LUCIANO D'ALESSANDRO FOTOGRAFIE 1952-2002
Agostino Maiello, novembre 2006

Il titolo di questa retrospettiva è sintetico ma efficace, essenziale e completo. Come il lavoro di D'Alessandro, grande fotografo napoletano forse meno famoso di quanto meriterebbe.

Nadir Magazine ©

Il disoccupato. Gragnano (Napoli), 1957

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La Società Operaia e La Piazza. Capri, 1979

Ci sono due buoni motivi per visitare, in questi giorni, l'Accademia di Francia a Roma, ovvero Villa Medici: il primo è che l'edificio è splendido, un notevole esempio di architettura rinascimentale; il secondo è che fino al 19 dicembre, nell'Atelier del Bosco, è possibile ammirare 93 fotografie bianconero di Luciano D'Alessandro, prima tappa di una mostra itinerante apertasi il 7 novembre.

D'Alessandro, classe 1933, ha lavorato come fotografo di reportage per numerose testate di primissimo ordine (l'Espresso, Time, Life, Stern, Corriere della Sera, Le Monde…) e la sua carriera è costellata da numerose pubblicazioni di successo, per non parlare del suo essere presente in molte collezioni (citiamo solo il MOMA). Insomma, siamo di fronte ad un maestro, ma non è per il suo curriculum che vanno spese lodi, bensì per la qualità del suo lavoro, di cui questa piccola antologia è un sontuoso assaggio.

Si sa che la fotografia paga un dazio, quello del soggetto ritratto. Come scrisse Ando Gilardi, mostrate il dipinto di un gatto ad una persona e vi dirà "Che bel quadro", poi mostrategli lo stesso gatto fotografato e vi sentirete dire "Che bel gatto". Nel reportage tutto ciò vale ancor di più, perché quando si raccontano i manicomi, o le condizioni di vita dei contadini meridionali degli anni '60 e '70, o i drammi del terremoto in Irpinia, è facile pensare che il merito delle emozioni suscitate dalle immagini sia della situazione raccontata, anziché della qualità del racconto. Nell'osservare le foto di D'Alessandro bisogna resistere a questo impulso (che talvolta si accompagna ad un pensiero del tipo "…quindi, se io fossi stato lì avrei fatto le stesse foto"…), perché basta poco per accorgersi che, invece, le sue immagini sono un ottimo esempio della differenza tra semplice e banale. Tutto - la scelta del soggetto, la luce, la composizione - concorre a creare immagini eleganti, discrete, rispettose, e nel contempo efficaci, acute. Funzionano, direbbe un pubblicitario; ma non come un pugno nello stomaco, bensì come un pizzicotto dato con la giusta intensità.

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Cimitero dello sbarco in Normandia. Saint Laurent, 1994

Alcuni dei lavori esposti a Roma li avevamo già visti a Reggio Emilia (si veda la recensione qui), splendide stampe come quasi tutte le altre che seguono. Il quasi è riferito a due foto: una ritrae un uomo che tende un braccio verso un cane abbarbicato su un muretto, vistosamente poco definita (sembra provenire da una mediocre digitale); la seconda, non molto distante, ritrae due uomini su una collina, con il mare sullo sfondo, ed anche questa non è certo una stampa all'altezza delle altre. Forse il negativo era rovinato (la foto è di qualche decennio fa) e non è stato possibile salvare tutto neanche operando in digitale? Non lo sappiamo, comunque le foto sono entrambe belle, specie quest'ultima. Ed al di là delle finezze da appassionati, tutta la mostra merita di sicuro una visita lenta ed accurata, perché non c'è immagine che non dica qualcosa, mescolando distacco e partecipazione, dolcezza ed amarezza, e non mancano qua e là delicati tocchi di rispettosa ironia. Giorno dopo giorno si viene sommersi da immagini di ogni tipo ed ormai c'è una generale assuefazione alle foto di poveri, emarginati, profughi e quant'altro; si tende spesso a registrarle in maniera frettolosa. Le immagini di D'Alessandro non meritano questo torto, a loro bisogna dedicare un secondo sguardo, perché c'è sempre qualcosa che ci raccontano oltre l'apparenza.

Agostino Maiello © 11/2006
Riproduzione Riservata

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La sala della mostra in Villa Medici a Roma

Per info: http://www.villamedici.it
Dal martedì alla domenica, ore 11-19
Accademia di Francia - Villa Medici
Viale Trinità dei Monti, 1 - Roma