ARRIVANO I GIGANTI
Il grande formato spiegato a tutti da Michele Vacchiano (4-FINE)
Come procedere (e come evitare gli errori)

Bene. Ora abbiamo fra le mani una macchina di grande formato con il suo obiettivo. Siamo pronti per fare qualche prova, giusto? Perfetto: adesso procediamo passo passo, dalla preparazione delle pellicole piane allo scatto, considerando attentamente ogni passaggio.

Gli chassis

Lo chassis (film holder) è una cornice in plastica nella quale si inseriscono le pellicole piane, una da un lato e l'altra dall'altro. Le pellicole si infilano in una apposita scanalatura, dopo avere aperto (c'è una specie di frontalino basculante) il fondo dello chassis. Su ognuno dei due lati è presente un volet (dark slide), in pratica una saracinesca che scorre in una sua scanalatura e protegge la lastra dalla luce. Il volet verrà completamente estratto per fare la fotografia e poi riposizionato nella sua sede. Il bordo superiore del volet è nero da una parte e bianco dall'altra. Si gira dalla parte nera quando lo chassis contiene una lastra vergine; si gira dalla parte bianca dopo che la lastra è stata esposta. Nella parte bianca sono presenti dei piccoli rilievi allineati, che consentono di riconoscere, in camera oscura, le lastre esposte da quelle ancora vergini. Sulla cornice superiore dello chassis è applicata una striscia di carta plastificata sulla quale è possibile annotare a matita il tipo di pellicola usato, le eventuali variazioni dell'esposizione (e quindi la necessità di sviliuppo variato), la presenza di doppie esposizioni... insomma, tutto ciò che il fotografo ritiene necessario ricordare.

 

Tramonto nel Vallone di Neraissa. Per cogliere l'ultimo sole dovevo agire con rapidità. In casi come questo è necessario avere imparato e completamente interiorizzato la sequenza delle procedure, che deve essere applicata d'istinto, senza pensarci su. In caso contrario, diventa inevitabile saltare qualche passaggio, incorrendo in errori fatali. Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso 4x5". Obiettivo Optar 135 mm f/4,7.

Chi lavora all'aperto non sempre ha la possibilità di trovare un luogo del tutto oscurato per caricare e scaricare le lastre. Per soddisfare questa esigenza sono nati i dorsi a caricamento rapido. Il sistema forse più diffuso è il ReadyLoad della Kodak: le pellicole piane vengono vendute in confezioni di cartoncino (due per ogni confezione) che si infilano in un dorso dedicato oppure in un dorso Polaroid.

Un dorso Polaroid per il formato 4x5".
Il sistema non è esente da inconvenienti, che vanno dall'inceppamento delle buste nel dorso ad occasionali infiltrazioni di luce. Senza contare che, in caso di rottura della busta, si sciupano due pellicole piane nello stesso tempo. Come spesso accade, la Fuji risponde con un prodotto analogo ma concettualmente migliore: il sistema QuickLoad. Le buste contengono una sola pellicola piana, il caricatore è strutturalmente più semplice e le infiltrazioni di luce sono meno frequenti. Anche le buste QuickLoad possono essere usate nei dorsi Polaroid. Il fatto che i sistemi a caricamento rapido non abbiano ancora del tutto soppiantato il sistema tradizionale è dovuto al costo elevato dei caricatori e delle pellicole (in media, il cinquanta per cento più care di quelle tradizionali), oltre ad un'offerta decisamente limitata: a tutt'oggi non sono disponibili pellicole negative, ma soltanto poche pellicole invertibili e una sola emulsione in bianco e nero.

Il caricatore Fuji QuickLoad.
La camera oscura portatile.
La camera oscura portatile (changing bag) è un sacco nero a due strati, fuori in plastica e dentro in tessuto, chiuso con una doppia zip e dotato di maniche chiuse da elastici. Infilando le mani in queste aperture è possibile maneggiare le pellicole al buio. I modelli più semplici sono però troppo piccoli: cinque chassis doppi e una confezione di pellicole piane occupano molto spazio e manovrare diventa difficile; senza contare che le pareti del sacco si afflosciano e danno fastidio (a volte restano pizzicate sotto il volet quando questo viene chiuso). I modelli migliori sono quelli semirigidi, dotati di stecche che consentono di montarli come una vera e propria tenda da campeggio.

La preparazione delle pellicole piane

Le pellicole piane, dette anche - impropriamente - lastre (sheets), vengono vendute in confezioni da 10 (a colori) o 25 (in bianco e nero). Ogni pellicola piana presenta delle tacche di riferimento incise su uno dei lati più corti. Vedremo tra poco la funzione di queste tacche. La confezione consiste in una scatola di cartone piuttosto piatta e sigillata con due etichette adesive di generose dimensioni: per aprirla bisogna proprio avere la volontà di farlo. Inoltre, una volta rimosso il coperchio colorato (quello con la marca e il logo del fabbricante) non si è ancora fatto nulla, perché sotto ci trovate un'altra scatola, nera, con un suo coperchio. Questo tipo di chiusura (in pratica la scatola è composta da tre parti) evita aperture accidentali che potrebbero esporre le lastre alla luce. All'interno della scatola c'è una busta in alluminio sigillata che contiene le pellicole piane. Attenzione! la busta sigillata non va assolutamente aperta in luce ambiente, ma soltanto in camera oscura!

Adesso descriviamo passo dopo passo la procedura corretta:
Su un piano di lavoro libero (o sul piano all'interno della changing bag) disporre a sinistra la scatola contenente le pellicole; a destra, uno sopra l'altro, cinque chassis doppi, vuoti e col volet inserito. Verificare che i fermi che tengono in posizione i volet siano sganciati e che i volet siano tutti girati dalla parte nera;

Verificare l'assenza di polvere, soprattutto sul volet e sul lato interno dello chassis (quello che viene a contatto con la pellicola). Rimuovere eventuali particelle di polvere con una pompetta o con una bomboletta di aria compressa. Non usare panni in tessuto che rilasciano peluzzi e caricano la plastica di elettricità statica;

Infilare un paio di guanti di cotone o - meglio - un paio di guanti usa-e-getta di tipo chirurgico. Questi ultimi sono da preferire a quelli in tessuto perché non rilasciano peluzzi;

Con un taglierino o con le unghie, incidere lungo il bordo del coperchio per tagliare le etichette adesive che lo chiudono e rendere possibile l'apertura della confezione;

Spegnere la luce;

Rimuovere il primo coperchio;

Capovolgere la scatola;

Rimuovere il secondo coperchio. Adesso possiamo toccare la busta in alluminio che contiene le lastre, adagiata dentro l'ultima parte della scatola;

Estrarre la busta in alluminio e aprirla, adagiandola poi nuovamente nella scatola. Adesso possiamo accedere liberamente alle singole lastre;

Rimuovere i rettangoli di cartone protettivo. Alcuni fabbricanti (Fuji) mettono un rettangolo di cartone sopra e sotto le lastre; altri (Agfa) mettono tra una lastra e l'altra un sottile rettangolo di carta protettiva, per evitare che le lastre si incollino l'una all'altra. Imparate a distinguere al tatto queste protezioni per evitare di infilarle nello chassis insieme alla (o al posto della) pellicola;

Prendere il primo chassis, estrarre parzialmente il volet e aprirlo, basculando il piccolo frontalino incernierato alla base. È bene non estrarre del tutto il volet, per evitare di infilare la lastra nella scanalatura del volet anziché in quella sottostante;

Prendere la prima lastra e rigirarla fra le mani in modo che le tacche di riferimento (le tacche sono diverse per ogni tipo di pellicola e distinguono una marca dall'altra) si trovino in alto a destra. Questo è il corretto senso di utilizzo della pellicola. Se la pellicola venisse inserita al contrario (con le tacche in alto a sinistra) non soltanto l'immagine apparirebbe con i lati invertiti, ma si avrebbe anche una perdita di nitidezza dovuta allo spostamento del piano di messa a fuoco sull'emulsione (provare per credere);

Infilare la pellicola piana nello chassis, facendo attenzione a seguire bene le scanalature che le sono destinate;

Chiudere il frontalino;

Reinserire il volet fino in fondo (deve entrare nella scanalatura del frontalino e bloccarlo);

Ruotare i gancetti sul lato superiore dello chassis in modo da bloccare il volet ed evitarne l'apertura accidentale. Se il volet non è stato inserito correttamente il gancetto non potrà essere ruotato: verificare in questo caso il corretto inserimento del volet (potrebbe non essere sceso fino a fondo corsa perché la pellicola è stata inserita male); se necessario estrarre la lastra e ripetere la procedura;

Capovolgere lo chassis e ripetere la procedura dall'altro lato;

Riporre lo chassis carico in un luogo a parte; se si usa la changing bag, riporlo sotto tutti gli altri;

Ripetere la procedura per i rimanenti quattro chassis, finché l'intera confezione di dieci pellicole piane non sia esaurita;

Controllare ancora una volta che tutti gli chassis siano ben chiusi, con i volet in posizione e i gancetti girati in posizione di fermo;

Accendere la luce (o aprire la cerniera lampo della changing bag);

Gettare via i cartoncini e/o le carte protettive, nonché la confezione in alluminio, ma non la scatola: questa servirà a contenere le lastre esposte destinate al laboratorio di sviluppo.

Preparare la macchina

Se avete a disposizione una macchina a banco ottico, la prima volta bisognerà montarla. Per farlo, occorre seguire questa procedura:

  • Aprire il cavalletto;
  • Verificare che la testa del cavalletto sia in bolla;
  • Avvitare alla testa del cavalletto il morsetto del banco (la rotaia lungo la quale scorrono le standarte);
  • Se il banco non è già inserito nelle ganasce del morsetto, inserirvelo e stringere poi con forza le ganasce;
  • Fissare al banco la standarta anteriore e la standarta posteriore in modo che si trovino a circa 15-20 centimetri l'una dall'altra, equidistanti dal morsetto;
  • Applicare il soffietto alle standarte, fissandolo (ogni macchina ha il suo sistema di fissaggio, che è sempre molto semplice ed intuitivo);
  • Applicare la piastra portaobiettivo alla standarta anteriore;
  • Applicare il dorso col vetro smerigliato alla standarta posteriore. La macchina è pronta per essere usata.

Se si utilizza una folding, la procedura è più semplice: basterà fissare la folding al cavalletto, aprire il frontalino ed estrarre la standarta anteriore, applicandovi poi la piastra portaottica se questa non è già presente (quasi tutte le folding possono essere chiuse con l'obiettivo montato).

Vedere meglio

La visione sul vetro smerigliato pone qualche problema a chi non vi è abituato, non tanto perché l'immagine appare capovolta e con i lati invertiti (come abbiamo già detto, questo non è uno svantaggio, dato che facilita la composizione), quanto perché l'immagine appare sempre poco luminosa, soprattutto a causa della scarsa apertura delle ottiche di grande formato. La lente di Fresnel, che si applica subito dietro il vetro smerigliato, ha il compito di diffondere la luce su tutta l'area rendendo l'immagine uniformemente luminosa, ma certo non può fare miracoli. La tenda nera impedisce che la visione - già critica - venga ulteriormente disturbata dalla luce ambiente, ma non si può certo dire che sia il massimo della comodità. Il paraluce per il vetro smerigliato (focusing hood) consiste in una scatola pieghevole in pelle o plastica che si applica al vetro smerigliato e impedisce almeno che vi batta il sole. È molto meno efficace della tenda nera ma più facilmente trasportabile.


Un paraluce pieghevole (focusing hood) della Horseman

Per ovviare a questi inconvenienti molti fabbricanti mettono a disposizione degli speciali "visori reflex" (monoculari o binoculari) che si applicano al dorso e raddrizzano l'immagine fornita dal vetro smerigliato, consentendone soprattutto una visione chiara grazie alla presenza di oculari protetti.

Un visore reflex monoculare (Wista)

Scegliere il formato

L'incredibile versatilità del banco ottico permette anche di passare dall'uno all'altro formato semplicemente cambiando il dorso. Un apparecchio 8x10" potrà montare sia il dorso 8x10", sia i dorsi 5x7" e 4x5", più i dorsi per pellicola in rullo (6x12, 6x9 e 6x7 cm). Un apparecchio 4x5" accetterà, oltre al suo formato, anche i caricatori per pellicola in rullo.

Foto a destra: Una serie di caricatori per pellicola in rullo (Horseman)

Esistono caricatori di diverso tipo, sia originali che universali. Alcuni si applicano al posto del dorso per pellicola piana, altri si inseriscono come un normale chassis (Calumet), altri ancora dispongono di un proprio piccolo vetro smerigliato e si applicano su complessi dorsi a "scamotaggio" (Toyo).

La procedura operativa

Macchina sul cavalletto, dorso montato, obiettivo pronto. Il soggetto è davanti a noi e siamo pronti a fotografarlo. Passo dopo passo, vediamo la corretta sequenza delle operazioni.

Rimuovere il coperchio dell'obiettivo e applicare il paraluce;

Aprire manualmente l'otturatore. Per consentire alla luce di raggiungere il vetro smerigliato occorre azionare la levetta che comanda l'apertura dell'otturatore;

Aprire il diaframma. Impostando il diaframma alla massima apertura si ottiene la corretta illuminazione del vetro smerigliato;

Osservare il soggetto. Mettendosi sotto la tenda nera (o accostando l'occhio al visore reflex) si osserva la composizione una prima volta. A questo punto si effettuano tutte le regolazioni necessarie:

  • Messa a fuoco (ottenuta spostando in avanti e all'indietro la standarta anteriore);
  • Rettifica dell'inquadratura orizzontale, ottenuta sbloccando il movimento di rotazione della testa del cavalletto e ruotando la macchina a destra o a sinistra;
  • Rettifica dell'inquadratura verticale, ottenuta mediante i movimenti di decentramento e non inclinando la camera verso l'alto o verso il basso (la macchina deve sempre restare in bolla);
  • Controllo della profondità di campo ottenuto mediante il basculaggio della standarta anteriore (dopo il basculaggio, rettificare la messa a fuoco);

Valle d'Ayas. Torrente nel Vallone di Nana. Fotocamera Wista DX con dorso 4x5". Obiettivo Rodenstock Sironar 150 mm f/5,6

  • Controllo della forma e delle dimensioni del primo piano ottenuto mediante il basculaggio del dorso (dopo il basculaggio, rettificare la messa a fuoco);
  • Applicare all'obiettivo un eventuale filtro;
  • Controllare l'effetto del filtro. Ad esempio, ruotare la ghiera mobile del polarizzatore fino a quando non si osserva sul vetro smeriglato che l'effetto voluto è stato raggiunto;
  • Chiudere l'otturatore (errore frequente: dimenticarsi di chiudere manualmente l'otturatore provocando l'inevitabile bruciatura della pellicola). Da adesso in poi sarà impossibile controllare l'inquadratura sul vetro smerigliato;
  • Effettuare la determinazione dell'esposizione mediante un esposimetro separato (esistono anche esposimetri che leggono la luce sul piano focale, inserendosi nel dorso come uno chassis);
  • Impostare il valore del diaframma prescelto, ricordandosi che l'obiettivo lavora al meglio ai diaframmi intermedi;
  • Impostare il tempo di otturazione prescelto. Attenzione: se si sta usando un filtro, applicare manualmente il fattore-filtro. Con il polarizzatore (fattore-filtro 4x) occorrerà incrementare l'esposizione di due stop rispetto alle indicazioni dell'esposimetro, e cioè:
  • Impostare un tempo di otturazione quattro volte più lento (ad esempio 1/15 anziché 1/60), oppure
  • Impostare un diaframma più aperto di due valori (ad esempio f/16 invece di f/32), o ancora
  • Impostare un tempo di otturazione doppio e aprire il diaframma di uno stop. Il fattore-filtro non deve essere applicato se si fa uso di un esposimetro sul piano focale;
  • Armare l'otturatore;
  • Avvitare lo scatto flessibile;
  • Inserire lo chassis nel dorso;
  • Estrarre completamente il volet;
  • Azionare il pulsante di scatto;
  • Reinserire il volet, girato dalla parte bianca;
  • Estrarre lo chassis e reinserirlo dall'altra parte se si vuole effettuare un secondo scatto.

A casa

Una volta tornati a casa, occorrerà scaricare gli chassis. Per farlo, bisogna ripetere alla rovescia la procedura seguita nel prepararli. Le lastre andranno rimesse nella loro scatola, che sarà richiusa con entrambi i coperchi e fermata con del nastro adesivo per evitare aperture accidentali. Se non si utilizza la scatola originale (di solito è così), bisognerà scrivere sulla scatola, con un pennarello, la quantità, la marca e il tipo delle lastre contenute. Indicare anche chiaramente se si desidera lo sviluppo variato. Se una o più lastre (ma non tutte) necessitano di sviluppo variato, queste andranno messe in una scatola a parte. Ecco il motivo per cui le scatole non vanno mai buttate via.

Il problema del fattore di posa

Per fenomeni attinenti all'ottica geometrica che non stiamo ad approfondire in questa sede, la quantità di luce che giunge alla pellicola decresce proporzionalmente al crescere del tiraggio. Questo significa che a mano a mano che si allontana l'obiettivo dal piano focale per fotografare soggetti vicini, la quantità di illuminazione per unità di superficie diminuisce, e i valori esposimetrici rilevati con l'esposimetro separato non sono più validi. Questo è un problema che si verifica sempre, non solo col grande formato: la differenza sta nel fatto che le reflex dotate di esposimetro TTL compensano automaticamente la caduta di luce. Il fenomeno è di fatto trascurabile finché dall'infinito si passa a rapporti di riproduzione prossimi a 1:10; ma quando il valore di R scende al di sotto di questo limite, la caduta di luce inizia a farsi sensibile, e dev'essere compensata mediante un proporzionale incremento dell'esposizione. Questo incremento prende il nome di "fattore di posa" (exposure factor).

Esistono diversi sistemi per determinare il fattore di posa. Qui ne illustriamo essenzialmente due: il primo è strettamente matematico, il secondo è decisamente più empirico (ma funziona). Per dovere di cronaca, dobbiamo citare tutti quei regoli calcolatori, dischi graduati e ammennicoli vari che consentono di ottenere - con procedure macchinose e molto dispendio di energie - ciò che si può avere molto più rapidamente grazie ad un semplice calcolo. Vengono copiosamente pubblicizzati (e venduti) sui siti Internet americani che si occupano di grande formato: sembra che oltreoceano la determinazione del corretto exposure factor sia una preoccupazione primaria.

Il primo sistema fa ricorso ad una semplice formula:

F = (t / f)2

dove F è il fattore di incremento dell'esposizione, t è il tiraggio, f la lunghezza focale dell'obiettivo.

Esempio: con un obiettivo da 150 mm e un tiraggio (allungamento del soffietto) di 300 mm si avrà:

F = (300 / 150)2

F = 22

F = 4

Un fattore di posa pari a 4 significa che - a parità di tempo di otturazione - occorrerà incrementare l'esposizione di due diaframmi (ad esempio da f/32 a f/16), mentre - a parità di diaframma - sarà necessario quadruplicare il tempo di otturazione (ad esempio da 1/30 sec. a 1/8 sec.).

La seguente tabella renderà immediatamente comprensibile il concetto:

Fattore di posa
4
5,6
8
11
16
Incremento in stop
2
2,5
3
3,5
4

Il secondo sistema, quello empirico, richiede di considerare la lunghezza focale dell'obiettivo in centimetri anziché in millimetri. La procedura è la seguente:

  • Si effettua la messa a fuoco del soggetto;
  • Si misura l'allungamento del soffietto con un semplice righello, prendendo come punti di riferimento le due standarte (se non si usa un teleobiettivo, ma un obiettivo a schema simmetrico, il piano nodale posteriore coincide quasi esattamente con il piano su cui giace la piastra portaottica);
  • Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma, approssimando (per eccesso o per difetto) al valore più vicino. Se ad esempio abbiamo misurato un tiraggio di 20 centimetri, lo considereremo equivalente a f/22; se avremo misurato 35 cm, terremo a mente f/32;
  • Si trasforma la lunghezza focale dell'obiettivo in centimetri;
  • Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma, approssimando (per eccesso o per difetto) al valore più vicino. Se ad esempio l'obiettivo ha una focale di 180 mm (18 cm), noi la considereremo equivalente a f/16; un 210 mm sarà equivalente a f/22;

Si calcola quanti sono i diaframmi di differenza fra i due valori rilevati. Questo scarto sarà il fattore di posa da applicare.
Esempio: dopo avere messo a fuoco il soggetto, vediamo che il tiraggio è pari a 47 cm. Questo valore può essere considerato come f/45. Sappiamo che l'obiettivo ha una focale di 210 mm (21 cm), paragonabile a f/22. Quanti sono i diaframmi che separano f/45 da f/22? Sono due diaframmi. Allora noi incrementeremo l'esposizione di due diaframmi (o quadruplicheremo il tempo di otturazione aumentandolo di due valori) per compensare la caduta di luce dovuta al tiraggio. Il sistema è empirico fino a un certo punto, dato che si basa su precise leggi dell'ottica geometrica. L'unico svantaggio è che funziona per approssimazione, però tutto sommato funziona!

Problemi logistici

Lavorare all'aperto col grande formato richiede che vengano risolti problemi logistici, essenzialmente riguardanti il trasporto delle attrezzature. Se non vi allontanate troppo dall'auto o non affrontate lunghi tratti a piedi, una normale borsa va benissimo, a patto che sia abbastanza grande da contenere una folding con i suoi accessori. Esistono borse e valigette appositamente progettate per il grande formato. Chi invece si muove a piedi per lunghi tratti non potrà fare a meno di uno zaino. Esistono zaini appositamente progettati per contenere folding di grande formato, fino all'8x10".

A sinistra una valigetta per folding 4x5", in alto uno zaino in grado di trasportare un'attrezzatura completa fino al formato 8x10". Entrambi gli articoli sono venduti via Internet da B&H Photovideo.

Il trasporto degli chassis e degli obiettivi costituisce un altro piccolo problema. Se trasportiamo la folding in un normale zaino (come spesso faccio io) non possiamo sparpagliare all'interno del sacco gli chassis e gli obiettivi, con il rischio che si danneggino. Per questo sono nate le tasche portachassis e le bustine imbottite per il trasporto degli obiettivi, già montati sulle loro piastre. Ne esistono ovviamente di diverse misure, per potersi adattare anche agli ingombranti otturatori Copal 3.

A destra: diverse misure di taschine imbottite per il trasporto degli obiettivi. Si tratta semplicemente di quadrati di tessuto sintetico imbottito, dotati di chiusure velcro. Niente che non possa essere fatto in casa con un po' di stoffa, della gommapiuma e una macchina per cucire. Per i più pigri (o per chi non ha una mamma che sappia cucire), anche questi articoli sono venduti via Internet da BH Photovideo.


Adesso tocca a voi!

Bene. Se proprio non abbiamo ancora detto tutto, speriamo per lo meno di avervi trasmesso la curiosità di provare, certi che se avrete il coraggio di "saltare il fosso" e di avventurarvi nel mondo del grande formato, di sicuro non smetterete più. Noi vi stiamo aspettando in questa nuova, incredibile dimensione, e siamo pronti ad accompagnarvi passo passo come abbiamo cercato di fare con questo articolo. Per questo vi preghiamo di scrivere alla redazione di Nadir segnalandoci dubbi e problemi, o semplicemente sollecitando l'approfondimento dei temi che vi stanno più a cuore. Le vostre lettere ci suggeriranno l'argomento dei prossimi articoli. Buon divertimento!

Michele Vacchiano © 1999 - FINE

1a PARTE
2a PARTE
3a PARTE
4a PARTE
Il testo dell'articolo e le fotografie che lo illustrano sono proprietà di Michele Vacchiano. Ogni utilizzo, anche a titolo gratuito, è subordinato ad espressa autorizzazione scritta da parte dell'autore. Le fotografie di apparecchiature ed i disegni sono tratti dai seguenti siti Internet: BH-Photovideo, Calumet Photographic, Schneider Optics, Toyo, che si ringraziano per la cortese autorizzazione.