Le basse temperature rappresentano da sempre una sfida per i fotografi e per le attrezzature, una sfida relativamente facile da vincere tenendo presente come fare e, soprattutto, senza correre rischi.
Chi non può resistere al richiamo della montagna o alla bellezza dei paesaggi nordici, deve tener conto delle difficoltà a cui può andar incontro, in particolare:
• Limitati movimenti del fotografo.
• Problemi di elettronica soprattutto con le batterie.
• Condensa.
Riguardo la prima problematica, il richiamo è alle nostre mani, che rappresentano il principale punto di contatto tra il fotografo e la macchina fotografica, tuttavia al freddo è quasi sempre necessario usare un paio di guanti che peggiorano il “contatto” fotografo-macchina e quindi l’interazione. Non esiste il guanto perfetto, ma sul mercato le alternative non mancano. Alcuni fotografi usano dei guanti che all’occorrenza liberano le dita, soluzione che può essere valida se si utilizzano corpi macchina di ridotte dimensioni, ma nel mio caso preferisco usare un guanto dalla struttura classica.
Indipendentemente dal tipo, l’alta qualità dell’indumento è un requisito imprescindibile ed a certe temperature occorre orientarsi sui materiali tecnici più evoluti. Analizzare le caratteristiche dei diversi tessuti tecnici richiederebbe una trattazione senza fine, pertanto vi invito ad approfondire l’argomento sui canali dedicati e, da appassionati di outdoor, di seguirne le evoluzioni. Personalmente uso dei guanti in PrimaLoft, perché non è semplicemente una membrana, ma una imbottitura calda e impermeabile. Talvolta, se la temperatura è rigidissima, mi tornano comodi un paio di sotto guanti dotati di contatti elettrici che consentono di usare il touch di smartphone e macchine fotografiche. Un altro aspetto banale, ma di cui riscontro scarsa applicazione, è quello di indossare il guanto avendo le mani già calde, cosa che aiuterà enormemente a creare e mantenere il confort climatico.
Il freddo intenso può poi creare problemi all’elettronica delle lenti e del corpo macchina, ma soprattutto alle batterie. Tra l’altro un fotografo-escursionista spesso si avvale di altri dispositivi elettronici come lo smartphone, che magari usa come navigatore cartografico per orientarsi. In tal caso è facilmente intuibile che, se il freddo blocca o spegne lo smartphone, non si crea solo un disagio, ma anche una condizione di reale pericolo.
I costruttori delle nostre macchine fotografiche dichiarano una temperatura operativa che nella maggior parte dei casi è 0-40°C, pertanto il corretto funzionamento è “garantito” unicamente nel range indicato, tuttavia occorre tener presente almeno altri tre fattori:
• Vento.
• Tempo d’esposizione al freddo.
• Esposizione solare.
Per le nostre macchine fotografiche il tempo di permanenza al freddo è fondamentale: -30°C per 10 minuti sono preferibili rispetto a -15°C per 5 ore. Poi c'è il vento, che può amplificare il problema andando ad allontanare il calore del nostro corpo, insinuandosi nelle guarnizioni dell’attrezzatura e nello zaino. Infine, anche l’esposizione al sole incide.
Le batterie sono l’anello più sensibile della nostra attrezzatura, di solito funzionano al meglio intorno ai 25°C (nota 1) mentre a -18°C possono subire una riduzione di capacità del 50% ed oltre (nota 2), arrivando anche a non funzionare. Inoltre, un drop molto veloce, può stressare la chimica interna e comprometterne il funzionamento. Questi effetti non possono essere eliminati, ma sicuramente limitati con opportuni accorgimenti.
Gli smartphone, che sovente diventano strumenti di orientering e di aiuto fotografico (con le varie app che ci aiutano a calcolare i tempi di alba e tramonto, la posizione degli astri, oppure i tempi per i filtri ND), andrebbero tenuti a contatto col calore del corpo, quindi evitando di riporli nello zaino o nelle tasche esterne della giacca. Alcuni modelli hanno un termometro che spegne il dispositivo se si scende al di sotto di una certa temperatura e, a titolo di esempio, produttori come Apple specificano chiaramente che sotto gli 0°C il dispositivo potrebbe “cambiare comportamento” (nota 3).
Talvolta in rete si suggerisce di avvolgere macchina e batterie all’interno di un involucro isolante: questo è sostanzialmente inutile perché le macchine fotografiche non producono calore (o quantomeno in quantità ininfluente) e non esiste quindi dispersione termica, tuttavia per le batterie può aver senso “proteggerle” solo se vengono sigillate in un ambiente caldo, ma anche qui è unicamente una questione di tempo, dato che prima o poi la temperatura interna eguaglierà quella esterna. In ogni caso, se il freddo ha messo KO le nostre batterie, provare a metterle in tasca a contatto col calore del corpo potrebbe “rianimarle”.
Purtroppo anche la sofisticata elettronica delle moderne macchine fotografiche può subire gli effetti del freddo intenso, come il mancato funzionamento dell’AF o lo sfarfallio dell’EVF, problemi che rientrano quando le temperature tornano accettabili o con un riavvio della macchina.
Infine la condensa è un nemico subdolo e pericoloso, perché può creare danni gravi e permanenti all’attrezzatura. Si verifica al raggiungimento del punto di rugiada (nota 4), che a sua volta dipende dalla temperatura e dall’umidità (nota 5).
Semplificando al massimo, nello scenario preso in esame, il rischio di condensa si ha quando l’aria calda e umida viene a contatto con una superficie fredda, come, per esempio, il freddo corpo della macchina fotografica quando rientriamo nella calda hall di un albergo. Esistono due modi per difenderci:
• Evitare situazioni di condensa.
• Isolare l’attrezzatura.
Nel primo caso si tratta semplicemente di evitare che l’equipaggiamento entri a contatto con l’aria calda e umida, ad esempio lasciando l’attrezzatura fuori dal locale riscaldato.
Se ciò non fosse possibile, allora è meglio chiudere la fotocamera nello zaino e lasciare che lentamente si riscaldi. In ambienti molto umidi dove la condensa è notevole, prima di entrare, è talvolta consigliabile isolare il corpo macchina dentro un sacchetto sigillato (ma che lo sia realmente!) e riporlo nello zaino chiudendo la zip. Se per caso si dimentica qualcosa nello zaino rendendone necessaria l’apertura, allora meglio andar fuori, aprire lo zaino, prendere quel che si è dimenticato, richiuderlo e solo dopo, rientrare.
Questi piccoli consigli non sono dogmatici, sono frutto della mia esperienza e ognuno può poi trovare la sua soluzione, per il resto, la cosa più importante è di godersi la natura del freddo, che è senz’altro faticosa, ma piena di meraviglia.
Roberto Monachello © 01/2018
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