TRIS DI FUJI
A CONFRONTO
Può sembrare strano che, in un momento in cui si parla esclusivamente di digitale, ci si soffermi ad esaminare delle pellicole diapositive; la realtà paradossale è che proprio ora il mercato offre diversi film di qualità eccellente, come forse non era mai accaduto in passato
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Grana Provia - dettaglio al 100%

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Grana Velvia - dettaglio al 100%

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Velvia

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Provia

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Distesa Iris - Astia

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Distesa Iris - Provia

Le tecnologie subentrate nella produzione di pellicole nell'ultimo decennio hanno portato tutte le case principali a proporre invertibili con un potere risolutivo e una resa cromatica impensabili sino a pochi anni fa, e questo soprattutto nelle sensibilità medie o elevate.
Fuji in particolare si è conquistata negli anni la fiducia dei fotografi, e dei fotografi naturalisti in particolare, sin dalla presentazione della Velvia 50 (quattordici anni fa, il tempo vola…), la pellicola che ha interrotto il predominio di Kodak nel mercato professionale. Nel corso degli anni la gamma di pellicole "pro" di Fuji è stata integrata dalla Provia nelle varie sensibilità, una pellicola che ha successivamente goduto della tecnologia Fine Grain inaugurando la serie delle pellicole marchiate "F"; l'aggiornamento dell'Astia 100 a questa tecnologia, e la presentazione della Velvia 100F hanno completato la proposta attuale nella sensibilità più diffusa. Utilizzatore da anni di Provia, ho provato le due pellicole più recenti e le ho messe a confronto con la più collaudata cugina. Si tratta di valutazioni sul campo, impressioni soggettive che non pretendono di avere il crisma della scientificità, e che rappresentano semplicemente un'opinione maturata da un'esperienza diretta.

Tre Fuji a confronto, dunque. Provia, Velvia, Astia: pellicole con nomi da dopobarba o da auto familiare (misteri del marketing), ma che tuttavia sono quanto di meglio offra oggi il mercato dell'invertibile professionale, insieme alle più recenti emulsioni Kodak. Due parole sulla metodologia del confronto: la comparazione non riguarda la qualità assoluta (laboratori diversi possono dare risultati differenti), ma è coerente in termini di comportamenti relativi: identico è infatti il momento dello scatto, identica l'attrezzatura utilizzata per le riprese, e il trattamento è stato contestuale nel medesimo laboratorio (bagni Fuji). Tutte le pellicole sono state utilizzate alla sensibilità nominale. Ovviamente uguali anche gli strumenti di valutazione, assolutamente alla portata di tutti: un (buon) lentino 4X, un proiettore di diapositive e un filmscanner a 2700 dpi; in sostanza quelli che il fotoamatore si trova ad usare comunemente. Le scansioni pubblicate escono dal software di scansione Vuescan come Mr. Hamrick le ha fatte, cioè in formato RAW (in realtà un TIFF), senza aver subito alcun tipo di processo di interpretazione e modifica da parte del programma, né a maggior ragione da parte mia: sono ciò che ha "visto" il sensore dello scanner, ed in questo modo é possibile valutarne le differenze in modo omogeneo. Differenze che possono apparire eclatanti ma che rispecchiano quelle dei trasparenti originali (è sorprendente di come non si abbia idea del comportamento di una pellicola finchè non la confronta fianco a fianco con un'altra). Per lo stesso motivo, l'uso cioè di files non ancora processati, le immagini hanno meno brillantezza e saturazione degli originali e non sono quindi da usare per giudicare la resa della pellicola in assoluto: ci interessano qui solo le differenze relative.

La Provia 100F è una pellicola dalla grana finissima, paragonabile alla Velvia 50; buoni il contrasto e la resa cromatica, una resa che tende ad essere un po' fredda; la cosa non mi infastidisce se non nelle ombre con cielo sereno, dove la classica dominante azzurra esce effettivamente esaltata. Qualcuno la accusa di avere colori poco brillanti, ma va detto che gran parte dei fotografi è abituata da anni ai colori "dopati" della Velvia 50, una pellicola che personalmente tendo a riservare solo a quelle situazioni che richiedano esplicitamente colori e contrasti enfatizzati associati ad una grana finissima. Nel complesso trovo Provia soddisfacente come neutralità e saturazione; è una pellicola che non fa rimpiangere i verdi puliti ed estesi (così importanti nella foto di natura) della gloriosa Fuji 50D, la cui uscita di produzione per l'avvento della Velvia è ricordata ancora da molti con rimpianto (compreso il sottoscritto). Anche la latitudine di posa è soddisfacente: scarti di esposizione fino ai due terzi di stop non cambiano la resa cromatica, restituendo solo immagini più scure o chiare in proporzione. Tirandola a 200 la grana aumenta impercettibilmente, la saturazione e il contrasto aumentano visibilmente... un effetto che nelle tipiche situazioni d'uso del push (scarsa luce, nuvolo) è benvenuto, al punto che alcuni si arrischiano ad usare la Provia a 200 Iso come scelta standard.
Passiamo alla nuova Velvia 100F. Di una Velvia di media velocità si era favoleggiato a lungo, il miraggio della saturazione e della grana inesistente della storica Velvia 50 con una sensibilità più comoda era lungamente atteso da tutti. Va detto subito che dal punto di vista della granulosità, la Velvia 100F non risponde interamente alle aspettative: se con il lentino non si è in grado di apprezzare la maggior ruvidità rispetto a Provia, un semplice ingrandimento al 100% di una scansione ad alta risoluzione la mostra in modo percettibile: un risultato invero un po' deludente per la discendente della Velvia 50. Parliamo di finezze, in ogni caso, ma è su questo tipo di finezze che i fotografi riescono a scannarsi amichevolmente nelle chiacchiere da Bar Sport. Ciò che invece balza subito all'occhio é la classica resa supersatura, dal punto di vista dei colori, tipica della sorella più lenta. Troppa grazia, verrebbe da dire osservandola in confronto alla Provia… il rosa carico ma delicato dell'orchidea selvatica si trasforma in un rosa al neon (nonostante il file non sia stato ancora "aggiustato" per riportarlo alla brillantezza della dia). La resa cromatica appare più calda e gialla della Provia, effetto accentuato anche dalla maggior saturazione. Il contrasto è pure maggiore, e restituisce una sensazione di pellicola "dura"; forse per questo alcuni consigliano di usarla come una 80 Iso, cioè con una sovraesposizione standard di un terzo di stop.

L'insieme mi sembra francamente un po' eccessivo, e rischia di suonare innaturale, quantomeno nel caso preso ad esempio; anche le dominanti cromatiche ambientali finiscono ovviamente per uscirne esaltate (foto nel sottobosco e simili). Una sottoesposizione intenzionale inoltre incrementa in modo esagerato la saturazione dei colori, producendo non un'immagine semplicemente più "colorata", ma tinte esasperate. Un conto é aggiungere un po' di vivacità, un altro é rischiare di tradire il soggetto, che di norma richiede la maggiore fedeltà possibile; nel paragone Provia emerge come più aderente alla realtà, e questo è un fattore di valutazione importante. Una pellicola così é da maneggiare con circospezione: personalmente non la userei per soggetti con tinte delicate in pieno sole o per scene dove siano presenti forti contrasti; in sostanza si tratta di un film adatto ad alcuni scopi specifici, per vivacizzare i soggetti con tinte neutre, e da usare in caso di tempo coperto e luce incerta e fosca, ma per un uso più generico ed una resa più realistica ci sono alternative più idonee tra le sue cugine.
Una è proprio l'Astia 100F: splendida. I test di laboratorio affermano che la grana di Astia sia la migliore delle tre, e devo fidarmi: con le metodologie a mia disposizione essa è indistinguibile rispetto a Provia. La resa cromatica è anche in questo caso marcatamente più calda della Provia, in questo caso tendente al magenta, senza per questo essere innaturale. Anzi, se partiamo dal presupposto che Provia é considerata un po' fredda, dovremo trarre la conclusione che l'Astia ha un grado accettabile di "calore" cromatico. Immagino che Astia da questo punto di vista si riveli ideale per la resa dell'incarnato nella fotografia di ritratto, caratteristica che già le apparteneva nella precedente versione. Personalmente continuo a preferire Provia per la resa dei toni verdi sulla vegetazione. L'accoppiata delle due ricorda da vicino la proposta Kodak, che offre da qualche anno le sue Ektachrome Professional esplicitamente nelle due versioni "neutra" e "calda". I colori sono finalmente saturi come nella Provia (nella precedente versione erano il suo tallone d'Achille), senza tuttavia raggiungere i livelli di Velvia, rispetto alla quale presenta un contrasto più naturale e una gamma tonale più estesa; le dia restituiscono quindi una bella sensazione di morbidezza e di plasticità.

Come i Tre Moschettieri, anche le tre Fuji 100 sono in realtà quattro: in conclusione, infatti, un accenno al recente aggiornamento della Sensia 100, anch'essa disponibile ora in versione Super Fine Grain. La nuova versione dell'emulsione amatoriale di casa Fuji sembra mostrare ad un primo assaggio una tonalità intermedia rispetto alle emulsioni di cui si è parlato, con una grana e una saturazione che non sfigurano per nulla, e questo ad un prezzo molto più contenuto. A questo punto resta solo l'imbarazzo della scelta, con buona pace del digitale.

Vitantonio Dell'Orto © 09/2005
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