Viaggio fotografico nelle Highlands scozzesi con corpo Canon 5DS R ed obiettivi Zeiss Distagon 35mm f/1,4 ZE e Zeiss Planar 85mm f/1,4 ZE.
Non è vero che non ci sono più le quattro stagioni.
In Scozia ci sono ancora, e ben distinte.
Solo che si verificano tutte nello stesso giorno!
Nato e cresciuto a Torino, posso dire di essere abituato a pioggia e nebbia.
Ma prima di andare in Scozia non avevo mai visto la pioggia "e" la nebbia insieme.
E l'azzurro subito dopo, ma col vento e qualche spruzzo di pioggia gelata, e l'arcobaleno tra le nuvole, e il nevischio reso brillante da squarci di sole.
Insomma, un tipico clima atlantico, ma elevato all'ennesima potenza.
Risultato: scordatevi i vasti orizzonti. Le montagne sullo sfondo le potete solo immaginare, anche se la mappa dice che ci sono, perché su di esse grava una costante coltre di nuvole basse.
Le isole lontane, teoricamente visibili dalla costa, sono appena intuibili attraverso la foschia, mentre il vento (ma se c'è vento, come fa ad esserci foschia?) vi spruzza in faccia la salsedine e vi porta all'orecchio le grida dei grandi gabbiani che – ad ali distese – toccano insieme il mare e il cielo, un cielo così basso che pare il soffitto di un cottage. Sono partito all'inizio di aprile per un tour di quattro giorni nelle Highland, insieme a mio figlio Giorgio. Atterrati a Edimburgo, abbiamo noleggiato un'auto e ci siamo diretti a Inverness, costeggiando da sud a nord il Loch Ness (proprio lui, il lago del mostro).
Il Loch Ness (che significa "lago Ness", quindi non ha senso dire "il lago di Loch Ness": sarebbe come dire "il lago del lago Ness) è uno specchio d'acqua stretto, lungo e profondo che fa parte di un sistema idrogeologico che unisce la costa est alla costa ovest e si trova lungo una linea di faglia (la Great Glen, "grande vallata"). Questa linea di faglia è il risultato dell'unione tra la Scozia del nord (proveniente da nord-ovest) e il resto dell'isola, durante i movimenti tettonici noti come "deriva dei continenti".
Sembra che i movimenti sismici dovuti all'attività di faglia possano generare quel rimescolamento violento delle acque che ha dato origine alla leggenda del "mostro".
Ullapool, nell'estremo nord delle Highlands, è una minuscola città portuale. Nonostante conti circa 1300 abitanti, è di fatto il centro più popoloso nel raggio di decine di miglia. Fu fondata alla fine del Settecento come porto per la pesca delle aringhe. Di qui parte il traghetto per Stornoway, nelle Ebridi esterne. Nonostante le dimensioni ridotte, Ullapool è frequentata dai turisti come punto di partenza per escursioni naturalistiche nei dintorni. Il suo sviluppo turistico ha favorito la nascita di un museo, di una sala d'arte per mostre temporanee, di un centro benessere, senza contare i pub, i ristoranti e le strutture ricettive, dal bed and breakfast all'hotel. La cittadina ospita inoltre numerosi eventi musicali e una fiera del libro.
Il giorno successivo abbiamo percorso la costa atlantica da Inverness fino a Ullapool, per poi ridiscendere tagliando per l'entroterra.
Le strade dell'interno sono strette e deserte: decine di miglia senza incontrare anima viva. Ogni tanto una casa o un cottage, così isolati che ti chiedi di cosa accidenti vivano quelli che ci abitano.
La corsia è unica, ma ogni tanto ci sono delle piazzuole che permettono l'incrociarsi delle vetture: se vedete un'auto sopraggiungere da lontano, parcheggiate nella piazzuola e aspettate che passi.
Risultato: tre ore per percorrere cento chilometri!
Ma l'eventualità di incrociare un'altra vettura è alquanto rara.
Le Highlands sono praticamente deserte. A parte qualche cerbiatto e migliaia di pecore che pascolano libere, non abbiamo incontrato quasi nessuno, nemmeno i pastori e i cani che ci si aspetterebbe di vedere in una terra di pascoli.
Sulla costa nord, un tipico cottage con il recinto a secco per le immancabili pecore.
Ovunque laghi, torbiere e distese di erica, che in questa stagione assume un colore tra il giallo scuro e il marrone, ma che in estate trionfa di verde e di viola.
Secoli fa, queste terre erano coltivate. Ma dopo l'Atto di Unione del 1707, il parlamento di Londra emanò leggi miranti a demolire il sistema dei clan (sul quale si basava la società scozzese) e a confiscare le terre ai contadini. La lingua gaelica, la cornamusa e il tartan (la stoffa multicolore dei clan) furono vietati. Le coltivazioni furono abbandonate a favore della pastorizia, ritenuta più remunerativa, e gli agricoltori furono allontanati dalle loro terre, quando non addirittura sterminati. Le Highland Clearances si tradussero in una vera e propria "pulizia etnica": i contadini sopravvissuti furono relegati sulla costa e costretti a diventare pescatori di aringhe, oppure condannati all'emigrazione.
Solo da poco, dopo secoli di dominio inglese, la Scozia gode di autonomia amministrativa: nel maggio 1999 (per la prima volta dopo tre secoli) si sono tenute le prime elezioni per il parlamento scozzese. Il recente referendum sulla secessione (2014) ha però visto la sconfitta degli indipendentisti (55,3% di voti a favore dell'unione con l'Inghilterra).
Oggi la cultura tradizionale scozzese viene valorizzata. La lingua scots (di ceppo germanico e affine all'inglese) parlata nelle Lowlands e la lingua gaelica (di ceppo celtico) parlata nelle Highlands sono oggetto di recupero e di insegnamento scolastico.
Anche in mezzo al nulla, una cabina telefonica può sempre far comodo (anche perché la copertura cellulare non è costante).
Abbiamo trascorso gli ultimi due giorni a Edimburgo.
Da visitare il castello, che conserva i gioielli della corona di Scozia.
Dopo L'Atto di Unione, i gioielli (corona, spade e scettro, più la "pietra del destino" sulla quale venivano incoronati i re di Scozia) vennero chiusi in un baule e dimenticati. Furono ritrovati solo nel 1818, grazie all'interessamento dello scrittore Walter Scott.
Dalle mura del castello si può ammirare il Firth (fiordo) of Forth e le colline di origine vulcanica su cui la città è edificata.
Dal castello si diparte il Royal Mile (il miglio reale), di fatto la strada storicamente e culturalmente più importante di Edimburgo: pub, ristoranti e negozi di prodotti tipici si alternano a edifici storici di indubbio fascino.
Nell'entroterra deserto delle Highlands, l'acqua di innumerevoli laghi, laghetti e torbiere riflette un cielo sempre in costante e tumultuoso movimento.
Date le già descritte condizioni ambientali, il lavoro fotografico non è stato facile. Viaggiando con il solo bagaglio a mano, non mi è stato possibile portare con me il cavalletto. Avevo un piccolo Gorilla Pod Joby, le cui zampe snodabili possono anche essere avvolte intorno a un supporto fisso, ma devo confessare di averlo usato poco: le sue ridotte dimensioni lo rendevano inutilizzabile là dove non c'era un ulteriore supporto sul quale appoggiarlo.
Per cui ho più spesso lavorato a mano libera, a sensibilità tra i 200 e i 400 ISO e diaframmi mai più chiusi di f/5,6.
Ovviamente ho sfruttato tutti i supporti che la natura o il lavoro dell'uomo mi mettevano a disposizione (incluso il tetto della macchina).
Come strumento di lavoro ho scelto la nuova Canon Eos 5DS R, sottoponendola così al suo primo reportage "serio" e impegnativo.
Ho portato con me soltanto due obiettivi: lo Zeiss Distagon 35mm f/1,4 ZE e lo Zeiss Planar 85mm f/1,4 ZE, oltre all'immancabile flash utile a dare rilievo ai primi piani.
Di fatto ho lavorato quasi sempre con il grandangolo da 35 millimetri: la generosa quantità di pixel distribuiti sul sensore full-frame mi avrebbe permesso tutti i tagli (crop in termine tecnico) di cui avessi avuto bisogno, se l'esigenza fosse stata quella di selezionare maggiormente l'inquadratura.
Ho fatto spesso ricorso alla tecnica dello stitching panoramico, ottenendo così dei file spettacolari ma giganteschi (anche il mio PC, nonostante i suoi 32 giga di RAM, ci mette un po' a "digerirli").
Lago con castello nell'interno delle Highlands. La fotografia è il risultato di uno stitching: nove fotografie scattate in panoramica (con la fotocamera impugnata verticalmente per sfruttare il maggior numero di pixel sul lato lungo) e unite insieme via software. Il file risultante è largo quasi 24000 pixel e alto poco più di 9000. Può consentire una stampa di circa due metri di larghezza per ottanta centimetri di altezza a 300 dpi.
Chiesetta e cimitero nel villaggio di Dowally, lungo la strada (trafficatissima ma spettacolare) che unisce Inverness a Edimburgo.
Il sensore della 5DS R (soprattutto se unito agli obiettivi Zeiss) genera immagini brillanti e piuttosto contrastate, per cui in postproduzione bisogna stare attenti a non esagerare con contrasto, saturazione e sharpening, altrimenti si rischia di "ammazzare" tutte le tonalità intermedie (che peraltro il sensore registra con grande ricchezza tonale). Mentre si effettuano le regolazioni, conviene dare un'attenta occhiata a come si modifica l'istogramma, per non sacrificare tutta una serie di informazioni visive sull'altare della spettacolarità di toni e colori.
Michele Vacchiano © 04/2016
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Il castello di Edimburgo al tramonto.
Un negozio di alimentari a Dunkeld. Dunkeld (in gaelico Dùn Chailleann, "fortezza dei Caledoni") è una piccola cittadina non lontana da Perth. Secondo la leggenda, fu fondata da Caustantin di Fergus, antico re dei Pitti. La città è costruita lungo il corso del fiume Tay, che – oltre ad essere il fiume più lungo di Scozia – ospita anche i salmoni più succulenti (almeno a quanto dicono i pescatori locali). Nel 1689, durante la guerra che vide contrapporsi i giacobiti (sostenitori di re Giacomo, cattolico e per questo destituito dal parlamento inglese) e l'esercito regolare di Guglielmo d'Orange (protestante, sostenuto dal parlamento), Dunkeld fu quasi interamente distrutta (sulle pareti della cattedrale si vedono ancora i fori lasciati dai proiettili dei moschetti).
L'interno della cattedrale di Dunkeld, oggi appartenente alla Chiesa Riformata di Scozia. Nel 730 d.C., alcuni monaci costruirono a Dunkeld un primitivo monastero, primo nucleo della futura cattedrale. Oggi la chiesa è un edificio diviso in due corpi di fabbrica: la chiesa vera e propria e la sala capitolare con il campanile. Un'intera ala della costruzione è in rovina. Il monastero fu saccheggiato dai Vikinghi nel 903. Nel museo della cattedrale è conservata una pietra vikinga incisa con segni misteriosi. La cattedrale prosperò per secoli, diventando sede di una vasta diocesi.