ARRIVANO I GIGANTI |
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Come procedere (e come evitare gli errori) Bene. Ora abbiamo fra le mani una macchina di grande formato con il suo obiettivo. Siamo pronti per fare qualche prova, giusto? Perfetto: adesso procediamo passo passo, dalla preparazione delle pellicole piane allo scatto, considerando attentamente ogni passaggio. Gli chassis Lo chassis (film holder) è una cornice in plastica nella quale si inseriscono le pellicole piane, una da un lato e l'altra dall'altro. Le pellicole si infilano in una apposita scanalatura, dopo avere aperto (c'è una specie di frontalino basculante) il fondo dello chassis. Su ognuno dei due lati è presente un volet (dark slide), in pratica una saracinesca che scorre in una sua scanalatura e protegge la lastra dalla luce. Il volet verrà completamente estratto per fare la fotografia e poi riposizionato nella sua sede. Il bordo superiore del volet è nero da una parte e bianco dall'altra. Si gira dalla parte nera quando lo chassis contiene una lastra vergine; si gira dalla parte bianca dopo che la lastra è stata esposta. Nella parte bianca sono presenti dei piccoli rilievi allineati, che consentono di riconoscere, in camera oscura, le lastre esposte da quelle ancora vergini. Sulla cornice superiore dello chassis è applicata una striscia di carta plastificata sulla quale è possibile annotare a matita il tipo di pellicola usato, le eventuali variazioni dell'esposizione (e quindi la necessità di sviliuppo variato), la presenza di doppie esposizioni... insomma, tutto ciò che il fotografo ritiene necessario ricordare. |
Tramonto nel Vallone di Neraissa. Per cogliere l'ultimo sole dovevo agire con rapidità. In casi come questo è necessario avere imparato e completamente interiorizzato la sequenza delle procedure, che deve essere applicata d'istinto, senza pensarci su. In caso contrario, diventa inevitabile saltare qualche passaggio, incorrendo in errori fatali. Fotocamera Graflex Super Graphic con dorso 4x5". Obiettivo Optar 135 mm f/4,7. |
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La preparazione delle pellicole piane Le pellicole piane, dette anche - impropriamente - lastre (sheets), vengono vendute in confezioni da 10 (a colori) o 25 (in bianco e nero). Ogni pellicola piana presenta delle tacche di riferimento incise su uno dei lati più corti. Vedremo tra poco la funzione di queste tacche. La confezione consiste in una scatola di cartone piuttosto piatta e sigillata con due etichette adesive di generose dimensioni: per aprirla bisogna proprio avere la volontà di farlo. Inoltre, una volta rimosso il coperchio colorato (quello con la marca e il logo del fabbricante) non si è ancora fatto nulla, perché sotto ci trovate un'altra scatola, nera, con un suo coperchio. Questo tipo di chiusura (in pratica la scatola è composta da tre parti) evita aperture accidentali che potrebbero esporre le lastre alla luce. All'interno della scatola c'è una busta in alluminio sigillata che contiene le pellicole piane. Attenzione! la busta sigillata non va assolutamente aperta in luce ambiente, ma soltanto in camera oscura! |
Su un piano di lavoro libero (o sul piano all'interno della changing bag) disporre a sinistra la scatola contenente le pellicole; a destra, uno sopra l'altro, cinque chassis doppi, vuoti e col volet inserito. Verificare che i fermi che tengono in posizione i volet siano sganciati e che i volet siano tutti girati dalla parte nera; Verificare l'assenza di polvere, soprattutto sul volet e sul lato interno dello chassis (quello che viene a contatto con la pellicola). Rimuovere eventuali particelle di polvere con una pompetta o con una bomboletta di aria compressa. Non usare panni in tessuto che rilasciano peluzzi e caricano la plastica di elettricità statica; Infilare un paio di guanti di cotone o - meglio - un paio di guanti usa-e-getta di tipo chirurgico. Questi ultimi sono da preferire a quelli in tessuto perché non rilasciano peluzzi; Con un taglierino o con le unghie, incidere lungo il bordo del coperchio per tagliare le etichette adesive che lo chiudono e rendere possibile l'apertura della confezione; Spegnere la luce; Rimuovere il primo coperchio; Capovolgere la scatola; Rimuovere il secondo coperchio. Adesso possiamo toccare la busta in alluminio che contiene le lastre, adagiata dentro l'ultima parte della scatola; Estrarre la busta in alluminio e aprirla, adagiandola poi nuovamente nella scatola. Adesso possiamo accedere liberamente alle singole lastre; Rimuovere i rettangoli di cartone protettivo. Alcuni fabbricanti (Fuji) mettono un rettangolo di cartone sopra e sotto le lastre; altri (Agfa) mettono tra una lastra e l'altra un sottile rettangolo di carta protettiva, per evitare che le lastre si incollino l'una all'altra. Imparate a distinguere al tatto queste protezioni per evitare di infilarle nello chassis insieme alla (o al posto della) pellicola; Prendere il primo chassis, estrarre parzialmente il volet e aprirlo, basculando il piccolo frontalino incernierato alla base. È bene non estrarre del tutto il volet, per evitare di infilare la lastra nella scanalatura del volet anziché in quella sottostante; Prendere la prima lastra e rigirarla fra le mani in modo che le tacche di riferimento (le tacche sono diverse per ogni tipo di pellicola e distinguono una marca dall'altra) si trovino in alto a destra. Questo è il corretto senso di utilizzo della pellicola. Se la pellicola venisse inserita al contrario (con le tacche in alto a sinistra) non soltanto l'immagine apparirebbe con i lati invertiti, ma si avrebbe anche una perdita di nitidezza dovuta allo spostamento del piano di messa a fuoco sull'emulsione (provare per credere); Infilare la pellicola piana nello chassis, facendo attenzione a seguire bene le scanalature che le sono destinate; Chiudere il frontalino; Reinserire il volet fino in fondo (deve entrare nella scanalatura del frontalino e bloccarlo); Ruotare i gancetti sul lato superiore dello chassis in modo da bloccare il volet ed evitarne l'apertura accidentale. Se il volet non è stato inserito correttamente il gancetto non potrà essere ruotato: verificare in questo caso il corretto inserimento del volet (potrebbe non essere sceso fino a fondo corsa perché la pellicola è stata inserita male); se necessario estrarre la lastra e ripetere la procedura; Capovolgere lo chassis e ripetere la procedura dall'altro lato; Riporre lo chassis carico in un luogo a parte; se si usa la changing bag, riporlo sotto tutti gli altri; Ripetere la procedura per i rimanenti quattro chassis, finché l'intera confezione di dieci pellicole piane non sia esaurita; Controllare ancora una volta che tutti gli chassis siano ben chiusi, con i volet in posizione e i gancetti girati in posizione di fermo; Accendere la luce (o aprire la cerniera lampo della changing bag); Gettare via i cartoncini e/o le carte protettive, nonché la confezione in alluminio, ma non la scatola: questa servirà a contenere le lastre esposte destinate al laboratorio di sviluppo. |
Preparare la macchina Se avete a disposizione una macchina a banco ottico, la prima volta bisognerà montarla. Per farlo, occorre seguire questa procedura:
Se si utilizza una folding, la procedura è più semplice: basterà fissare la folding al cavalletto, aprire il frontalino ed estrarre la standarta anteriore, applicandovi poi la piastra portaottica se questa non è già presente (quasi tutte le folding possono essere chiuse con l'obiettivo montato). Vedere meglio La visione sul vetro smerigliato pone qualche problema a chi non vi è abituato, non tanto perché l'immagine appare capovolta e con i lati invertiti (come abbiamo già detto, questo non è uno svantaggio, dato che facilita la composizione), quanto perché l'immagine appare sempre poco luminosa, soprattutto a causa della scarsa apertura delle ottiche di grande formato. La lente di Fresnel, che si applica subito dietro il vetro smerigliato, ha il compito di diffondere la luce su tutta l'area rendendo l'immagine uniformemente luminosa, ma certo non può fare miracoli. La tenda nera impedisce che la visione - già critica - venga ulteriormente disturbata dalla luce ambiente, ma non si può certo dire che sia il massimo della comodità. Il paraluce per il vetro smerigliato (focusing hood) consiste in una scatola pieghevole in pelle o plastica che si applica al vetro smerigliato e impedisce almeno che vi batta il sole. È molto meno efficace della tenda nera ma più facilmente trasportabile.
Un paraluce pieghevole (focusing hood) della Horseman Per ovviare a questi inconvenienti molti fabbricanti mettono a disposizione degli speciali "visori reflex" (monoculari o binoculari) che si applicano al dorso e raddrizzano l'immagine fornita dal vetro smerigliato, consentendone soprattutto una visione chiara grazie alla presenza di oculari protetti.
Un visore reflex monoculare (Wista) |
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Scegliere il formato
L'incredibile versatilità del banco ottico permette anche di passare dall'uno all'altro formato semplicemente cambiando il dorso. Un apparecchio 8x10" potrà montare sia il dorso 8x10", sia i dorsi 5x7" e 4x5", più i dorsi per pellicola in rullo (6x12, 6x9 e 6x7 cm). Un apparecchio 4x5" accetterà, oltre al suo formato, anche i caricatori per pellicola in rullo. Foto a destra: Una serie di caricatori per pellicola in rullo (Horseman) Esistono caricatori di diverso tipo, sia originali che universali. Alcuni si applicano al posto del dorso per pellicola piana, altri si inseriscono come un normale chassis (Calumet), altri ancora dispongono di un proprio piccolo vetro smerigliato e si applicano su complessi dorsi a "scamotaggio" (Toyo). |
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La procedura operativa Macchina sul cavalletto, dorso montato, obiettivo pronto. Il soggetto è davanti a noi e siamo pronti a fotografarlo. Passo dopo passo, vediamo la corretta sequenza delle operazioni. Rimuovere il coperchio dell'obiettivo e applicare il paraluce; Aprire manualmente l'otturatore. Per consentire alla luce di raggiungere il vetro smerigliato occorre azionare la levetta che comanda l'apertura dell'otturatore; Aprire il diaframma. Impostando il diaframma alla massima apertura si ottiene la corretta illuminazione del vetro smerigliato; Osservare il soggetto. Mettendosi sotto la tenda nera (o accostando l'occhio al visore reflex) si osserva la composizione una prima volta. A questo punto si effettuano tutte le regolazioni necessarie:
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Valle d'Ayas. Torrente nel Vallone di Nana. Fotocamera Wista DX con dorso 4x5". Obiettivo Rodenstock Sironar 150 mm f/5,6 |
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A casa Una volta tornati a casa, occorrerà scaricare gli chassis. Per farlo, bisogna ripetere alla rovescia la procedura seguita nel prepararli. Le lastre andranno rimesse nella loro scatola, che sarà richiusa con entrambi i coperchi e fermata con del nastro adesivo per evitare aperture accidentali. Se non si utilizza la scatola originale (di solito è così), bisognerà scrivere sulla scatola, con un pennarello, la quantità, la marca e il tipo delle lastre contenute. Indicare anche chiaramente se si desidera lo sviluppo variato. Se una o più lastre (ma non tutte) necessitano di sviluppo variato, queste andranno messe in una scatola a parte. Ecco il motivo per cui le scatole non vanno mai buttate via. |
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Il problema del fattore di posa Per fenomeni attinenti all'ottica geometrica che non stiamo ad approfondire in questa sede, la quantità di luce che giunge alla pellicola decresce proporzionalmente al crescere del tiraggio. Questo significa che a mano a mano che si allontana l'obiettivo dal piano focale per fotografare soggetti vicini, la quantità di illuminazione per unità di superficie diminuisce, e i valori esposimetrici rilevati con l'esposimetro separato non sono più validi. Questo è un problema che si verifica sempre, non solo col grande formato: la differenza sta nel fatto che le reflex dotate di esposimetro TTL compensano automaticamente la caduta di luce. Il fenomeno è di fatto trascurabile finché dall'infinito si passa a rapporti di riproduzione prossimi a 1:10; ma quando il valore di R scende al di sotto di questo limite, la caduta di luce inizia a farsi sensibile, e dev'essere compensata mediante un proporzionale incremento dell'esposizione. Questo incremento prende il nome di "fattore di posa" (exposure factor). Esistono diversi sistemi per determinare il fattore di posa. Qui ne illustriamo essenzialmente due: il primo è strettamente matematico, il secondo è decisamente più empirico (ma funziona). Per dovere di cronaca, dobbiamo citare tutti quei regoli calcolatori, dischi graduati e ammennicoli vari che consentono di ottenere - con procedure macchinose e molto dispendio di energie - ciò che si può avere molto più rapidamente grazie ad un semplice calcolo. Vengono copiosamente pubblicizzati (e venduti) sui siti Internet americani che si occupano di grande formato: sembra che oltreoceano la determinazione del corretto exposure factor sia una preoccupazione primaria. Il primo sistema fa ricorso ad una semplice formula: F = (t / f)2 dove F è il fattore di incremento dell'esposizione, t è il tiraggio, f la lunghezza focale dell'obiettivo. Esempio: con un obiettivo da 150 mm e un tiraggio (allungamento del soffietto) di 300 mm si avrà: F = (300 / 150)2 F = 22 F = 4 Un fattore di posa pari a 4 significa che - a parità di tempo di otturazione - occorrerà incrementare l'esposizione di due diaframmi (ad esempio da f/32 a f/16), mentre - a parità di diaframma - sarà necessario quadruplicare il tempo di otturazione (ad esempio da 1/30 sec. a 1/8 sec.). La seguente tabella renderà immediatamente comprensibile il concetto:
Il secondo sistema, quello empirico, richiede di considerare la lunghezza focale dell'obiettivo in centimetri anziché in millimetri. La procedura è la seguente:
Si calcola quanti sono i diaframmi di differenza fra i due valori rilevati. Questo scarto sarà il fattore di posa da applicare. Problemi logistici Lavorare all'aperto col grande formato richiede che vengano risolti problemi logistici, essenzialmente riguardanti il trasporto delle attrezzature. Se non vi allontanate troppo dall'auto o non affrontate lunghi tratti a piedi, una normale borsa va benissimo, a patto che sia abbastanza grande da contenere una folding con i suoi accessori. Esistono borse e valigette appositamente progettate per il grande formato. Chi invece si muove a piedi per lunghi tratti non potrà fare a meno di uno zaino. Esistono zaini appositamente progettati per contenere folding di grande formato, fino all'8x10".
Michele Vacchiano © 1999 - FINE |
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Il testo dell'articolo e le fotografie che lo illustrano sono proprietà di Michele Vacchiano. Ogni utilizzo, anche a titolo gratuito, è subordinato ad espressa autorizzazione scritta da parte dell'autore. Le fotografie di apparecchiature ed i disegni sono tratti dai seguenti siti Internet: BH-Photovideo, Calumet Photographic, Schneider Optics, Toyo, che si ringraziano per la cortese autorizzazione. |