VOIGTLÄNDER PERKEO I
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In piena era digitale può avere senso acquistare o recuperare un'anziana folding 6x6?
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Iniziai una serie di articoli "A spasso con..." nei primi anni '90 per la rivista REFLEX. Il digitale era ben lontano dall'entrare anche solo nei miei pensieri e amavo trascorrere parte del mio tempo libero nei mercatini fotografici, non tanto nella speranza di trovare qualche tesoro nascosto, quanto nel tentativo - spesso riuscito - di trovare a prezzo onesto delle buone fotocamere che non facevano parte del Mito, ma della Storia.
Ne trovai molte, riempiendo mensole e vetrine del salotto, e poi la mansarda, gli armadi, il ripostiglio... una collezione che, pur non valendo un capitale, occupava gran parte della casa costringendomi poi ad iniziare la sofferenza delle eliminazioni.
Tutte le fotocamere dovevano essere in perfette condizioni di funzionamento (sull'estetica ero disposto a chiudere un occhio, anzi, il senso di "vissuto" costituiva e costituisce un pregio ai miei occhi) e non doveva fare da puro soprammobile: almeno qualche rullino era obbligatorio, ma con molte fotocamere (questa, per esempio) ho scattato davvero tanto.
Con l'avvento del digitale la collezione si è fermata e continuare a scrivere i vari "A spasso con..." mi sembrava poco interessante, ma negli ultimi tempi ho notato un'inversione di tendenza e la riscoperta di vecchie fotocamere di qualità che possono consentire di realizzare ottime foto e far divertire molto.
L'esperienza in realtà va ben oltre il recupero, il divertimento e la qualità (tanta o poca a seconda dei casi): utilizzare una vecchia fotocamera a pellicola (per giunta limitata a soli 12 scatti per rullino) può aiutare a riscoprire il "pensiero lento" e far meditare maggiormente prima dello scatto. Per chi si è avvicinato alla fotografia col digitale non è una "riscoperta" bensì una "scoperta" che si riflette positivamente anche negli scatti digitali: sono meccanismi mentali che non si dimenticano mai.
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Obiettivo, diaframma e otturatore (centrale) si trovano nello stesso blocco all'estremità del soffietto com'è consueto per questo tipo di fotocamere. L'obiettivo è un Voigtländer Vaskar da 80mm F/4.5, l'otturatore va da 1/25 a 1/200 di secondo più la posa B.
Il mirino, di tipo galileiano, è abbastanza luminoso anche se, un vero peccato, in questa versione economica manca di telemetro e riferimenti precisi del campo inquadrato. Diventa ancora più scomodo ed approssimativo, viste le ridotte dimensioni, per chi porta gli occhiali.
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LE VOIGTLÄNDER PERKEO
Le Voigtländer non sono in media fotocamere di elevato valore collezionistico, ma sono sempre state di elevata qualità sia ottica che costruttiva. Oggi si trovano a prezzi più che accessibili a seconda dei modelli e quella di cui sto parlando - la Perkeo I - si trova sui 50-100 Euro al massimo; si può arrivare a 150-170 Euro per i modelli più pregiati, ma se ne trovano anche su eBay a molto meno.
La serie Perkeo venne prodotta dal 1951 al 1957 per un totale di circa 147.000 pezzi. Si trattava di fotocamere folding molto compatte e leggere sia rispetto ai parametri dell'epoca che a quelli attuali (molte compatte digitali sono più grosse e pesanti delle Perkeo). La realizzazione folding, cioè con ottica ripiegabile e richiudibile dietro uno sportellino grazie ad un piccolo soffietto, permetteva di avere un corpo compatto e privo di sporgenze, più che agevole da riporre in tasca o nella borsa.
Un semplice click e l'ottica era in posizione di funzionamento: impostando dei valori fissi e giocando sull'iperfocale, era possibile usarle come fotocamere da reportage. Nulla da invidiare alle mitiche Leica che venivano spesso adoperate proprio in questo modo, mentre il negativo 6x6 permetteva di realizzare anche grossi tagli senza perdere troppa qualità.
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Ma le Perkeo venivano proposte nelle pubblicità dell'epoca più come fotocamere da passeggio o per signorine proprio per la compattezza e l'eleganza: la classica fotocamera da portare sempre con sé (passano gli anni, ma i messaggi pubblicitari sono sempre gli stessi).
Il modello iniziale, la Perkeo I, era decisamente spartano, ma la qualità costruttiva era in ogni caso notevole come tutta la produzione Made in Germany dell'epoca: un modello "economico" costava pur sempre un occhio della testa, non dimentichiamolo! Le successive Perkeo II e Perkeo IIIe aggiunsero il telemetro e l'autoscatto, ma la vera differenza era nell'ottica: al posto dell'economico Vaskar c'è un ottimo Color Skopar F/3.5 che, come resa, non sfigura affatto al confronto con le ottiche delle più blasonate Rollei.
OGGI
Ho caricato nella mia Perkeo I diverse pellicole a colori (anche diapositive!) ed in bianconero, optando, dopo i primi rullini, solo per quest'ultimi. Non che i risultati a colori fossero disprezzabili, ma la massima resa - almeno col Vaskar 80/4.5, la si riesce ad ottenere proprio col bianconero. La fotocamera è semplice da adoperare, i comandi sono ridotti all'osso (certo che per chi è abituato alle compatte AF dotate di esposizione automatica di comandi ce ne sono fin troppi: messa a fuoco, diaframma e otturatore; far avanzare la pellicola e riarmare l'otturatore dopo ogni scatto) e l'esercizio da fare è sapere cosa si vuole ottenere. Non voglio arrivare a citare la famosa previsualizzazione di Ansel Adams, ma l'esercizio alla fine è quello, visto che le immagini sono tutte da immaginare ancor prima dello scatto.
Mi rendo conto che questa pratica non sia affatto immediata o scontata per chi ha cominciato a fotografare col digitale che permette di verificare subito, sul display della fotocamera, i risultati ottenuti con la consapevolezza di poter "aggiustare tutto dopo", ma c'è una bella differenza tra il vedere dove si va a finire giocando con Photoshop e l'immaginare prima cosa si vuole ottenere. Certo, anche in questo caso non si ha nessuna certezza e spesso si aggiusta il tiro una volta in camera oscura, ma si tratta di diverse interpretazioni dello stesso spartito: si è pensata una melodia e le si cambia il ritmo, si varia la durata, si accentra l'attenzione su determinati passaggi. Avere a disposizione un negativo 6x6 con davanti un obiettivo di buona qualità significa avere un sacco di informazioni, così tante da potersi permettere il lusso di buttarne via una parte. Ricordo che il mirino galileiano mostra tutto a fuoco mentre la profondità di campo varia enormemente a seconda del diaframma adoperato, quindi si deve immaginare anche quest'ultima poiché la Perkeo - come qualsiasi fotocamera dello stesso tipo - non ha nessuna possibilità di fare una verifica visiva. Andare a spasso con la Perkeo significa dover usare innanzitutto gli occhi e il cervello, quindi la fantasia.
La Perkeo I è priva di esposimetro e, pur avendo ottimi esposimetri esterni, ho voluto adoperare la vecchia, cara "Regola del 16" per esporre. I negativi ottenuti sono ottimi, molto incisi (complimenti al vecchio Vaskar!) ed in grado di fornire ottime stampe sino al 30x40: davvero sorprendente la nitidezza e la sensazione di pulizia delle stampe.
Devo ammetterlo: queste piccole folding dal grande negativo sono davvero affascinanti e possono dare ancora molte soddisfazioni dal punto di vista qualitativo soprattutto col bianconero anche in piena era digitale (provate a fare la scansione di un negativo 6x6 e ne avrete la conferma), ma - a parte tutto - volete mettere il divertimento?
Rino Giardiello © 02/2007
ATTENZIONE!
Esistono delle differenze anche tra lo stesso modello Perkeo I a seconda dell'anno di fabbricazione. Per esempio sulla mia c'è lo sportellino di protezione sulla finestrella rossa dalla quale controllare l'avanzamento della pellicola (altre non ce l'hanno) mentre l'obiettivo è il Vaskar 80/4.5 che dovrebbe equipaggiare la Perkeo II in alternativa al ben più costoso Color Skopar.
Altre differenze riguardano il blocco contro le doppie esposizioni e la presenza dell'autoscatto e del contapose. La prima generazione va dal 1951 al 1952 e la seconda dal 1952 al 1955.
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Il dorso è dotato della solita finestrella rossa per controllare l'avanzamento della pellicola. Piccolo particolare in più, la piccola anta di protezione che sigilla la finestrella in modo da assicurare la perfetta tenuta alla luce.
Una finezza: sul tetto della Perkeo I c'è un dispositivo a freccia per evitare doppie esposizioni involontarie. In realtà la freccia è solo un veloce e superfluo controllo visivo in quanto non è possibile scattare (il pulsante resta bloccato) se non si fa avanzare la pellicola.
La slitta portaflash non è ovviamente dotata di contatto caldo, per cui occorre collegare l'apposito cavetto allo spinotto indicato nella foto. Poiché l'otturatore è centrale, è possibile effettuare la sincronizzazione con tutti i tempi.
Una volta chiusa, la Voigtländer Perkeo è davvero piccola e leggera. Osservatela vicino al classico rullino 24x36.
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SCHEDA TECNICA
Fotocamera: folding con mirino galileiano
Pellicola adoperata: rollfilm 120 (12 pose 6x6 cm)
Anno di fabbricazione: tra il 1951 e il 1957
Obiettivo: Vaskar 75/4.5 o Vaskar 80/4.5
Otturatore: Pronto o Prontor con tempi da 1/25 a 1/200 di sec. + B
Dimensioni: 12.7 x 8.9 x 4.3 cm
Peso: circa 450 g
L'esemplare dell'articolo è dotato di obiettivo Vaskar 80/4.5, blocco contro le doppie esposizioni accidentali, protezione per la finestrella sul dorso e contapose: una Perkeo I ormai alle soglie della II (l'anno di fabbricazione dovrebbe essere il 1954-55).
SE LE RICERCATE SU INTERNET...
...ed avete intenzione (come me) di adoperarle, fate estrema attenzione al formato della pellicola. Esiste una serie di Perkeo 3x4, più datata delle 6x6 di cui parlo nell'articolo, per le quali le pellicole sono ormai introvabili.
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La guida che deve ospitare il rocchetto del film 120 è estraibile e solo in questa posizione si apre per ricevere il film. Questa soluzione, oltre a garantire un perfetto inserimento della pellicola, permette di ridurre le dimensioni del corpo.
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Alcuni scatti effettuati con la Perkeo I
In basso, il dettaglio al 100%. Si tenga presente che la scansione del negativo non rende comunque l'impressione di grande nitidezza che si ottiene guardando le stampe
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