Un
pesatore di biomassa per misurare l'afflusso dei
visitatori, un video in piano-sequenza che ci invita
all'elemosina, light-boxes fotografiche di
individui che cercano di farsi strada con le torce nel
buio di una stanza sovraccarica delle loro stesse voci e
di rumori: è il primo impatto dello spettatore con la mostra di
Franco Vaccari allestita allo Spazio Oberdan di Milano,
aperta fino al 27 maggio prossimo.
Non certo un impatto puramente visivo, e tanto meno
fotografico; e, quando di fotografia si tratta, solo
raramente si potranno osservare ricercatezze estetiche,
prospettive inconsuete o stampe ottemperanti agli
insegnamenti di Ansel Adams. Eppure, di Vaccari tutto si
può dire tranne che non sia fotografo, e un fotografo
fin nel profondo del suo essere artista; e artista,
sconcertante e provocatorio come lo conosciamo da tempo,
proprio perché fotografo.
La carriera di Vaccari si è aperta al grande pubblico
con l'esposizione alla Biennale di Venezia nel 1972,
dove, nello spazio a lui riservato nel Padiglione
Italia, il giorno dell'inaugurazione non si vedevano che
pareti bianche e una di quelle vecchie Photomatic che si
potevano trovare allora in qualche stazione italiana.
Sul muro imperava una scritta a grandi lettere ripetuta
in quattro lingue: "Lascia su queste pareti una
traccia fotografica del tuo passaggio". La prima
opera a comparire in mostra fu una fotografia dello
stesso artista; alla fine della Biennale le pareti erano
interamente ricoperte dalle 6000 strisce di fotografie
lasciate dai visitatori, disposte regolarmente una
accanto all'altra a formare un testo di alfabeto visivo,
una poesia visuale collettiva, un racconto di storie e
di tempi diversi in cui era dato accostarsi ai personaggi
- protagonisti e al tempo stesso autori - unicamente
attraverso i loro quattro scatti e la disposizione da
essi scelta per la loro esposizione. Due anni dopo, alla galleria 291 di Milano, lo
spettatore, fotografato in una sala, nell'entrare in
quella successiva scopriva la propria immagine
proiettata sul muro e veniva rifotografato nell'atto di
stupirsi di essere diventato, da visitatore, egli stesso
attore, "Mito istantaneo".
L'operazione artistica di Vaccari, documentata
magistralmente in questa retrospettiva di lavori dal
1965 al 2007, è rivolta alla radicale messa in
discussione di due distinti ambiti: da una parte,
Vaccari mira a sovvertire, ribaltare e confondere i canoni artistici moderni tradizionali,
quali il concetto di opera d'arte unica e irrepetibile,
la figura dell'artista-creatore rigidamente contrapposta
a quella dello spettatore, la distinzione tra spazio
privato del vissuto personale e spazio pubblico,
collettivo ed espositivo; dall'altra, imbastisce con la
sua opera una ben riconoscibile critica
della condizione di passività sociale, alienazione e
isolamento generata dalla comunicazione massmediatica,
in primo luogo televisiva. Lo spettatore o fruitore
dell'opera è messo nella condizione di saltare nel vivo dei meccanismi di costituzione
propri sia dell'una
che dell'altra sfera, diventando egli stesso autore di
un oggetto artistico che tende a configurarsi sempre più
come evento spettacolare, unico ed irripetibile. Al
posto dell'hic et nunc (il 'qui e ora') dell'opera d'arte tradizionale
- con la sua valorizzazione manuale e tecnica, con la sua
singolare collocazione in un solo luogo d'elezione e
visualizzazione espositiva (attributi, questi, inevitabilmente
perduti nel processo di tecnologicizzazione della
società contemporanea) - si costituisce ora, tramite il
fenomeno della performance, un evento in grado di ricreare
l'equivalente artistico di quell'aura.
Dopo
il successo dei suddetti eventi fotografici, l'autore si trova
ad avere a disposizione centinaia di cabine Photomatic
in tutta Italia: luoghi pubblici di cui riappropriarsi e
in cui poter ricreare la libertà d'espressione della
dimensione privata. Dall'interno degli esclusivi spazi
espositivi della Biennale e delle gallerie, fino ad
arrivare alle strade
comuni di una qualunque città, l'evento artistico ha
superato la ghettizzazione museale, facendo quello che
ogni opera d'arte è chiamata a fare in ogni tempo:
comunicare ed esprimere i valori della propria epoca. A
questa azione sovversiva nei confronti dell'opposizione
pubblico/privato si accompagna una valorizzazione della
dimensione del quotidiano, con la messa in forma
estetica di volti, espressioni e gesti del tutto
anonimi. È lo stesso lavoro che si ritrova negli ultimi
filmati dell'autore, dalla "Provvista di ricordi per il
tempo dell'Alzheimer", con immagini ritraenti lo stesso
Vaccari in diversi momenti della sua vita, a "L'album di
Debora", in cui delle banali foto-ricordo, frammenti di
vita sconosciuta, vengono raccolti e riproposti al
pubblico nella costruzione di un racconto, come linee
guida nella delineazione di un'esperienza emotiva simile
a quella della frequentazione reale con il personaggio.
Attraverso la contaminazione e lo scambio dei mezzi di
produzione comunicazionale e dei valori estetici
dell'opera d'arte, l'intervento di Vaccari induce lo
spettatore a rendersi, anche involontariamente,
partecipe della creazione artistica e a ribaltare le
gerarchie sociali irrigidite dall'esposizione mediatica.
Sperimentando direttamente e realizzando, con una
materializzazione artistica, le riflessioni estetiche e
mediologiche di Marshall McLuhan sull'influenza dei
mezzi di comunicazione di massa sulla società, Vaccari
mostra e conferma il radicamento profondo della nostra
esperienza percettiva e conoscitiva con i mezzi
attraverso cui passa questa percettività (sulla scia della celebre affermazione di McLuhan "il medium è il
messaggio"), e, dopo averli
smascherati, si impegna nel cercare di ribaltarne i
ruoli.
Nel caso del mendicante di Graz (Esposizione in tempo
reale n°6) - il cui cappello e le
cui mani sono state filmate nell'atto di chiedere
l'elemosina -, collocare un video al posto della figura
reale, su un marciapiede in una zona di passaggio e
secondo una prospettiva che replica l'avvicinamento reale del
mendicante da parte dello spettatore, rende il
mendicante "virtuale" il centro dell'attenzione dei
passanti, togliendolo dalla condizione di marginalità
sociale in cui si trova normalmente. Il cartello "Il
cieco torna subito" che accompagna l'installazione
conferisce al personaggio assente il potere
dell'irraggiungibilità sovraccarica di impegni del business man e quella particolare dimensione auratica
che solo i personaggi pubblici televisivi possono
permettersi.
In
"Bar code – Code bar", tratto dalla Biennale del 1993,
una gigantografia di Silvia Baraldini - attivista
politica negli USA per i diritti civili dei neri,
incarcerata negli anni Ottanta per atti sovversivi - si
unisce alla considerazione che se le azioni politiche
fossero state da principio dichiarate appartenenti alla
dimensione estetica si troverebbero, ora, in ben altro
luogo che dietro le sbarre di una prigione, qui ricreata
mentalmente dallo spettatore per analogia con delle immagini di codici
a barre; il tutto allestito in un posto che funge,
realmente, da bar.
Sono molti i rimandi di Vaccari alla dimensione sociale
dell'uomo, in un turbinio di allusioni, metafore e
sensazioni che rendono conto della complessità nascosta
dietro ogni singolo atto di azione o di pensiero. Le
stimolazioni visive, uditive e mentali si rincorrono in
un percorso denso e avviluppante, intrise della
leggerezza dell'ironia e della burla, o di una goccia di
amara provocazione, non sempre raccolta dalla
società. Il contributo attuale che offre Vaccari alla
contemporaneità è l'aver saputo scardinare lentamente,
ripetutamente e sapientemente molte delle nostre
certezze in fatto di arte, con un gusto unico per il
"gioco" della concettualizzazione. E questo è il nodo,
il legame profondo della fotografia di Vaccari - e della
fotografia in generale - con la concettualizzazione e il ready-made di duchampiana memoria: la scelta e la decisione di orientare la
propria attenzione a quello che si vuole comunicare, al
messaggio, all'idea e all'oggetto da mostrare, di cui la tecnica
di realizzazione, ben lungi dall'essere esclusiva,
elitaria e separata dal rappresentante dell'evento, o
assolutizzata, non costituisce che uno dei tanti modi di
presentazione, un particolare modo di esprimersi e di
guardare da un determinato punto di vista. La tecnica
fotografica di Vaccari è funzionale, ed è artistica, e
portatrice di una valenza profondamente estetica, nel
momento in cui mira alla messa in discussione delle
categorie tradizionali del fare arte e del percepirla.
Decisamente divertente e in pieno spirito vaccariano è
il quaderno d'impressioni che trovate alla fine del
percorso: tracce lasciate del proprio passaggio, come
impronte digitali dei diversi visitatori, anche di
quelli che non hanno gradito l'arditezza o la stranezza
di quest'artista, ormai settantenne, che riesce ancora
a stupire. Spero che anche lui potrà stupirsi sfogliando
quel quaderno ricamato da percorsi floreali come di
strisce di lumaca, che attraversano zigzagando le pagine
precedenti, quelle scritte da altri e firmate
invariabilmente, sul fondo, da un unico nome ripetuto, come da un marchio di fabbrica, segnato dalle
impronte delle mani dei ragazzi di scuola, dai loro xxx
e dai disegni graffitari, o, anche, dai biglietti
appiccicati che reclamano il rimborso per la mancata
soddisfazione. Davvero il degno completamento di
un'opera collettiva, che ha saputo entrare,
impercettibilmente, sotto la pelle del pensiero dei
visitatori, anche di quelli meno compiacenti.
Erika Lacava © 04/2007
Visitatore-massa n. 22863
"FRANCO
VACCARI. COL TEMPO"
Spazio Oberdan, Viale Vittorio Veneto, 2 - Milano
tutti i giorni 10-19.30, martedì e giovedì fino
alle 22, lunedì chiuso
www.provincia.milano.it/cultura
Fino al 27 maggio 2007
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PER SAPERNE DI PIU' *
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Franco
Vaccari, Esposizioni in tempo reale,
Damiani 2007 (250 pagg., 160 foto col. e bicr.,
23x29,5 - 50 euro)
La più completa monografia sull'attività artistica di Franco Vaccari, pubblicata
in occasione della mostra "Col tempo"
oggetto di questa recensione. Il libro percorre la
sua produzione artistica, dall'uso della
fotografia, al video, al materiale critico,
documentando non solo in maniera completa le Esposizioni in tempo reale prodotte in oltre
trent'anni di attività, ma seguendo la sua
evoluzione dagli esordi come poeta visivo al
percorso concettuale intrapreso fin dalla fine
degli anni '60. Raccoglie anche testi critici di
Vaccari e contributi dedicati
alla sua opera di Renato Barilli, Valerio Dehà,
Vittorio Fagone, Nicoletta Leonardi. Il libro non risulta ancora
distribuito nelle librerie, ma lo sarà a breve.
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Luca Panaro, L'occultamento dell'autore. La
ricerca artistica di Franco Vaccari, APM
2007 (144 pagg., ill. - 14 euro)
Un saggio fresco di stampa che dell'opera di
Vaccari prende in considerazione la tendenza
all'occultamento dell'autore. La ricerca
dell'artista sembra infatti ruotare essenzialmente
intorno a questo concetto: quelle che sono le
componenti fondamentali del momento espositivo,
vengono intaccate alla base mediante la sparizione
dell'autore; Vaccari si eclissa lasciando un
meccanismo in funzione che lo sostituisce. La
macchina fotografica e il soggetto si trovano così
a dialogare in assenza di una regia pensante. La
scomparsa dell'autore genera caos, casualità,
contraddizione, straniamento e la lontananza da
ogni risultato prevedibile. Ordinabile su IBS
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Franco
Vaccari, Photomatic e altre storie. Catalogo
della mostra tenutasi a Milano nel periodo
marzo/maggio 2006, Electa 2006 (119 pagg.,
48 foto bicr. e 20 colori, 22,5x24,5 - 30 euro)
Il volume propone la documentazione di una tra le
più celebri Esposizioni in tempo reale di Vaccari.
In Photomatic d'Italia l'artista utilizza
per un intero anno circa un migliaio di cabine
Photomatic sparse per l'Italia, accessibili 24 ore
su 24. All'interno di ciascuna di esse, colloca un
poster che pubblicizza la ricerca di volti per la
realizzazione di un film, invitando gli utenti a
ritrarsi e a lasciare una strip di foto tessere in
una scatola metallica appositamente collocata
nelle cabine. Vaccari propone nuovamente un
momento di autocoscienza offrendo a coloro che
accettano il gioco uno spazio privato, da gestire
in modo autonomo, immerso nello spazio pubblico.
Accompagnano le immagini i testi di Luca Molinari,
Roberto Mutti e Claudia Zanfi. Ordinabile su IBS
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