FRANCO VACCARI - COL TEMPO
Esposizioni in tempo reale, fotografie, film, video, video-installazioni, 1965-2007

Una magistrale retrospettiva che rende conto di oltre quarant'anni di attività di uno dei più influenti
artisti-fotografi contemporanei. Un percorso estremamente coinvolgente che scardina molte delle
nostre certezze in fatto di creazione e percezione artistica, attraverso un gusto unico per il "gioco"
della concettualizzazione che mira ad una incessante e assai fertile messa in crisi dei canoni
artistici tradizionali. Parola del Visitatore-massa n° 22863.

Un pesatore di biomassa per misurare l'afflusso dei visitatori, un video in piano-sequenza che ci invita all'elemosina, light-boxes fotografiche di individui che cercano di farsi strada con le torce nel buio di una stanza sovraccarica delle loro stesse voci e di rumori: è il primo impatto dello spettatore con la mostra di Franco Vaccari allestita allo Spazio Oberdan di Milano, aperta fino al 27 maggio prossimo.
Non certo un impatto puramente visivo, e tanto meno fotografico; e, quando di fotografia si tratta, solo raramente si potranno osservare ricercatezze estetiche, prospettive inconsuete o stampe ottemperanti agli insegnamenti di Ansel Adams. Eppure, di Vaccari tutto si può dire tranne che non sia fotografo, e un fotografo fin nel profondo del suo essere artista; e artista, sconcertante e provocatorio come lo conosciamo da tempo, proprio perché fotografo.

La carriera di Vaccari si è aperta al grande pubblico con l'esposizione alla Biennale di Venezia nel 1972, dove, nello spazio a lui riservato nel Padiglione Italia, il giorno dell'inaugurazione non si vedevano che pareti bianche e una di quelle vecchie Photomatic che si potevano trovare allora in qualche stazione italiana. Sul muro imperava una scritta a grandi lettere ripetuta in quattro lingue: "Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio". La prima opera a comparire in mostra fu una fotografia dello stesso artista; alla fine della Biennale le pareti erano interamente ricoperte dalle 6000 strisce di fotografie lasciate dai visitatori, disposte regolarmente una accanto all'altra a formare un testo di alfabeto visivo, una poesia visuale collettiva, un racconto di storie e di tempi diversi in cui era dato accostarsi ai personaggi - protagonisti e al tempo stesso autori - unicamente attraverso i loro quattro scatti e la disposizione da essi scelta per la loro esposizione. Due anni dopo, alla galleria 291 di Milano, lo spettatore, fotografato in una sala, nell'entrare in quella successiva scopriva la propria immagine proiettata sul muro e veniva rifotografato nell'atto di stupirsi di essere diventato, da visitatore, egli stesso attore, "Mito istantaneo".


L'operazione artistica di Vaccari, documentata magistralmente in questa retrospettiva di lavori dal 1965 al 2007, è rivolta alla radicale messa in discussione di due distinti ambiti: da una parte, Vaccari mira a sovvertire, ribaltare e confondere i canoni artistici moderni tradizionali, quali il concetto di opera d'arte unica e irrepetibile, la figura dell'artista-creatore rigidamente contrapposta a quella dello spettatore, la distinzione tra spazio privato del vissuto personale e spazio pubblico, collettivo ed espositivo; dall'altra, imbastisce con la sua opera una ben riconoscibile critica della condizione di passività sociale, alienazione e isolamento generata dalla comunicazione massmediatica, in primo luogo televisiva. Lo spettatore o fruitore dell'opera è messo nella condizione di saltare nel vivo dei meccanismi di costituzione propri sia dell'una che dell'altra sfera, diventando egli stesso autore di un oggetto artistico che tende a configurarsi sempre più come evento spettacolare, unico ed irripetibile. Al posto dell'hic et nunc (il 'qui e ora') dell'opera d'arte tradizionale - con la sua valorizzazione manuale e tecnica, con la sua singolare collocazione in un solo luogo d'elezione e visualizzazione espositiva (attributi, questi, inevitabilmente perduti nel processo di tecnologicizzazione della società contemporanea) - si costituisce ora, tramite il fenomeno della performance, un evento in grado di ricreare l'equivalente artistico di quell'aura.

Dopo il successo dei suddetti eventi fotografici, l'autore si trova ad avere a disposizione centinaia di cabine Photomatic in tutta Italia: luoghi pubblici di cui riappropriarsi e in cui poter ricreare la libertà d'espressione della dimensione privata. Dall'interno degli esclusivi spazi espositivi della Biennale e delle gallerie, fino ad arrivare alle strade comuni di una qualunque città, l'evento artistico ha superato la ghettizzazione museale, facendo quello che ogni opera d'arte è chiamata a fare in ogni tempo: comunicare ed esprimere i valori della propria epoca. A questa azione sovversiva nei confronti dell'opposizione pubblico/privato si accompagna una valorizzazione della dimensione del quotidiano, con la messa in forma estetica di volti, espressioni e gesti del tutto anonimi. È lo stesso lavoro che si ritrova negli ultimi filmati dell'autore, dalla "Provvista di ricordi per il tempo dell'Alzheimer", con immagini ritraenti lo stesso Vaccari in diversi momenti della sua vita, a "L'album di Debora", in cui delle banali foto-ricordo, frammenti di vita sconosciuta, vengono raccolti e riproposti al pubblico nella costruzione di un racconto, come linee guida nella delineazione di un'esperienza emotiva simile a quella della frequentazione reale con il personaggio.
Attraverso la contaminazione e lo scambio dei mezzi di produzione comunicazionale e dei valori estetici dell'opera d'arte, l'intervento di Vaccari induce lo spettatore a rendersi, anche involontariamente, partecipe della creazione artistica e a ribaltare le gerarchie sociali irrigidite dall'esposizione mediatica. Sperimentando direttamente e realizzando, con una materializzazione artistica, le riflessioni estetiche e mediologiche di Marshall McLuhan sull'influenza dei mezzi di comunicazione di massa sulla società, Vaccari mostra e conferma il radicamento profondo della nostra esperienza percettiva e conoscitiva con i mezzi attraverso cui passa questa percettività (sulla scia della celebre affermazione di McLuhan "il medium è il messaggio"), e, dopo averli smascherati, si impegna nel cercare di ribaltarne i ruoli.
Nel caso del mendicante di Graz (Esposizione in tempo reale n°6) - il cui cappello e le cui mani sono state filmate nell'atto di chiedere l'elemosina -, collocare un video al posto della figura reale, su un marciapiede in una zona di passaggio e secondo una prospettiva che replica l'avvicinamento reale del mendicante da parte dello spettatore, rende il mendicante "virtuale" il centro dell'attenzione dei passanti, togliendolo dalla condizione di marginalità sociale in cui si trova normalmente. Il cartello "Il cieco torna subito" che accompagna l'installazione conferisce al personaggio assente il potere dell'irraggiungibilità sovraccarica di impegni del business man e quella particolare dimensione auratica che solo i personaggi pubblici televisivi possono permettersi.

In "Bar code – Code bar", tratto dalla Biennale del 1993, una gigantografia di Silvia Baraldini - attivista politica negli USA per i diritti civili dei neri, incarcerata negli anni Ottanta per atti sovversivi - si unisce alla considerazione che se le azioni politiche fossero state da principio dichiarate appartenenti alla dimensione estetica si troverebbero, ora, in ben altro luogo che dietro le sbarre di una prigione, qui ricreata mentalmente dallo spettatore per analogia con delle immagini di codici a barre; il tutto allestito in un posto che funge, realmente, da bar.

Sono molti i rimandi di Vaccari alla dimensione sociale dell'uomo, in un turbinio di allusioni, metafore e sensazioni che rendono conto della complessità nascosta dietro ogni singolo atto di azione o di pensiero. Le stimolazioni visive, uditive e mentali si rincorrono in un percorso denso e avviluppante, intrise della leggerezza dell'ironia e della burla, o di una goccia di amara provocazione, non sempre raccolta dalla società. Il contributo attuale che offre Vaccari alla contemporaneità è l'aver saputo scardinare lentamente, ripetutamente e sapientemente molte delle nostre certezze in fatto di arte, con un gusto unico per il "gioco" della concettualizzazione. E questo è il nodo, il legame profondo della fotografia di Vaccari - e della fotografia in generale - con la concettualizzazione e il ready-made di duchampiana memoria: la scelta e la decisione di orientare la propria attenzione a quello che si vuole comunicare, al messaggio, all'idea e all'oggetto da mostrare, di cui la tecnica di realizzazione, ben lungi dall'essere esclusiva, elitaria e separata dal rappresentante dell'evento, o assolutizzata, non costituisce che uno dei tanti modi di presentazione, un particolare modo di esprimersi e di guardare da un determinato punto di vista. La tecnica fotografica di Vaccari è funzionale, ed è artistica, e portatrice di una valenza profondamente estetica, nel momento in cui mira alla messa in discussione delle categorie tradizionali del fare arte e del percepirla.

Decisamente divertente e in pieno spirito vaccariano è il quaderno d'impressioni che trovate alla fine del percorso: tracce lasciate del proprio passaggio, come impronte digitali dei diversi visitatori, anche di quelli che non hanno gradito l'arditezza o la stranezza di quest'artista, ormai settantenne, che riesce ancora a stupire. Spero che anche lui potrà stupirsi sfogliando quel quaderno ricamato da percorsi floreali come di strisce di lumaca, che attraversano zigzagando le pagine precedenti, quelle scritte da altri e firmate invariabilmente, sul fondo, da un unico nome ripetuto, come da un marchio di fabbrica, segnato dalle impronte delle mani dei ragazzi di scuola, dai loro xxx e dai disegni graffitari, o, anche, dai biglietti appiccicati che reclamano il rimborso per la mancata soddisfazione. Davvero il degno completamento di un'opera collettiva, che ha saputo entrare, impercettibilmente, sotto la pelle del pensiero dei visitatori, anche di quelli meno compiacenti.

Erika Lacava © 04/2007
Visitatore-massa n. 22863

"FRANCO VACCARI. COL TEMPO"

Spazio Oberdan, Viale Vittorio Veneto, 2 - Milano
tutti i giorni 10-19.30, martedì e giovedì fino alle 22, lunedì chiuso
www.provincia.milano.it/cultura

Fino al 27 maggio 2007



* PER SAPERNE DI PIU' *


Franco Vaccari, Esposizioni in tempo reale, Damiani 2007 (250 pagg., 160 foto col. e bicr., 23x29,5 - 50 euro)

La più completa monografia sull'attività artistica di Franco Vaccari, pubblicata in occasione della mostra "Col tempo" oggetto di questa recensione. Il libro percorre la sua produzione artistica, dall'uso della fotografia, al video, al materiale critico, documentando non solo in maniera completa le Esposizioni in tempo reale prodotte in oltre trent'anni di attività, ma seguendo la sua evoluzione dagli esordi come poeta visivo al percorso concettuale intrapreso fin dalla fine degli anni '60. Raccoglie anche testi critici di Vaccari e contributi dedicati alla sua opera di Renato Barilli, Valerio Dehà, Vittorio Fagone, Nicoletta Leonardi. Il libro non risulta ancora distribuito nelle librerie, ma lo sarà a breve.


Luca Panaro, L'occultamento dell'autore. La ricerca artistica di Franco Vaccari, APM 2007 (144 pagg., ill. - 14 euro)

Un saggio fresco di stampa che dell'opera di Vaccari prende in considerazione la tendenza all'occultamento dell'autore. La ricerca dell'artista sembra infatti ruotare essenzialmente intorno a questo concetto: quelle che sono le componenti fondamentali del momento espositivo, vengono intaccate alla base mediante la sparizione dell'autore; Vaccari si eclissa lasciando un meccanismo in funzione che lo sostituisce. La macchina fotografica e il soggetto si trovano così a dialogare in assenza di una regia pensante. La scomparsa dell'autore genera caos, casualità, contraddizione, straniamento e la lontananza da ogni risultato prevedibile. Ordinabile su IBS

Franco Vaccari, Photomatic e altre storie. Catalogo della mostra tenutasi a Milano nel periodo marzo/maggio 2006, Electa 2006 (119 pagg., 48 foto bicr. e 20 colori, 22,5x24,5 - 30 euro)

Il volume propone la documentazione di una tra le più celebri Esposizioni in tempo reale di Vaccari. In Photomatic d'Italia l'artista utilizza per un intero anno circa un migliaio di cabine Photomatic sparse per l'Italia, accessibili 24 ore su 24. All'interno di ciascuna di esse, colloca un poster che pubblicizza la ricerca di volti per la realizzazione di un film, invitando gli utenti a ritrarsi e a lasciare una strip di foto tessere in una scatola metallica appositamente collocata nelle cabine. Vaccari propone nuovamente un momento di autocoscienza offrendo a coloro che accettano il gioco uno spazio privato, da gestire in modo autonomo, immerso nello spazio pubblico. Accompagnano le immagini i testi di Luca Molinari, Roberto Mutti e Claudia Zanfi. Ordinabile su IBS