La mostra di Wilhelm von Gloeden a Firenze. Un neoclassico che usa la macchina fotografia anziché la tela e i pennelli.
Il Caino (del 1900 circa) è il manifesto della mostra: lo si vede anche in una delle 3 foto in BN con accanto uno studio della medesima inquadratura e sotto le due lastre originali retroilluminate. Più a sinistra delle lastre (purtroppo solo in parte) si vede anche una riproduzione del quadro (circa 1850) che lo ha ispirato (è di un pittore tedesco della medesima corrente).
Il Museo storico della Fotografia del Fratelli Alinari ha organizzato una mostra delle opere fotografiche di Wilhelm von Gloeden, del quale ha acquisito tutto l'archivio, nella Sala d'Arme al piano terra di Palazzo Vecchio, probabilmente l'ambiente per esposizioni temporanee più prestigioso di Firenze. La mostra comprende circa 200 foto, tra stampe originali all'albumina, stampe originali su carta salata e stampe attuali su carta baritata (tutte a tono caldo, praticamente indistinguibili dalle stampe originali) ricavate dalle lastre al brumuro d'argento originali, con formati dal 10x16 al 30x40, oltre a una dozzina di lastre originali retroilluminate (a comando del visitatore) poste vicino alle relative stampe. Tutte le foto sono sotto vetro, incorniciate in legno chiaro e montate su pannelli rivestiti in tessuto blu, e sono completate da un testo che riporta l'anno e, se noto, il titolo e/o il luogo della foto. Oltre a ciò è esposta la macchina originale (in legno, a lastre 30x40) usata da von Gloeden e alcuni libri dell'epoca in cui compaiono sue foto, tipo l'Enciclopedia Fotografica di R. Namias del 1913 e "Il Ritratto Fotografico", sempre di Namias, del 1915. Il sistema di illuminazione è ottimo e tutto l'allestimento è di livello eccellente.
Biglietto L. 12.000, scontato L. 8.000, all'ingresso sono disponibili il catalogo (L. 35.000), il manifesto della mostra e le cartoline di alcune delle foto esposte. La mostra rimarrà aperta tutti i giorni fino al 18 febbraio, con orario dalle 10 alle 19.
Wilhelm von Gloeden nasce in Germania nel 1856, segue studi di storia dell'arte e corsi di pittura, quindi come artista in origine nasce pittore ed ha una formazione prettamente *neoclassica*, che conserva immutata anche da fotografo, seppur con sprazzi di modernità (a mio parere solo apparente). Per ragioni di salute nel 1878 fa un viaggio in Italia spingendosi fino in Sicilia, rimane affascinato dall'ambiente mediterraneo e decide di stabilirsi definitivamente a Taormina, dove vive fino alla morte, avvenuta nel 1933.
In Sicilia viene iniziato alla fotografia, ha contatti ad alto livello con ambienti artistici locali e nazionali (tra cui D'Annunzio), abbandona la pittura e inizialmente si dedica alla fotografia per pura passione artistica (da aristocratico senza problemi). Dopo qualche anno, per sopravvenuti problemi economici, l'attività fotografica si trasforma necessariamente in attività produttiva. Dalle foto in mostra il lato professionale non traspare, credo siano state esposte solo fotografie riprese per ricerca e piacere personale e non quelle eseguite per i suoi committenti. Per inciso si tratta sempre di foto statiche, studiate e meditate, mai di istantanee (non so se abbia usato anche altre macchine oltre a quella a lastre), dove l'originaria impostazione pittorica è costante e ben evidente.
La mostra è organizzata in vari settori: scorci e persone di area nordafricana (soprattutto Tunisia), ritratti e figure prettamente siciliane, pescatori, artigiani al lavoro per strada di fronte alla bottega, luoghi e monumenti di importanza storica (spesso con figure ambientate e abbigliate in chiave con il monumento), paesaggi siciliani, foto documentarie del terremoto di Messina del 1908. Oltre a questi ci sono settori più particolari, ricerche personali (anche autoritratti) con persone (per lo più ragazzi e giovani, di entrambi i sessi) truccate in abbigliamenti che richiamano l'antichità classica, corone di alloro in testa, drappi con decorazioni di gusto ellenistico e romano, addirittura uno studio per un *Nerone*; il tutto sia in interno che in esterno, sopratutto in esterno.
Poi i nudi, anche in questo caso giovani di entrambi i sessi ripresi quasi sempre in esterno, singoli o in gruppi e sempre in composizioni che si rifanno alla concezione storico-arcadica della corrente pittorica neoclassica.
Con le sue foto ha partecipato a varie esposizioni internazionali e ha ricevuto numerosi riconoscimenti. In generale è facile trovare paralleli con Ingres, J.L.David, Canova... quindi, in sostanza, von Gloeden rimane un neoclassico che usa la macchina fotografia anziché la tela e i pennelli. Nessuna tensione romantica, niente Sturm-und-Drang, niente di paragonabile all'impressionismo (a lui contemporaneo) e a tutto quel che ne è derivato nei primi decenni del '900. Anche nell'uso della luce non c'è niente di contrastante con l'impostazione suddetta: predilige la luce naturale diffusa evitando ombre nette e forti contrasti. Divertente (oggi) la storia postuma dei suoi nudi: nel 1933 (anno della morte) lasciò in eredità al suo assistente fotografo tutto il suo archivio; l'assistente venne denunciato per detenzione di materiale pornografico e i nudi sequestrati, ma il processo (tribunale di Messina, credo nel 1938) finì con un'assoluzione piena e con il riconoscimento ufficiale del preminente valore artistico delle opere.
Franco Zampetti © 02/2001
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