Il metodo Polaroid, per la facilità d’uso e l’immediatezza dei risultati può considerarsi l’antesignano della tecnologia digitale, pur essendone in concreto assai distante. Un tempo usato prevalentemente per istantanee di carattere familiare o per la documentazione di infortuni stradali ad uso assicurativo, la Polaroid ha conosciuto uno sviluppo di tipo artistico grazie ad autori (tra gli italiani Ghirri, Gioli, Galimberti, Fontana) che ne hanno esaltato l’alea surrealista, sfruttando in qualche caso anche la possibilità di manipolazione. Il fotografo, infatti, ha un breve lasso di tempo durante il quale può intervenire direttamente sulla formazione dell’immagine attraverso sollecitazioni aspecifiche del materiale sensibile praticate con l’ausilio di un pennino appuntito. La brevità di tempo è l’unica condizione che il sistema pone all’autore, il quale può stravolgere a piacimento la realtà impressa sul cartoncino entro un limite massimo, oltre il quale il risultato è fissato per sempre. È la sfida più intrigante per il fotografo-artigiano, che penetra in estemporanea i meccanismi della chimica per modificarne gli esiti.
I risultati sono sorprendenti, stranianti, stravaganti, e talvolta pure tragicamente kitsch. Ci sono numerosi circoli, come l’italiano “Gruppo Polaser”, che conducono interessanti ricerche, con esiti di buon livello. E non vi è fotografo che non abbia scattato almeno una Polaroid in vita sua. Ciononostante, oggi il metodo è messo in crisi dallo strapotere del digitale e da scelte aziendali che mettono a rischio la reperibilità dei materiali. Ogni giorno si levano rumors intorno alla cessazione della produzione e alla proposta di nuove succedanee tecnologie digitali. Di fatto, per il momento, il sistema Polaroid, questo ibrido tra rapidità post-moderna e artigianato d’antan, continua a regalarci emozioni e a consolidare la schiera dei suoi estimatori.
Andrea Tonellotto, bravo e simpatico fotografo veneto, si distingue nel panorama degli appassionati del sistema per il suo rifiuto di operare manipolazioni. Egli si limita a sfruttare le peculiarità delle emulsioni accentuandole attraverso una scelta certosina dei soggetti, delle luci e delle inquadrature. Pur “naturali”, le sue immagini si rivelano trasognanti e pittoriche, esprimono un forte carattere di atemporalità e riflettono la medesima indole ossimorica dell’autore, vivace e pacata, ortodossa e sovversiva. Opere che restituiscono sensazioni di immediata gradevolezza e si sottraggono con semplicità a quelle sterili diatribe, come la contrapposizione tra fotografia e immagine, che si svuotano immediatamente di significato al cospetto di lavori ad alto potenziale evocativo.
È stato un piacere incontrare Andrea. Ecco alcuni stralci della nostra conversazione.
Come nasce la tua passione per la fotografia?
Fin da bambino sono sempre stato affascinato dalle immagini contenute nelle riviste e libri fotografici di viaggio che giravano in abbondanza per casa. Appena maggiorenne, assieme alla mia fidanzata (ora mia moglie) abbiamo subito cominciato a viaggiare in giro per l'Europa, e ogni volta tornavo con decine di rullini fatti con la mia prima fotocamera, acquistata con i primi soldi avuti in mano... pensa che questi soldi erano parte di un risarcimento danni per la riparazione della macchina quasi distrutta in un incidente (ho cominciato presto il mio brutto rapporto con le automobili... ), ed io anzichè aggiustare la macchina sono corso ad acquistare una Canon che mi costò, me lo ricordo ancora, 525.000 lire...
Quando hai scoperto la Polaroid?
La curiosità, che mi ha sempre accompagnato, mi ha portato ad esplorare nuovi campi della fotografia, ed ecco che ho cominciato ad avvicinarmi al medio formato e al formato quadrato, da prima con Rollei biottica (che trovo fantastica per il ritratto) e successivamente con Hasselblad. Però nei miei scatti "quadrati", mi sarebbe piaciuto avere un'atmosfera un po’ particolare, così ho preso una splendida SX-70 e ho iniziato a sperimentare con la Polaroid.
Ti ispiri a qualche autore in particolare?
No, almeno intenzionalmente, però penso siano inevitabili le influenze di alcuni autori che hanno colpito la mia immaginazione, penso ad esempio ad alcuni mostri sacri come Luigi Ghirri o Gabriele Basilico, ma anche autori giovani come Davide Monteleone, Marco Barbon, Davide Bressan e Yiorgos Kordakis, o pittori come De Chirico.
Qualcuno ha accostato i tuoi lavori ai quadri di Hopper. Ti fa piacere o la consideri l’ennesima espressione di sudditanza della fotografia nei confronti della pittura (“che bella foto, sembra un quadro!”).
Altrochè se mi fa piacere! Edward hopper è un altro autore che ha acceso la mia fantasia con i suoi colori e le sue atmosfere. Mi fa piacere e non la considero una sudditanza nei confronti della pittura, io non sono mai stato per le dicotomie (pittura-fotografia, analogico-digitale ecc.) ma per la convivenza... d'altro canto, la pittura ha "qualche anno" di storia in più sulle spalle, ed è quindi più radicata nella cultura della gente, diventando, quindi, un termine di paragone.
Come scegli i tuoi soggetti?
Quando vado in giro guardo e osservo sempre molto, appena vedo un soggetto che mi colpisce mi faccio un appunto, cerco di capire in quale momento della giornata il sole lo illumina nella maniera adeguata, o creando il giusto gioco di ombre, e ci torno qualche giorno dopo. In altri casi, invece, vedo su riviste foto di luoghi che attraggono la mia attenzione, allora mi organizzo e vado a perlustrare sul posto. Oh, certe volte, mi ci trovo per caso e al momento giusto, tanto ho sempre al seguito, almeno, la Polaroid...
Cosa aggiunge o cosa toglie alla fotografia il metodo Polaroid?
Secondo me il metodo Polaroid, non toglie e non aggiunge niente, è , semplicemente, un altro modo di fare fotografia, con le sue peculiarità e le sue caratteristiche. Il formato, i toni pastello, la sua unicità e quindi l'impossibilità di intervenire per ritagliare, raddrizzare e modificare l'originale, queste sono le caratteristiche che me la fanno amare. Ottenere inquadrature e composizioni armoniose e corrette è per me una sfida e motivo di grande soddisfazione, le volte che ci riesco. E poi, per un tipo impaziente come me, avere subito il risultato in mano, è una emozione impagabile.
Puoi dirci qualcosa sulla tua tecnica?
Onestamente, c'è poca tecnica: osservo, cerco di inquadrare in maniera ragionata, in modo da non avere distorsioni fastidiose, aspetto che non ci sia nessuno e scatto... L'unica cosa a cui sto attento è la scelta della pellicola in base al risultato che voglio ottenere, e per adesso la mia prediletta è la Artistic TZ , che preferisco assolutamente alla 600. Modificare le Polaroid con i vari metodi (pola-transfer ecc.) non è un procedimento che mi interessa, pur apprezzandone i risultati.
Il sistema Polaroid ha un futuro, secondo te, nell’era digitale?
Me lo auguro di cuore! Comunque penso di sì, perchè alcuni importanti avvenimenti e progetti , vedi la rimessa in funzione di alcune linee di produzione fanno pensare a un continuo e nuovo interesse nei confronti della fotografia istantanea. E poi, il processo di omologazione imposto dal sistema digitale credo porti molti fotografi a sperimentare altre forme di fotografia. Non è una critica verso il sistema digitale, io stesso lo uso con soddisfazione, ma un dato di fatto, dal momento che la fotografia è diventata usufruibile in maniera abbastanza diretta da tutti.
Ci uniamo all’auspicio di Andrea, e lasciamo la parola alle sue immagini.
Carlo Riggi © 05/2010
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Andrea Tonellotto
Classe 74, geometra, vive e lavora a Piazzola sul Brenta, in provincia di Padova, paese che ama e dove ha scattato gran parte delle sue Polaroid. È sposato con Chiara ed è papà di Margherita, una meravigliosa bambina di 4 anni. La passione per la fotografia si accompagna a quella per i viaggi, per gli animali, per la musica, e naturalmente per il Rugby (Andrea milita in una formazione di serie A).
Nelle sue foto ama inquadrare aspetti architettonici nudi e crudi, in cui la presenza umana è "sottointesa", nel senso che non si vede ma si capisce che c'è stata oppure sta per arrivare da un momento all'altro. Non sopporta il disordine nelle inquadrature e la presenza di oggetti, persone e soprattutto macchine (“odio le automobili!”). Oltre alle Polaroid, usa con soddisfazione apparecchi Hasselblad, Rollei e Leica.
Sito:
www.andreatonellotto.com
Non solo Polaroid
Andrea usa anche altri strumenti. Lo scatto di copertina è realizzato con Hasselblad, e conferma l'omogeneità stilistica della sua produzione, le doti di pulizia ed essenzialità, il gusto per le geometrie e la capacità di restituire atmosfere atemporali e metafisiche.