IL SOLE PORTATILE
Il flash non serve solo quando è buio. Anzi, quando è buio raramente serve davvero. E allora quando? Soprattutto quando ci sono delle ombre da schiarire, dei contrasti da compensare, degli effetti di luce da creare. Perché lui, il flash, non è un comune accessorio. No, lui è il nostro piccolo sole portatile!

Per fotografare questa libellula ho usato tre flash. Due piccoli lampeggiatori manuali, assicurati a una doppia staffa e sistemati ai due lati del soggetto, garantivano la luce principale e la luce di schiarita; il terzo, funzionante in TTL, era sistemato direttamente sulla slitta a contatto caldo. Dotato di diffusore grandangolare, aveva lo scopo di equilibrare l'insieme e di garantire un'illuminazione dello sfondo sufficiente ad ambientare il soggetto. Funzionando in TTL, la durata del lampo veniva automaticamente regolata in base alla luce emessa dai due lampeggiatori manuali.

Due flash per fotografare da vicino questa orchidea. Il riflesso dei lampi è ben visibile nelle goccioline d'acqua.

Un gipeto adulto e un giovane sul posatoio. E' molto raro riuscire a fotografare insieme un adulto e un giovane, e soprattutto così da vicino. E' evidente che un'immagine come questa non può essere ottenuta in natura ma soltanto in condizioni controllate. Nonostante che gli animali si trovassero in parziale cattività, è stato necessario un obiettivo da 500 mm sul medio formato. Il flash (un Metz 45 dotato di lente di Fresnel per concentrare e far giungere più lontano il fascio luminoso) è stato utilizzato per ravvivare e rendere più brillanti i colori del piumaggio.

"In a Piedmontese kitchen (tempus fugit)" è il titolo di questa fotografia, esposta in occasione delle mia recente mostra in Austria. La fotografia, scattata in grande formato (4x5") utilizza esclusivamente la luce naturale che entra da un'unica finestra. Il lungo tempo di otturazione è reso evidente dal movimento della lancetta dei minuti sull'orologio appeso alla parete (da cui il titolo della foto). Le differenze di illuminazione (notevoli) fra le parti prospicienti alla fonte di luce (la parete con l'orologio) e le zone d'ombra sono state compensate innanzitutto dalle capacità riflettenti delle pareti, assolutamente bianche, poi da una leggera sovraesposizione seguita da un proporzionale sottosviluppo.

Avete mai visto come fanno i fotografi di matrimonio? Osservateli bene: loro usano il flash sia dentro la chiesa che fuori, ad esempio per riprendere la sposa che scende dall'auto, anche quando c'è il sole, anzi soprattutto quando c'è il sole. Perché lo fanno? Perché sanno che la luce solare genera ombre e che queste ombre sono tali da deturpare irrimediabilmente anche il viso più grazioso. Se avete già fotografato una bella ragazza sulla spiaggia nelle ore centrali della giornata capirete perfettamente a che cosa mi riferisco: gli occhi resi invisibili dall'ombra dell'arcata sopraccigliare, il volto scavato dall'ombra degli zigomi, ma soprattutto l'ombra del naso che taglia in due il labbro superiore. I fotografi di una volta, quelli che giravano per le spiagge con la Leica a telemetro e l'Agfapan 25, avevano una regola fissa: esporre per le ombre e sviluppare per le luci, il che significa, in parole più tecniche, sovraesporre e sottosviluppare allo scopo di mantenere contenuti i contrasti. Il resto lo facevano in fase di stampa, ché la pancromatica a grana fine la potevi strapazzare come volevi sotto l'ingranditore. Con le invertibili a colori, la cui latitudine di posa è elastica quanto un cavo di acciaio al molibdeno, questo non si può fare, e l'unico modo per mantenere basso il contrasto è agire in fase di ripresa. Il che vuol dire essere capaci di ammorbidire le ombre.

Un altro problema è costituito dal controluce. Il sole al tramonto sullo sfondo è sicuramente suggestivo, ma in simili condizioni non è possibile illuminare correttamente anche il soggetto principale, che rischierà di apparire come una sagoma nera e indistinta. Una misurazione spot sul soggetto non risolverebbe le cose, dal momento che causerebbe un'eccessiva sovraesposizione dello sfondo, con effetti tutt'altro che gradevoli.

I metodi utilizzabili per ammorbidire le ombre e per compensare i contrasti eccessivi sono numerosi. Il più semplice è l'uso di una superficie riflettente. Fotografando sulla spiaggia, è sufficiente chiedere al soggetto di entrare nell'acqua per qualche metro: la superficie liquida, illuminata dal sole, si comporterà come uno specchio e illuminerà il soggetto anche dal basso, creando una compensazione naturale. Lo stesso vale per la neve e - in minor misura - la sabbia. Un semplice pannello riflettente può essere ricavato anche da un lenzuolo, o da un asciugamano bianco. Altre volte si utilizzano materiali quali il polistirolo espanso, l'alluminio in rotoli, o attrezzature appositamente studiate come il classico ombrello da fotografo.

Ma perché andarsi a complicare la vita? No, scusate, ma tutte le volte che mi vien voglia di fare una foto alla ragazza devo mettermi lì a cercare un asciugamano bianco, oppure farla entrare nell'acqua anche se non vuole? E se siamo in un giardino dove caspita la trovo l'acqua? Devo forse portarmi dietro un pannello di polistirolo? Insomma, non è cosa.

E allora? Allora impariamo dai fotografi di matrimonio e non usciamo mai da casa senza aver messo nella borsa fotografica almeno un flash.

Dopodiché impariamo come si adopera in luce diurna.

I dedicati dell'ultima generazione hanno diverse modalità TTL e sicuramente facilitano le cose quando c'è bisogno di effettuare il fill-in diurno. Tuttavia occorre considerare che:

  • Non tutti li possiedono: molti fotoamatori lavorano con fotocamere manuali o semiautomatiche e continuano ad usare i flash tradizionali (i quali, oltretutto, presentano il vantaggio di poter essere usati su qualunque fotocamera);
  • Anche i possessori di apparecchiature superautomatiche, quelle per intenderci che per essere anche soltanto accese richiedono la consultazione di un manuale di istruzioni agile e snello quanto l'enciclopedia Treccani, è bene che sappiano come funzionano le cose.

Per capire bisogna andare con calma e seguire il discorso passo passo. Ritorniamo ai fotografi di matrimonio. Loro usano il flash senza problemi e senza dover fare troppi calcoli non tanto perché utilizzino funzioni sofisticate, quanto perché usano di solito fotocamere di medio formato dotate di otturatore centrale. Lo svantaggio dell'otturatore centrale è che non sono possibili i tempi di otturazione rapidissimi che caratterizzano le reflex dell'ultima generazione (anche se un giorno qualcuno mi dovrà spiegare che cosa se ne fa di 1/8000 di secondo); il vantaggio è costituito dalla possibilità di sincronizzare il flash con tutti i tempi di otturazione. In questo modo si può giocare con la luce a proprio piacimento, sommando la luce lampo alla luce ambiente oppure escludendo del tutto l'influenza di quest'ultima, a seconda delle esigenze di ripresa.

Al contrario, le reflex di piccolo formato hanno un otturatore a tendina sul piano focale (molto più economico dal momento che esiste un solo otturatore nella macchina e non tanti otturatori quanti sono gli obiettivi del corredo), che presenta un limite invalicabile costituito dal tempo minimo di sincronizzazione.

Di che cosa si tratta? Pensiamo per un attimo che nell'otturatore a tendina il tempo di otturazione non è stabilito dal vero e proprio tempo durante il quale le lamelle rimangono aperte (come avviene nell'otturatore centrale), ma dalla larghezza della fessura tra le tendine che scorrono davanti alla finestrella di esposizione. Nei tempi veloci, la seconda tendina "parte" quando la prima non è ancora arrivata a fine corsa, determinando così una fessura più o meno larga. A mano a mano che si allunga il tempo di otturazione, la fessura si fa sempre più larga, fino al momento in cui essa diviene larga quanto la finestrella di esposizione. A questo punto la seconda tendina parte quando la prima è già arrivata a fine corsa, il che significa che per un breve istante la finestrella di esposizione rimane totalmente scoperta. È in questo momento che può partire il lampo, con la certezza che tutto il fotogramma ne risulterà correttamente illuminato. Se si facesse partire il lampo quando si usano tempi più rapidi, si otterrebbe un negativo solo parzialmente illuminato dal flash, in quanto la parte dell'inquadratura parzialmente coperta dalle tendine in corsa subirebbe soltanto l'influsso della luce ambiente.

Questo tempo di otturazione durante il quale la finestrella di esposizione rimane completamente scoperta è il tempo minimo di sincronizzazione. Attenzione: abbiamo detto "tempo minimo": contrariamente a quello che credono spesso i principianti, questo non è l'unico tempo di otturazione sincronizzabile con il flash: ovviamente possono essere usati anche tutti i tempi più lenti. E proprio qui stanno le possibilità di utilizzo del flash in luce diurna.

Premesso questo, analizziamo passo dopo passo le procedure da utilizzare quando ci si trovi di fronte a un soggetto in ombra contro uno sfondo illuminato.

Step one, come si dice su Internet: misurare l'esposizione per lo sfondo, o meglio, verificare quale diaframma viene consigliato dall'esposimetro mantenendo come tempo fisso il tempo di sincronizzazione. Esempio: il tempo di sincronizzazione della mia fotocamera è pari a 1/125 di secondo.
Punto l'esposimetro sullo sfondo per vedere quale diaframma devo usare con questo tempo. Immaginiamo che l'esposimetro mi suggerisca un diaframma pari a f/11.
Controllo sulla tabella allegata al flash la distanza di illuminazione corrispondente a f/11. Se ad esempio il flash è caratterizzato da un numero-guida pari a 45, la distanza massima di illuminazione corrispondente a f/11 è di quattro metri.

A questo punto si hanno tre casi:

  • Il soggetto è a una distanza pari a quattro metri? In questo caso si può scattare senza problemi, certi che tanto lo sfondo quanto il soggetto riceveranno la stessa quantità di luce;
  • Il soggetto è a una distanza superiore ai quattro metri? In questo caso bisognerebbe aprire il diaframma, portandolo per esempio a f/8. Ma così facendo lo sfondo risulterebbe sovraesposto di uno stop. Con una macchina a otturatore centrale non ci sarebbero problemi: si porterebbe il tempo a 1/250 e si scatterebbe la foto. Con l'otturatore a tendina questo non si può fare: quando il tempo di sincronizzazione è di 1/125 di secondo, impostare 1/250 significherebbe oscurare parzialmente il fotogramma. L'unica soluzione consiste quindi nell'avvicinare il flash al soggetto (il che non vuol dire necessariamente avvicinare la fotocamera);
  • Il soggetto è a una distanza inferiore ai quattro metri? Se si fotografasse in questa situazione il soggetto risulterebbe troppo illuminato. Perciò occorrerà impostare un diaframma più chiuso, ad esempio f/16. Per evitare che lo sfondo risulti sottoesposto di uno stop sarà sufficiente raddoppiare il tempo di otturazione, portandolo a 1/60. Si tratta di un tempo più lento di quello di sincronizzazione e pertanto sarà perfettamente utilizzabile con la luce lampo.

Tutto questo va fatto qualora si vogliano mantenere inalterati i valori tonali dello sfondo illuminando correttamente il soggetto. Ovviamente si possono effettuare scelte diverse. Nell'ultimo caso che abbiamo preso in considerazione (lettera c), possiamo anche scegliere di sottoesporre lo sfondo di uno o più diaframmi. Questo può rivelarsi vantaggioso quando ad esempio lo sfondo rischia di disturbare la corretta lettura del soggetto, vuoi perché troppo confuso o denso di informazioni non utili alla composizione, vuoi perché inadeguato dal punto di vista cromatico e tonale.

Da quanto detto fin qui risulta evidente che quanto più il flash è potente tanto più facilmente si possono gestire le diverse situazioni sopra descritte. Un flash debole non serve a molto, a meno che il soggetto non sia davvero vicino.

Nella fotografia ravvicinata o nella vera e propria macrofotografia il bilanciamento tra i valori tonali dello sfondo e quelli del soggetto si ottiene ricorrendo a più fonti di luce. Un solo flash rivolto sul soggetto, oltre a creare ombre troppo nette nelle zone non direttamente illuminate, rischia di generare quegli sfondi "notturni" che non sempre risultano appropriati. Quando sono in gioco i forti rapporti di riproduzione propri della macro e i diaframmi chiusi necessari a garantire un'accettabile profondità di campo, lo sfondo di fatto non riceve luce, anche se illuminato dal sole. Risulta pertanto necessario aumentare il numero dei lampeggiatori, anche se questo si traduce in una minore maneggevolezza del sistema di ripresa. Tre lampeggiatori sono una buona scelta: i primi due, laterali e opposti l'uno all'altro, forniranno rispettivamente la luce principale e la luce di schiarita; il terzo, sistemato direttamente sulla slitta a contatto caldo e dotato di diffusore grandangolare allo scopo di ammorbidire l'emissione luminosa, avrà la funzione di amalgamare ulteriormente l'insieme e di schiarire lo sfondo. Un eventuale quarto flash, tenuto in mano da un assistente, fornirà la luce d'accento, cioè il controluce capace di dare al soggetto il giusto rilievo tridimensionale.

Si può poi verificare la necessità di compensare, schiarendolo leggermente, un soggetto già correttamente illuminato ma più contrastato di quanto sarebbe necessario. E' il caso delle fotografie sotto il sole, nelle quali il flash ha lo scopo non tanto di adeguare l'illuminazione del soggetto a quella dello sfondo, quanto di eliminare le ombre dal viso. In questo caso, un fill-in a tutta potenza rischierebbe di appiattire eccessivamente il soggetto, apparendo oltretutto innaturale. L'utilizzo del flash a potenza ridotta (o con un diaframma più chiuso di quello che sarebbe richiesto dal rapporto numero-guida/distanza) consentirà l'ammorbidimento delle ombre pur senza eliminarle del tutto.

Il caso, prima citato, del sole al tramonto alle spalle del soggetto merita particolare attenzione. Se ci si limitasse ad illuminare il primo piano secondo la procedura sopra illustrata si otterrebbe un'immagine cromaticamente scompensata: la luce diurna del lampeggiatore che illumina il soggetto contrasterebbe sgradevolmente con i toni più "caldi" del tramonto: nel contrasto, il soggetto apparirebbe illuminato da una luce bluastra e sgradevole. Per ovviare a questo inconveniente sarebbe opportuno schermare la parabola del flash con un filtro leggermente ambrato. In questo modo anche il soggetto apparirà illuminato dalla luce del tramonto, come se fosse stato utilizzato un pannello riflettente e non il flash. Per motivi di "credibilità" fotografica (oltre che per evitare un'illuminazione piatta e priva di interesse) sarebbe poi opportuno disporre il flash a lato della fotocamera, in modo da ottenere un'illuminazione più o meno angolata. In questo caso può rivelarsi utile un secondo flash (o una superficie riflettente) posizionato sul lato opposto.

E quando proprio non c'è luce? Insomma, quando si verifica l'unica condizione che spinge il dilettante a usare il flash? Ebbene, quando la luce è scarsa il flash serve a poco. Sorpresi? Esaminiamo due casi.

L'ambiente è buio ma il soggetto è sufficientemente vicino da poter essere illuminato dal flash.
In questo caso, siamo davvero sicuri di volerlo fare? Se l'ambiente è in penombra, siamo sicuri di volerlo investire con una luce di tipo solare? Pensiamo all'interno di una stanza, di un rifugio, di una tenda. Pensiamo al senso di intimità che solo la luce disponibile è in grado di suggerire. Pensiamo alla luce cruda e piatta del flash, agli occhi rossi, agli sguardi spiritati, agli oggetti della stanza impietosamente illuminati come se improvvisamente un gigante dispettoso avesse scoperchiato il tetto. E chiediamoci: l'immagine che voglio comporre ha davvero bisogno di tutta quella luce?

  • Se la risposta è affermativa, ricordiamo che il flash dovrebbe essere puntato sul soffitto, o su una parete, o su un tendaggio, allo scopo di fornire una luce più diffusa e meno tagliente. Utili anche i pannelli riflettenti o i "palloncini" che simulano un'illuminazione da soft-box.
  • Se la risposta è negativa, utilizziamo la luce disponibile, fissando la macchina al cavalletto.

L'ambiente è buio e il soggetto è troppo lontano per essere raggiunto dalla luce del flash.
Sembra una banalità, ma molti principianti non si rendono conto che il flash ha una portata limitata e che più di tanto non può fare. Usare il flash di sera per fotografare una piazza vuol dire ottenere un primo piano ben illuminato (magari la schiena di un passante) e uno sfondo illeggibile. L'unica soluzione è l'uso del cavalletto, unito a una pellicola di sensibilità medio-alta.

Michele Vacchiano © 7/2001