Un’idea geniale o una follia?
E’ quello che mi sono chiesto più volte quando ho ricevuto dal nostro collaboratore taiwanese le foto della prima prova su strada della Sigma dp1 Quattro, una fotocamera indubbiamente diversa a partire dalla forma, che è la prima cosa a colpire. Ma poi c’è il cuore ad essere diverso, il famoso sensore Foveon di Sigma (di cui parleremo più avanti), ed allora le diversità diventano “di sostanza” oltre che “di forma”. Se le prestazioni (eccellenti) alle basse sensibilità e la forma mi convincono da una parte, dall’altra ci sono il prezzo, le prestazioni (scarse) alle alte sensibilità e l’ottica fissa a raffreddarmi: 8-900 Euro per una compatta APS-C ad ottica fissa mi sembrano un po’ troppi ed arrivano alle soglie del prezzo delle piccole Sony A7 che offrono ottiche intercambiabili, sensore Full Frame e relative, ottime prestazioni anche alle alte sensibilità.
Un po’ di storia.
La Sigma dp1 fa parte della serie “dp”, delle interessanti compatte che adottano un sensore di tipo APS-C in tecnologia Foveon. Le fotocamere sono ad ottica fissa e sono tre: la dp1, l’unica disponibile al momento, monta un 19mm F/2.8 (ovviamente realizzato da Sigma) che corrisponde ad un 28mm sul Full Frame. Le prossime dp2 e la dp3 avranno, rispettivamente, delle ottiche equivalenti a 45 e 75mm. A cosa possa servire una fotocamera dotata di ottica fissa da 75mm per me resta un mistero, ma immagino che gli esperti di marketing ne abbiano determinata l’imprescindibile necessità. Comunque, anche volendo (per esoterici motivi) avere una fotocamera solo per i ritratti o comunque con un moderato effetto tele, avrei preferito la classica lunghezza focale di 85, 90 o 100mm, anziché 75. Ma tant’è.
Il numero “Quattro” presente nella sigla si riferisce alla generazione del sensore Foveon, la quarta appunto, ma anche alle diverse proporzioni tra il numero di pixel dei tre diversi strati. Strati di cosa? Il sensore Foveon, a differenza dei sensori tradizionali (detti anche di tipo “Bayer”) che hanno tutti i fotodiodi sulla stessa superficie (e ricordiamo che ciascun fotodiodo è sensibile ad uno solo dei tre colori primari), ha una stratificazione simile a quella di una pellicola pancromatica: ogni strato ospita solo i fotodiodi (ovvero, per semplificare, i pixel) sensibili ad un determinato colore. Se il Foveon è di tipo 1:1:1 significa che ogni strato ha lo stesso numero di pixel, quindi la risoluzione totale, secondo Sigma, sarebbe 3 volte quella del singolo strato. Se il Foveon è, come quello della dp1, 1:1:4, significa che il terzo strato, quello del blu, ha una risoluzione di 4 volte superiore a quella degli altri 2 strati.
Schema del sensore Foveon X3 tratto dal sito del produttore, ora parte di Sigma Corporation, dove è possibile trovare maggiori informazioni. Il Foveon X3 Quattro appartiene alla più recente generazione di questo tipo di sensore (nell'illustrazione il Foveon "classico" con gli strati identici 1:1:1) ed ha un rapporto di 1:1:4 tra il numero di pixel per il rosso, verde e blu. Lo strato superiore cattura luminosità e informazioni sul colore (luminanza e crominanza), mentre gli ultimi due strati acquisiscono solo le informazioni sul colore.
Dunque c’è uno strato per il blu, uno per il verde ed uno per il rosso, esattamente come le pellicole. Questo, unito ad altre caratteristiche (un gruppo di pixel misura la luminanza ed un altro la percentuale di colore), dovrebbe garantire una resa eccezionale, meno rumore ed una risoluzione, nel caso del sensore "Quattro", doppia rispetto a quella nominale. Più in dettaglio, Sigma dichiara che gli strati del Foveon Quattro hanno risoluzioni diverse (prima erano da 15 Mpx l’uno) pari a 20 Mpx (strato del blu) più 4.9 Mpx (lo strato verde), più 4.9 Mpx (lo strato rosso), pari ad un totale di 29.8 Mpx se confrontati ad un sensore tradizionale. Ora, sulla “risoluzione equivalente” ci sarebbe da discutere (come sempre quando si tratta di equivalenze), ma volendo tagliare la testa al toro diciamo che la qualità d’immagine del Foveon si è dimostrata eccellente sin da subito.
A 100 ISO la resa generale è straordinaria sia per l'effetto generale che per la quantità di dettagli e la pulizia dell'insieme, ben visibili nella foto di dimensioni maggiori (cliccare qui).
In mano
Impossibile per i vecchi fotografi non pensare immediatamente al dorso portarulli della Mamiya Press ed è questo il motivo di maggiore originalità e “stranezza” della forma delle Sigma serie dp. La forma può piacere o non piacere (a me piace), ma di sicuro è pratica e s’impugna bene, per quanto risulti abbastanza pesante (anche a causa della robusta costruzione in metallo); come conseguenza della forma, indubbiamente particolare, si è obbligati ad usare entrambe le mani. La sensazione di solidità è notevole ed è di sicuro un oggetto ben realizzato. I pulsanti sul corpo sono pochi e ben distribuiti, abbastanza immediati da capire senza dover leggere il manuale d’istruzioni, ottima anche l'organizzazione del menu. Manca un qualsiasi mirino tradizionale ed il tutto è affidato al grande display posteriore da 3” che, pur essendo nitido e brillante, è risultato inferiore alle nostre aspettative ed alla concorrenza, soprattutto per la lentezza del refresh.
Entrambe le foto sono state post prodotte in misura minima partendo dal RAW (X3F sviluppato con Sigma Photo Pro). Foto grande qui.
Sul campo
Come sempre, al di là di qualunque discorso tecnico, valgono i risultati e la sostanza è che le foto scattate con la Sigma dp1 sono eccellenti a 100 ISO, ricche di colori, profondità e definizione, ma basta salire ad 800 ISO per trovarsi già in difficoltà e con un rumore ben superiore a quello delle concorrenti di pari generazione dotate di tradizionale sensore APS-C. Come dicevamo, il refresh del display è lento ma tutta la dp1, in generale, non è un mostro di velocità né si compra per quello: se la possibilità di scatti in sequenza è abbastanza veloce (ma poi è lentissima la scrittura sulla scheda), non lo è affatto l’autofocus. Scattando in RAW non compresso (X3F), formato proprietario che si apre solo con il programma gratuito Sigma Photo Pro, la lentezza in scrittura diventa ancora più evidente visto che i file pesano oltre 50 MB l’uno. Prodigiosa la qualità del software della dp1 visto che è difficile trovare differenze tra il salvataggio in RAW ed in JPG - sui 10MB l'uno - salvo, ovviamente, cercare gli artefatti della compressione col lanternino, per cui - in un uso normale - si può usare senza problemi quest’ultimo. Eccellente la resa nel bianconero, con la possibilità di impostare alcuni filtri.
La durata della batteria è abbastanza misera, circa 200 scatti, e per questo Sigma ha deciso di fornire una seconda batteria nella confezione.
Parlando delle prestazioni della dp1, è doveroso prendere in considerazione anche quelle dell’obiettivo visto che non è intercambiabile e calcolato su misura per il sensore, soluzione ottimale ripresa da Leica con la sua Q. Il 28mm (equiv.) prodotto da Sigma è molto buono e costituisce, alle basse sensibilità, una gran bella coppia con il sensore. L’aberrazione cromatica è notevole, ma il software Sigma fa il suo dovere e la corregge bene. La vignettatura ad F/2.8 è molto modesta, e comunque facilmente eliminabile via software, come del resto la distorsione. La sostanza è che l’abbinata sensore + obiettivo è in grado di produrre immagini di altissima qualità, ricchissime di dettagli e di profondità (diremmo quasi un “effetto medio formato”), ma questo fino a 400 ISO, perché già a 800 ISO il rumore è forte e, a 1600, oltre al rumore ancora maggiore, si iniziano a perdere i dettagli, il colore si degrada e si notano tutti i limiti del sensore.
Il bilanciamento del bianco in automatico funziona bene la maggioranza delle volte e, nel caso non si voglia rimandare tutto alla post produzione, si può intervenire manualmente come di consueto.
La distanza minima di messa a fuoco è di soli 20cm e può tornare senz’altro utile in molte situazioni.
A 1600 ISO, purtroppo, c'è il crollo della resa del sensore che ha più o meno la stessa quantità di rumore delle APS-C di qualche anno fa come la Sony NEX-5 (nell'angolo, un dettaglio del muro al 100%). Devo però sottolineare che il rumore è molto diverso confrontando le stesse foto in RAW e JPG, peggiori e molto "acquerellate" queste ultime. Il crop al 100% in alto è quello della foto in X3F (il RAW del Foveon) sviluppata in Sigma Photo Pro senza alcun settaggio per la riduzione del rumore di luminanza.
Conclusioni
Potremmo definirla, in poche parole, un’eccellente fotocamera per fotografi paesaggisti che vogliono scattare foto di ottima qualità alla minima sensibilità, magari usando la fotocamera sul cavalletto, meditando sullo scatto, non avendo alcuna urgenza di scattare in sequenza e che, ovviamente, si facciano bastare l’unica focale disponibile. Di contro, non la consiglieremmo affatto come fotocamera per la street photography o per situazioni in cui sia richiesta una certa rapidità operativa, specie in poca luce (come, ad esempio, una banalissima cena in pizzeria con gli amici, situazione per la quale, a parte tutto, una spesa di circa 900 Euro è decisamente fuori luogo).
In generale la Sigma dp1 sarebbe da classificare come compatta, ma le dimensioni ed il peso non lo sono affatto, quindi è da valutare se, anche in rapporto al prezzo, non convenga a questo punto fare il salto ad una Full Frame; macchine come la Sony A7 oggi sono diventate quantomai abbordabili ed offrono la possibilità di cambiare le ottiche oltre ad una qualità ben superiore alle alte sensibilità. Ed ovviamente, parlando di fotocamere con sensore APS-C ed ottica fissa, non si può non citare l’alternativa costituita delle Fuji (serie X100), decisamente più performanti alle alte sensibilità e dal prezzo comparabile.
La risoluzione della dp1, che parte da 19.1 Mpx sino ad arrivare, col giochino delle equivalenze (e delle interpolazioni in modalità "Super High Quality"), a 29.8 Mpx ed a 36 Mpx teorici, è da considerarsi per quello che è, cioè una ventina effettiva di Mpx di eccellente qualità e con la "pulizia Foveon" sino a 400 ISO senza farsi eccessive illusioni ma anche senza cadere nel facile luogo comune di basarsi solo sul numero di pixel: quelli della dp1 sono eccellenti e svolgono un ottimo lavoro come meglio non è possibile immaginarsi.
La 'Sigma dp1 Quattro' si può trovare su internet a prezzi che variano approssimativamente tra i 900 ed i 980 Euro.
Rino Giardiello e Li Ashin © 03/2015
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