RETICOLATURA: CHI ERA COSTEI?
Reticolare le pellicole in bianconero in modo creativo
Rino Giardiello, maggio 2007

Un po' difetto e un po' fantasma del passato, la reticolatura può trasformarsi, se la si impiega come un qualsiasi altro "effetto" ricercato ad arte, in una tecnica creativa di camera oscura affascinante ed imprevedibile per chi non abbia ancora rinunciato alle sperimentazioni "manuali" che la pratica fotografica continua ad offrirci.

La reticolatura è un difetto, perché un negativo reticolato è un negativo che ha subìto delle ingiurie termiche (degli sbalzi dal caldo al freddo durante il trattamento) e non ce l'ha fatta a mantenere inalterate le sue caratteristiche: vale a dire che l'emulsione si è prima gonfiata ma poi, tornando alle sue dimensioni originali, ha mantenuto delle pieghe o, in alcuni casi, si è riempita di crepe.

Ma è anche un "fantasma" del passato, perché le moderne emulsioni sono progettate per resistere quanto più possibile ai maltrattamenti ed agli strapazzi: è davvero difficile reticolare una moderna emulsione, soprattutto se a colori (oltretutto è difficile che un fotoamatore possa trattare in casa queste ultime). Per questi due motivi il nostro articolo è limitato alla reticolatura (o reticolazione, se preferite) delle sole pellicole negative in bianconero.

Anche con queste la vita non è facile (ma come, vi lamentate? Dopo gli sforzi che hanno dovuto fare i fabbricanti per garantirvi emulsioni stabili e resistenti!): la maggior parte delle pellicole attuali è estremamente difficile da reticolare, in particolare quelle caratterizzate dalla tecnologia T-grain (Kodak T-Max ed Ilford Delta). Ho provato quasi tutte le pellicole attualmente in commercio ed ho ottenuto dei buoni risultati solo con alcune pellicole di tipo tradizionale (Ilford FP4 Plus ed HP5 Plus, Kodak Plus-X e Tri-X). I migliori risultati li ho ottenuti, però, con delle pellicole ancora più "tradizionali" (diciamo pure di tecnologia più antiquata): quelle dell'Est o le cinesi. Se trovate a pochi centesimi di euro le pellicole (spesso senza marca) che vengono vendute dai polacchi nei mercatini, sappiate che sono le più adatte in assoluto.

I risultati di questa esperienza sono stati unici ed irripetibili. La trama ha preso l'aspetto di piccoli segni regolari anziché le solite crepe casuali. Queste foto non sono frutto di una duplicazione ma sono degli scatti originali in ripresa in una delle prime prove. Pellicola Ilford FP4 (non la Plus) scaduta.

PERCHE' RETICOLARE UNA PELLICOLA?
Una pellicola reticolata metterà in evidenza delle texture difficilmente ottenibili con altri mezzi che non siano l'aggiunta di un retino in fase di stampa. Si avrà una specie di super-grana, ma nessuna grana potrà mai equiparare le trame sottili disegnate dagli sbalzi termici sull'emulsione. Il disegno non sarà mai lo stesso ed i risultati, purtroppo, non sono programmabili con precisione. Perché una foto reticolata sia una bella foto, è bene scegliere con attenzione i soggetti: non tutti si prestano allo stesso modo. Una comoda soluzione è quella di reticolare dei negativi usati per riprodurre delle dia accuratamente selezionate in modo da non correre rischi con foto originali ed irripetibili.

La reticolatura può essere considerata come una tecnica "naturale" di retinazione e l'effetto può sembrare molto simile, ma ci sono alcune sostanziali differenze:

RETICOLARE UNA PELLICOLA BIANCONERO
Una volta scelta la pellicola e scattate le foto, torniamo pure a casa pronti per svilupparla con i chimici più idonei. Possiamo anche tirarle, sovraesporle, sottoesporle, sottosvilupparle e qualsiasi altra cosa ci piaccia fare: questo non influisce minimamente sulla reticolatura.

Il momento giusto per intervenire è tra lo sviluppo ed il fissaggio:

Volendo ottenere una reticolatura più evidente si possono ripetere i punti di cui sopra.

Questi maltrattamenti di solito sono più che sufficienti per reticolare qualsiasi pellicola di tipo tradizionale.

VARIAZIONI SUL TEMA
Questo è il procedimento classico per reticolare un negativo bianconero, ma possiamo sbizzarrirci in altre raffinate torture. Giusto per aiutarvi un po', pensate a tutto quello che si può fare grazie al congelatore di casa utilizzandolo in diverse fasi del procedimento sviluppo/fissaggio…

Versando acqua calda o fredda nella tank tra i bagni di sviluppo e di fissaggio, è possibile procurare alla pellicola i necessari shock termici che provocano il raggrinzimento dell'emulsione. In un eccesso di zelo, non adoperate acqua bollente: la tank si deformerebbe irrimediabilmente! Volendo esagerare si può mettere l'intera tank nel freezer: di solito, in questo modo, la reticolatura è garantita!

Passando il polpastrello sul negativo dalla parte dell'emulsione è facile sentire la rugosità della superficie. Di solito l'effetto non è visibile ad occhio ed è bene mettere il negativo nell'ingranditore per valutare la "trama" ottenuta. In ogni caso vanno effettuate stampe di grandi dimensioni, almeno 20x30 cm: non illudetevi di vedere la reticolatura su delle stampe 10x15!

Come dicevo nell'articolo, dopo le prime prove fatte fotografando soggetti "dal vivo" utilizzando spezzoni di varie pellicole, ho preferito ricorrere alla duplicazione. Con un soffietto munito di slidecopier ho realizzato un cospicuo numero di internegativi partendo da diapositive: questo mi ha permesso di scegliere con cura i soggetti e di valutare quelli più idonei all'effetto reticolatura, di non correre il rischio di danneggiare definitivamente dei negativi importanti e di poter fare tutte le prove necessarie, compresa quella di duplicare la stessa diapositiva con negativi diversi per comparare i risultati. E' incredibile come nel corso delle varie prove non sia mai riuscito ad ottenere la stessa texture neanche utilizzando la stessa pellicola ed operandola più o meno nello stesso modo.

Rino Giardiello © 05/2007
Riproduzione Riservata
Pubblicato su "Fotografia Reflex" 03/2000

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