LE 'GRANDI MOSTRE' DI GOLDIN
Parliamoci sinceramente: a quanti sarebbe venuto in mente di
spendere uno dei propri preziosissimi week-end in quel di
Brescia, prima che il signor Marco Goldin si mettesse al
lavoro? Già, perché parlare di Brescia, da qualche anno a
questa parte, implica la necessità di dedicare due parole al
suddetto signore, e soprattutto al suo mirabolante progetto
(o, per esser precisi, suo e della società che dirige, la
Linea d'Ombra): "Lo splendore dell'arte". Un
programma quadriennale che dall'autunno 2004 regala a
Brescia l'occasione di ospitare delle mostre d'arte da far
impallidire ogni altra (anche a livello europeo) per
quantità e qualità delle opere esposte, costringendo il
cosiddetto 'turismo culturale' a dirigersi, neanche troppo
convinto, laddove mai
avrebbe pensato di far tappa: a Brescia, appunto.
Qualche esempio? La mostra dedicata a Monet nel 2004, o
quella che portava in campo l'imbattibile coppia Gauguin-Van
Gogh nel 2006, che da sola ha attirato più di 540 mila
visitatori, battendo ogni record.
Cultura? Business? Moda? Tutte e tre le cose, ovviamente;
non facciamo gli ingenui: i termini, di fronte a cifre del
genere, si confondono, hanno crisi d'identità laceranti, si
fanno ambigui e sfuggenti. Eventi di tale portata sono
spesso concepiti più come operazioni smaccatamente
commerciali che non culturali (non a caso il più delle volte
puntano sul fascino relativamente 'facile' dell'arte
impressionista, non casualmente etichettata dalle
avanguardie artistiche successive come "tutta occhi, e
niente cervello").
Il marketing di cui si contornano, prodigo di superlativi e di formule pseudo-poetiche atte ad imbambolare chi di vera poesia e d'arte ben poco s'interessi (agghiaccianti quelle coniate dallo stesso Goldin a mo' di didascalia di alcuni quadri), è gonfio di una presunzione che per alcuni risulterà (mi auguro!) quasi offensiva delle proprie autonome capacità intellettuali. Quasi che l'Italiano Medio abbia bisogno di paroloni ingombranti quali "Imperdibile!", "Grande Evento!" o di frasette incomprensibili e vuote ma che 'suonano bene', per muoversi da casa e andare a visitare una qualsiasi mostra d'arte (per poi magari valutarla solo in base ai metri quadri occupati!). Ma tant'è. Fa niente se la 'squadra Goldin' si rivolge ai potenziali visitatori come ad un branco di pecore povere di spirito da cui spremere quattrini (personalissima opinione, s'intende): chi lo è davvero non se ne accorgerà, e chi invece se ne sentirà offeso sarà poi ricompensato dall'innegabile ricchezza delle opere esposte. Perchè, polemiche di etica culturale a parte, sono davvero delle belle, bellissime mostre: ma meglio scoprirlo da soli, senza supponenti 'imbeccate' esterne, e viverle col giusto spirito. Fino al 25 marzo 2007, all'interno del Museo di Santa Giulia, sono allestite ben due mostre che raccolgono capolavori da ogni parte del mondo: la prima, "Da Turner agli impressionisti. La grande storia del paesaggio moderno in Europa" è una carrellata infinita di tele da lasciare senza fiato anche il più navigato frequentatore di mostre; la seconda è invece dedicata al percorso creativo di un artista più 'difficile' come Mondrian, celebre per le sue 'griglie' astratte. Per novembre 2007 è invece prevista la mostra "America! Storie di pittura dal Nuovo Mondo".
L'aggraziata Piazza della Loggia, risalente ad epoca rinascimentale
LA 'CATTIVA
FAMA'... SMENTITA!
Qui, invece, ci concentreremo sui talenti nascosti di
una città poco abituata a farsi bella sotto ai
riflettori (cosa che me la fa apparire subito un po' più
simpatica di tante altre). Intendiamoci, i luoghi comuni
e gli stereotipi ce l'hanno quasi sempre, un fondo di
verità (altrimenti non sarebbero divenuti tali!); e
quelli che interessano Brescia non fanno eccezione:
città eminentemente industriale e consacrata al lavoro
(metallurgia e armi sono i suoi fiori all'occhiello di
sempre), geneticamente un po' rude e poco incline, di
conseguenza, a perder tempo - e denaro! - dietro a
futili raffinatezze quali arte e cultura; città chiusa
in se stessa, conservatrice, burbera, ma anche forte di
una caparbietà che gli valse l'appellativo carducciano
di Leonessa d'Italia per l'accanita resistenza al
ritorno del dominio austriaco portata avanti durante le
Dieci Giornate del marzo 1849; città "istintivamente
autarchica", che preferisce far da sé perché solo di
sé si fida (come annotò Guido Piovene nel suo Viaggio
in Italia). Insomma, un po' come Milano, ma peggio.
E, detta così, sembra ci sia ben poco da stare allegri.
Veduta di Brescia dal Castello,
con tanto di torrione e ponte levatoio
Ma Brescia è una città a cui bisogna dar fiducia,
nonostante la reputazione che la precede: la ricompensa,
poi, arriva. E' ancora Piovene a
definirne l'indole indissolubilmente prosaica,
aggiungendo però: "la prosaicità della città produce
dunque una poesia che non è certo una poesia minore,
perché va raso terra"; una poesia che 'vola basso',
quindi, ma che pur sempre vola, a modo suo. Ci attendono
preziose sorprese che la città dissemina qua e là, quasi
come una caccia al tesoro organizzata per far ricredere
il presuntuoso e viziato visitatore che arrivi in città
aspettandosi poco o niente. Come diamanti grezzi
incastonati in una facciata all'apparenza ben poco
allettante: sarebbe un peccato non prestar loro
attenzione solo perché, ad un'occhiata svogliata, paiono
scintillare meno degli altri. La cosa buffa, tra
l'altro, è che i bresciani stessi sembrano ignorare del
tutto queste doti nascoste della loro città: quando,
scambiando due chiacchiere, vengono a sapere che si è lì
solo ed esclusivamente per visitare la città, sfoderano
uno sguardo attonito condito da un sorrisetto malizioso
che fa capire, senz'ombra di dubbio, come ci abbiano già
classificato come persone eccentriche e con qualche
rotella fuori posto. Vien quasi da giustificarsi! Ma la
scena, credetemi, finisce per essere a dir poco
spassosa.
L'inizio di via dei Musei: una via ricca di tappe imperdibili, fondamentali per immergersi nella storia della città
PASSEGGIANDO PER IL CENTRO
STORICO
Piazza della Vittoria a parte (un enfatico esempio di
retorica monumentalistica fascista progettato
dall'architetto Piacentini negli anni '30, per la
costruzione del quale fu sacrificato un intero quartiere che
conservava memorie romane e altomedievali, e che ben poco ha
a che fare con gli spazi circostanti), le altre piazze
regalano scorci davvero seducenti. La grazia
rinascimentale di piazza della Loggia, per esempio:
uno spazio quattrocentesco reso ancor più leggiadro dalla
cupola in piombo dal tenue color azzurro (risalente però,
quest'ultima, al 1914) o, sulla torre al lato opposto, dal
'fatato' orologio astronomico cinquecentesco, dal
quadrante dipinto, coronato dai Macc dè lé ure (i
'matti delle ore'): due automi che, muniti di martelletto,
regalano ancor oggi l'incanto semplice e impagabile dello
scandire delle ore. Poco distante, in piazza Paolo VI (il
papa bresciano, che tra l'altro ebbe il merito di mettere
insieme una interessante raccolta d'arte moderna che
presenta opere - soprattutto grafiche - di artisti quali
Dalì, Chagall, Magritte, Matisse, Picasso, De Chirico;
racchiusa in un museo che va sotto il nome di Associazione Arte e Spiritualità, si trova in via
Monti 9 ed è visitabile solo nei festivi con orario 16-19.
Io me la sono persa, e vi invito a non fare lo stesso), incontriamo il
Duomo Nuovo, ma, ancor meglio, quello Vecchio: la Rotonda.
Entrando in quello che è l'edificio romanico più importante
della Lombardia (eretto tra XI e XII secolo) si resta a
bocca aperta di fronte all'abbraccio possente e repentino
dell'inusuale pianta circolare.
Sullo sfondo, ciò che resta del Capitolium, in piazza del Foro. L'iscrizione sul frontone, chiaramente leggibile ('Vespasianus Augustus'), ci dice che il tempio fu costruito sotto l'imperatore Vespasiano, intorno al 73 d.C. In primo piano, i delfini attorcigliati che ornano l'esterno della chiesa di San Zeno
Eccoli apparire, i pochi ma coinvolgenti resti dell'antica Brixia (così si chiamava Brescia quando era colonia romana): il
frontone superstite e il pronao del Tempio Capitolino ci informano che questa era l'area in cui sorgeva l'antico
Foro, centro politico e religioso della città; l'omonima
piazzetta antistante è un esempio di quanto quieta, intima e
ospitale possa rivelarsi Brescia, in alcuni suoi angoli.
L'EX MONASTERO DI SANTA GIULIA E
IL COLLE CIDNEO
Al declino dell'Impero romano, Brescia divenne capitale del
ducato longobardo. E fu proprio il re Desiderio, insieme
alla moglie Ansa, che fondò il monastero di Santa Giulia
(già di San Salvatore) nel 753 d.C.
Chissà se qualcuno ricorda, per reminiscenze scolastiche o
cultura personale, il celebre coro della tragedia manzoniana
dell'Adelchi ("Sparsa le trecce morbide su l'affannoso
petto..."): quello in cui Ermengarda, figlia di
Desiderio e moglie ripudiata di Carlo Magno (re degli
avversari Franchi), esala il suo ultimo respiro, proprio
qui; è all'ombra di un tiglio di uno di questi chiostri che
ella, immersa ormai in una "pace stanca", recita
il delirio disperato che ne farà il simbolo di ogni donna
dolente d'amore non corrisposto.
Affacciandosi ad uno dei bastioni del
Castello, arroccato sul colle Cidnèo, lo sguardo si allarga
ad abbracciare il resto della città, che da quassù recupera
le sue effettive dimensioni di secondo centro della
Lombardia
Tornando al presente, forti
anche di queste preziose suggestioni letterarie, scopriamo
questo immenso complesso: 14mila mq di area espositiva che
racchiudono 3mila anni di storia; il monastero ospita
infatti, oltre alle ricche mostre temporanee di cui abbiamo
parlato all'inizio dell'articolo, il Museo della Città:
vi raccomando di non trascurarlo! (tra l'altro, se non è il
fine settimana, con ogni probabilità sarete quasi gli unici
visitatori - qui come nel resto della città, d'altronde - e
ci guadagnerete in atmosfera). Tra i tantissimi reperti
esposti - che raccontano la storia di Brescia dall'età
preistorica all'Ottocento - ce ne sono alcuni davvero
stupefacenti! E ve lo dice una che di solito rimane freddina
di fronte a quelli che talvolta chiama, sottovoce,
amichevolmente 'sassi' (ma che resti tra noi!); ma qui no,
qui è tutta un'altra cosa, credetemi: tra avori intarsiati,
bassorilievi marmorei, capitelli dalle decorazioni più
originali, bronzi e affreschi staccati, è una vera apoteosi
di abilità manifatturiera senza pari! L'entusiasmo è tale
che, potendo, ve li descriverei uno ad uno (suona un po'
come una minaccia!): ma eviterò di mettere ancor più alla
prova la vostra già provata pazienza, purché promettiate di
dedicar loro l'attenzione che meritano, a costo di uscirne
mentalmente spossati. Ne vale la pena: non c'è angolo che
possa lasciare indifferenti.
Come se non bastasse, il monastero ha in serbo altre quattro
meraviglie, parti integranti del percorso: la chiesa di
San Salvatore, di età longobarda, sormontata
dall'esplosione quasi frastornante di colori (grazie
soprattutto all' "effetto sorpresa" e al contrasto con la
sobrietà circostante) del Coro delle Monache; una
gemma romanica come l'Oratorio di Santa Maria in Solario,
e le Domus dell'Ortaglia. Quest'ultimo spazio, carico
di un'atmosfera ineffabile, è un'area
archeologica nella quale siamo accolti in ciò che resta di
due abitazioni romane che conservano ancora lembi di
affreschi e alcuni mosaici, incantevoli nella loro
spontaneità e immediatezza.
Tirando le somme, Santa Giulia è
senz'ombra di dubbio uno dei complessi museali più
avvincenti e zeppi di storia che abbia mai visitato. Un
dedalo di ricordi antichi che sembrano non aver perso un
granello di intensità.
Percorrendo il centro storico, quindi, l'impressione che se
ne ricava è di una città semideserta, di indole rilassata e
incline al 'dolce far niente'.
I turisti la disertano
sistematicamente; e i cittadini stessi sembrano diluirsi,
fino a scomparire quasi: si incontrano nel tardo pomeriggio
passeggiare per le vie degli acquisti, o seduti in una 'pirleria'
(sembra una parolaccia, e invece è un comune bar: il nome
deriva dal 'pirlo': vino bianco, campari e seltz), a
stemperare placidamente il loro dialetto stretto in un
bicchiere; e poco altro.
Va da sé che questa prospettiva in scala ridotta non dice il
vero. Paradossalmente, bisogna salire nella pace ancor più
imperturbata del colle Cidnèo per ridimensionare
realisticamente le fattezze cittadine. Vi consiglio di
arrivarci imboccando la ripida Contrada Sant'Urbano (dalla
piazzetta Tito Speri, che si apre su via dei Musei),
fermandovi di tanto in tanto ad ammirare l'affascinante
panorama dominato dall'onnipresente cupola del Duomo Nuovo.
Facciata e cupola del Duomo Nuovo,
viste da sotto la fontana di piazza Paolo VI
Una volta guadagnata la cima, ecco apparire le fortificazioni medievali del Castello (che, per gli infaticabili, custodisce altri due musei: delle Armi e del Risorgimento): tra scalette, bastioni, passaggi coperti e torrioni, si incastonano giardinetti ottimi per oziare e lasciare che lo sguardo si stenda beato intorno, senza incontrare il benché minimo ostacolo. Eh sì, perché è proprio affacciandosi da quassù che si scorge finalmente il vero volto di Brescia, città che in Lombardia è seconda solo a Milano: edifici a perdita d'occhio, una distesa di alacrità che ha la foschìa come unico, incostante confine. Ci si rende subito conto di come il tranquillo centro storico percorso fino ad ora sia solo un'oasi, immobile e incantata, all'interno di una città che è andata avanti per conto suo. Ecco dove si nascondono, i bresciani!
FOTOGRAFIA E...
Infine, ecco altri tre indirizzi da inserire nella tabella
di marcia. Al numero 22 del Corsetto Sant'Agata si trova il Museo Ken Damy di Fotografia Contemporanea.
Attenzione però, che non proprio di 'museo' si tratta: è
piuttosto uno spazio in cui vengono allestite interessanti
mostre di fotografia (quella dedicata a Fontana, purtroppo
appena conclusa, era davvero ben fatta).
Ultimo ma non ultimo, un luogo troppo poco conosciuto che
per molti sarà una piacevolissima sopresa: il Museo
Nazionale della Fotografia "Alberto Sorlini",
che, reduce da un recente trasloco, ha la sua nuova sede
(ancora in fase di assestamento, ma visitabile liberamente e
gratuitamente) nel vicolo San Faustino. Gli spazi visitabili
di questa pionieristica e longeva istituzione nata nel 1953,
a dir la verità, sono ridotti al minimo: una stanza e poco
più (oltre ad un ulteriore locale in cui vengono allestite
piccole ma interessanti mostre temporanee). A fronte di un
patrimonio incredibilmente prezioso e in costante crescita
di circa 10mila pezzi di antiquariato fotografico (macchine
fotografiche e cinematografiche, attrezzature per riprese e
camera oscura), 8mila volumi specializzati e la bellezza di
oltre 60mila immagini di autori mondiali di ogni epoca, ciò
che il visitatore avrà modo di ammirare è solo una minima
parte.
Ad un primo colpo d'occhio, si sente indubbiamente la mancanza di qualche immagine in più (quasi tutte e 60mila sono chiuse in archivio, a parte qualche bell'esempio di dagherrotipo, ambrotipie e ferrotipie) e la necessità di doversi chinare per riuscire a scorgere gli apparecchi collocati in fondo alle vetrine, 'soffocati' dal poco spazio disponibile, non è il massimo in quanto a fruibilità. Detto questo per dovere di cronaca, mai e poi mai mi sognerei di giudicare negativamente questa raccolta solo in base ad un allestimento forse inevitabilmente penalizzante (si sa bene, purtroppo, quanto difficile sia trovare spazi e sovvenzioni adeguate in certi casi); tra i pezzi esposti spiccano delle vere 'perle rare' (tra le tante, una camera oscura 'reflex' del '700), da godersi nei più minuscoli dettagli, nonché alcune sorprendenti curiosità storiche, come per esempio la 'Fotomitragliatrice' (esemplare unico al mondo, costruito dalla Zeiss Ikon in Germania nel 1930 per fotografare l'impatto delle pallottole di mitragliatrice o di cannone contro la corazza dei carri armati). Insomma, uno di quei 'diamanti grezzi' di cui parlavamo all'inizio, da non lasciarsi sfuggire nonostante il suo non dar troppo nell'occhio.
Un'ultima, doverosa segnalazione dedicata agli appassionati
della Mille Miglia, che ben sapranno come la celebre corsa
su macchine d'epoca parta proprio da qui (per questa 80°
edizione la partenza è prevista per il 17 maggio): a circa 6
chilometri dal centro, in località Sant'Eufemia (si
raggiunge con l'autobus urbano n°3 dalla Stazione, e si
torna con l'11), allestito nell'omonimo ex monastero, si
trova il Museo Mille Miglia; anche questo mi è
sfuggito per un pelo, ma sono certa che sarà un'allettante
proposta per molti.
Insomma, a conti fatti sono ripartita senza esser riuscita a
dedicarmi a tutto ciò che la città aveva da offrire; le
numerose chiese, per esempio: le immagino, anch'esse, degne
di una visita. E dire che ero partita con il timore di
finire per annoiarmi! Infine, non dimentichiamoci che
Brescia è anche un ottimo punto di partenza per prolungare
la vacanza in un sacco di direzioni stimolanti e
facilmente raggiungibili con gli economici trenini
regionali: Milano, per esempio, si raggiunge in 50 minuti di
treno; Bergamo anche. Il Lago di Garda è a due passi: la
stazione Desenzano Del Garda-Sirmione dista appena 15
minuti!
Direi che ce n'è abbastanza per andare temerariamente contro
ogni 'pregiudizio turistico', prendere, e partire!
Serena Effe © 01/2007
Riproduzione Riservata
Qualche link utile per programmare
una visita:
Portale Brescia Holiday
(ufficiale dell'APT)
Provincia di Brescia
Brescia Musei
(Santa Giulia, Pinacoteca Tosio-Martinengo, Area
archeologica e Castello)
Linea d'Ombra
(le "Grandi mostre" allestite a Santa Giulia)
Museo Mille Miglia