, in assoluto, non è un fulmine e, in alcune occasioni, essendo un macro, tende a fare tutto il giro dalla distanza minima all’infinito esattamente come avviene su molte reflex. Come per queste, esiste un comodo limitatore nel menu e si può scegliere tra “Macro” e “Paesaggio”. Volendo si può usare anche la messa a fuoco manuale con grande facilità.
La Sigma dp3 Quattro, come tutte le dp, è dotata di otturatore centrale, il che significa, se proprio volete/dovete usare il flash, di poter sincronizzare con tutti i tempi di otturazione e variare il rapporto tra la luce del flash e quella naturale.
L’otturatore è silenziosissimo, praticamente inavvertibile, e permette di fotografare anche in luoghi e situazioni dove è bene non disturbare o si vuole passare inosservati.
In viaggio
La Sigma dp3 Quattro non è microscopica, ma è molto leggera - solo 465 grammi - e questo mi ha spinto a provare a fare un intero viaggio portando solo la dp0, la dp3 ed un piccolo ma robusto treppiedi da viaggio della Bilora (il Bilora Twister Pro II Travel provato qui). Questo corredo ridotto al minimo ha trovato comodamente posto nel mio solito, piccolo zaino insieme alla bottiglia dell’acqua ed altre cose necessarie durante un viaggio a tappe forzate e senza riposo che mi costringeva a stare fuori tutto il giorno e, in questi casi, i chili sulla schiena si avvertono in particolar modo.
La scelta si è dimostrata vincente: le due Sigma dp non mi hanno stancato e mi hanno permesso di portare a casa foto di ottima qualità anche con le lunghe esposizioni in modalità SFD di notte, situazione in cui il piccolo Bilora ha confermato, come rilevato già durante il test, la sua stabilità. Per i miei interessi fotografici le lunghezze focali estreme della dp0 e della dp3 sono risultate perfette, giusto qualche volta avrei desiderato una focale intermedia: chi non ha bisogno, come me, di un supergrandangolare estremo, di sicuro troverà una perfetta accoppiata scegliendo dp1 e dp3, ma queste sono - inutile dirlo - preferenze personali.
Molto bello e graduale lo sfocato a tutta apertura del piccolo 50mm F/2.8 (75mm equiv.) che equipaggia la Sigma dp3 Quattro. Sopra: a mano libera nel Museo Ferrari di Maranello.
La leggerissima distorsione a cuscinetto della Sigma dp3 Quattro è del tutto inavvertibile anche fotografando soggetti architettonici.
Conclusioni
La Sigma dp3 Quattro è una validissima fotocamera compatta dotata di sensore Foveon ed ottica fissa da 50mm F/2.8 (75mm equiv.) in grado di arrivare al ragguardevole rapporto macro di 1:3. Le immagini prodotte, tra sensore Foveon e qualità dell’obiettivo, sono sempre ottime, in particolare scattando in X3F (il RAW del Foveon) e sviluppandolo con l’apposito software gratuito Sigma Photo Pro. La Sigma dp3 è anche in grado di scattare in DNG, il RAW universale di Adobe (quindi apribile direttamente con Photoshop), ma a mio avviso la qualità non è la stessa. I limiti del Foveon sono quelli già noti, vale a dire la relativa lentezza operativa e l’impossibilità di usare le alte sensibilità. Con gli ultimi firmware e l’ultimo Sigma Photo Pro si riesce a salire anche a 800 ISO, ma il calo di qualità, seppure accettabile, è avvertibile. A mio avviso, se si vuole godere della splendida qualità del Foveon è obbligatorio restare a 100 ISO, munirsi di treppiedi e pazienza oppure fotografare in modalità “Monochrome”, lo splendido bianconero del Foveon che regge bene anche a 800-1600 ISO. Una fotocamera perfetta per viaggiare, i paesaggi, l’architettura, i ritratti e gli still life sino alle soglie del macro.
Rino Giardiello © 04/2019
Riproduzione Riservata
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