BRESCIA: L'ACCOGLIENZA CHE NON TI ASPETTI
Serena Effe, gennaio 2007

Una visita che è anche una preziosa lezione: mai evitare una città a prescindere, basandosi magari sul 'sentito dire'. Questo articolo (talmente lungo da leggersi a puntate!) ne è la conferma: ecco come Brescia mi ha svelato i suoi insospettabili talenti, nascosti dietro una facciata ben poco allettante.

LE 'GRANDI MOSTRE' DI GOLDIN
Parliamoci sinceramente: a quanti sarebbe venuto in mente di spendere uno dei propri preziosissimi week-end in quel di Brescia, prima che il signor Marco Goldin si mettesse al lavoro? Già, perché parlare di Brescia, da qualche anno a questa parte, implica la necessità di dedicare due parole al suddetto signore, e soprattutto al suo mirabolante progetto (o, per esser precisi, suo e della società che dirige, la Linea d'Ombra): "Lo splendore dell'arte". Un programma quadriennale che dall'autunno 2004 regala a Brescia l'occasione di ospitare delle mostre d'arte da far impallidire ogni altra (anche a livello europeo) per quantità e qualità delle opere esposte, costringendo il cosiddetto 'turismo culturale' a dirigersi, neanche troppo convinto, laddove mai avrebbe pensato di far tappa: a Brescia, appunto.

Qualche esempio? La mostra dedicata a Monet nel 2004, o quella che portava in campo l'imbattibile coppia Gauguin-Van Gogh nel 2006, che da sola ha attirato più di 540 mila visitatori, battendo ogni record.
Cultura? Business? Moda? Tutte e tre le cose, ovviamente; non facciamo gli ingenui: i termini, di fronte a cifre del genere, si confondono, hanno crisi d'identità laceranti, si fanno ambigui e sfuggenti. Eventi di tale portata sono spesso concepiti più come operazioni smaccatamente commerciali che non culturali (non a caso il più delle volte puntano sul fascino relativamente 'facile' dell'arte impressionista, non casualmente etichettata dalle avanguardie artistiche successive come "tutta occhi, e niente cervello").

Il marketing di cui si contornano, prodigo di superlativi e di formule pseudo-poetiche atte ad imbambolare chi di vera poesia e d'arte ben poco s'interessi (agghiaccianti quelle coniate dallo stesso Goldin a mo' di didascalia di alcuni quadri), è gonfio di una presunzione che per alcuni risulterà (mi auguro!) quasi offensiva delle proprie autonome capacità intellettuali. Quasi che l'Italiano Medio abbia bisogno di paroloni ingombranti quali "Imperdibile!", "Grande Evento!" o di frasette incomprensibili e vuote ma che 'suonano bene', per muoversi da casa e andare a visitare una qualsiasi mostra d'arte (per poi magari valutarla solo in base ai metri quadri occupati!). Ma tant'è. Fa niente se la 'squadra Goldin' si rivolge ai potenziali visitatori come ad un branco di pecore povere di spirito da cui spremere quattrini (personalissima opinione, s'intende): chi lo è davvero non se ne accorgerà, e chi invece se ne sentirà offeso sarà poi ricompensato dall'innegabile ricchezza delle opere esposte. Perchè, polemiche di etica culturale a parte, sono davvero delle belle, bellissime mostre: ma meglio scoprirlo da soli, senza supponenti 'imbeccate' esterne, e viverle col giusto spirito. Fino al 25 marzo 2007, all'interno del Museo di Santa Giulia, sono allestite ben due mostre che raccolgono capolavori da ogni parte del mondo: la prima, "Da Turner agli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa" è una carrellata infinita di tele da lasciare senza fiato anche il più navigato frequentatore di mostre; la seconda è invece dedicata al percorso creativo di un artista più 'difficile' come Mondrian, celebre per le sue 'griglie' astratte. Per novembre 2007 è invece prevista la mostra "America! Storie di pittura dal Nuovo Mondo".

L'aggraziata Piazza della Loggia, risalente ad epoca rinascimentale

LA 'CATTIVA FAMA'... SMENTITA!
Qui, invece, ci concentreremo sui talenti nascosti di una città poco abituata a farsi bella sotto ai riflettori (cosa che me la fa apparire subito un po' più simpatica di tante altre). Intendiamoci, i luoghi comuni e gli stereotipi ce l'hanno quasi sempre, un fondo di verità (altrimenti non sarebbero divenuti tali!); e quelli che interessano Brescia non fanno eccezione: città eminentemente industriale e consacrata al lavoro (metallurgia e armi sono i suoi fiori all'occhiello di sempre), geneticamente un po' rude e poco incline, di conseguenza, a perder tempo - e denaro! - dietro a futili raffinatezze quali arte e cultura; città chiusa in se stessa, conservatrice, burbera, ma anche forte di una caparbietà che gli valse l'appellativo carducciano di Leonessa d'Italia per l'accanita resistenza al ritorno del dominio austriaco portata avanti durante le Dieci Giornate del marzo 1849; città "istintivamente autarchica", che preferisce far da sé perché solo di sé si fida (come annotò Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia). Insomma, un po' come Milano, ma peggio. E, detta così, sembra ci sia ben poco da stare allegri.
 

Veduta di Brescia dal Castello, con tanto di torrione e ponte levatoio

Ma Brescia è una città a cui bisogna dar fiducia, nonostante la reputazione che la precede: la ricompensa, poi, arriva. E' ancora Piovene a definirne l'indole indissolubilmente prosaica, aggiungendo però: "la prosaicità della città produce dunque una poesia che non è certo una poesia minore, perché va raso terra"; una poesia che 'vola basso', quindi, ma che pur sempre vola, a modo suo. Ci attendono preziose sorprese che la città dissemina qua e là, quasi come una caccia al tesoro organizzata per far ricredere il presuntuoso e viziato visitatore che arrivi in città aspettandosi poco o niente. Come diamanti grezzi incastonati in una facciata all'apparenza ben poco allettante: sarebbe un peccato non prestar loro attenzione solo perché, ad un'occhiata svogliata, paiono scintillare meno degli altri. La cosa buffa, tra l'altro, è che i bresciani stessi sembrano ignorare del tutto queste doti nascoste della loro città: quando, scambiando due chiacchiere, vengono a sapere che si è lì solo ed esclusivamente per visitare la città, sfoderano uno sguardo attonito condito da un sorrisetto malizioso che fa capire, senz'ombra di dubbio, come ci abbiano già classificato come persone eccentriche e con qualche rotella fuori posto. Vien quasi da giustificarsi! Ma la scena, credetemi, finisce per essere a dir poco spassosa.

Il cuore antico della città - il raccolto centro storico - è composto, intimo e incredibilmente accogliente: una piacevolissima sorpresa! E' un piacere girarlo a piedi, attraverso le vie acciottolate che in un primo momento mi hanno ricordato la flemma ferrarese; solo che qui, al contrario di quanto accade a Ferrara, c'è una calma più 'vivace' e amena, senza dubbio meno opprimente della metafisica sospensione della città emiliana: incredibile, ma vero.
Iniziamo dunque questa ideale passeggiata, che potrà essere anche troppo agevolmente allietata da rustiche pause gastronomiche da consumarsi nei tantissimi ristorantini e locali casalinghi e perlopiù economici che non mancheranno di tentarvi almeno con un piatto di Casoncelli (una pasta ripiena tipica del luogo) o con una sostanziosa porzione di formaggi misti.

L'inizio di via dei Musei: una via ricca di tappe imperdibili, fondamentali per immergersi nella storia della città

PASSEGGIANDO PER IL CENTRO STORICO
Piazza della Vittoria a parte (un enfatico esempio di retorica monumentalistica fascista progettato dall'architetto Piacentini negli anni '30, per la costruzione del quale fu sacrificato un intero quartiere che conservava memorie romane e altomedievali, e che ben poco ha a che fare con gli spazi circostanti), le altre piazze regalano scorci davvero seducenti. La grazia rinascimentale di piazza della Loggia, per esempio: uno spazio quattrocentesco reso ancor più leggiadro dalla cupola in piombo dal tenue color azzurro (risalente però, quest'ultima, al 1914) o, sulla torre al lato opposto, dal 'fatato' orologio astronomico cinquecentesco, dal quadrante dipinto, coronato dai Macc dè lé ure (i 'matti delle ore'): due automi che, muniti di martelletto, regalano ancor oggi l'incanto semplice e impagabile dello scandire delle ore. Poco distante, in piazza Paolo VI (il papa bresciano, che tra l'altro ebbe il merito di mettere insieme una interessante raccolta d'arte moderna che presenta opere - soprattutto grafiche - di artisti quali Dalì, Chagall, Magritte, Matisse, Picasso, De Chirico; racchiusa in un museo che va sotto il nome di Associazione Arte e Spiritualità, si trova in via Monti 9 ed è visitabile solo nei festivi con orario 16-19. Io me la sono persa, e vi invito a non fare lo stesso), incontriamo il Duomo Nuovo, ma, ancor meglio, quello Vecchio: la Rotonda. Entrando in quello che è l'edificio romanico più importante della Lombardia (eretto tra XI e XII secolo) si resta a bocca aperta di fronte all'abbraccio possente e repentino dell'inusuale pianta circolare.

La severità della pietra nuda e disadorna invita al silenzio, incute un rispetto immediato per l'anima antica di questo luogo incredibilmente suggestivo nella sua assoluta semplicità (segnalo la possibilità, per ogni credente, di vivere questo scrigno di spiritualità in maniera ancor più profonda e coerente: ogni domenica mattina, alle 11, la Messa qui è celebrata in latino e accompagnata dal canto gregoriano).
Da qui, vi consiglio una deviazione verso piazza Moretto, per far visita al nutrito gruppo di pittori rinascimentali bresciani (Foppa, Romanino, Savoldo, il 'Pitocchetto') riuniti nelle sale della Pinacoteca Tosio-Martinengo, magistralmente allestite. Tornati sui nostri passi, è ora di imboccare via dei Musei: ogni tappa, vi accorgerete, è un capitolo di storia. Già, perché se è vero che ogni città ha il proprio passato, è vero anche che a Brescia questa stratificazione non vive solo di memoria, ma è materialmente percepibile quasi ad ogni angolo di strada, in maniera ben più intensa e integrata nel tessuto cittadino di tante altre città.
 

Sullo sfondo, ciò che resta del Capitolium, in piazza del Foro. L'iscrizione sul frontone, chiaramente leggibile ('Vespasianus Augustus'), ci dice che il tempio fu costruito sotto l'imperatore Vespasiano, intorno al 73 d.C. In primo piano, i delfini attorcigliati che ornano l'esterno della chiesa di San Zeno

Eccoli apparire, i pochi ma coinvolgenti resti dell'antica Brixia (così si chiamava Brescia quando era colonia romana): il frontone superstite e il pronao del Tempio Capitolino ci informano che questa era l'area in cui sorgeva l'antico Foro, centro politico e religioso della città; l'omonima piazzetta antistante è un esempio di quanto quieta, intima e ospitale possa rivelarsi Brescia, in alcuni suoi angoli.

L'EX MONASTERO DI SANTA GIULIA E IL COLLE CIDNEO
Al declino dell'Impero romano, Brescia divenne capitale del ducato longobardo. E fu proprio il re Desiderio, insieme alla moglie Ansa, che fondò il monastero di Santa Giulia (già di San Salvatore) nel 753 d.C. Chissà se qualcuno ricorda, per reminiscenze scolastiche o cultura personale, il celebre coro della tragedia manzoniana dell'Adelchi ("Sparsa le trecce morbide su l'affannoso petto..."): quello in cui Ermengarda, figlia di Desiderio e moglie ripudiata di Carlo Magno (re degli avversari Franchi), esala il suo ultimo respiro, proprio qui; è all'ombra di un tiglio di uno di questi chiostri che ella, immersa ormai in una "pace stanca", recita il delirio disperato che ne farà il simbolo di ogni donna dolente d'amore non corrisposto.
 

Affacciandosi ad uno dei bastioni del Castello, arroccato sul colle Cidnèo, lo sguardo si allarga ad abbracciare il resto della città, che da quassù recupera le sue effettive dimensioni di secondo centro della Lombardia

Tornando al presente, forti anche di queste preziose suggestioni letterarie, scopriamo questo immenso complesso: 14mila mq di area espositiva che racchiudono 3mila anni di storia; il monastero ospita infatti, oltre alle ricche mostre temporanee di cui abbiamo parlato all'inizio dell'articolo, il Museo della Città: vi raccomando di non trascurarlo! (tra l'altro, se non è il fine settimana, con ogni probabilità sarete quasi gli unici visitatori - qui come nel resto della città, d'altronde - e ci guadagnerete in atmosfera). Tra i tantissimi reperti esposti - che raccontano la storia di Brescia dall'età preistorica all'Ottocento - ce ne sono alcuni davvero stupefacenti! E ve lo dice una che di solito rimane freddina di fronte a quelli che talvolta chiama, sottovoce, amichevolmente 'sassi' (ma che resti tra noi!); ma qui no, qui è tutta un'altra cosa, credetemi: tra avori intarsiati, bassorilievi marmorei, capitelli dalle decorazioni più originali, bronzi e affreschi staccati, è una vera apoteosi di abilità manifatturiera senza pari! L'entusiasmo è tale che, potendo, ve li descriverei uno ad uno (suona un po' come una minaccia!): ma eviterò di mettere ancor più alla prova la vostra già provata pazienza, purché promettiate di dedicar loro l'attenzione che meritano, a costo di uscirne mentalmente spossati. Ne vale la pena: non c'è angolo che possa lasciare indifferenti.


Come se non bastasse, il monastero ha in serbo altre quattro meraviglie, parti integranti del percorso: la chiesa di San Salvatore, di età longobarda, sormontata dall'esplosione quasi frastornante di colori (grazie soprattutto all' "effetto sorpresa" e al contrasto con la sobrietà circostante) del Coro delle Monache; una gemma romanica come l'Oratorio di Santa Maria in Solario, e le Domus dell'Ortaglia. Quest'ultimo spazio, carico di un'atmosfera ineffabile, è un'area archeologica nella quale siamo accolti in ciò che resta di due abitazioni romane che conservano ancora lembi di affreschi e alcuni mosaici, incantevoli nella loro spontaneità e immediatezza.
Tirando le somme, Santa Giulia è senz'ombra di dubbio uno dei complessi museali più avvincenti e zeppi di storia che abbia mai visitato. Un dedalo di ricordi antichi che sembrano non aver perso un granello di intensità.
Percorrendo il centro storico, quindi, l'impressione che se ne ricava è di una città semideserta, di indole rilassata e incline al 'dolce far niente'.

I turisti la disertano sistematicamente; e i cittadini stessi sembrano diluirsi, fino a scomparire quasi: si incontrano nel tardo pomeriggio passeggiare per le vie degli acquisti, o seduti in una 'pirleria' (sembra una parolaccia, e invece è un comune bar: il nome deriva dal 'pirlo': vino bianco, campari e seltz), a stemperare placidamente il loro dialetto stretto in un bicchiere; e poco altro.
Va da sé che questa prospettiva in scala ridotta non dice il vero. Paradossalmente, bisogna salire nella pace ancor più imperturbata del colle Cidnèo per ridimensionare realisticamente le fattezze cittadine. Vi consiglio di arrivarci imboccando la ripida Contrada Sant'Urbano (dalla piazzetta Tito Speri, che si apre su via dei Musei), fermandovi di tanto in tanto ad ammirare l'affascinante panorama dominato dall'onnipresente cupola del Duomo Nuovo.

Facciata e cupola del Duomo Nuovo, viste da sotto la fontana di piazza Paolo VI

Una volta guadagnata la cima, ecco apparire le fortificazioni medievali del Castello (che, per gli infaticabili, custodisce altri due musei: delle Armi e del Risorgimento): tra scalette, bastioni, passaggi coperti e torrioni, si incastonano giardinetti ottimi per oziare e lasciare che lo sguardo si stenda beato intorno, senza incontrare il benché minimo ostacolo. Eh sì, perché è proprio affacciandosi da quassù che si scorge finalmente il vero volto di Brescia, città che in Lombardia è seconda solo a Milano: edifici a perdita d'occhio, una distesa di alacrità che ha la foschìa come unico, incostante confine. Ci si rende subito conto di come il tranquillo centro storico percorso fino ad ora sia solo un'oasi, immobile e incantata, all'interno di una città che è andata avanti per conto suo. Ecco dove si nascondono, i bresciani!

FOTOGRAFIA E...
Infine, ecco altri tre indirizzi da inserire nella tabella di marcia. Al numero 22 del Corsetto Sant'Agata si trova il Museo Ken Damy di Fotografia Contemporanea. Attenzione però, che non proprio di 'museo' si tratta: è piuttosto uno spazio in cui vengono allestite interessanti mostre di fotografia (quella dedicata a Fontana, purtroppo appena conclusa, era davvero ben fatta). Ultimo ma non ultimo, un luogo troppo poco conosciuto che per molti sarà una piacevolissima sopresa: il Museo Nazionale della Fotografia "Alberto Sorlini", che, reduce da un recente trasloco, ha la sua nuova sede (ancora in fase di assestamento, ma visitabile liberamente e gratuitamente) nel vicolo San Faustino. Gli spazi visitabili di questa pionieristica e longeva istituzione nata nel 1953, a dir la verità, sono ridotti al minimo: una stanza e poco più (oltre ad un ulteriore locale in cui vengono allestite piccole ma interessanti mostre temporanee). A fronte di un patrimonio incredibilmente prezioso e in costante crescita di circa 10mila pezzi di antiquariato fotografico (macchine fotografiche e cinematografiche, attrezzature per riprese e camera oscura), 8mila volumi specializzati e la bellezza di oltre 60mila immagini di autori mondiali di ogni epoca, ciò che il visitatore avrà modo di ammirare è solo una minima parte.

Ad un primo colpo d'occhio, si sente indubbiamente la mancanza di qualche immagine in più (quasi tutte e 60mila sono chiuse in archivio, a parte qualche bell'esempio di dagherrotipo, ambrotipie e ferrotipie) e la necessità di doversi chinare per riuscire a scorgere gli apparecchi collocati in fondo alle vetrine, 'soffocati' dal poco spazio disponibile, non è il massimo in quanto a fruibilità. Detto questo per dovere di cronaca, mai e poi mai mi sognerei di giudicare negativamente questa raccolta solo in base ad un allestimento forse inevitabilmente penalizzante (si sa bene, purtroppo, quanto difficile sia trovare spazi e sovvenzioni adeguate in certi casi); tra i pezzi esposti spiccano delle vere 'perle rare' (tra le tante, una camera oscura 'reflex' del '700), da godersi nei più minuscoli dettagli, nonché alcune sorprendenti curiosità storiche, come per esempio la 'Fotomitragliatrice' (esemplare unico al mondo, costruito dalla Zeiss Ikon in Germania nel 1930 per fotografare l'impatto delle pallottole di mitragliatrice o di cannone contro la corazza dei carri armati). Insomma, uno di quei 'diamanti grezzi' di cui parlavamo all'inizio, da non lasciarsi sfuggire nonostante il suo non dar troppo nell'occhio.

Un'ultima, doverosa segnalazione dedicata agli appassionati della Mille Miglia, che ben sapranno come la celebre corsa su macchine d'epoca parta proprio da qui (per questa 80° edizione la partenza è prevista per il 17 maggio): a circa 6 chilometri dal centro, in località Sant'Eufemia (si raggiunge con l'autobus urbano n°3 dalla Stazione, e si torna con l'11), allestito nell'omonimo ex monastero, si trova il Museo Mille Miglia; anche questo mi è sfuggito per un pelo, ma sono certa che sarà un'allettante proposta per molti.

Insomma, a conti fatti sono ripartita senza esser riuscita a dedicarmi a tutto ciò che la città aveva da offrire; le numerose chiese, per esempio: le immagino, anch'esse, degne di una visita. E dire che ero partita con il timore di finire per annoiarmi! Infine, non dimentichiamoci che Brescia è anche un ottimo punto di partenza per prolungare la vacanza in un sacco di direzioni stimolanti e facilmente raggiungibili con gli economici trenini regionali: Milano, per esempio, si raggiunge in 50 minuti di treno; Bergamo anche. Il Lago di Garda è a due passi: la stazione Desenzano Del Garda-Sirmione dista appena 15 minuti!
Direi che ce n'è abbastanza per andare temerariamente contro ogni 'pregiudizio turistico', prendere, e partire!

Serena Effe © 01/2007
Riproduzione Riservata  

 

Qualche link utile per programmare una visita:

Portale Brescia Holiday
(ufficiale dell'APT)
Provincia di Brescia
Brescia Musei
(Santa Giulia, Pinacoteca Tosio-Martinengo, Area archeologica e Castello)
Linea d'Ombra
(le "Grandi mostre" allestite a Santa Giulia)
Museo Mille Miglia