Sono stati scritti innumerevoli libri su come fotografare il paesaggio, e ci guarderemmo bene dal metterci in competizione con essi.
Questo articolo, dunque, non ha assolutamente alcuna pretesa di completezza: contiene solo alcuni consigli utili a chi voglia avvicinarsi alla fotografia di paesaggio, in pratica una serie di linee guida che bisognerebbe tenere presenti prima di mettersi a scattare. A chi sia desideroso di approfondire il tema, consigliamo la lettura di testi più specifici e, soprattutto, tanta, tanta pratica.
Le immagini che accompagnano questo articolo sono opera di Fernand Hick e sono state realizzate con la tecnica delle defocalizzazione.
Fernand Hick, ingegnere e fotografo, vive in Belgio ed è famoso da anni per le sue foto particolari e personalissime non solo riguardo il paesaggio.
Luce e punto di ripresa
Cominciamo a dire che non esistono regole assolute: ognuno ha il suo stile, nel paesaggio come in ogni altro genere di fotografia. Cercate, prima ancora di cominciare a scattare, di concentrarvi su cosa volete ottenere dalla fotografia: volete far risaltare qualcosa di specifico (un albero, una roccia, un ruscello, un fascio di luce)? Volete trasmettere una sensazione di spazi aperti, solari, o qualcosa di cupo, oppressivo, misterioso? Non fermatevi allo stereotipo della bella foto tipo cartolina: paesaggi tutto sommato banali possono acquistare interesse se fotografati con una luce un po' diversa da quella del classico intervallo "10 del mattino-6 del pomeriggio", o anche in condizioni atmosferiche avverse. La pioggia, la foschia, il vento, possono trasformare una scena del tutto ordinaria in qualcosa di altamente suggestivo. Provate sempre, per quanto possibile, a cambiare punto di ripresa. Una foto presa stando piegati sulle ginocchia, o su una roccia (o sul tettuccio dell'auto, come faceva Ansel Adams!), può essere diversissima della stessa foto ripresa nella classica posizione in piedi. O anche, ma nel caso dei paesaggi ciò è possibile solo in certi casi, girate intorno al soggetto. Uno scorcio banale può risultare interessante se osservato da un'altra posizione. Con un po' di fantasia si possono scattare foto originali anche a S. Pietro, e distinguersi in qualche modo dalle cinquemila foto giornaliere scattate dai turisti e, crediamo, tutte uguali. In presenza del sole, la scena si compone di un'alternanza di ombre e zone di luce. Questo contrasto genera dinamismo ed è fonte di diversità all'interno dell'immagine. Un'illuminazione laterale è piacevole a vedersi e modella la struttura del paesaggio.
Le ore vicine a mezzogiorno sono meno idonee, dal momento che la luce è piatta, le ombre corte, l'atmosfera è pesante, dura, e la foschia rende poco distinguibili i dettagli lontani. D'altra parte però questa luce si può sfruttare, ad esempio, per fotografare il sottobosco o le strette strade di una città. Con il sole alle spalle, l'illuminazione della scena è priva di rilievi e dunque poco interessante. Il controluce può invece rendere affascinante un'inquadratura, tanto più quando il sole è basso. In questi casi conviene leggere l'esposizione sulle zone chiare, ottenendo il cosiddetto effetto silhoulette sui soggetti in primo piano. Le ombre rivolte verso la fotocamera creeranno un buon effetto di profondità. Le ore migliori per la ricerca di una bella scena sono l'alba ed il crepuscolo, quando la luce è tenue e l'atmosfera è tranquilla. Con il cielo coperto, avremo una luce morbida e colori pastellati. Non bisogna però trascurare la luce drammatica che si ha subito prima di un temporale, o quella, magica, immediatamente dopo un acquazzone; o anche quella dopo il tramonto, molto particolare. Di sera, la miscela di luci artificiali con le ultime luci del giorno può essere fonte di creatività. Comunque le luci più belle sono molto variabili: è dunque necessario essere rapidi nello scattare la foto.
Il cielo e l'orizzonte
Spesso tra il terreno ed il cielo c'è una differenza di luminosità pari anche a diversi stop. Questa differenza è fonte di problemi soprattutto con le pellicole diapositive, che mal sopportano i forti contrasti di illuminazione. Questi contrasti tuttavia possono essere attenuati usando un filtro digradante oppure un polarizzatore. Se si usa pellicola bianconero, per scurire il cielo ed attenuare i contrasti si usano filtri gialli, arancio o rossi. Quanta importanza bisogna dare al cielo? In altre parole, dove è meglio collocare l'orizzonte? Con l'orizzonte nella parte bassa dell'inquadratura, l'effetto di profondità è più importante: il cielo appare dominante, ed è dunque necessario che sia interessante, e non vuoto e scolorito. A seconda delle condizioni meteorologiche, avremo una scena tranquilla oppure drammatica, o di altro sapore. Se l'orizzonte è posto a metà fotogramma, abbiamo un'immagine divisa in due parti uguali, che trasmette una sensazione di calma e monotonia. In questi casi il rischio di ottenere una foto banale è forte. Se l'orizzonte viene collocato nella parte alta del fotogramma, si crea una tensione dinamica. La regola generale, che costituisce un buon punto di partenza, vuole che il cielo occupi il terzo superiore del fotogramma. In ogni caso, si può collocare l'orizzonte in qualunque punto: l'effetto risultante sarà spesso inaspettato. In generale, l'orizzonte sottolinea l'aspetto materiale del paesaggio. Se il primo piano è messo in evidenza, ci dà un'idea delle distanze interne alla scena, e costituisce un invito ad "entrarvi".
Forme e colori
Di base, anche se le forme degli oggetti giocano un ruolo secondario, forme evocative o piuttosto strane possono da sole rendere una scena interessante, quando non essere proprio il punto focale di un'immagine. Bisogna cercare forme semplici, possibilmente ripetute: questo crea un certo contrasto tra le varie superfici. È importante che un'immagine sia leggibile fin da una prima occhiata. Il soggetto dev'essere unico e ben visibile. Stesso dicasi per i colori: meno ce ne sono, più è facile decifrare il messaggio dell'immagine. Si può lavorare molto sulle sfumature di un'unica tinta, oppure sulle contrapposizioni di colori.
Le atmosfere più belle spesso sono solo un ventaglio di tonalità di un unico colore. Se dominano i colori freddi, si ha un'atmosfera calma, trasparente, eterea. Colori forti, d'altra parte, creano un'atmosfera intensa, a volte pesante. Si può sfruttare creativamente anche il contrasto tra colori freddi e colori caldi. Se le superfici sono ampie ed uniformi, l'immagine trasmette chiarezza e semplicità; superfici più strutturate appaiono più vive ed attraenti.
Infine, le superfici dai contorni sfumati hanno un effetto più importante di quelle dai contorni netti, rinforzando l'effetto del colore. Se la superficie sfumata è in primo piano ed è di un colore caldo, produce un effetto di profondità più intenso e rende meno visibili i colori freddi, come se li "spingesse" verso il fondo della fotografia. Lo stesso effetto è prodotto da un primo piano molto scuro.
Il formato di ripresa
La gran parte dei fotoamatori usa il formato 35mm, per il suo imbattibile rapporto tra costi, qualità e trasportabilità. È indubbio però che, per ingrandimenti molto spinti, il medio ed il grande formato siano più adatti, quando non indispensabili. Bisogna però tenere presente che un buon obiettivo sul formato 35mm può reggere tranquillamente ingrandimenti fino a 30x45cm, e in linea di massima la percentuale di foto ingrandite così tanto sul totale delle foto scattate è davvero bassa. Se a questo aggiungiamo che il costo di un buon corredo reflex è sensibilmente inferiore, e che un corredo completo di fotocamera, ottiche ed accessori per il medio formato arriva tranquillamente a pesare ben più di una decina di chilogrammi, la preferenza del grande pubblico per il 35mm si spiega. È altrettanto indubbio però che a fronte di tali svantaggi le fotocamere medio e grande formato offrano dei pregi: la qualità delle immagini prodotte, come detto, ed anche un approccio più riflessivo e rilassato alla fotografia, a causa della minore rapidità di gestione rispetto alle reflex 35mm. Al di là degli ingrandimenti delle singole stampe, il medioformato produce immagini molto più ricche di dettagli. Fermo restando dunque che per il "fotoamatore medio" il formato 35mm è più che sufficiente per coprire qualsiasi tipo di esigenza, concludiamo dicendo che in ogni caso, a seconda del proprio budget e dei propri interessi, l'acquisto di una medio formato, magari usata, potrebbe essere tenuto in considerazione.
L'esposizione
La valutazione dell'esposimetro incorporato nelle reflex è mediamente corretta, ma nulla di più. In genere fornisce una foto correttamente esposta, ma non è detto che una resa "media" della scena suggerisca all'osservatore della stampa finale le stesse sensazioni che il paesaggio dal vivo ha suscitato al fotografo al momento dello scatto. Ecco perché talvolta, per non dire sempre, conviene riconsiderare le indicazioni dell'esposimetro e cercare di prevedere cosa succederebbe con un'esposizione diversa. Un buon modo per fare ciò, ammesso che si abbia un esposimetro spot, è quello di leggere l'esposizione in varie parti della scena e poi (aiutandosi con un blocco note) annotare le varie esposizioni suggerite. Quando vi troverete davanti uno schizzo della scena e le varie coppie di tempo/diaframma suggerite, riuscirete meglio ad immaginare cosa potrete ottenere come risultato finale, e quindi decidere che esposizione dare, se privilegiare una zona rispetto ad un'altra, se tirare fuori dettagli dalle ombre, o scurire le luci, e così via. Quando si posiziona in primo piano un oggetto (cespuglio, albero, masso), in modo da rendere meglio l'idea della profondità, bisogna chiudere il diaframma e mettere a fuoco sfruttando la distanza iperfocale, altrimenti non si riesce ad avere a fuoco contemporaneamente una roccia in primo piano ed il panorama sullo sfondo. L'errore classico che si commette in questi casi è mettere a fuoco all'infinito. Sempre nel caso in cui si abbia un oggetto in primo piano, può essere necessario un colpetto di flash, se l'oggetto in questione è in ombra: esponendo per lo sfondo, l'oggetto verrebbe completamente scuro; esponendo per l'oggetto, lo sfondo risulterebbe sovraesposto. La soluzione migliore è dunque esporre per lo sfondo e schiarire il primo piano con un colpo di flash. Di solito, inoltre, inclinare leggermente la reflex verso il basso (in modo da includere un po' di terreno in più) arricchisce l'immagine, ma questa è una preferenza personale. Attenzione però a non includere la propria ombra nella foto, se si fotografa col sole alle spalle. Il diaframma chiuso in genere porta come conseguenza la necessità di usare tempi lenti, il che a sua volta può costringere all'uso del cavalletto. L'uso del cavalletto impone una messa a punto della scena più calma e riflessiva rispetto al semplice "punta e scatta", il che è da considerarsi un vantaggio.
Tenete presente che i paesaggi non scappano, e quindi nove volte su dieci avete tutto il tempo di comporre l'inquadratura come meglio preferite a meno che la luce che state cercando di catturare non sia fuggevole.
La pellicola
Per i paesaggi la regola è prediligere la bassa sensibilità, per avere poca grana e colori saturi: 100 ISO, quindi, o anche 64 e 25. Ma questa, come detto, è solo una regola. Niente vi proibisce di infrangerla, e di ottenere risultati interessanti usando pellicole di alta sensibilità. Per esempio, foto più tranquille, in cui magari si vuol suggerire un'idea di calma, riflessività e così via, vogliono colori meno saturi, tinte pastello, eccetera. In questi casi, anche per gli orari tipici di queste foto (e per le luci che normalmente caratterizzano questi paesaggi, per esempio una spiaggia fotografata in autunno), una pellicola da 400 ISO può risultare adatta, sia perché concede tempi più rapidi, sia perché un po' di grana in più può essere apprezzata. Come sempre, consigliata la diapositiva per la migliore qualità finale (e per la minore arbitrarietà di estranei una volta portata la pellicola a sviluppare), anche se le negative hanno una tolleranza molto maggiore agli errori di esposizione. Per diminuire i rischi di sbagliare la foto, con le diapositive è vivamente consigliato, nel caso di scene dall'illuminazione particolare, l'uso del bracketing, ovvero la cosiddetta esposizione a forchetta: scattare la stessa foto tre volte, una prima volta con l'esposizione scelta, una seconda leggermente sovraesposta ed una terza leggermente sottoesposta. Quasi sempre, così facendo almeno una foto risulterà ben esposta.
La focale
L'obbligo del cavalletto dipende anche dalla focale usata. Un tempo di 1/30 può essere tranquillamente usato a mano libera con un obiettivo di 35mm o 28mm. Tempi più lunghi, ovviamente, no (anche se ogni fotografo ha una sua propria capacità di tenere la mano ferma). Per tempi molto lunghi si deve prestare attenzione al difetto di reciprocità. Sempre a proposito della focale, anche qui è una scelta. La regola classica vorrebbe che la foto panoramica fosse fatta con un grandangolare. Come ogni regola, sta lì solo per essere infranta: tutto dipende da cosa si vuole ottenere dalla foto. Il voler mettere in risalto uno scorcio particolare, o il voler schiacciare i piani prospettici, può spingerci ad usare una focale più lunga. Il grandangolare produce immagini più rotonde e profonde, e non è detto che le foto panoramiche debbano essere tutte così! Anche se può risultare faticoso, una buona pratica è osservare la stessa scena con focali differenti: può darsi che improvvisamente dal panorama dinanzi a voi spuntino particolari interessanti che ad un'occhiata più generale vi erano sfuggiti.
I filtri
Senza considerare i particolari effetti creativi ottenibili con gli innumerevoli tipi di filtri esistenti sul mercato, qui ci limiteremo a segnalare l'utilità dei tre filtri più comuni per la fotografia di paesaggio: il polarizzatore, lo skylight ed il filtro ultravioletto (UV). Il filtro UV assorbe, come dice il nome, le radiazioni ultraviolette; aiuta dunque ad aumentare la purezza delle riprese soprattutto di soggetti molto distanti, perché attenua la foschia e quella fastidiosa dominante azzurrina che si ottiene talvolta, soprattutto fotografando ad una certa quota. Lo skylight serve invece ad aggiungere una certa dominante calda ai colori, per contrastare la luce blu citata (che noi non percepiamo, ma la pellicola sì) - dunque non la attenua direttamente, ma si limita ad enfatizzare un effetto opposto. Infine, il polarizzatore: esso elimina i riflessi, scurisce il cielo e satura i colori. Per queste sue caratteristiche, è probabilmente il filtro più usato nella fotografia di paesaggio.
I polarizzatori possono essere di due tipi, circolari e lineari. Gli effetti sono gli stessi, la differenza risiede nel fatto che con le fotocamere autofocus con esposimetro TTL è consigliabile usare quelli circolari. In b/n esistono molti filtri utilizzabili, oltre allo UV ed al polarizzatore. Le tre principali "famiglie" di filtri, disponibili in varie tonalità, sono il rosso, il giallo ed il verde, ognuno ovviamente con i propri effetti sull'immagine finale.
Tecniche particolari: la defocalizzazione
Le immagini che corredano questo articolo, che sono opera di Fernand Hick, sono state realizzate con la tecnica delle defocalizzazione. La defocalizzazione consiste in una doppia esposizione di ogni fotogramma, in cui la prima esposizione sia del tutto normale e la seconda, a parità di altri fattori, abbia un piano di messa a fuoco leggermente diverso. Focalizzando su un punto differente, si otterrà come risultato un soggetto dai contorni vagamente sfumati, come si può notare nelle immagini. I parametri che bisogna considerare nell'effettuare una defocalizzazione sono i seguenti:
- quanto "sfocare" nella seconda esposizione, che dipende dal tipo di soggetto, dalla lunghezza focale e dall'effetto che si vuole ottenere;
- l'apertura del diaframma;
- l'esposizione dei due fotogrammi.
La difficoltà principale della tecnica della defocalizzazione risiede nel fatto che è praticamente impossibile conoscere il risultato del proprio esperimento se non dopo aver già sviluppato la pellicola.
Testo e foto di Fernand Hick © 02/1999
Traduzione di Agostino Maiello
Hick Fernand
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