A COSA SERVE DAVVERO
Avete mai visto i fotografi di matrimonio, quelli veri? Usano il Metz 60 anche per illuminare la sposa che scende dall'auto e magari c'è un sole che spacca le pietre.
Avete mai provato a fotografare una ragazza sulla spiaggia alle undici del mattino, con il sole alto nel cielo? E non siete inorriditi di fronte al risultato ottenuto? I capelli fanno ombra alla fronte, le arcate sopracciliari fanno ombra agli occhi, gli zigomi fanno ombra al viso e il labbro è spaccato in due dall'ombra del naso. La vostra bellezza al bagno si è trasformata in un mostro!
Come evitare un obbrobrio del genere? Semplice, cercando di ammorbidire quelle ombre. Che cosa suggeriscono i manuali? un pannello riflettente, un lenzuolo o un asciugamano bianco...
Palle! Sfido chiunque ad andare in giro sulla spiaggia con un pannello riflettente (ma che cos'è, poi?), oppure a trovare due volenterosi che abbiano voglia di sostenere l'asciugamano bianco mentre voi fate la foto.
Lo stesso quando si fa la macro: ci sono buontemponi che vi consigliano specchietti, cartoncini bianchi e altri esilaranti ammennicoli. Evidentemente non si sono mai sdraiati in mezzo alle ombrellifere aspettando che i due esemplari di Strangalia maculata che si corteggiano da ore decidano di convolare a nozze; sicuramente non hanno mai inseguito di fiore in fiore un Parnassius apollo. Ma quali cartoncini! quali specchietti! non c'è neppure il tempo di azionare la leva di carica, altro che sistemare tutt'intorno superfici riflettenti!
Esiste una soluzione infinitamente più pratica, più comoda, più creativa; una soluzione che ci consente di disporre di un nostro personale, piccolo, potente, versatile sole tascabile: il flash. Il flash fa brillare i colori, consente i diaframmi chiusi indispensabili alla profondità di campo, e con la sua brevissima emissione luminosa permette di "congelare" anche il battito delle ali di un sirfide.
Ma come, dirà qualcuno, il flash serve quando c'è poca luce, non quando c'è il sole. E qui sta l'errore di fondo. Perché quando c'è poca luce il flash serve a poco: quello che serve davvero, il più delle volte, è il cavalletto. Quando invece la luce è tanta, ma proviene dalla direzione sbagliata, allora serve una fonte di luce "nostra", direzionabile e dosabile a piacere. Il fatto che molti dilettanti non la usino è solo perché non ne hanno ancora scoperto le infinite potenzialità creative.
IL FILL-IN
Per riuscire a digerire il principio del fill-in diurno dobbiamo prima di tutto disinserire gli automatismi e lavorare in manuale (lo so, a questo punto qualcuno verrà colto dal panico, ma poi passa), partendo dal presupposto che si sta utilizzando un flash manuale (tipo il buon vecchio Metz 45 CT-1). Questo è il primo passo ed è indispensabile, altrimenti diventa difficile capire davvero che cosa succede. Poi potremo far lavorare il TTL, ma solo dopo avere interiorizzato e fatta nostra tutta la procedura.
Incominciamo col considerare l'eventualità più semplice: il cosiddetto fill-in diurno, cioè la corretta illuminazione di un soggetto in ombra contro uno sfondo illuminato.
Con una macchina dotata di otturatore centrale (una compatta regolabile manualmente, certi apparecchi di medio formato e le macchine di grande formato) non ci sono problemi: la sincronizzazione con la luce-lampo avviene su tutti i tempi di otturazione, per cui è sufficiente
1. Effettuare la messa a fuoco e verificare, sulla scala delle distanze, la distanza del soggetto;
2. Consultare la tabella del calcolo del numero-guida applicata sul flash e verificare con quale diaframma si ottiene una corretta illuminazione a quella distanza;
3. Effettuare la misurazione esposimetrica sullo sfondo, usando la priorità dei diaframmi e impostando il diaframma dato dal calcolo del numero-guida;
4. Impostare il tempo risultante;
5. Scattare.
A questo punto avrete un soggetto illuminato dal flash e uno sfondo correttamente esposto.
Esempio:
Il flash ha un numero-guida pari a 45.
1. Il soggetto è a quattro metri;
2. Consultando la tabella si vede che per illuminare un soggetto posto a 4 metri è necessario un diaframma 11;
3. Misuriamo l'esposizione per lo sfondo mantenendo fisso il diaframma. L'esposimetro suggerisce la coppia f/11 con 1/500 di secondo;
4. Impostiamo 1/500 di secondo e scattiamo.
Attenzione! Il numero-guida di ogni lampeggiatore portatile è dato, per convenzione, in riferimento a una pellicola da 100/21° ISO. Se si usa una pellicola di sensibilità diversa, le cose cambiano. La tabellina riportata sul flash consente un calcolo rapido e semplice anche in questo caso.
Se il soggetto non è in ombra e l'esigenza è solo quella di ammorbidire i contrasti (ritratto sulla spiaggia), seguite la stessa procedura ma impostando il flash a metà della sua potenza.
Se intendete ottenere effetti particolari (ad esempio uno sfondo più scuro allo scopo di eliminare elementi di disturbo), non vi resta che ridurre il tempo di otturazione.
Tutto questo, ripeto, se usate un apparecchio dotato di otturatore centrale, sincronizzabile su tutti i tempi.
Con l'otturatore sul piano focale che equipaggia le reflex 35 mm le cose cambiano. Vediamo perché.
Nella sua forma più semplice, l'otturatore sul piano focale è costituito da due tendine (per questo si chiama anche otturatore a tendina) in tessuto gommato o in metallo, che scorrono appaiate davanti alla finestrella di esposizione. Il tempo di otturazione è dato in pratica dalla larghezza della fessura esistente tra le due tendine. Nei tempi rapidi la finestrella di esposizione non è mai completamente scoperta, ma viene "scandita" dalla fessura determinata dalla posizione reciproca delle tendine. Se il flash scattasse in questa fase, illuminerebbe soltanto una "fetta" del fotogramma. A mano a mano che il tempo si fa più lungo la fessura tra le tendine si allarga, fino a che si arriva a un valore (diverso a seconda dei modelli) impostando il quale la fessura tra le tendine è larga quanto la finestrella di esposizione. In pratica, impostando quel tempo c'è un momento in cui la prima tendina è già arrivata a fine corsa ma la seconda non è ancora partita. Se il flash scatta in questo istante preciso, illumina correttamente e uniformemente tutta l'area del fotogramma. Questo tempo di otturazione (diverso, ripetiamo, da macchina a macchina) è il tempo di sincronizzazione per la luce-lampo, di solito evidenziato dal colore rosso sulla ghiera dei tempi (è anche il tempo che si imposta automaticamente ruotando il selettore sulla X).
Quello che il principiante non considera è il fatto che questo non è l'unico tempo di sincronizzazione, ma bensì il tempo minimo di sincronizzazione. Questo vuol dire che il flash può essere usato non solo con questo tempo, ma anche con tutti i tempi più lenti.
Come fare, allora, se si vuole illuminare con il flash il soggetto (o il primo piano) lasciando lo sfondo correttamente esposto? Vediamo il procedimento passo per passo.
1. Effettuare il calcolo dell'esposizione per lo sfondo, mantenendo come tempo il tempo di sincronizzazione: il diaframma verrà di conseguenza suggerito dall'esposimetro. Con le macchine a priorità dei diaframmi, cercate il diaframma impostando il quale la macchina suggerisce un tempo pari al tempo di sincronizzazione;
2. Controllando la tabella per il calcolo del numero-guida, verificare se il diaframma suggerito dall'esposimetro per lo sfondo è sufficiente per ottenere la corretta illuminazione del soggetto alla distanza data.
A questo punto si danno tre casi:
Primo caso. Il diaframma suggerito dall'esposimetro per lo sfondo è esattamente quello necessario ad illuminare il soggetto a quella data distanza: ringraziare la sorte e scattare.
Esempio:
Il soggetto è sempre a quattro metri. Il numero-guida del flash è sempre 45. Il tempo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125 di secondo.
1. Tenendo fisso questo tempo, calcoliamo per lo sfondo un diaframma pari a 11;
2. La tabella del calcolo del numero-guida ci dice che f/11 è il diaframma corretto per illuminare un soggetto posto a 4 metri;
3. Non resta che scattare.
Secondo caso. Il diaframma suggerito dall'esposimetro per lo sfondo è più aperto di quello necessario ad illuminare il soggetto: così lo sfondo risulterà correttamente esposto ma il soggetto risulterà troppo illuminato.
Soluzioni:
1. Ridurre la potenza del flash;
2. Chiudere il diaframma al valore ricavato dalla tabella del numero-guida e incrementare proporzionalmente il tempo di otturazione, ricordando che il flash funziona non solo con il tempo di sincronizzazione proprio dell'apparecchio, ma anche con tutti i tempi più lenti.
Esempio:
Il soggetto è sempre a quattro metri. Il numero-guida del flash è sempre 45. Il tempo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125 di secondo.
1. Tenendo fisso questo tempo, calcoliamo per lo sfondo un diaframma pari a 8;
2. La tabella del calcolo del numero-guida ci dice che f/11 è il diaframma corretto per illuminare un soggetto posto a 4 metri. Se mantenessimo f/8, il soggetto risulterebbe sovraesposto, per cui, in alternativa:
a) Dimezziamo la potenza del flash;
b) Impostiamo f/11 con 1/60 di secondo: coppia che equivale a f/8 con 1/125 ma che ci permette di illuminare correttamente il soggetto mantenendo invariata l'esposizione per lo sfondo.
Terzo caso. Il diaframma suggerito dall'esposimetro per lo sfondo è più chiuso di quello necessario ad illuminare il soggetto: così lo sfondo risulterà correttamente esposto ma il soggetto risulterà poco illuminato.
Soluzione: poiché non è possibile aprire il diaframma per impostare un tempo più rapido di quello di sincronizzazione, occorre avvicinare il flash al soggetto. Il che non vuol dire cambiare punto di ripresa, ma munirsi di un cavo e imparare che il flash può, ed anzi deve, lavorare a una certa distanza dalla macchina. Il che, oltretutto, aiuterà ad eliminare il fastidioso fenomeno degli occhi rossi derivante dal flash barbaramente montato sulla slitta a contatto caldo.
Esempio:
Il soggetto è sempre a quattro metri. Il numero-guida del flash è sempre 45. Il tempo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125 di secondo.
1. Tenendo fisso questo tempo, calcoliamo per lo sfondo un diaframma pari a 16;
2. La tabella del calcolo del numero-guida ci dice che f/11 è il diaframma corretto per illuminare un soggetto posto a 4 metri. Se impostassimo f/11 lo sfondo risulterebbe sovraesposto, e non potremmo in ogni caso ripristinare la reciprocità impostando 1/250 di secondo (dato che il tempo minimo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125). D'altro canto, con il flash a 4 metri e un diaframma 16 il soggetto risulterebbe sottoesposto.
L'unica soluzione è accorciare la distanza flash-soggetto. Consultando la solita tabella vediamo che con f/16 si ha una corretta illuminazione a una distanza di tre metri. A questo punto sarà sufficiente un metro di cavo!
un inevitabile corollario di quanto detto fin qui consiste nell'ovvia constatazione che quanto più il flash è potente tanto meglio è. Un flash potente si può ridurre o schermare; si possono impostare tempi lenti per chiudere il diaframma quanto basta... insomma, si ha a disposizione uno strumento versatile. Al contrario, non si può aggiungere potenza là dove non ce n'è, e se la luce è poca non c'è santo che tenga.
Perciò io preferisco un buon flash manuale di elevata potenza, magari acquistato per poco più di cento Euro sul mercato dell'usato, a un lampeggiatorino magari TTL, con tanto di prelavaggio e macchinetta del caffè incorporata, ma che non è in grado di illuminare a più di cinque metri senza farsi venire l'asma!
DA VICINO
E la macro?
Qui le cose cambiano alquanto, perché per fotografare fiori e insetti sul campo bisogna essere mobili, veloci e versatili. E soprattutto bisogna usare il flash senza far vedere che è stato usato il flash. Mica facile.
Ma perché in macro è necessario il flash? Semplicemente perché al rapporto di 1:2 si perde già uno stop di luminosità, mentre al rapporto di 1:1 si perdono due stop. Se a questo si aggiungono i diaframmi chiusi necessari a compensare la profondità di campo e, per contro, la necessità di tempi rapidi per congelare il mosso, ecco che la luce-lampo diventa l'unica soluzione, a meno che non si riprendano oggetti statici in studio con la macchina sul cavalletto.
Quando vado in giro per i prati d'alta quota alla ricerca di insetti svolazzanti e fiorellini delle Alpi (anche i fiori si muovono senza sosta, dato che in montagna c'è sempre il vento), io lavoro con tre (ebbene sì, tre) lampeggiatori: due, di potenza ridotta, montati su staffine metalliche ai lati della fotocamera ed uno sulla slitta a contatto caldo, dotato di pannello diffusore. I lampeggiatori laterali forniscono, rispettivamente, la luce principale e la luce secondaria; quello centrale armonizza i contrasti e provvede ad illuminare lo sfondo (che è bene sia sfocato ma non nero, a meno che non si riprendano insetti notturni). Quando posso contare sulla presenza di un assistente, un quarto flash tenuto a mano libera fornisce la luce d'accento (controluce), utile a far brillare i peli che contornano le foglie o le ali delle farfalle. I lampeggiatori sono tutti collegati a fotocellule, per evitare uno scomodo groviglio di fili. Ottengo in questo modo immagini ottimamente contrastate, caratterizzate da colori brillanti e con i giusti effetti di luce.
IL RITRATTO
Anche il ritratto è un genere fotografico che può giovarsi della presenza di più lampeggiatori. La classica triade (luce principale, luce secondaria, luce d'accento) ha molte varianti e il flash è un accessorio estremamente versatile. Se puntato contro un soffitto (rigorosamente bianco, per evitare dominanti cromatiche) fornisce un'illuminazione dall'alto, morbida e uniforme come quella di un bank; lo stesso se puntato contro una parete per illuminare il soggetto lateralmente. Se il fotografo dà le spalle a un muro bianco, può addirittura rivolgere all'indietro la parabola, in modo che il soggetto sia investito sì frontalmente, ma da una luce morbida e diffusa. I "palloncini" che si montano sulla parabola del lampeggiatore per ammorbidire la luce servono allo stesso scopo.
GLI ANIMALI
Avere un flash così potente da illuminare un animale selvatico a venti o trenta metri di distanza, consentendo al contempo un diaframma ragionevolmente chiuso, è il sogno di tutti i fotografi naturalisti. Si tratta in effetti di un sogno reso realizzabile da certi accessori "tele" che si montano sulla parabola e che - grazie a una lente di Fresnel - concentrano il raggio luminoso. A parità di luce emessa l'area illuminata è più ristretta e pertanto l'energia luminosa arriva più lontano. Alcuni lampeggiatori hanno un meccanismo simile incorporato, anche se non risultano altrettanto efficaci.
OLTRE IL FLASH MANUALE: L'AUTO-FLASH
Nel flash automatico la durata dell'emissione luminosa è variabile (sempre nell'ordine di millesimi di secondo). Una cellula posta sul corpo anteriore del flash, il più vicino possibile alla parabola, legge la luce riflessa dal soggetto e "ordina" al flash di interrompere l'emissione luminosa quando questa è sufficiente. Esattamente come avviene per gli esposimetri, "esposizione sufficiente" significa una media di valori tonali pari al grigio-medio al 18% (zona V della scala zonale).
Il flash automatico lavora "in automatico" a determinati diaframmi di lavoro, di solito tre o quattro. Il vantaggio sta nel fatto che la cellula, sempre rivolta verso il soggetto, legge la luce riflessa indipendentemente dall'orientamento della parabola, che può anche essere rivolta verso il soffitto o un'altra superficie riflettente.
Limiti del flash automatico? Essenzialmente due. Il primo è che alle brevi distanze di ripresa e con soggetti piccoli la cellula rischia di "puntare" su un'area diversa dal soggetto (di solito sullo sfondo); il secondo è che la cellula - posta sul flash - non può tenere conto dei fattori che riducono la quantità di luce che giunge alla pellicola, quali filtri colorati, filtri polarizzatori, filtri di densità neutra, oltre all'incremento del rapporto di riproduzione quando si lavora da vicino.
OLTRE IL FLASH MANUALE: IL TTL
Il flash TTL lavora in stretta collaborazione con la fotocamera cui è dedicato. Una cellula esposimetrica presente nel corpo dell'apparecchio e rivolta verso il piano focale misura la luce che effettivamente giunge alla pellicola, tenendo conto sia dell'eventuale presenza di filtri sia dell'incremento del fattore di posa dovuto all'aumento del rapporto di riproduzione. Quando la luce è sufficiente (e cioè quando l'insieme dei valori tonali ha raggiunto il grigio medio) la cellula "ordina" al flash di interrompere l'emissione luminosa.
Abbiamo fatto anche prima, parlando del flash automatico, la precisazione relativa al raggiungimento del grigio medio. Perché tanta pignoleria? semplicemente perché il grado di riflettenza del soggetto (ma anche dello sfondo) riveste un'importanza fondamentale. Se ad esempio il soggetto fosse molto scuro, la cellula "vedrebbe" poca luce e ordinerebbe al flash di prolungare l'emissione luminosa. Conseguenza: un soggetto sovraesposto. Per contro, se il soggetto, di piccole dimensioni, si stagliasse contro un muro bianco o uno sfondo molto luminoso (il cielo ad esempio) la cellula potrebbe venire ingannata dall'eccesso di luminosità e ridurre l'emissione luminosa, generando un'immagine caratterizzata da uno sfondo correttamente esposto ma da un soggetto scuro. In casi simili risulta più sicuro affidarsi alla procedura manuale descritta all'inizio.
Qual è il limite del flash TTL? Ovviamente la sua potenza. Si può usare anche in pieno sole e a tutta apertura, e lui fornirà un lampo debolissimo o non si accenderà affatto, ma se gli chiediamo una prestazione eccessiva (soggetto a 20 metri con f/32), lui rischia di non farcela. Tutto dipende dal suo NG.
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