Confesso: anche dopo anni di fotografia "seria" le confezioni luccicanti, le vetrinette piene di accessori, gli aggeggi strampalati esercitano su di me un fascino antico: lo stesso di quando ero un giovane principiante convinto - come tutti - che per fotografare bene bisognasse riempirsi la casa di gadget tanto costosi quanto bislacchi.
Non è una creatura aliena, ma un doppio scatto flessibile. Si usa con i soffietti di estensione non automatici per comandare lo scatto dell'otturatore a tendina (all'interno del corpo macchina) contemporaneamente alla chiusura delle lamelle del diaframma (all'interno dell'obiettivo applicato alla piastra anteriore del soffietto). In realtà la parola "contemporaneamente" è inesatta, i due cavetti sono diversi come lunghezza: il più lungo si applica all'obiettivo e il più corto alla macchina. Azionando il pulsante, si causerà il giusto ritardo grazie al quale prima verrà chiuso completamente il diaframma e dopo verrà fatto scattare l'otturatore.
Un complicato scatto flessibile elettronico per il grande formato. Ma dimmi tu che bisogno c'era di complicare le cose
Lo scatto flessibile Horseman di cui si parla nel testo. Decisamente un prodotto superiore, ma... a che prezzo!
Intendiamoci, non che mi mancassero cavetti di scatto di varie fogge e misure, però
Però quando si sceglie uno scatto flessibile bisogna tenere presenti alcune caratteristiche fondamentali, dalle quali può dipendere la buona riuscita della fotografia. Parliamo, ovviamente, degli scatti di tipo meccanico. Quelli elettromagnetici sono tutta un'altra faccenda e qui non c'è possibilità di scelta: uno si prende quello che il fabbricante della fotocamera gli propone, punto e basta. Esiste anche un terzo tipo di scatto flessibile: quello pneumatico. E' la classica peretta di gomma che si vede in certe illustrazioni ottocentesche e che viene ancora usata quando si vogliano superare grandi distanze. Là dove uno scatto flessibile meccanico farebbe cilecca a causa di un percorso troppo lungo o troppo tortuoso, l'aria compressa funziona sempre, superando senza problemi anche una quindicina di metri e seguendo fedelmente curve e giravolte (ma non angoli troppo acuti).
Comunque anche gli scatti flessibili meccanici non sono tutti uguali. Innanzitutto bisogna distinguerli per lunghezza: ci sono quelli corti e quelli lunghi. Quelli corti sono scomodi. Oltretutto la loro limitata estensione li rende piuttosto rigidi, il che non permette di utilizzarli se non in certe posizioni. Se li piegate troppo smettono di funzionare. Cinquanta centimetri rappresentano una lunghezza giusta. La seconda distinzione dev'essere fatta in base al materiale. Quelli con guaina metallica sono più robusti, ma anche più rigidi. Non potete piegarli più di tanto, anche se sono lunghi. Inoltre rischiano di imprimere vibrazioni alla macchina. Dove per "macchina" non intendo la reflex, che costituisce un corpo rigido, ma la piastra portaottica di una folding in legno, tenuta in posizione da due semplici manopoline in ottone e talmente decentrata e basculata da risultare sensibile al benché minimo alito di vento. I cavetti con guaina in tela (quelli neri, per capirci) sono più flessibili e morbidi. Certo, sono più delicati, ma è difficile che un fotografo normale (anche se lavora fra le rocce come me) li sottoponga a strapazzi tali da comprometterne la funzionalità.
La seconda caratteristica a cui prestare attenzione è la possibilità di bloccare il pulsante di scatto. Nel grande formato questo non è fondamentale, dato che tutti gli otturatori sono dotati di posa T oltre che di posa B (la posa T richiede due scatti distinti: uno per aprire l'otturatore e un altro per richiuderlo, diversamente dalla posa B che richiede una pressione continua sul pulsante di scatto), tuttavia è sempre raccomandabile. Nelle reflex (dotate di sola posa B) è invece indispensabile. Il blocco può essere ottenuto mediante una semplice rotazione della ghiera metallica entro la quale scorre il pistoncino del pulsante, oppure con una vite ad esso perpendicolare. La prima soluzione è la migliore, dato che - se si è sufficientemente abili - è possibile azionare il tutto con una sola mano.
I punti deboli di tutti i cavetti di scatto flessibile sono rappresentati proprio dalle due estremità, là dove la guaina si ispessisce per accogliere da un lato il pistoncino del pulsante di scatto e dall'altro il cono filettato che si avvita al foro presente sulla macchina. E' in questi punti che si rendono possibili quelle piegature ad angolo vivo che compromettono non solo - a lungo termine - la durata della guaina ma anche - nell'immediato - la funzionalità dell'accessorio.
Ripassando mentalmente tutte le caratteristiche del flessibile perfetto, sto appunto davanti a quella vetrina piena di confezioni lucenti di cellophane, quando il mio sguardo viene attirato da un qualcosa di straordinariamente bello. E' un cavetto di scatto in tela targato Horseman, con una grossa impugnatura di plastica nera. Il pulsante, generosamente dimensionato, è in ottone, come pure in ottone è una piccola ghiera sul collarino di tenuta. Dello stesso lucente metallo è fatto il cono filettato. Alle due estremità (i punti critici) la guaina in tela appare rinforzata e protetta da una lunga e sottile molla metallica, flessibile ed elastica, con lo scopo di permettere al cavo di piegarsi ad U senza formare angoli vivi. Una trovata semplice ma geniale. Una cinghietta in tela fissata all'impugnatura costituisce il tocco di classe. Non capisco bene la funzione esatta della cinghietta: forse serve a infilarvi il pollice per evitare che lo scatto flessibile sfugga di mano, o forse ad appendere l'accessorio alla struttura del cavalletto
Fatto sta che si tratta di un aggeggio dannatamente bello (oltre che tecnicamente pregevole), che si distingue da tutti gli altri modelli esposti come farebbe Naomi Campbell nuda in un convento di monache ottuagenarie.
Preso da improvviso raptus di shopping-mania afferro la confezione e mi dirigo alle casse. Non ho guardato il prezzo, ma che vuoi che sia? Quelli metallici di classe economica costano 14.000 lire. Questo non sarà più del doppio. Alla peggio me la cavo con cinquantamila lire
La cassiera lo prende, passa il lettore ottico sul codice a barre. Con lentezza esasperante un foglio formato lenzuolo esce dalla stampante (ma perché non posso avere un normale scontrino?). La ragazza mi porge sorridente il foglio: "Ecco a lei, dottore. Sono centotrentaquattromila. IVA compresa, naturalmente."
Michele Vacchiano © 12/2000
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