La
Phase One
è una realtà molto conosciuta nell'ambito della
fotografia digitale professionale.
Oltre ad essere uno dei più importanti produttori di dorsi
digitali, da anni commercializza un software di sviluppo e
catalogazione per i formati RAW più diffusi: Capture One (o
più brevemente C1).
Questo pacchetto è attualmente disponibile in due
versioni, una professionale e l'altra economica, stranamente più
recente e aggiornata della maggiore (ferma alla 3.8). Questa recensione non vuole fare da "guida" al software ma semplicemente
valutarne le potenzialità in termini di qualità d'immagine prodotta.
I file in esame sono quelli della Sony A700, reflex che offre il top
delle sue prestazioni lavorando in RAW (il RAW di Sony si chiama ARW); la resa dei JPEG è a mio avviso poco soddisfacente.
La A700 è mal supportata da Adobe Camera RAW (il
plugin di conversione più diffuso in assoluto). Il software Adobe, sebbene faccia un
discreto lavoro a bassi ISO, perde decisamente di qualità da
ISO 400 in su a causa di una politica di gestione del rumore digitale
non proprio conservativa e soprattutto non completamente disattivabile.
L'immagine che segue è uno scatto a ISO 400 che è
stato sviluppato azzerando i rispettivi parametri di riduzione rumore
sia in Camera Raw che in Capture One. I parametri di sharpening sono sui
livelli di default.
Si nota subito nello sviluppo Adobe che la granulosità del
fuori fuoco è eterogenea e con passaggi tonali troppo
netti. La zona a fuoco invece mostra un livello di dettaglio
più basso e una morbidezza diffusa.
Si potrebbe obiettare che i livelli di sharpening che i software
applicano di default sono differenti, ma questo non cambia la sostanza del problema:
l'aumento dello sharpening sull'immagine Adobe peggiorerebbe il
già pessimo fuori fuoco, perciò sarebbe
necessario un intervento selettivo... C'è poco da fare: CaptureOne (d'ora in poi C1)
offre un file pronto senza necessità di ulteriori ritocchi.
Bisogna notare per dovere di cronaca che l'attuale
versione di ACR 4.5 (disponibile solo in beta durante la stesura della recensione) ha
migliorato questo aspetto e ci riserveremo giudizi definitivi a seguito di nuove prove.
Nel breve test che segue confronteremo perciò C1 con il software
proprietario di casa Sony: Image
Data Coverter 2.0 (IDC).
Come va sul campo
C1 4.1 è un software molto veloce e snello nelle operazioni,
sebbene non garantisca una gestione elegantissima della memoria di
sistema (sotto Windows). I ritardi in risposta con un buon PC sono praticamente nulli e la
conversione di un RAW da 12Megapixel in TIFF
a 16bit per canale è veramente fulminea se confrontata ad altri software.
L'interfaccia è elegante e pulita anche se non troppo
personalizzabile. Il colore scuro è perfetto per la visione
delle immagini (finalmente i produttori se ne sono resi conto)
e permette di concentrarsi subito sulla foto.
Gli strumenti di catalogazione sono buoni, ma non raggiungono la
potenza di pesi massimi del calibro di Aperture o Lightroom. E' pur vero
che C1 è molto più veloce di entrambi.
L'unica pecca è la possibilità di intervento sui
soli RAW e non su gli altri formati.
Le funzionalità offerte sono molte e prenderle tutte in
esame sarebbe decisamente difficile. Ci limitiamo ad elencare le
più importanti, che poi sono le
classiche funzioni da "camera oscura digitale":
Degno di nota è il modulo di gestione dell'esposizione
chiamato HIGH DYNAMIC
RANGE che
offre uno strumento di controllo delle alte luci decisamente raffinato.
Di seguito un esempio della sua potenza: uno scatto a ISO 400
sovraesposto di uno stop.
Cosa
si intende per HIGH DYNAMIC RANGE?
L'HIGH DYNAMIC RANGE è uno strumento per
l'intervento sulla gamma dinamica.
La tecnica fotografica dell'HDR prevede una serie di scatti esposti
progressivamente per le luci e per le ombre, per poi affidarne
la fusione ad un software specifico.
Nonostante la sua denominazione sia identica all'omonima tecnica C1 non
pretende di offrire uno strumento per l'HDR, ma semplicemente un
modulo che permette, attraverso un algoritmo specifico, di intervenire in maniera distinta sulle alte
luci e sulle ombre.
In sostanza possiamo recuperare dettaglio dalle alte luci senza
"toccare" le ombre e viceversa. Logicamente per valori di intervento alti la perdita di contrasto
diventa inevitabile. Il modulo di C1 è molto efficace e nonostante sia
governato da due soli parametri offre risultati notevoli, come
dimostrano le immagini 1 e 2 dell'articolo.
Imm. 1 - Alte luci bruciate e ombre sovraesposte.
Imm. 2 - Stesso scatto riequilibrato con lo strumento HIGH DYNAMIC RANGE e con la regolazione delle curve: l'immagine è pronta per la stampa senza ulteriori passaggi.
La qualità d'immagine è notevole: il file
è molto pulito a tutti gli ISO ed il livello di
dettaglio è veramente alto. Il merito va ad uno
strumento di sharpening molto leggero ed adattativo che varia in base
alla dimensione in
megapixel e ad un algoritmo di demosaicizzazione
efficace. L'immagine
aperta con i valori di default è pressoché
perfetta in termini di dettaglio/rumore digitale. La grana ad alti ISO
è veramente fine e per nulla fastidiosa.
Dal punto di vista cromatico il software è molto
conservativo mantenendo toni naturali e poco saturi. Questo lascia
ampio margine di intervento per l'eventuale correzione ma potrebbe non
mettere d'accordo tutti i palati. I caratteristici toni tenui denotano
una "vocazione" per il ritratto, e non è un caso
visti i trascorsi della Phase One.
Ogni
produttore software offre il suo algoritmo di demosaicizzazione che
influisce in maniera decisiva sulla qualità finale
dell'immagine.
Questo passaggio è fondamentale per due aspetti: la
fedeltà cromatica e la resa del dettaglio.
Un software che fa un ottimo lavoro in fase di demosaicizzazione
avrà molto più dettaglio
a parità di maschera di contrasto applicata.
Per
questo motivo C1 può permettersi di offrire livelli di
sharpening di default bassi (160 su 500 di fondo scala, ovvero un 32%)
mantenendo un'incisione elevata e nessun artefatto generato, come si
vede dall'immagine 4.
Il modulo di gestione del rumore non è il massimo e va usato con parsimonia. Anche per questo strumento il software decide preventivamente il livello da applicare, ma
è possibile (e consigliato) azzerarlo perché i risultati non sono sempre soddisfacenti.
La riduzione della componente cromatica in particolare è
molto "pericolosa" perché agisce troppo aggressivamente sui
toni portando ad un appiattimento dell'immagine.
Il consiglio è quindi di processare il file tenendo a zero
questi due valori e agire in seguito con un plugin specifico via
Photoshop se il rumore è troppo fastidioso.
Imm. 4 - Questo scatto a ISO 100 è stato fatto con lo Zeiss 16-80 a 45mm e F9 di apertura, e poi processato con parametri standard. Si nota subito la differenza dello sviluppo rispetto al software Sony a destra: esclusa la differenza tonale il livello di dettaglio e la pulizia dell'immagine sviluppata con C1 fa pensare di avere di fronte un'altra reflex e un'altra lente.
Imm. 5 - Scatto a ISO 800 con il 50mm F1.4 in condizioni difficili: anche in questo caso l'immagine di IDC sembra patinata e nel "7" della Dynax mostra un livello di artefatto cromatico consistente. Sulle alte luci dell'aggancio metallico della cinghia si può notare il "trucchetto" del software Sony che aggiunge un bordo nero per aumentare lo stacco del piano e la relativa percezione di nitidezza.
Imm. 6 - Scatto a ISO 3200 con il 35mm F1.4 sottoesposto e tirato in sviluppo: anche con il fondo scala della reflex e in condizioni per altro sconsigliabili (ISO 3200 sottoesposti...) C1 regala comunque un'immagine di maggior equilibrio e mostra una struttura della grana molto più fine di quella di IDC. Il software Sony lavora molto sulla percezione della nitidezza e questo porta alla generazione di artefatti granulosi, soprattutto nei fuori fuoco, che compromettono molto la qualità finale.
Conclusioni