Le schede dei materiali sensibili, pellicole e carte per il bn e per il colore, contengono sempre le cosiddette curve caratteristiche che riassumono un importante numero di utili informazioni. Però bisogna saperle leggere, ed è quello che cercheremo di fare, attenendoci esclusivamente alle pellicole per il bn. L'analogia tra le carte e le pellicole per il bn è immediata, mentre un discorso sul colore sarebbe troppo complesso per essere sviluppato in questa sede da chi, come l'autore, non ha con esso che una superficiale dimestichezza.
Una tipica curva caratteristica è quella in Fig. 1 (le linee ed i numeri in rosso sono nostri), e rappresenta la densità in funzione dell'esposizione. Il concetto di densità è intuitivo e non richiede una precisa definizione, mentre il significato della scala dell'esposizione non è evidente; la cosa però non deve minimamente preoccupare, perché per leggere una curva caratteristica non è necessario conoscere l'unità in cui l'esposizione è stata misurata. Vedremo più avanti come interpretare questa scala.
Fig. 1
Gli elementi significativi della curva sono:
- La cosiddetta densità di base + velo. È la densità del negativo non esposto, coincide con la parte orizzontale della curva ed è composta dalle densità della base e dell'emulsione, che diventa leggermente opaca (velata) sotto l'azione del rivelatore. In questo caso la densità di b+v è 0.2, ma può essere diversa da un tipo di pellicola ad un altro, o per lo stesso tipo di pellicola se sviluppata in modo diverso, per cui parlando della densità della pellicola esposta può essere conveniente riferirsi, oltre che alla densità reale, alla "densità al di sopra di b+v".
- Il punto iniziale della curva. Corrisponde ad una densità di 0.1 al di sopra della densità di b+v. In questo caso è il punto con densità D=0.3. La differenza di 0.1 tra la densità del punto iniziale e quella di b+v è considerata per convenzione la minima visibile in una stampa.
- La pendenza. È una misura del contrasto: più rapidamente aumenta la densità con l'aumentare dell'esposizione, più il negativo è contrastato.
- Il punto con un'esposizione pari a quella del punto iniziale più 2.1. La scala delle esposizioni, come d'altronde quella delle densità, è logaritmica. La peculiarità di questa scala è che per ogni intervallo di 0.3 unità la quantità misurata raddoppia. Così se l'esposizione necessaria per ottenere la densità del punto iniziale è Ei=1.1, un'esposizione di 1.4 sarà uguale a 2Ei, una di 1.7 sarà uguale a 4Ei, e così via. In altre parole, ogni intervallo di 0.3 unità equivale ad uno stop, ed il punto in questione è ottenuto con 7 stop di esposizione in più del punto iniziale. In termini di sistema zonale questi due punti corrispondono alle zone I ed VIII, dove la zona I rappresenta le ombre senza dettaglio e la zona VIII le luci che conservano ancora tutto il dettaglio. L'importanza di questo punto sulla curva caratteristica sta nella densità ottenuta con questa esposizione, che in questo caso è 1.6 in assoluto, o 1.3 al di sopra la densità di base+velo.
- L'andamento della curva tra la zona I e la zona VIII. Questo andamento può essere rettilineo o assumere la forma di una S. In questo caso la curva avrà una pendenza variabile, e quindi un contrasto diverso passando dalle ombre ai mezzi toni ed alle luci.
- L'andamento della curva a destra della zona VIII. Il numero di stop sul quale si estende la curva al di là della zona VIII è un indice della cosiddetta latitudine di posa e quindi della sicurezza nel sovraesporre accidentalmente o deliberatamente la pellicola. Se la curva prosegue in linea retta la sovraesposizione produrrà negativi più densi ma, entro certi limiti, ancora stampabili, perché ad esposizioni diverse corrisponderanno ancora densità diverse; se però la curva si flette fino ad avvicinarsi all'orizzontale esposizioni diverse produrranno differenze di densità troppo piccole per essere riconosciute dalla carta. Il risultato sono le cosiddette luci bruciate.
Lo sviluppo, al quale abbiamo accennato a proposito della densità di b+v, gioca un ruolo fondamentale nel determinare la posizione del punto iniziale e della pendenza, perché agisce contemporaneamente sulla sensibilità della pellicola e sul contrasto. La Kodak pubblica per le sue pellicole delle famiglie di curve relative a diversi gradi di sviluppo, la Ilford pubblica invece una sola curva caratteristica, ricorrendo ad altri diagrammi per illustrare l'effetto dello sviluppo. Un metodo vale l'altro, ma per semplicità soffermiamoci sul metodo Ilford, e per cominciare confrontiamo la HP5+ (Fig. 1) e la Pan-F (Fig. 2).
Fig. 2
Per la HP5+ la differenza di densità tra la zona VIII e la zona I è di 1.3, differenza generalmente accettata come valore di riferimento per stampare senza difficoltà su carta di gradazione 2 con un ingranditore a luce diffusa. Per la Pan-F invece la differenza di densità è di 1.55, che farà dire a chi la usa: "è più contrastata".
La questione in realtà si pone in termini leggermente più complessi: lo sviluppo con il quale sono state ottenute queste curve è tale da assicurare una densità di 0.1 al di sopra della densità di b+v se la pellicola viene esposta alla sua sensibilità nominale, in altre parole ci garantisce che se usiamo una 400 ISO si comporterà come una 400 ISO; ma a me fotografo cosa interessa che la Pan-F sia una 50 ISO, salvo poi imparare a vivere con il suo alto contrasto ed eventualmente a sfruttarlo per soggetti poco contrastati, oppure che sia una 25 ISO che si stampi come la HP5+? Se la risposta è la prima, mi atterrò alle istruzioni della Ilford, se è la seconda esporrò la pellicola a 25 ISO e ridurrò lo sviluppo in conseguenza, riportando il contrasto entro i limiti desiderati. Molti fotografi lo fanno "a naso" dopo tentativi più o meno numerosi, in realtà la soluzione era già scritta nella curva caratteristica.
Ora osserviamo le curve dalla HP5+ e della Agfa APX 100 (Fig. 3):
- All'interno della zona VIII il contrasto totale è identico; la differenza tra le densità in zona VIII e zona I è di 1.30 in entrambi i casi, tuttavia la pendenza della HP5+ è costante, mentre la APX inizia con una pendenza relativamente bassa per le ombre, per poi aumentarla nei mezzi toni e nelle luci (l'indice di contrasto CI misura la pendenza della curva). È prevedibile che la APX tenderà a perdere i dettagli prima della HP5+, in presenza di ombre poco contrastate, ma in compenso renderà più brillanti i mezzi toni.
Fig. 3
- Entrambe le pellicole offrono un'ampia latitudine di posa, perché le rispettive curve si estendono bene al di là della zona VIII, con la curva della HP5+ che si ferma alla zona XI e quella della APX che si estende anche oltre. Speculare sul comportamento della HP5+ oltre il limite indicato dalla curva o trarre conclusioni dalla flessione della curva della APX dopo tale zona sarebbe superfluo, perché il fattore limite sarebbe la stampa di tali negativi.
Al contrario, mentre il contrasto della FP4 (Fig. 4) alla sensibilità nominale è simile a quello della Pan-F e l'andamento della curva tra la zona I e la zona VIII è abbastanza rettilineo, la parte alta della curva mette in guardia contro una latitudine di posa piuttosto limitata, perché oltre la zona VIII la curva tende a flettersi molto rapidamente, ed una sovraesposizione non seguita da una adeguata riduzione del contrasto mediante uno sviluppo appropriato porterebbe ad una irrimediabile chiusura delle luci.
Fig. 4
Con questo crediamo di aver coperto i punti essenziali, ma questa escursione nel mondo delle curve caratteristiche non potrebbe concludersi senza alcuni avvertimenti:
- Abbiamo omesso i parametri di sviluppo relativi alle curve perché crediamo che le istruzioni fornite con le pellicole siano sostanzialmente affidabili per quanto riguarda le correlazioni sensibilità-sviluppo con i vari rivelatori; è però anche vero che rivelatori diversi, anche se usati in modo da garantire lo stesso punto iniziale della curva, non assicurano lo stesso contrasto e lo stesso andamento della curva stessa. Le curve vanno perciò intese come punti di partenza per una scelta consapevole del tipo di pellicola e per eventuali esperimenti.
- Particolarità come il contrasto dalla Pan-F, la curva ad S della APX o la potenziale chiusura delle luci della FP4 sono visibili all'occhio attento o in condizioni specifiche che le mettano in evidenza. Non sorprende quindi se insuccessi dovuti a tali particolarità passano inosservati nel mucchio delle foto scartate senza valutare la causa degli errori, o se il fotografo si dichiara del tutto soddisfatto esclusivamente in base ai suoi risultati positivi. Vogliamo sperare che quanto sopra aggiunga un tassello alla capacità di scegliere, esporre e sviluppare pellicole con cognizione di causa, invece di giocare alla roulette.
- Parimenti, il principiante non si illuda di trovare nelle curve caratteristiche la panacea per i propri problemi. Ci vuole ben altro, ed è sempre valida la vecchia norma secondo cui è bene imparare a conoscere a fondo i propri materiali. Le curve caratteristiche possono essere di aiuto per capire perché un materiale si comporta in un certo modo, ma bisogna prima sapere come si comporta, e questo non si impara in un giorno.
Romano Sansone © 05/2004
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