Il sensore curvo? Nulla di nuovo sotto il sole...
Come sono i sensori fotografici? Piatti.
E come sono gli occhi degli animali (uomo incluso), frutto di migliaia di anni di evoluzione? Curvi. Un motivo ci sarà! E chissà se il brevetto del 2012 di Sony, relativo appunto ad un sensore curvo, è legato in qualche modo a questa considerazione. Non vi daremo link diretti a questo o quel sito che parli della notizia, ritornata in auge di recente perché Sony ha presentato il sensore ad un recente Technology Symposium svoltosi ad Honolulu: basterà cercare “Sony sensore curvo” su Google per trovare ampi riferimenti al tutto.
Facciamo invece un passo indietro: tanti anni fa, diciamo una ventina, c’era un nonno che amava portare la nipotina al mare; gli piaceva accontentarla quando voleva accostarsi ai soliti carretti dei venditori ambulanti pieni di oggettini colorati e dal basso costo, probabilmente realizzati apposta per chi va in vacanza e si trova a doversi confrontare con le continue richieste dei bambini.
Un bel giorno il nonno torna a casa tutto contento:
“Guarda, ho trovato una fotocamera subacquea ad un prezzo ridicolo!”. In effetti la confezione, studiata apposta per i bagnanti che capivano poco di fotografia, giocava sui colori e sul nome
“Master Aqua” per dare l’idea della fotocamera sub, cosa non vera ma, del resto, neanche millantata da nessuna parte. Anche la dicitura
“Focus Free” dava l’idea dell’autofocus, mentre sta per
“fuoco fisso”. In pratica, era una compattina ad ottica fissa di qualità molto bassa, pari od inferiore alle
“Usa e getta” che, in quel periodo, andavano molto di moda. Aprendo il dorso, si notava che il pressapellicola aveva la forma curva in modo da poter fare a meno di correggere l’obiettivo per la curvatura di campo, senz’altro vistosissima.
Quindi, cara Sony, non hai inventato un bel niente: i signori di Master Aqua sono arrivati ben prima del gigante nipponico!
Mettiamo ora da parte il nostro finto quanto scherzoso scoop, e torniamo all’oggi.
Come sappiamo, tutti i sistemi ottici (inclusi dunque gli obiettivi fotografici) soffrono delle cosiddette “aberrazioni”. Cosa siano è spiegato un po’ ovunque sul web, nonché
su Nadir, qui.
Ai tempi della pellicola, la correzione delle aberrazioni era fatta nei limiti del possibile, lavorando sugli schemi ottici e sulla scelta dei vetri da utilizzare: lenti asferiche, lenti a bassa dispersione, e così via, e sempre dovendo scendere a compromessi, visto che spesso nel correggere una specifica aberrazione se ne peggiora un’altra (la storiella della botte piena e della moglie ubriaca è sempre valida).
Ottiche grosse, pesanti e costose erano il prezzo da pagare per chi voleva una maggiore qualità. Oggigiorno, grazie al digitale, molte di queste aberrazioni sono corrette via software - con varie modalità a seconda dei produttori. Però i costruttori di ottiche, dopo aver quasi smesso di correggere la distorsione ed altre aberrazioni, visto appunto che si correggono facilmente via software, sono rimasti con un’altra aberrazione per la quale (sempre via software) non si può fare nulla: la curvatura di campo.
Le immagini fornite dagli obiettivi sono, per loro natura, curve (quando metti a fuoco ad un metro, è un metro davanti a te, ma alla tua destra ed alla tua sinistra è un metro e qualcosa). Da qui la necessità dei primi Planar, chiamati così proprio per enfatizzare la loro notevole planeità di campo. Però il difetto sul “davanti” si ripropone anche dietro, vale a dire sulla pellicola o sul sensore. E Sony, parlando del suo sensore curvo, dice: “Abbiamo realizzato un sistema fotografico che comprende un sensore CMOS retroilluminato (BSI) curvo, con obiettivo integrato, che raddoppia la sensibilità al bordi dell’immagine e aumenta la sensibilità al centro dell’immagine di un fattore di 1.4”. Grazie a questa forma, dice sempre Sony, si rimedia alla curvatura di campo e si possono costruire obiettivi più luminosi con una apertura massima maggiore rispetto ad un sensore tradizionale, piano.
Insomma, se il tutto diventerà realtà, con un sensore curvo si potranno forse risparmiare un bel po’ di soldi costruendo obiettivi con meno lenti, più compatti e leggeri, senza questo problema, anche se ci si può chiedere come faranno i progettisti a stabilire la giusta curvatura visto che ogni obiettivo ha il suo difetto in misura diversa. Forse, viste le dimensioni minime del sensore, la differenza di curvatura necessaria sarebbe quasi trascurabile ed il “quasi” verrebbe compensato con una certa correzione nell’obiettivo (non del tutto abbandonato a se stesso) e con la PDC. Questo potrebbe soddisfare le esigenze più generiche; probabilmente, per il caso più estremo di una riproduzione, nessuno si sognerebbe di farla a tutta apertura. Ma, come detto, le nostre sono mere speculazioni.
Chiudiamo con un’ultima considerazione. Non siamo dei luddisti e siamo i primi a gioire quando il progresso ci migliora la vita. Ma se questo è lo scenario che si prospetta, non possiamo non pensare anche al fatto che chi ha fotografato in passato (e chi oggi si diverte a farlo con ottiche d’annata) ha avuto probabilmente l’onore di conoscere ed usare le ottiche “più perfette” della storia della fotografia, perché in un futuro non troppo remoto potrebbero addirittura non servirci più: con un sensore curvo, il vecchio Planar sarà da buttar via…
Rino Giardiello e Agostino Maiello © 06/2014
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