ALTARA
Le sorelle Edina, Iride, Lavinia, tre artiste sarde nell'Italia del Novecento
Maria Letizia Mereu, ottobre 2015

Se volete conoscere una bella storia di sorellanza e creatività, andate a visitare l’esposizione in mostra al THotel, a Cagliari. Avete tempo sino al 15 novembre 2015. Non troverete molte informazioni, ma il materiale scelto vi basterà, forse, per trarre l’ispirazione che serve. La storia è - appunto - quella delle sorelle Altara e, per quel che mi riguarda, io devo averla fantasticata sicuramente male. Se per male si intende averla ficcata nell’immaginario che ho costruito grazie ai racconti della mia cara nonna, solo in parte loro coeva e in più né abbiente, né creativa.
A dire il vero su quest’ultimo aspetto mi riserverei ancora dei dubbi, benché ormai destinati a rimanere insoluti. Dev’essere per quella volta che, curiosa e ingenua come ancora sono, osai chiederle: “Nonna, ma tu cosa avresti desiderato diventare da grande?”. E lei, in tutta risposta, mi congedò con uno sguardo raggelante, una scorsa da capo a piedi, che sembrava racchiudere il giudizio su un’intera epoca, la mia.
Ma guarda i nati di oggi, avrà pensato, hanno persino il tempo di sognare.

Su una cosa però sono certa di aver fantasticato bene, una cosa che esce dal particolare e ricade semmai sull’universale, o sul paradigmatico, o ricorrente, fate voi. Quelle cose che accadono indistintamente in tutte le famiglie, quelle felici, che si somigliano, e quelle disgraziatamente infelici, ognuna a modo suo.
Quelle cose per cui a ogni figlio, o figlia, in questo caso, è stata riservata una dote, un proprio singolare e apprezzabile talento, eppure non c’è - e non ci sarà mai nulla da fare: una guida e le altre seguiranno. Seguiranno bene, questo è certo, racchiuse incantevolmente nel loro lessico famigliare, in un alfabeto che parla di universi creativi a se stanti, e tuttavia accomunati da una forte carica compositiva.

Se pure, infatti, riguardo alle composizioni delle tre sorelle Altara, non volessimo risparmiare i complimenti alle terrecotte naïf di Lavinia o alle rivisitazioni dei motivi della tradizione, da parte di Irina, è - senza indugio - alla sorella Edina che va il massimo tributo. Non solo la più prolifica fra le tre, ma l’unica vera musa del salotto. Pittrice, ceramista, illustratrice, arredatrice d’interni, designer e stilista è lei a occupare sin da subito la scena nell’esposizione curata dal collettivo: Marco Nateri, Rossella Piras, Federico Spano, Tramare e TArt. Attenzione, però, non è solo questione di netta prevalenza di spazio a lei dedicato: a far spiccare l’artista lasciando sullo sfondo le seppur brave sorelle, non è neanche l’evidente bravura, quanto semmai la prepotente personalità che emerge da ogni linea composta di suo mano, che sia un bozzetto, una cartolina illustrata o un abito da sera. Ogni sottile e raffinato elemento rimanda a una individualità creativa, a una femminilità sedotta dalla belle époque, da cui pare abbia prelevato soltanto il meglio della nostalgia e del fascino, per riportarli in gesti maturi, segni riusciti della propria autoaffermazione; fatto - è il caso di dirlo - tutt’altro che trascurabile per una donna dei primi anni del XX secolo, e tuttavia non sufficiente ad averle restituito il giusto riconoscimento nel panorama artistico dell’epoca.

Un contesto storico tanto ricco di fermento, quanto limitante e oppositivo, perennemente in gioco tra dimensione pubblica e privata, questioni di genere e attestazioni di professionalità.
Limiti che talvolta le sono costati cari e che però non hanno impedito alla sua arte, versatile e multiforme, di contraddistinguersi nel lungo e vario percorso artistico in cui passa, insieme alla sua storia personale, un pezzo della Storia d’Italia: dal modernismo figurativo, agli elementi della tradizione locale, all’uso dei colori puliti e vividi, parenti dei tratti decisi e delle prospettive curate, alle raffigurazioni di un quotidiano tanto elegante e perbene, quanto archetipico e esotico.

Fu negli anni Dieci che un suo dipinto venne acquistato in una mostra in Piemonte, dal Re d’Italia, Vittorio Emanuele III, dipinto attualmente esposto al Quirinale. Da allora in poi la sua carriera è stata ricca e sempre combattuta, dalle illustrazioni per le case di moda come Borsalino, Ducati, Roberts e per le riviste come Grazia, Bellezza, Fili Moda, Rakam, fino alla prestigiosa collaborazione negli anni Cinquanta con l’architetto Giò Ponti; risalgono a quel periodo le realizzazioni di pannelli per alcuni dei più importanti transatlantici, che hanno condotto la sua arte in giro per il mondo, fra questi il famoso Andrea Doria.
“Le buone cose di pessimo gusto”, pare abbia detto una volta a proposito di barocco e rococò, della cui passione sono testimonianza diretta i precisissimi e meravigliosi collage.
Maestra di stile e colta consigliera, di particolare e avvenente bellezza, la sua figura sembrerebbe perfetta per rientrare in un quadretto pubblicitario, ancora più affascinante di quelli che lei stessa ebbe modo di produrre; un’icona, come usiamo dire oggi, che forse non avremmo conosciuto se non per il merito, prima, della casa editrice Ilisso, e poi del relativamente recente e, tuttavia validissimo, lavoro di riscoperta ad opera del pronipote, Federico Spano.
I nipoti, insomma, sempre loro, quelli che a furia di sparigliare carte e frugare nei cassetti della memoria, talvolta producono encomiabili prodezze, talaltra semplici e irrilevanti aneddotiche.
Il suo ha fatto davvero il meglio, andate a vedere. Ne vale la pena.

Maria Letizia Mereu © 10/2015
Riproduzione Riservata

Dal 16 settembre al 15 novembre 2015 al THotel nel centro di Cagliari.
THotel Cagliari 
Via Dei Giudicati, 66 - 09131 Cagliari

A cura di:  Marco Nateri, Rossella Piras, Federico Spano, Tramare, TArt.
Femminilità, follia, evasione. Le sorelle Edina, Iride, Lavinia, tre artiste sarde nell'Italia del Novecento. Tre sorelle vissute tra Cagliari, Sassari e Milano, tre modi diversi di fare arte con una straordinaria creatività.