SPECIALE OBIETTIVI 1. MTF? CHI ERA COSTUI?
Capire i test MTF degli obiettivi
Michele Vacchiano, gennaio 2000

Va bene, sarò insistente, sarò noioso, ma per me è l'obiettivo che fa la fotografia, per cui continuerò a parlare di obiettivi. Ma se vi piace di più l'espressione "sistemi diottrici", allora parliamo di sistemi diottrici. Che è la stessa cosa ma fa più fine.

Allora, come si sceglie un obiettivo? Alcune cose le abbiamo già dette, sfatando certi diffusi luoghi comuni, ma adesso scendiamo un po' più sullo specialistico (niente paura: Ando Gilardi scrisse una volta che io tratto il lettore neofita da cretino totale, nel senso che gli spiego tutto partendo da Adamo ed Eva: il fatto è che in realtà anche i concetti più complicati possono essere spiegati in modo semplice. Basta averne voglia), e vediamo come si sceglie un obiettivo imparando a leggere i grafici del rendimento che i fabbricanti più seri allegano alle loro ottiche, o che vengono pubblicati dalle rivista specializzate.

Prima puntualizzazione: le riviste specializzate sono scritte da persone umane, le quali hanno il loro modo di interpretare i fatti e i dati statistici. Questo per dire che il bicchiere che ieri mi sembrava mezzo pieno oggi mi appare mezzo vuoto soltanto perché ho avuto una nottataccia, okay? Allora, quando leggete i test pubblicati dalle riviste fate attenzione: osservate i grafici, perché sono QUESTI che vi danno la vera informazione. I commenti del giornalista sono meno probanti, più aleatori, più imprecisi, come ben può constatare qualunque lettore attento di "Quattroruote".

Ma esiste un modo semplice di leggere i grafici che può essere adottato anche da chi non è un matematico? Certo, se partiamo da un postulato un po' empirico che tuttavia funziona nella gran parte dei casi. Il postulato è il seguente: il rendimento di un sistema diottrico (bello, eh?) è rappresentato da curve. Ora, quanto più una curva è piatta tanto migliore è la resa dell'obiettivo.

Prendiamo per esempio il grafico della trasmissione spettrale di un obiettivo Schneider per il grande formato (il Super Angulon 90 mm f/8).

Sull'asse verticale appare, in percentuale, la capacità di trasmissione delle diverse lunghezze d'onda, mentre sull'asse orizzontale sono rappresentate le lunghezze d'onda della luce visibile, dalla banda dell'azzurro (a sinistra) alla banda del rosso (a destra). Bene, che cosa si capisce da questo grafico? Innanzitutto che l'obiettivo in esame è dotato di una buona trasmissione spettrale su tutte le lunghezze d'onda, ma che è affetto da una leggera défaillance nella banda dell'azzurro. Un difetto? Forse no, dato che questa caratteristica va a compensare l'esagerata sensibilità all'azzurro propria di tutte le pellicole tanto in bianco e nero quanto a colori. Chi legge questo grafico viene pertanto informato del fatto che se userà questo obiettivo non sarà tormentato (o lo sarà un po' meno del consueto) da quei cieli scialbi e slavati che affliggono tante delle nostre fotografie.

Il grafico a destra illustra come l'obiettivo in esame sia in grado di trasmettere in modo uniforme tutte le lunghezze d'onda che costituiscono lo spettro visibile. La leggera défaillance nella banda dell'azzurro non è da considerarsi un difetto, dal momento che compensa l'esagerata sensibilità all'azzurro propria delle emulsioni sia pancromatiche che invertibili. Personalmente sfrutto spesso questa caratteristica nella fotografia di paesaggio: unita a un certo grado di decentramento, essa mi regala i cieli scuri che otterrei soltanto facendo ricorso a un filtro polarizzatore.

Un altro esempio: le famigerate curve MTF. Una sigla misteriosa che denota un'espressione arcana: Modulation Transfer Function, funzione di trasferimento della modulazione. Mamma mia! Peggio del cosmoscopio barostatico bicinquile che gli adepti di "Topolino" come me non tarderanno a ripescare dai recessi della memoria. Ma insomma, che significa!? Bene, facciamo una cosa semplice: evitiamo gli approfondimenti e le spiegazioni scientifiche, almeno su queste pagine. Chi volesse approfondire la questione non ha che da riferirsi a un'ormai abbondante letteratura (come dice Pico dè Paperis, devo aver scritto dei libri sull'argomento). Noi limitiamoci a scendere su un piano mooolto pragmatico. Per leggere le curve MTF bisogna sapere essenzialmente che:

  1. Le curve sono sempre riferite a un ben preciso diaframma
  2. Quanto più la curva si mantiene piatta e alta tanto più l'obiettivo è ok. Ok?

Guardiamo l'esempio a lato: abbiamo delle belle curve piatte e alte fino a un certo punto, che poi tendono a flettersi verso il basso. Diagnosi? Facile: l'obiettivo trasmette bene le basse e medie frequenze spaziali, mentre alle alte frequenze spaziali (cioè quando si tratta di rendere i particolari più minuti) incomincia ad accusare un leggero calo di resa. Ma niente paura: si tratta di un ottimo obiettivo caratterizzato da un eccellente microcontrasto (indicato dall'altezza della curva): il calo in corrispondenza delle frequenze più alte è fisiologico e non influisce sull'impressione generale di nitidezza.

Già, perché quello che conta non è tanto la capacità di rendere distintamente i particolari più minuti (cioè, in pratica, le linee per millimetro), quanto la capacità di distinguere fra loro i diversi toni di chiaroscuro: insomma, un disegno tracciato a carboncino ci apparirà sempre più nitido di un tratteggio in punta di lapis, anche se quest'ultimo è di fatto più minuzioso e meno grossolano.

Le curve MTF (Modulation Transfer Function, funzione di trasferimento della modulazione) ci informano essenzialmente sul diaframma al quale il nostro obiettivo fornisce il massimo delle sue prestazioni. In linea teorica, quanto più le curve si mantengono piatte e alte, tanto più l'obiettivo è valido. Nella pratica, una curva che si mantenga a livelli buoni sulle frequenze spaziali basse e medie per poi incurvarsi in corrispondenza delle frequenze più elevate rappresenta in ogni caso un obiettivo di ottima qualità (cortesia Schneider USA).

Il grafico che illustra la distorsione è suddiviso in due metà: una inferiore e una superiore: la metà superiore rappresenta la distorsione positiva o "a barilotto", quella inferiore la distorsione negativa o "a cuscinetto". La linea dello zero rappresenta la condizione ideale. Sull'asse verticale appare il grado di distorsione in percentuale dell'altezza dell'immagine, sull'asse orizzontale la distanza dall'asse ottico. Anche in questo caso quanto più la curva è piatta e coincidente con la linea dello zero, tanto meglio è.

Il grafico a sinistra illustra un obiettivo che si può considerare ottimamente corretto dalla distorsione (cortesia Schneider USA)

La distorsione è un difetto degli obiettivi che consiste un un più o meno accentuato incurvamento delle linee parallele ai bordi dell'immagine, tanto più marcato quanto più ci si allontana dall'asse.

La distorsione "a barilotto" (linee incurvate verso l'esterno) è caratteristica degli obiettivi grandangolari, mentre la distorsione "a cuscinetto" (linee incurvate verso l'interno) affligge alcuni schemi a teleobiettivo. La correzione ottimale della distorsione ha senso soltanto negli obiettivi destinati alla riproduzione di documenti o alla fotografia di architettura (nessuno vuole vedere le righe di uno scritto che si incurvano verso l'esterno o un colonnato ridicolmente panciuto). In tutti gli altri casi, un moderato e "fisiologico" grado di distorsione può essere tranquillamente tollerato.

I grafici dell'illuminazione relativa illustrano il fenomeno della caduta di luce ai bordi. Non si tratta di un'aberrazione, ma di un fenomeno fisiolgico e connesso con le stesse leggi dell'ottica geometrica.

Più evidente nei grandangolari, la caduta di luce ai bordi si corregge facendo ricorso a una drastica diaframmatura e a speciali filtri grigi digradanti, più densi al centro che ai bordi. In realtà questi filtri vanno usati soltanto quando si fotografano superfici uniformi, nelle quali la differenza di illuminazione fra il centro e i bordi potrebbe apparire evidente.

Negli altri casi (fotografia di paesaggio, reportage) il loro uso può essere considerato superfluo (cortesia Schneider USA).

Anche le diverse aberrazioni ottiche possono essere rappresentate mediante curve ed anche in questo caso la regola (empirica fin che si vuole) della "curva piatta" è quella che, visivamente e con immediatezza, può farci capire molte più cose che non i commenti scritti che accompagnano il test.

Buon divertimento!

Michele Vacchiano © 01/2000
Riproduzione Riservata