In linea di massima non sempre è possibile usare tempi rapidi, a causa della luce disponibile, nemmeno aprendo il diaframma al massimo. Oltretutto, lavorare a tutta apertura significa sacrificare in parte la qualità dell'obiettivo (gli obiettivi di solito danno il meglio alle aperture intermedie, da f/5.6 a f/11), e rinunciare anche alla profondità di campo. Né il ricorso a pellicole più sensibili risolve il problema: pur con tutti i miglioramenti tecnologici più recenti, una 800 ASA resta una 800 ASA, e non avrà mai la finezza di dettagli e la saturazione dei colori di una 100 ASA.
Dunque, dato un diaframma preferibilmente intermedio ed una pellicola di bassa sensibilità, come si fa a scattare foto che siano veramente nitide con un tempo relativamente lento? La risposta è una sola: usando il cavalletto.
Le componenti di un treppiedi
Un cavalletto è un accessorio che si compone sostanzialmente di tre parti: una testa, su cui montare la macchina fotografica; una colonna centrale, su cui poggia la testa e che scorre verticalmente; e le tre gambe che sostengono il tutto. Vediamo più in dettaglio le varie componenti.
La testa è il supporto sul quale fissare la macchina fotografica, avvitandola sul fondello. Una buona testa deve essere in metallo, non in plastica (quelle in plastica sono più fragili), e deve consentire il movimento totale nello spazio della fotocamera.
La livella a bolla serve a mantenere l'allineamento al suolo della macchina fotografica, per evitare orizzonti storti, linee inclinate, e così via.
La macchina fotografica va fissata all'innesto, il quale a sua volta si fissa alla testa del cavalletto. L'innesto rapido è il più comodo: si fissa al fondello della fotocamera e poi lo si blocca sulla testa del cavalletto; in questo modo si può mettere e togliere la macchina dal cavalletto con estrema rapidità.
La base d'appoggio in genere è in gomma o in plastica e ricopre la zona su cui poggia la fotocamera, per non rovinarne il fondello. Deve essere abbastanza "alta" da tenere lontana la fotocamera dalla testa del cavalletto, altrimenti quando si montano obiettivi particolarmente voluminosi si rischia di non riuscire a maneggiare le ghiere di messa a fuoco o di impostazione del diaframma.
Bisogna anche dire che in genere gli obiettivi molto grossi hanno una presa filettata per essere fissati al cavalletto, anziché far leva sulla macchina fotografica: ciò perché il loro peso notevole potrebbe sbilanciare il tutto in avanti, con conseguente rovinosa caduta.
Le gambe hanno in genere una struttura telescopica con dei blocchi. In questo modo si può selezionare l'altezza del cavalletto, e quindi della fotocamera dal suolo. Le gambe sono un componente fondamentale per la stabilità del cavalletto. In genere, nella parte bassa ci sono dei bracci supplementari che le collegano alla colonna centrale. L'altro collegamento con la colonna centrale avviene tramite la crociera, un pezzo di forma circolare che dovrebbe essere sempre di metallo e che circonda la colonna centrale.
L'altezza delle gambe, una volta regolata, viene bloccata attraverso le chiusure, che in genere sono a scatto, o a leva, o a collare, in ordine crescente di affidabilità. Le chiusure a collare sono le più solide ma anche meno pratiche, quelle a leva sono un ottimo compromesso.
La colonna centrale è un'asta cilindrica in metallo alla sommità della quale si fissa la testa, e che è collegata alle gambe. Serve per variare l'altezza della fotocamera dal suolo senza intervenire sulle gambe (la qual cosa solitamente è più macchinosa). La sua altezza si può regolare con due dispositivi, a manovella o a mano. Il primo si basa su di una cremagliera e garantisce una notevole precisione. Di solito la colonna centrale consente di alzare la fotocamera ad almeno 1,20-1,50 metri dal suolo.
I piedini sono posti alle estremità inferiori delle gambe e servono per impedire che il cavalletto scivoli verso destinazioni ignote, per lo più con esiti disastrosi. In genere i piedini sono in gomma, ma i cavalletti di fascia alta elevata hanno anche la possibilità di estrarre degli spuntoni in metallo, utili per conficcare il cavalletto nel terreno, garantendo notevole stabilità quando si fotografa in campagna o in luoghi accidentati.
Il cavalletto non ha bisogno di particolare manutenzione. Posto che lo si usi per ciò per cui è stato fabbricato, un cavalletto di qualità dura parecchi anni e non richiede grossi interventi. Di tanto in tanto è opportuno lubrificare le guarnizioni della testa e della crociera e verificare il serraggi delle viti che fissano la testa e le gambe. Attenzione invece a NON lubrificare le gambe.
Come scegliere il treppiedi
Non esiste un treppiedi migliore in assoluto; o meglio, il treppiedi migliore è quello più adatto al nostro modo di fotografare. La dote più importante di un treppiedi è sicuramente la stabilità. Un treppiedi poco stabile non serve a niente, le foto saranno mosse e si rischiano tristissime cadute di fotocamere ed obiettivi. Meglio non averlo.
I cavalletti migliori sono quelli pesanti e costruiti in robusto metallo. In linea di massima, si dovrebbe comprare un cavalletto che pesi il doppio della struttura che mediamente si andrà a montarci; questa è una regola generale e come tale va interpretata molto liberamente. Negli ultimi anni c'è stata una certa proliferazione di cavalletti costruiti in carbonio, un materiale abbastanza robusto e purtuttavia relativamente leggero; il loro costo però è piuttosto elevato.
La stabilità è legata ovviamente al peso: più un cavalletto è pesante, meglio reggerà le vibrazioni; ma portare in giro un bestione di dieci chili può divenire ben presto una fatica insopportabile. Chi userà il cavalletto in studio o in sala di posa, chi insomma non deve portarselo in giro, può tranquillamente orientarsi verso un modello molto pesante; chi invece fotografa spesso in esterni dovrà considerare attentamente il fattore peso.
Anche la trasportabilità è importante: i cavalletti non hanno una maniglia, e di solito non ci stanno nelle borse fotografiche. Come fare? Lo si può legare allo zaino; si andrà in giro con un oggetto contundente che ondeggia per conto suo alle nostre spalle, ma in linea di massima si ritorna a casa senza pendenze penali a proprio carico; oppure lo si può fissare ad una tracolla e portarselo in spalla. La soluzione migliore comunque è quella della borsa per cavalletti, più elegante e che offre anche il vantaggio di proteggerlo dalle intemperie.
In sostanza quindi la prima cosa da fare è considerare che cosa si andrà a montare sul cavalletto: quali fotocamere (leggere o pesanti come la F5, medioformato, compattine) e quali obiettivi (normali, o grossi e voluminosi teleobiettivi). Dopodiché si dovrebbe considerare che genere di fotografia si pratica di solito (in studio? all'aperto? in campagna? in montagna?).
Solo una volta fatta questa analisi, e quindi individuati in linea di massima il peso e le dimensioni del cavalletto che fa per noi, si potrà passare alla scelta concreta del singolo attrezzo, valutando la stabilità della testa, la bontà dei materiali, la robustezza delle gambe (non devono flettersi se sottoposte a forte pressione; se ciò avviene, passate al prossimo modello); così come va attentamente evitata la presenza di eventuali giochi di viti o leve.
Conclusioni
Il cavalletto non è l'unico supporto col quale combattere il micromosso: esistono svariati accessori alternativi, dal semplice monopiede (cavalletto ad una sola gamba) ai più fantasiosi spuntoni (da conficcare nel terreno) o ventose (da fissare per esempio ai finestrini di un'auto), e così via. È però sicuramente il più affidabile ed il più professionale tra i mezzi che si hanno a disposizione per ottenere foto nitide. Cavalletti modesti si trovano per centomila lire o anche meno, ma siamo dell'opinione che un cavalletto poco robusto e poco stabile, non garantendo foto nitide, diritte, versatilità nell'uso e sicurezza del blocco fotocamera-obiettivo, sia assolutamente da evitare. Senza contare che è meglio spendere qualche centinaio di migliaia di lire una volta per tutte e comprare un bel cavalletto anziché spendere sessantamila lire e comprarne uno in plastica ogni anno...
Rino Giardiello e Agostino Maiello © 01/1999
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Qui la guida alla scelta della testa per il treppiedi