A poco più di due anni di distanza dalla A7R II, Sony ha presentato la terza generazione: la Sony A7R III, annunciata ad ottobre, è arrivata nei negozi europei a metà novembre. Si tratta di una evoluzione del modello precedente, con numerose migliorie dentro e fuori, ma che in termini di qualità d’immagine nuda e cruda si attesta grossomodo sui medesimi livelli.
C’era una volta…
Il sensore della Sony A7R II è stato a lungo, e su questo la quasi totalità della stampa specializzata è concorde, il miglior sensore in commercio, solo di recente insidiato dalla recente Nikon D850. Ma come un’automobile non è solo il suo motore, così una fotocamera non è solo il sensore, e la A7R II ha mostrato di avere diversi limiti: una certa lentezza operativa in primis (in tutti i passaggi: accensione, ripresa, scrittura su scheda), l’autonomia non eccezionale dovuta alle ridotte dimensioni della batteria (non un gran problema a parere di chi scrive, data l’economicità e la facile reperibilità di batterie compatibili da portarsi dietro), la presenza di un solo slot di memoria (senza dubbio un elemento di rischio non da poco per chi lavora su commissione, e che dalla perdita delle foto subirebbe un danno economico oltre che d’immagine), menu che a volte sembrano essere stati organizzati lanciando i dadi, autofocus globalmente buono ma di certo migliorabile sotto diversi aspetti.
Inoltre, chi ha bisogno di rapidità nella selezione dei punti di messa a fuoco lamenta l’assenza del touch screen e/o la mancanza di un joystick; con l’ultimo aggiornamento firmware Sony ha un po’ velocizzato la selezione del punto di messa a fuoco mediante la rotella posteriore, ma si sa, è difficile accontentare tutti. Insomma, la macchina definitiva e migliore in tutto e per tutti non esiste. La Sony A7R II si è ritagliata nel tempo un ruolo di macchina ideale per le foto “non d’azione”, giusto per non dire “foto lente”. E’ eccellente per paesaggio, still-life, architettura, e con il giusto approccio dice onorevolmente la sua anche nella ritrattistica e nella fotografia di cerimonia. E’ meno adatta, invece, al reportage ed alla fotografia sportiva, specie per i motivi sopra riportati: in questi settori, le reflex o i modelli di mirrorless più rapidi (come la Fuji XT-2 o la Sony A9) sono sicuramente più a loro agio.
L’oggi
Cos’ha fatto dunque Sony? Ha preso la R II ed è intervenuta sugli aspetti maggiormente messi in evidenza da recensori ed utenti. La III dunque è più veloce sia nell’utilizzo (per dire, adesso si può accedere ai menu mentre la fotocamera scrive sulla scheda), che nella ripresa (ora raggiunge 10 fotogrammi al secondo, ed il buffer contiene 28 RAW non compressi o 76 JPG/RAW compressi); usa le stesse batterie della Sony A9, che hanno un’autonomia più che raddoppiata (anche il battery grip è lo stesso della A9); ha due slot per le schede di memoria (uno UHS-II ed uno USH-I); i menu sono stati rivisti, come sulla A9, e quindi sono migliori rispetto alla seconda generazione; sempre dalla A9, inoltre, la Sony A7R III eredita notevoli capacità di personalizzazione dei pulsanti (vale la pena studiarsele per bene sul manuale reperibile sul sito Sony, non quello nella confezione); c’è poi una sezione MyMenu, a lungo invocata da folle urlanti e disperate, così che ciascuno possa metterci le (fino a 30) voci di menu di uso più frequente, condannando all’oblio sempiterno le altre.
Ancora: l’autofocus è stato migliorato, portando i punti di rilevamento di contrasto da 25 a 425 (quelli a rilevamento di fase sono sempre 399, e coprono circa il 47% del fotogramma); i due gruppi di punti, combinati, coprono circa il 68% del fotogramma. Sony dichiara maggiore sensibilità (da -2 a -3 EV ad F/2), una velocità che può arrivare al doppio rispetto alla R II, tracking ed Eye-AF migliorati. Infine, adesso c’è un joystick per la selezione della messa a fuoco, ed il display della fotocamera è touch-screen (solo per la messa a fuoco, non per l’utilizzo dei menu); inoltre ha una risoluzione leggermente più alta (1.440.000 pixel contro 1.229.000).
Nel comunicato stampa Sony dichiara di aver preso dalla A9 anche il motore JPEG: ci aspettiamo dunque migliorie sul colore, sui toni dell’incarnato, sulla resa ad alti ISO; e visto quanto va bene la A9 in questo, ci attendiamo molto anche dalla A7R III. Lo stabilizzatore è stato migliorato, e l’otturatore pure: non è un quasi-global-shutter come quello della A9 ma è un passo avanti rispetto alla generazione precedente, dichiarato per 500mila scatti e con un meccanismo che riduce le vibrazioni.
La Sony A7R III usa lo stesso sensore (full-frame, retroilluminato, da 42 MPx) della II, ma l’elettronica intorno è migliorata. Sony dichiara di aver potenziato la circuiteria, contenendo ancor più il rumore di lettura e migliorando la gamma dinamica. Ora i file sono a 14 bit anche quando si scatta a raffica, sia con l’otturatore meccanico che con quello elettronico. Si scende a 12 bit solo lavorando a raffica con i RAW compressi (oppure quando è abilitata la riduzione del rumore sulle lunghe esposizioni).
Il mirino è quello della Sony A9: dunque ha 3,7 Mpx di risoluzione e 100fps, e fino ad 8 fotogrammi al secondo è un vero live view (da notare che c’è una piccola vibrazione dell’immagine, introdotta al solo scopo di far capire al fotografo che sta scattando in continuo); sopra questa soglia mostra l’ultima immagine scattata. Ci sono poi un attacco per il sincroflash, una porta micro USB 2.0 ed una USB-C 3.1; con entrambe si può alimentare la fotocamera (ma attenzione, lavorando così la batteria non viene caricata), la USB-C consente di lavorare in tethering mentre la micro USB è per i telecomandi ed altri accessori. Alcuni dei pulsanti sul dorso sono stati riposizionati: un tasto personalizzabile è stato spostato a sinistra del display, il tasto/selettore AF/MF/AEL è sparito, sostituito da due pulsanti separati, uno per l’attivazione dell’AF e l’altro per il blocco dell’esposizione, entrambi personalizzabili. Ciò ha liberato lo spazio per il joystick (che Sony chiama “selettore multiplo”). Le ghiere sono più resistenti, e la rotella posteriore adesso sporge leggermente: ciò la rende più facile da “sentire” al tatto e da controllare. Da segnalare la presenza del Bluetooth e lo spostamento del pulsante Movie, che non trova mai pace e non farà mai contento nessuno perché per mezzo mondo è “scomodo da raggiungere” e per l’altra metà è “sempre tra i piedi”.
La batteria più ampia, la presenza del doppio slot, ed il grip più pronunciato hanno comportato un leggero incremento di peso e dimensioni: la A7R III pesa 657 grammi (la A9 673) contro i 625 della A7R II (parliamo di solo corpo, batteria inclusa). Altezza e larghezza sono identiche (127x95mm per tutte), ma la A7R III arriva a 73,7mm di spessore contro i 63 della A9 ed i 60 della A7R II, appunto per la maggiore profondità dell’impugnatura.
Software e Pixel Shift
Come la A9, la A7R III non supporta le PlayMemories App, salvo dialogare con Play Memories Mobile (da installare sul proprio smartphone) per il controllo remoto ed il trasferimento dei file. Ora, non neghiamo che le app Sony siano macchinose da installare e da utilizzare, ma il loro sporco lavoro lo fanno; speriamo dunque che Sony consenta a chi le utilizzava di poterle in qualche modo recuperare, tramite aggiornamenti firmware che introducano in-camera quelle funzionalità (ci speriamo poco) o, in alternativa, mediante una nuova piattaforma software di prossimo rilascio (ci pare più credibile). Di nuovo, lato software, c’è già il pacchetto Sony Imaging Edge, scaricabile dal sito: è un convertitore RAW, oltre che un visualizzatore immagini, e supporta i file generati dalla Sony A7R III quando opera in modalità Pixel Shift. Emulando quanto già fatto da Olympus e Pentax, infatti, nella A7R III Sony ha introdotto la sua implementazione di questa tecnologia: vengono effettuati 4 scatti, ognuno per un solo canale (uno per il rosso, uno per il blu, due per il verde), spostando ogni volta il sensore di un pixel, di fatto evitando l’intervento del filtro Bayer (chi si chiedesse che cos’è il filtro Bayer, perché viene messo davanti ai sensori, e perché può essere un vantaggio aggirarne la presenza, potrebbe soddisfare la sua curiosità leggendo questo articolo).
In modalità Pixel Shift, la fotocamera genera quattro file RAW (per un totale di 170 Mpx!) che poi il software Imaging Edge combina in un unico file, sul quale poi lavorare come al solito. Tra uno scatto e l’altro passa almeno un secondo, per cui si tratta di una modalità di ripresa adatta solo a soggetti statici (e che siano veramente statici: riprendendo un panorama, un secondo può essere sufficiente a far muovere del fogliame o l’erba di un prato). Si hanno però molte più informazioni sul colore, e non essendoci la demosaicizzazione aumenta anche la definizione dell’immagine. Chi utilizzi o sappia come lavorano i sensori Foveon sa benissimo di cosa stiamo parlando.
Video
Qualche parola infine sul video. La Sony A7R III gira filmati a 4K (a 24p e 30p), senza “pixel binning” e lavorando con la lettura completa dei pixel (“full pixel readout” per i più pratici). In FullHD si può girare a 24/30/60/120fps. Supporta Hybrid Log Gamma e S-Log3, e può lavorare sia in full-frame che in Super35. Inoltre, le migliorie apportate all’autofocus saranno senza dubbio apprezzate anche da chi usa la fotocamere per le riprese.
Conclusioni
Come scritto all’inizio, la macchina è disponibile da pochissimi giorni, dunque abbiamo appena iniziato a farci degli scatti di prova per valutarne le prestazioni. Seguirà dunque in futuro un test approfondito. Al momento in cui scriviamo, Adobe non ha ancora rilasciato l’aggiornamento di Camera Raw per gestirne i file RAW, quindi bisogna affidarsi a Sony Imaging Edge oppure a Capture One (tra l’altro, Capture One Express per Sony è gratuito, e si scarica liberamente dal sito).
Provando a fare qualche considerazione più generale, ci verrebbe da dire che la Sony A7R III non è una “A9R”, ma non ci va molto lontano. In sintesi, Sony ha preso un bel po’ di tecnologia dalla A9 e l’ha riversata nella A7R III, a nostro avviso con intelligenza, intervenendo dove serve, senza cannibalizzare la A9 - che rimane una macchina diversa e che dà il meglio in altri ambiti di applicazione. Ma aldilà delle specifiche tecniche, quando si utilizza una A7R III si ha l’impressione di avere tra le mani una fotocamera di fascia superiore rispetto alla generazione precedente. Un plauso a Sony per aver dimostrato di aver recepito le indicazioni del mercato, lavorando sugli aspetti che andavano migliorati, anziché limitarsi a buttare fuori l’ennesima macchina superpompata per tante cose ma con carenze, a volte inspiegabili, qua e là. L’ergonomia, i materiali, l’operatività sono ciò che davvero fanno e completano una fotocamera, al di là delle prestazioni nude e crude del sensore, ed in questo senso la Sony A7R III è davvero un bel passo avanti rispetto alla generazione precedente, confermando il già ottimo lavoro fatto con la A9. Se già la Sony A7R II è stata un successo di vendite, non dubitiamo che questa terza iterazione del modello farà numeri altrettanto significativi.
Agostino Maiello © 11/2017
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