L'ETA' E' UN'OPINIONE
Romano Sansone, 6.10.1934 - 8.1.2013

Mia madre, 82 anni, quando parla di qualche amica settantenne, la definisce “giovane” mentre per mia figlia, 21 anni, un'amica trentenne è già “vecchia”. L’età è un concetto quantomai relativo e Romano ne era la dimostrazione in quanto, pur essendo il più anziano della redazione di Nadir e del nostro gruppo di appassionati di fotografia, dava i punti a tutti noi per esuberanza fisica e mentale. Lo conobbi su internet una quindicina di anni fa e legammo immediatamente: anche nel marasma della rete ci sono persone che emergono pur senza volerlo e, dopo un po’ di discorsi fotografici, cominciammo come di consueto ad andare sul personale. Si arrivò finalmente al punto dell'età e, quando Romano mi disse la sua (più o meno la stessa che ho io oggi), gli dissi che, da come scriveva, non dimostrava affatto la sua età. Lui rispose - lo immagino ridendo di cuore - "E perché mai? Solo perché non scrivo come un ‘insallanuto’?" (‘insallanuto’ significa ‘rimbambito’ in napoletano e Romano era di origini napoletane come me). No, Romano non era ‘insallanuto’ e mai lo è stato fino all'ultimo, sempre attivissimo, sempre aperto a nuovi interessi, con una inarrestabile voglia di conoscere, scoprire, esplorare, fotografare e viaggiare.
È scomparso molto prima di diventare ‘insallanuto’, ma forse non ci sarebbe mai diventato: persone come lui non si fermano mai e non smettono mai di viaggiare. C’è un intero mondo ancora da scoprire.
Ora Romano ha intrapreso un nuovo viaggio (perché mai dovrei pensare che sia l’ultimo?) e sono sicuro che già starà esplorando e fotografando. Sono posti nuovi e vanno visti con calma, magari impiegando le soste per discutere con Ansel Adams su come perfezionare il Sistema Zonale.
Buon viaggio e buona luce, amico mio!

Rino Giardiello

Nadir Magazine ©

Romano Sansone, Rino Giardiello, Agostino Maiello

A conti fatti, avrò incontrato Romano sì e no sei volte, in dodici anni e passa di amicizia. La prima al primo raduno di Fotodialoghi, a Montevarchi. La penultima sempre per un raduno, nel 2010, a Matera. Romano arrivò in treno, dormì a casa mia, ed il giorno dopo proseguimmo insieme il viaggio in auto. L’ultima volta, infine, fu nel luglio 2011, all’aeroporto di Zurigo (la città in cui viveva); ero di ritorno dalla Thailandia ed il mio volo faceva scalo lì. Prima di partire ci eravamo accordati per un saluto e così, di buon mattino, mi raggiunse in aeroporto per uno spuntino ed una chiacchierata. Gli mostrai la piccola NEX-5, comprata da poco, e gli scattai una foto (col cellulare) mentre la impugnava. E’ l’ultima foto che ho di lui; ma sono più legato ad un’altra, che ci scattò Rino il giorno di Ferragosto del 2006, in un negozio di fotografia di Zurigo mentre acquistavo la mia prima reflex digitale.

Chi non ha pratica di computer ed Internet non può capire quanto intenso e profondo possa essere il rapporto tra due persone che, pur distanti fisicamente, si scrivono - e quindi comunicano - quasi ogni giorno, condividendo così tanto delle proprie vite. Romano aveva l’età di mio padre, ma quanto a vivacità mentale si metteva in saccoccia gran parte dei miei coetanei. Viaggiatore di prim’ordine, poliglotta (si lamentava della modestia del suo giapponese…), opportunamente soprannominato “L’Osservatore Romano” per la sua capacità di analisi, era rigoroso e scrupoloso (un ingegnere con decenni di carriera in una multinazionale della chimica non può essere che così) ma pur sempre napoletano: il calore umano ed il gusto per la battuta non gli mancavano mai. E’ stato sicuramente una delle persone che mi ha dato di più, non soltanto riguardo alla comune passione per la fotografia (era un ottimo fotografo ed un eccellente stampatore), ma anche in materia di narrativa, musica classica e lirica, politica interna ed internazionale; questi sono gli interessi che avevamo in comune noi due, ma di sicuro altri amici ne potrebbero menzionare altri; era aperto ad ogni stimolo intellettuale, interlocutore attento e brillante, mai banale, sempre capace di mettersi in discussione, orientato al ragionamento e lontano da ogni tipo di pregiudizio.

Tempo fa lessi un volume che raccoglieva tutto il teatro tragico greco e, entusiasta, glielo suggerii, insieme ad un libro che racconta la storia di Parigi (una delle sue mete più amate) attraverso le varie stazioni della metropolitana. Comprati entrambi, aveva letto per primo quello su Parigi, e ci era andato per fotografarla proprio seguendo i percorsi raccontati dal libro. Purtroppo il destino non gli ha dato il tempo per leggere anche l’altro. Se esiste un aldilà, spero possa leggerlo lì. Addio, Wordsmith.

Agostino Maiello

Nadir Magazine ©

Carlo Riggi, Romano Sansone

Il Rosso ci ha lasciato. O forse era il Nero, non lo so, so che provo un gran senso di vuoto.
Conoscevo Romano da circa 15 anni, dai tempi della comune frequentazione di it.arti.fotografia, il newsgroup sul quale molti degli amici che oggi gravitano intorno a Nadir si sono incontrati, annusati, stimati e poi legati per sempre. Romano spiccava per equilibrio, saggezza, simpatia, disponibilità. Non si negava mai a nessuno, ma lo faceva capire quando ti dedicava un interesse speciale, e c’era di che esserne orgogliosi.
Raziocinio svizzero e cuore partenopeo, maturità e freschezza, rigore intellettuale ed elasticità mentale, questo era Romano, capace di intimidirti con dimostrazioni inappuntabili, e di divertirti con trovate di geniale umorismo.
Quando decidemmo di dar vita a “Il Rosso e il Nero”, su Nadir, sembrò naturale combinare insieme la sua precisione e la mia istintività. Ma poi, durante i nostri scambi, non si capiva mai bene chi fosse più savio e più matto tra i due. Perché lui ti stupiva sempre, era un passo avanti a tutti, e quando incontrava qualcosa di nuovo si incuriosiva subito, si documentava, si metteva in discussione, e trovava sempre il modo di contribuire con un pensiero originale.
Mi confrontavo con lui sui temi di fotografia, ma anche su tanto altro. Spesso gli sottoponevo i miei articoli psicoanalitici prima di pubblicarli. L’ultimo fu sulla “comunicazione inconscia”, lo interessò molto. E c’è davvero qualcosa di telepatico nel modo in cui nello stesso momento, dai luoghi più lontani, gli amici di Fotodialoghi – la nostra piccola famiglia virtuale – hanno sentito con crescente inquietudine che c’era qualcosa che non andava nel suo silenzio. Poi la conferma da Olga, la sua amatissima compagna di vita, a cui, insieme alle figlie, va il nostro pensiero affettuoso.
Padre nobile, fratello, amico, questo era Romano per quelli di noi che lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene. Ci mancherà, e non è una frase fatta. Sarebbe un’offesa per uno come lui che detestava i formalismi e i luoghi comuni.
Ciao caro Romano, è stato un privilegio conoscerti. Ti sia lieve la terra.

Carlo Riggi