ZUCCHE, PASOLINI E CAVALLI:
DINO PEDRIALI ALLA GALLERIA LUXARDO
Agostino Maiello, marzo 2007

Chissà se Pedriali, classe 1950, romano, uno dei maestri italiani del ritratto e del nudo, si sarà stancato di sentirsi definire "il Caravaggio della fotografia del Novecento", come ebbe a dire il critico d'arte Peter Weiermair in occasione di una mostra nel 2004...

Probabilmente no, perché un paragone del genere a dir poco lusinga; ma sarebbe anche comprensibile il tentativo, da parte del lusingato, di provare a distaccarsi da una così sontuosa etichetta per volare di vita propria. Le circa venti foto esposte alla Galleria Luxardo, però, non fanno che confermare l'opinione succitata: Caravaggio era un maestro della luce, Pedriali anche, di qui l'assimilazione. Beninteso: di fotografi maestri della luce il mondo è pieno. Ma la luce caravaggesca è qualcos'altro; non ci spingiamo a dire che diventi il vero e solo soggetto del dipinto, ma senz'altro assume un ruolo di primo piano, qualificante, finendo con il fondersi con la forma stessa che il dipinto ci si aspetta che rappresenti, sia essa una Madonna o un colonnato od una mela.

La presentazione alla mostra, ad opera di Claudio Strinati, illustra molto bene questo concetto, parlando della luce di Caravaggio in termini di "struttura essenziale dell'opera d'arte", che non è "naturale né artificiale, ma è la forma stessa che si manifesta e che solo per questo fatto, assume una sorta di laica sacralità, capace di sottrarre le immagini al fluire implacabile del tempo, facendole sentire come perennemente contemporanee a chi, di tempo in tempo, si pone a osservarle".

Ebbene, qualcosa di simile accade nelle foto di Pedriali. Al di là degli scatti, molto noti, che rappresentano Pasolini, Andy Warhol, Nureyev, il cuore di questa mostra sono le Nature Morte, dei gioielli purissimi di essenzialità, da guardare e riguardare fino a farsi coinvolgere dalla loro immaterialità; vorremmo dire fin quasi a "farsi assorbire", come se la visione richiedesse il doversi sganciare dal quotidiano per entrare in una dimensione proprietaria.

Non ci viene da dire che siano opere che stimolino un'osmosi; d'accordo che con un po' di fantasia chiunque può vedere qualsiasi cosa in qualunque immagine, ma il verso di queste opere, passateci l'espressione, ci pare essere unidirezionale. Le Nature Morte esposte si presentano a noi nude e crude (è proprio il caso di dirlo), senza spiegarsi, senza un contesto, a dir poco scarne: è la mente dell'osservatore che deve entrare nel loro mondo, lasciandosi guidare dalle forme, anche quando solo accennate; dai chiaroscuri, dalla pastosa sporcizia delle ombre. A proposito, se le foto sono dei gioielli, le stampe non sono da meno. E l'ammirazione per la qualità di stampa merita ancor più di essere esplicitata quando ci si sofferma a guardare il trittico di immagini dedicato ai cavalli; si può dire che si tratti di fotografie più facili da comprendere, perché basate sulla rappresentazione di qualcosa di conosciuto (certo, il nostro cervello conosce anche l'immagine di una zucca, ma non certo nella modalità in cui è rappresentata nelle Nature Morte); ma sarebbe un peccato limitarsi all'ambito figurativo. Si tratta di tre splendide stampe, potenti e suggestive, che ancora a distanza di giorni riaffiorano, fugaci, agli occhi di chi scrive, come a dire: d'accordo, le Nature Morte rapiscono e stimolano il cervello, ma è il cavallo ad aver catalizzato occhi e cuore.

Agostino Maiello © 03/2007
Riproduzione Riservata

Dino Pedriali – Galleria Luxardo
via Tor di Nona, 39 – Roma
Tel. +39 066780393
www.gallerialuxardo.it

Fino al 31 marzo 2007
Dal martedì al sabato, ore 16-19.30
Ingresso gratuito.