Le isole Lofoten
“[..] una parete di scintillante roccia nera a strapiombo su un precipizio, di quattro o cinquecento metri al di sopra del mondo di rocce sottostanti.”
Edgar Allan Poe, Una discesa nel Maelström.
Nadir Magazine ©

Montagne come torri di basalto.

Nadir Magazine ©

Rorbu, case su palafitte.

Nadir Magazine ©

Luci su Hamnoy.

Nadir Magazine ©

Luci sulla spiaggia di Ramberg.

Nadir Magazine ©

Graticci con merluzzi a essiccare.

Nadir Magazine ©

Bassa marea nel fiordo Flakstadpollen.

Nadir Magazine ©

Luci serali sul Lofotveggen, il muro delle Lofoten.

Nadir Magazine ©

Finestra con gabbiani tridattili.

Nadir Magazine ©

Pulcinella di mare.

Masse incombenti di basalto scuro, levigate e verticali, triangolari come denti aguzzi, che si ergono strapiombanti per centinaia di metri sul mare, disposte in una lunga teoria come scaglie del dorso di un immenso drago di qualche saga nordica, e si offrono allo sguardo di chi arriva per mare come una muraglia turrita e senza fine.

Nadir Magazine ©

La muraglia di Moskenesøya

Ai loro piedi, abbarbicate a residui lembi di terra verde o direttamente sulle rocce, grumi di case policrome ospitano una piccola ma tenace comunità. Le Lofoten sono un arcipelago adagiato al largo della costa norvegese del Nordland, ben oltre il Circolo Polare; probabilmente il luogo più scenografico d’Europa. Austvågøy e Vestvågøy sono le isole settentrionali, le più “normali” dal punto di vista morfologico e le più abitate; Flakstadøy e Moskenesøy, appena sotto di loro, segnano invece il trionfo dello scenario naturale, un’epifania di colori e prospettive in un paesaggio complesso e tridimensionale che è la quintessenza dell’arcipelago. Ancora più a sud Vaerøy e Røst ed un pulviscolo di piccole isole, poco più di scogli.

Nadir Magazine ©

Linea di costa

Qui Pietro Quirino, viaggiatore e mercante veneziano partito da Creta con un carico di spezie destinato alle Fiandre, naufragò nel 1431; le isole non devono essergli apparse granché diverse da come appaiono oggi al viaggiatore moderno. Quella di Quirino è solo una delle storie di uomini e di lettere che si intrecciano su queste isole, ma è quella che sancisce il particolare legame tra le Lofoten e il nostro paese. Ospitato dai pescatori di Røst, Quirino entra in contatto coi loro usi e costumi e con l’oro bianco delle isole, il merluzzo, dando probabilmente la stura a quella tradizione culinaria che ci lega in modo così peculiare a questa remota plaga nordica.
Le Lofoten sono divenute negli ultimi anni una meta turistica, anche grazie a questi legami con la cultura italiana; il contatto è però spesso sbrigativo, superficiale. I traghetti scaricano i grandi pullman che a loro volta vomitano frotte di turisti. Pochi minuti spesi fotografando le rorbu sulla scogliera e comprando cartoline, poi, con la stessa rapidità e sincronia di un banco di aringhe, riguadagnano il ventre dell’astronave madre e ripartono. Le Lofoten richiedono un’altra attenzione: la luce reclama dedizione e voglia di prender vento, il clima, fatalismo spalmato lungo i giorni di cattivo tempo, il paesaggio, sensibilità per le proporzioni del luogo. Solo così si potrà apprezzarne in pieno il carattere e il fascino struggente.
Le isole godono di un clima temperato che fa dimenticare la loro elevata latitudine, pari, ad esempio, a quella delle zone settentrionali del Canada; di questo devono ringraziare l’influsso della Corrente del Golfo, che le rende abitabili in ogni stagione dell’anno. La dorsale montuosa è oltretutto orientata secondo una direttrice nord-sud, e funge come un immenso sbarramento tra l’aria umida e fredda proveniente dall’oceano e quella più temperata all’interno; climi differenti arrivano a coesistere nello stesso momento, sui due diversi versanti. Ad ovest del Lofotveggen, il “muro delle Lofoten”, nebbia umida, nuvole e temperature basse; ad est il sole e un clima primaverile. L’orografia delle isole enfatizza anche la particolare luce che pervade i luoghi, una luce che attrae da sempre pittori e scrittori; quando il sole è basso ad occidente i raggi dardeggiano tinte pastello attraverso la coltre nuvolosa che turbina all’uscio delle cime, uno spettacolo di luce in movimento, mentre allo zenith l’azzurro del cielo sereno vira piano verso l’indaco della notte estiva. E ancora il sole di mezzanotte, e d’inverno la magia dell’Aurora boreale, rendono il cielo altrettanto protagonista della scena di quanto lo sia il mare, con la linea montuosa a fare da cerniera tra i due mondi.

“Prendono fra l’anno innumerabili quantità di pesci [..] I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale [..] ed è grande e inestimabil mercanzia per quel mare d’Alemagna”
dal Diario di Pietro Quirino.

Il merluzzo viene pescato da ben prima del travagliato approdo di Quirino: le prime notizie risalgono all’anno mille. Lo stoccafisso ha anche avuto un ruolo importante nei viaggi per mare di quel popolo vichingo che scoprì l'America settentrionale diversi secoli prima di Colombo, e del quale restano sulle stesse Lofoten importanti testimonianze. Pare quindi che il merluzzo abbia contribuito a privare il nostro paese di un tradizionale merito storico, anche se ci ha poi ripagato in un modo diverso. La pesca, Lofotfisket, richiama pescatori da tutta la Norvegia e oltre, nonostante le ridimensionate quote di prelievo non permettano più i numeri degli anni passati, quando trentamila pescatori e seimila imbarcazioni affollavano il Mare del Nord. Le rorbu, le tipiche casette in legno dipinte di rosso, costruite su palafitte direttamente sull’acqua per facilitare lo scarico del pescato, si affollano di pescatori nei mesi invernali; le stesse abitazioni, ancora gravide di sentori di mare, ospiteranno nei mesi estivi i turisti, che insieme al merluzzo rappresentano la principale risorsa economica dell’arcipelago, se ci si passa l’accostamento.
Il pescato viene appeso sui grandi graticci in legno che fanno ormai parte del panorama delle isole; il clima è ideale per l’essiccazione. Gli abitanti amano lavorare all’aperto, e milioni e milioni di carcasse vengono appese a mano, con i rilievi ancora innevati di marzo a fare da contorno, e ugualmente a mano vengono riposte e lavorate un paio di mesi più tardi. L’85% dello stoccafisso che si ottiene è esportato in Italia, il mercato più importante per i pescatori delle Lofoten; il secondo mercato è la Nigeria, dove arrivano i pesci di qualità più scadente, e soprattutto le loro teste, che nel paese africano sono diventate un elemento di sostentamento fondamentale.

“[..] il vasto letto delle acque si fondeva e si divideva in mille torrenti in lotta tra loro, esplodendo all’improvviso in frenetiche convulsioni - gonfiandosi, ribollendo, sibilando - roteando in innumerevoli, giganteschi vortici…”
Edgar Allan Poe, Una discesa nel Maelström.

“Il maelström! Poteva forse suonarci all’orecchio un nome più spaventoso? [..] Non so come il canotto sfuggì al formidabile risucchio del maelström, ma quando rinvenni mi trovai coricato nella capanna di un pescatore delle Lofoten”.
Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari.

L’arcipelago è orientato verticalmente, come detto; allo stesso modo in cui le masse d’aria trovano un confine, lo stesso è per l’elemento liquido. In entrambi i casi ne risulta uno scontro, un travaso, un ribollire. Tra Moskenesøy e Vaerøy la dorsale si inabissa, e la superficie del mare nasconde le cime sommerse, ostacoli invisibili che delimitano l’oceano aperto dal mare tra isole e continente; al cambio di marea l’enorme massa d’acqua dell’Atlantico settentrionale fluisce da e verso le isole, preme sui rilievi sommersi che la frenano e travasa quindi repentinamente nell’altro lato, creando furiose correnti e immensi gorghi. È il maelstrøm che tanto ha colpito l’immaginazione di Poe, e che Verne usa come strumento del destino del Nautilus, entrambi citando la vicenda concreta che quattrocento anni prima coinvolse Quirino.

“In questa regione vi è copia infinita di uccelli bianchi [..] i quali per natura conversano e dimorano volentieri dove abitano le persone [..] Questi uccelli par che si paschino e nudriscono solo del stridare, tanto continuamente cinguettano.”
dal Diario di Pietro Quirino.

Quirino si riferisce di certo ai gabbiani tridattili, i vociferi laridi così adattabili da nidificare sui cornicioni delle case, qui ampiamente diffusi. Paesaggio, tradizioni e riferimenti storici infatti non esauriscono il novero delle meraviglie delle Lofoten. Questa testa di ponte gettata in uno dei mari più pescosi del continente non poteva non essere il luogo ideale per ospitare una ricca popolazione di animali marini, e in particolare di uccelli: nell’arcipelago di Røst, all’estremo meridione, si trova la più importante colonia di uccelli marini d’Europa. Due milioni e mezzo di creature alate si riproducono sulle falesie, in un mulinello perenne di schiamazzi e vorticar d’ali; sfortunatamente per loro, entrano in competizione con l’uomo nello sfruttamento della risorsa principe di questo mare. Il prelievo industriale dei pesci di banco ha causato la recente e drastica contrazione numerica della popolazione alata; malgrado ciò l’arcipelago è giustamente una meta di pellegrinaggio obbligata per ornitologi, birdwatcher o semplici amanti della natura.
Nella più schietta tradizione di una terra che poco offre ai suoi abitanti, e quel poco a prezzo di dure fatiche, a Røst e a Vaerøy ciò che ora é oggetto di culto naturalistico é stato per secoli fonte di cibo. L’aquila reale era cacciata fino a qualche anno fa, con una tecnica che bene si accompagna alla rudezza dei luoghi: nascosto in una buca, allettato l’animale con un’esca, il cacciatore catturava il regale uccello a mani nude, afferrandone gli artigli. La caccia al pulcinella di mare era fondamentale per il sostentamento, e si usava una particolare razza di cani dotati di 6 dita per zampa, così da intrufolarsi meglio nei cunicoli in cui nidificano i pulcinella. Di questa caccia tradizionale si ha testimonianza scritta da parte di un altro viaggiatore italiano: Francesco Negri, un sacerdote che nel 1664 arrivò in Lapponia passando per le Lofoten. Le parole che usò per descrivere il Nord tutto ben si adattano anche alle Lofoten in particolare: “[..] dunque è forza che quel paese abbia qualità agli altri non comuni, ma singolari; dunque sarà la più curiosa parte del mondo per osservarsi”.

Vitantonio Dell'Orto © 07/2005
www.exuviaphoto.it