La nascita ufficiale della fotografia viene fatta risalire al 1839, quando venne ufficialmente resa nota la scoperta della "dagherrotipia" - dal nome dell'inventore del procedimento, il francese Daguerre.
La dagherrotipia in realtà era stata messa a punto nel 1837, ma le prime fotocamere cominciarono ad apparire sul mercato soltanto due anni dopo. Inizialmente si usavano lastre di 16.4x21.6 cm, ma le evoluzioni successive videro la nascita di formati minori e diverse variazioni della struttura chimica delle lastre, rendendo quindi sufficienti tempi d'esposizione più brevi. Il dagherrotipo originale, una lastra di metallo argentato, richiedeva infatti circa mezz'ora di esposizione, il che, di fatto, lo rendeva adatto solo alla fotografia di soggetti statici (monumenti, palazzi, paesaggi, eccetera).
L'obiettivo standard presente sui dagherrotipi era costruito dall'ottico francese Charles Chevalier ed aveva una lunghezza focale di 360mm, con una luminosità di circa f/11-f/16. Nel 1840, il matematico Josef Petzval mise a punto un obiettivo a quattro lenti di luminosità f/3.7, dunque molto più luminoso. L'obiettivo di Petzval iniziò ad essere prodotto industrialmente dall'austriaca Voigtlaender, e la sua luminosità accorciò notevolmente i tempi di esposizione richiesti. Ciò, di fatto, rese possibile la nascita della fotografia di ritratto.
Nato in Francia e presto esportato in Inghilterra, il dagherrotipo incontrò notevole successo in tutta Europa e poi ancora negli Stati Uniti. Negli anni seguenti, mentre in Europa venivano messe a punto altre forme di fotografia, negli USA diversi miglioramenti tecnici prolungarono di qualche tempo la fortuna del procedimento di Daguerre. In Europa, già a partire dal 1850 il negativo su vetro cominciò a prendere il sopravvento sul dagherrotipo; negli USA trascorse un altro quindicennio prima che la dagherrotipia venisse messa da parte.
Con l'inizio del nuovo secolo, il dagherrotipo sparì definitivamente e, sebbene la gran parte delle fotocamere in circolazione fossero ancora dei veri e propri banchi ottici, cominciarono ad apparire le prime alternative, prime fra tutte le folding (pieghevoli).
È in questo contesto che bisogna inserire la nascita della Zeiss. Tutto inizia nel 1846, quando il trentenne Carl Zeiss, già con qualche anno di esperienza nel settore della fabbricazione dei microscopi, decise di stabilirsi a Jena, cittadina non lontana da Lipsia (in quella che una volta era la Germania dell'Est), dove aprì un piccolo laboratorio (circa venti dipendenti) per apparecchi di precisione.
Grazie alla qualità dei suoi prodotti ben presto la Zeiss divenne fornitore dell'Università di Jena. L'alta qualità ottica e meccanica dei microscopi prodotti (Carl Zeiss in persona si curava personalmente di fare a pezzi a martellate i microscopi che non passavano il suo "controllo di qualità") fece vincere alla Zeiss il primo premio all'esposizione di Theuringen, nel 1861: medaglia d'oro come uno dei migliori prodotti fabbricati in Germania. A partire dal 1870 la Zeiss ridusse l'artigianalità del processo di fabbricazione ed adottò dei macchinari che le consentirono di iniziare a produrre in serie. Tale innovazione, in controtendenza con le abitudini degli altri produttori ancora legati alla fabbricazione artigianale, spalancò alla Zeiss il mercato della ricerca scientifica, grazie alla qualità ed alla quantità dei prodotti che poté garantire. Quando il dottor Koch annunciò di aver scoperto il bacillo della tubercolosi, ringraziò pubblicamente la Carl Zeiss per l'aiuto dato alle ricerche.
Nel 1872, Carl Zeiss conobbe il direttore dell'osservatorio di Jena, Ernst Abbe, classe 1840, professore di matematica. I suoi studi sui sistemi ottici consentirono alla Zeiss di mettere a punto procedimenti di lavorazione delle lenti assai complessi, dai quali si ottenevano lenti molto ricurve grazie alle quali si poterono costruire microscopi assai più piccoli di quelli della concorrenza.
La competenza scientifica di Abbe era notevole, e grazie ad essa (basti citare che si deve a lui l'elaborazione del "numero di Abbe", un valore che esprime la relazione fra l'indice di rifrazione dei materiali e la lunghezza d'onda della luce) la Zeiss vide progredire enormemente il livello qualitativo dei suoi microscopi; va citata anche la nascita di una sezione astronomica delle officine Carl Zeiss. Nel 1876, su proposta di Carl Zeiss, Abbe entrò nella società.
Il terzo elemento chiave per la nascita della Zeiss fu Otto Schott, nato nel 1851, esperto vetraio formatosi prevalentemente nella vetreria del padre. Nel 1879, il giovane Schott inviò ad Abbe un nuovo tipo di vetro, all'ossido di litio. Colpito, Abbe iniziò un fecondo rapporto di collaborazione con Schott. Nel 1881 lo invitò a trasferirsi a Jena, per proseguire insieme le ricerche, e l'anno seguente Schott accettò.
Le foto dei fondatori.
Il 21 ottobre 1883, Carl Zeiss, Ernst Abbe ed Otto Schott fondarono a Jena la Schott und Genossen ("Schott e Soci"). Tra i soci c'era anche Roderich Zeiss, il figlio di Carl. L'anno seguente venne attivato il primo forno per la produzione di vetri ottici, e l'otto settembre del 1884 venne effettuata la prima fusione.
Dopo soli due anni la Schott und Genossen era già in grado di fornire oltre 40 tipi di vetri, per le esigenze più svariate. Ed era nei laboratori di tale società che Abbe poté coronare una sua vecchia idea, quella di produrre un obiettivo fotografico il più possibile corretto per le tre linee dello spettro cromatico. Tale obiettivo vide la luce nel 1886, e fu il primo ad essere definito "apocromatico".
Abbe non brevettò l'obiettivo, permettendo così alla concorrenza di utilizzarlo commercialmente: era un uomo dell'Ottocento, e credeva che la scienza dovesse essere messa a disposizione di tutti.
Nel 1886 la Schott und Genossen contava 250 dipendenti, e produceva telescopi, binocoli, vetri ottici, obiettivi fotografici. Il 3 dicembre del 1888 Carl Zeiss morì, all'età di settantadue anni, e la direzione della società venne assunta da Ernst Abbe, il quale ne cambiò la forma giuridica: il 19 maggio del 1889 nacque così ufficialmente la Fondazione Carl Zeiss.
Bisogna ora tenere presente che a quel tempo la produzione di obiettivi fotografici era legata a procedimenti artigianali ed a materiali che mostravano parecchi limiti. Come si è visto, si era passati dall'obiettivo di Chevalier per i dagherrotipi, basato sulle scoperte di inizio '800 di William H. Wollaston, a quello di Petzval, che viene universalmente considerato il primo vero obiettivo fotografico. Successivamente c'erano stati altri buoni risultati, come l'Aplanat, un obiettivo simmetrico degli anni '60 progettato da Steinheil, ed il Globe Lens di Harrison. Ma le limitazioni ottiche di questi progetti erano notevoli, a causa dei vetri utilizzati. Fu solo con le invenzioni di Schott, messe a punto nel 1884 e rese concretamente disponibili nel 1888, che fu finalmente possibile parlare di una produzione controllata degli obiettivi fotografici.
Nel 1886 era entrato a far parte dell'organico della Schott il dottor Carl Rudolph, nato nel 1858. Egli fu il primo ad utilizzare i vetri di Schott ai fini della produzione di obiettivi fotografici. E fu utilizzando tali vetri che nel 1890 Rudolph presentò il suo primo obiettivo: asimmetrico, dotato di quattro lenti in due gruppi, l'obiettivo aveva una luminosità di f/6.3, poi portata a f/4.5; inizialmente fu battezzato Zeiss Anastigmat, poi nel 1900 venne ribattezzato Protar. Nel 1895 vennero accoppiati due Protar, ottenendo così il Doppio Protar (ovvero Doppio Anastigmat).
Nel 1896, dopo una lunga e laboriosa ricerca, Rudolph presentò un nuovo schema ottico, il Planar. Tale nome derivava dalla perfetta planeità di campo ottenibile. Praticamente esente di aberrazioni, il Planar aveva una luminosità di f/3.6 ed era uno schema piuttosto complesso, costituito di sei lenti in quattro gruppi. A causa dell'elevato numero di lenti, il contrasto del Planar risultava molto basso. Se sul piano scientifico dunque il progresso era stato notevole, all'atto pratico il Planar risultava assai poco soddisfacente. Né risultò soddisfacente l'Unar, un obiettivo progettato nel 1899, dotato di quattro lenti e con luminosità f/4.5.
Ma Rudolph non si arrese. Con l'ausilio di un valido collaboratore, il dottor Wandersleb, partì da uno schema ottico ben collaudato, il tripletto di Cooke, risalente al 1893. Aggiungendovi la parte anteriore dell'Unar e quella posteriore del Protar, Rudolph realizzò così nel 1902 un obiettivo con tre gruppi, per un totale di quattro lenti. Fu proprio questo numero, quattro, a suggerire il nome da dare all'obiettivo, che fu così battezzato Tessar (dal greco "tessara", ovvero "quattro").
Inizialmente il Tessar aveva una luminosità di f/6.3, e grazie all'eccezionale nitidezza fu presto soprannominato "Occhio d'aquila". ("Adlerauge").
Le tre realizzazioni, Unar, Planar e Tessar portarono rapidamente la Zeiss ai vertici dell'industria ottica, ponendola ai massimi livelli nel campo della ricerca ottica e fotografica. Accadde così che un numero sempre maggiore di industrie fotografiche prese a rivolgersi alla Zeiss per gli obiettivi da abbinare alle proprie fotocamere, come la Rollei, la Robot e la Ihagee. Di fatto, il Tessar divenne lo schema ottico standard dell'industria fotografica, finendo quasi col monopolizzare i listini.
Nel 1907 venne progettato un Tessar Apocromatico, e nel 1909 il dottor Wandersleb, che nel frattempo era stato messo a capo della sezione ricerche della Carl Zeiss, dimostrò come adattare il Tessar a varie lunghezze focali, scomponendo la parte frontale dei gruppi ottici. Tale scoperta costituisce una pietra miliare della storia dell'ottica e rese possibile, alcuni anni dopo, la progettazione del TeleTessar, attuata dal dottor Merte nel 1919. Il TeleTessar entrò in produzione nel 1923 e divenne il teleobiettivo più utilizzato nel periodo tra le due guerre mondiali. (CONTINUA)
Agostino Maiello © 02/1998
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