È difficile parlare di Nicola dato che lui stesso non ama parlare di sé.
"Sono le mie foto che devono parlare" - dice col suo simpatico accento napoletano - e le sue foto, in "carne ed ossa" (o dovrei dire in "carta ed emulsione"?) sulla scrivania del mio studio, mi raccontano di una lunga ricerca e di una grande passione maturata con gli anni.
"Nel 1957, in occasione della Prima Comunione ebbi in regalo due macchine fotografiche, una a cassetta che smontai perché avevo la mania di smontare tutto ed una più complessa che non ho smontato ma ho dato a mio padre che me l'ha persa: era la Voitglander Vito BL con il Color Skopar 1:3,5. Non conoscevo il tedesco e così passarono quasi dieci anni prima che incominciassi ad usarla, non perché avessi imparato il tedesco ma perché ero diventato più grande".
"Più grande" in questo caso è sinonimo di maturità, una maturita' artistica conseguita attraverso innumerevoli fotografie ed una notevole sensibilità che lo spinge a cercare inquadrature e soggetti diversi anche in luoghi dove è facile per chiunque realizzare belle foto ed ogni inquadratura è una "cartolina": la Costiera Amalfitana. Nicola evita con cura la banalità degli splendidi paesaggi naturali, dei cieli blù e delle acque limpide, ricorrendo al bianconero che sviluppa da sé ma che, non avendo lo spazio per una camera oscura, affida alla stampa di un qualificato laboratorio professionale.
"Da qualche anno uno studio intenso del Bianco e Nero e delle sue immense potenzialità ho spostato i miei interessi verso il ritratto, la foto di teatro e scorci paesaggistici ed architettonici in una ricerca tesa ad evidenziare, attraverso tagli selettivi e sfruttando rigorosamente la luce ambiente, la componente grafica del soggetto più che la sua forma".
Niente foto da cartolina dunque, ma una "costiera alternativa" che compare di tanto in tanto in maniera discreta, uno sfondo e non il soggetto principale, per delle immagini che non hanno voluto cedere alla tentazione di rappresentarla.