Le regole base della Street Photography di qualità spiegate da Michele Vacchiano con le foto di Rino Giardiello che ha usato unicamente una fotocamera ad ottica fissa supergrandangolare per queste foto a Varsavia.
Premessa
La commedia umana che si snoda negli spazi aperti è vista e colta come un evento pubblico, un aspetto della storia che non sempre – e non necessariamente – coinvolge eserciti e nazioni, ma che più modestamente e più nascostamente si compone delle singole storie incontrate per caso, e per un breve attimo fuggente, nelle vie della città.
Questa è la fotografia di strada.
Al fotografo sono richieste doti non comuni: non soltanto saper guardare, saper cogliere l'attimo decisivo, saper prevedere lo svolgersi e il concludersi di un evento, ma anche e soprattutto saperlo fare con quella discrezione, quel rispetto e quella compassione che trasformeranno la sua opera nella testimonianza partecipe di un osservatore emotivamente coinvolto, anziché nella foto "rubata" di un paparazzo da strada.
Come disse Henri Cartier-Bresson, è necessario saper mettere sullo stesso piano mente, occhio e cuore.
Il tutto con rapidità e perfetta conoscenza del mezzo, senza dimenticare che la fotografia deve anche obbedire a canoni di perfezione estetica.
Facciamo chiarezza
Sgombriamo subito il campo da un diffuso malinteso: street photography, o fotografia di strada, non significa uscire di casa e scattare a muzzo in qualunque direzione.
Perché la street photography è un genere ben preciso, che consiste nel riprendere momenti di vita quotidiana sottolineandone gli aspetti insoliti, sorprendenti, curiosi o ironici.
Per essere chiari e dire le cose come vanno dette: quando Cartier-Bresson fotografa l'uomo che salta la pozzanghera, o i due fidanzati al tavolino del bar che si baciano mentre il cagnolino li osserva incuriosito, allora fa della street photography.
Quando il principiante riprende uno sconosciuto che sale sul treno in una stazione gremita, magari inclinando l'inquadratura e tagliando i piedi, fa una foto di cacca (okay, non sono politicamente corretto. E sto bene così).
La conseguenza di questo postulato è che la fotografia di strada, anche se realizzata in condizioni "di emergenza" (cioè in fretta e senza meditare troppo, per non perdere l'attimo decisivo) non è esentata dall'attenzione che – sempre e in ogni caso – deve essere dedicata all'inquadratura e alla composizione.
Per intenderci, la signora tagliata a metà che fa capolino dal bordo destro del fotogramma, la manica di un cappotto che spunta dal bordo sinistro, la testa sfocata della ragazza che chatta al cellulare in primo piano sono elementi che rendono la fotografia inefficace, anzi, decisamente da buttare.
Ovvio, sono cose che capitano quando si lavora in fretta e non si ha il tempo per mettere insieme una composizione da manuale, ma non dimentichiamo che (esattamente come quando si lavora su pellicola e si stampa in camera oscura) l'immagine può – anzi, deve – essere ritagliata in modo da eliminare i particolari superflui e concentrare l'attenzione sul soggetto.
L'esposizione e la messa a fuoco
Come il fotografo sportivo, anche il fotografo di strada non ha molto tempo per curare preventivamente l'esposizione che ritiene ideale.
Il consiglio è di lasciar fare alla fotocamera, impostando la lettura esposimetrica a matrice o quella ponderata con prevalenza al centro; lavorare in ETTR (se si usa un sensore Bayer) e demandare alla postproduzione eventuali piccole correzioni.
Per quanto riguarda la messa a fuoco, esistono due scuole di pensiero.
La prima è quella dei fotografi che si affidano all'iperfocale.
Con un obiettivo moderatamente grandangolare (un 35mm sul formato pieno è universalmente considerato la soluzione ideale per la street photography), un valore ISO abbastanza elevato (almeno 400) e un diaframma intermedio, è possibile regolare la messa a fuoco sull'iperfocale e dimenticarsene.
Peccato che così facendo rischiamo che il soggetto principale finisca fuori dal piano di messa a fuoco (magari di poco, ma ci finisca).
Problema irrilevante se si lavora su pellicola e si stampa a dimensione rivista, ma drammatico nel digitale: il redattore della rivista o l'ispettore dell'agenzia di stock valuteranno la nostra immagine portandola a dimensioni reali sul monitor del PC, e se il soggetto è fuori dal piano di messa a fuoco rischiamo una inappellabile bocciatura (non è detto che la otteniamo, magari il redattore ci perdona sapendo che la nostra foto sarà stampata in piccole dimensioni, ma sicuramente la rischiamo, e personalmente non voglio compromettere la mia credibilità professionale facendo vedere a un cliente un soggetto sfocato).
La seconda scuola di pensiero – quella che io caldeggio con vigore – raccomanda l'uso intelligente e il controllo totale del fuoco.
Nella fotografia di strada il soggetto finisce di solito al centro dell'inquadratura: per cui non resta altro da fare che impostare l'autofocus in modalità spot e in posizione centrale, inquadrare e scattare.
E quando il soggetto è perfettamente a fuoco, chissenefrega di tutto il resto.
ISO
Abbiamo detto poco sopra che il valore ISO deve essere "elevato".
Il motivo è ovvio, dato che abbiamo bisogno di tempi rapidi, sia perché i soggetti di solito si muovono, sia perché lavoriamo a mano libera.
In quest'ottica, è molto importante scegliere gli strumenti giusti: per la street photography (come per lo sport e la fotografia di animali) io preferisco sensori caratterizzati da una risoluzione non eccessiva, e questo per due importanti motivi.
Il primo è rappresentato dal fatto che quanto più bassa è la densità del sensore (cioè il numero di pixel) tanto meno evidenti sono gli effetti di un eventuale micromosso (questione di spostamento angolare).
Il secondo sta nel fatto che – generalmente – a un basso numero di pixel corrisponde una migliore risposta agli alti valori ISO, in termini di riduzione del rumore elettronico.
Per cui, prima di acquistare una macchina, occorre informarsi bene sulle sue prestazioni e sulle sue caratteristiche, privilegiando il modello che si adatta alle nostre specifiche esigenze (non quello che ci consiglia l'amico perché lui ce l'ha e si trova bene).
Ovviamente, i progressi della tecnologia sono galoppanti, per cui è possibile che tra cinque anni questo discorso appaia del tutto anacronistico: anch'io mi auguro un sensore da 200 milioni di pixel capace di lavorare a 25.000 ISO senza un filo di rumore elettronico; ma questo – almeno per adesso – non è disponibile in commercio.
Una cosa che si sente spesso ripetere è che la fotografia può anche essere storta, mossa, sfocata o piena di rumore, ma l'importante è il messaggio.
Un simile modo di pensare mi ricorda la volpe di Esopo, che non potendo raggiungere l'uva si consolò dicendo "tanto era acerba".
Che messaggio ci può essere in una fotografia sbagliata?
Se anche ci fosse, come scovarlo in mezzo a una caterva di informazioni disturbanti?
Il fatto poi che una fotografia tecnicamente o compositivamente sbagliata possa esprimere un messaggio e un contenuto, è un'affermazione pericolosa.
Oggi il mercato è saturo di miliardi di fotografie, molte delle quali sono belle fotografie.
Se io esprimo un contenuto con una fotografia brutta, il potenziale cliente sceglierà (perché la trova, è sicuro che la trova) la foto di un mio concorrente, che ha espresso i miei stessi contenuti ma con una qualità migliore.
I tempi in cui le riviste pubblicavano immagini sfocate e sgranate del mostro di Loch Ness sono - per fortuna - finiti.
Per quanto riguarda il mosso, occorre distinguere tra il mosso casuale, dovuto all'uso a mano libera e a un tempo di otturazione insufficiente, e il "mosso efficace".
Quest'ultimo obbedisce a una regola precisa, che vuole il soggetto mosso ma lo sfondo perfettamente fermo e nitido, in modo che lo spettatore capisca senza esitazione che quel mosso è voluto.
Il secondo è espressione di un'idea, il primo è un errore.
Macchine e obiettivi
Quali le fotocamere ideali per la street?
Un'ottima alternativa alla reflex è rappresentata dalle macchine a telemetro, o ancor più dalle mirrorless, meno appariscenti e soprattutto meno rumorose: lo scatto dell'otturatore, spesso, è controproducente.
A molti (soprattutto ai fotografi più anziani e più abituati al mirino tradizionale) può dare fastidio essere obbligati a osservare la scena inquadrata sul display posteriore: chi ha difetti di accomodazione (per esempio un presbite) può avere seri problemi.
Anche il mirino elettronico può rivelarsi scomodo per chi non vi è abituato: io per esempio trovo fastidiosa l'alternanza automatica tra display e mirino elettronico.
Ma sarà questo, probabilmente, il futuro.
Anche se il 35mm sul formato pieno è considerato l'obiettivo ideale, sovente è più raccomandabile fotografare da lontano con un teleobiettivo, specialmente se non si vuole essere notati, oppure quando non si vuole interferire nello svolgimento dell'azione con la propria presenza.
Un obiettivo grandangolare, invece, permette di entrare nella scena come spettatore e interprete presente e partecipe: due modi diversi e non necessariamente opposti di interpretare il soggetto. E' la scelta fatta da Rino Giardiello per tutte le foto che accompagnano questo articolo: una fotocamera compatta con ottica fissa da 14mm (21mm equiv.) con il particolare sensore Foveon, la Sigma dp0 Quattro. Forse una focale un po' estrema, ma Rino Giardiello, abituato alle focali supergrandangolari ed a gestire la grande quantità di informazioni che racchiudono grazie all'esperienza accumulata con anni di fotografia di Architettura, l'ha utilizzata con grande disinvoltura e maestria.
Dando per scontato tutto quanto sappiamo sulle limitazioni legali ed etiche riguardanti la fotografia di persone, resta il fatto che, in presenza di un fotografo, i soggetti tendono a essere meno naturali e a "mettersi in posa", perdendo spontaneità.
Per questo alcuni fotografi, come Helen Lewitt, usavano aggiuntivi a specchio da montare sull'obiettivo: grazie allo specchio, angolato a 45 gradi, è possibile fotografare un soggetto posizionato lateralmente rispetto al fotografo.
Case illustri come Leica hanno avuto per molto tempo nel loro catalogo accessori del genere.
Oggi si trovano ancora, come accessori universali, con diverse dimensioni per adattarsi a varie misure di obiettivi.
È un espediente che personalmente non mi piace, ma riconosco che a volte si può rivelare utile, più che altro per evitare che il soggetto – consapevole della presenza del fotografo – si metta in posa e assuma atteggiamenti innaturali.
In realtà basta molto meno: se vediamo che una persona si accorge di essere inquadrata, non dobbiamo fare altro che spostare per un attimo l'inquadratura fingendo di riprendere altrove; poi, quando il soggetto si sarà rilassato e avrà ripreso le sue consuete attività, inquadriamo e scattiamo rapidamente.
Prima di tutto, saper vedere
Ci vogliono esperienza e allenamento per cogliere momenti di vita quotidiana, situazioni comiche, drammatiche o comunque interessanti quando si cammina per strada.
Prima di fotografare occorre guardare, e allora – forse per la prima volta – si noteranno situazioni che fino a quel momento erano sfuggite.
Ma non è solo questo.
Ci vuole – oltre a un grande spirito di osservazione – la capacità di prendere rapidamente una decisione: non basta vedere, inquadrare e scattare: bisogna saper scattare al momento giusto, il famoso "attimo decisivo" prima del quale e dopo il quale la foto non avrebbe significato.
Questo implica, più che per altri generi fotografici, la perfetta conoscenza dei propri strumenti di lavoro, che devono diventare "trasparenti", come un'estensione dei sensi.
Chi si chiede come impostare il diaframma o come regolare un flash ha già perso la sua occasione.
Per questo mi sento di dare un consiglio a chi inizia, e perciò non ha ancora acquisito l'esperienza e la rapidità necessarie.
Scegliete un angolo suggestivo della città, frequentato da passanti: una piazza importante, una via dello shopping, un giardino pubblico… insomma, un luogo dove sapete che accade spesso qualcosa.
Poi preparatevi con calma: studiate l'esposizione e la luce, scegliete la focale più adatta.
Infine aspettate che un soggetto interessante passi entro la vostra area di interesse e scattate.
Ci vuole pazienza, ma è un po' come la caccia fotografica da appostamento: mettersi tranquilli all'interno del capanno e aspettare che il soggetto si faccia vivo.
Con il dovuto allenamento (allenamento a guardare, ma anche a usare con sicurezza la propria attrezzatura) non sarà difficile portare a casa immagini suggestive e originali.
Senza mai dimenticare – già lo sappiamo ma non è inutile ribadirlo – che la curiosità deve sempre essere temperata dalla partecipazione; il desiderio di documentare dalla compassione; la voglia di condividere una fotografia ben fatta dalla solidarietà che ci lega a ogni altro essere umano.
Michele Vacchiano © 10/2020
Riproduzione Riservata
Tutte le foto che accompagnano questo articolo sono state scattate da Rino Giardiello con la compatta Foveon ad ottica fissa da 14mm (21mm equiv.) Sigma dp0 Quattro.
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