Fotografare la realtà può essere anche il pretesto per ricercare all'interno di essa forme e giochi di luce che si confondono tra loro e che danno vita ad immagini astratte, a fotografie il cui senso si perde nella ricerca di suggestioni visive e interpretazioni personali.
Le cave di pietra leccese sono enormi spazi abbandonati ed immense pareti lasciate al correre del tempo e alla corrosione degli anni. Si stagliano impetuose queste gole create dall'uomo, un costruttore assente e lontano, la cui presenza la si può intuire dai macchinari abbandonati, dai giganteschi tagli, dalle pietre levigate, dalle scale che troneggiano ad ogni angolo e su molte pareti.
Salento, remote terre bagnate dal sole. Di tanto in tanto, in qualche luogo lontano, la campagna si apre a queste gole profonde, a questi spazi di memoria recente, luoghi trasandati e abbandonati, nei quali le uniche forme di vita sembrano ormai essere arbusti ed ulivi, macchinari arrugginiti dal tempo e silenzio, un profondo silenzio.
Le cave di pietra leccese sembrano architetture incastonate nello spazio immenso e sconfinato, sembrano poste ai margini della vita contadina. Pareti si innalzano ripide, tagliate e forate dal lavoro di un tempo, dai mezzi meccanici e dall'uomo abbandonati i primi, scomparso il secondo. Le cave, bianchissime in pieno sole, sono luogo di ombre che ad ogni angolo e da ogni anfratto si intrecciano, come fantasmi, con i tagli imprecisi ed incostanti, con le pietre abbandonate ed i massi, con i rampicanti ed i cespugli.
Perduto in queste atmosfere, in questi luoghi abbandonati tra gli ulivi ed i vigneti, ho cercato nelle cave, sulle pareti e negli angoli, la costruzione d'immagini attraverso la rappresentazione della realtà, così come essa ci è stata lasciata. Allora i tagli precisi e geometrici, che delineano il lavoro metodico di un tempo, si sono mutati in linee che evidenziano geometrie astratte, che si uniscono in giochi di forme con i rampicanti, con le piante, con scale di ferro e scale scolpite nella roccia, con anfratti oscuri e giochi di luci. Sono proprio queste ultime ed il sole ad avere un ruolo fondamentale, ogni fessura diventa un'ombra incomprensibile, un'ombra strana e astratta che si perde negli angoli e con essi sembra giocarci, sembra unirsi in composizioni semplici e reali.
Il fotoastrattismo, trova il suo sviluppo nella ricerca sistematica di forme e di particolari più o meno uniformi, che vengono estrapolati da un contesto generale per dare vita, in questo caso, a morbidi disegni naturali e immagini di una natura scolpita dall'uomo. Tratti leggeri e marcati sembrano segni, disegni e tracce lasciate sui muri, sulle bianche pareti, tra le ricche sfumature, pennellate astratte, queste, che il tempo ha disegnato e fermato sopra ogni cosa. È bellissimo addentrarsi in queste architetture imprecise, è come fare un tuffo nel silenzio, nella pace e l'entrare in questi luoghi sembra quasi esser di disturbo alla quiete circostante, sembra di violare memorie passate.
Fare fotografia in questi luoghi non può che stimolare la ricerca di immagini diverse, di racconti astratti dove l'uomo è fantasma e dove le ombre e gli oggetti abbandonati sono i necessari protagonisti. Il fotoastrattismo non può che essere una ricerca attenta di un soggettivismo che vada oltre i soliti canoni fotografici; la documentazione della realtà nel suo momento più esplicito lascia il passo ad una documentazione di luoghi veri, reali, nei quali però è difficile non ricercare elementi differenti e composizioni intuitive, costruzioni naturali che rendono le immagini diverse dal solito.
Andrea Casiraghi © 01/1999
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