PAN CARRÉ
Elogio del quadrato
Carlo Riggi, aprile 2018

Il formato è il parametro principale di una fotografia, il presupposto sul quale va a svilupparsi il gesto visivo. Va scelto prima dello scatto, non dopo.

Amo i formati tradizionali: 3:2 e 1:1, con qualche (rara) concessione al 4:3. I formati intermedi mi danno l’impressione di crop riparativi o aggiustamenti posticci. Non c’è nulla di male a sistemare e rifilare una foto in sede di post produzione (è quello che si fa quasi sempre), ma la fruizione di una fotografia richiede di essere diretta, immediata, e pretende che non vi sia pensiero alcuno sulla fatica fatta dall’autore per ottenerla, tagli compresi: l’opera compiuta deve apparire all’osservatore come una cosa semplice; quando il fruitore notasse qualche farragine e fosse costretto a domandarsi quali vicissitudini siano intervenute nella realizzazione, a quel punto il godimento svanirebbe fatalmente.
Il formato è la cornice, il limite, il perimetro entro cui gestire la libertà espressiva, ma è anche un modo di concepire lo spazio, di riempirlo e di abitarlo.

Carlo Riggi Elogio del formato quadrato

Il formato di gran lunga più utilizzato è il rettangolo, che asseconda al meglio le virtù del dinamismo, della linearità, della progressione temporale; la percezione dentro il rettangolo segue precisi, predefiniti moti vettoriali, con una forza, una direzione e un verso, a partire da un punto di applicazione. Il quadrato è più intrigante, più complesso, direi più aristocratico. Al suo interno trovano posto le leggi del moto circolare, tempo e movimento possono fermarsi, se lo vogliono, e la disposizione degli elementi nello spazio tracima le imposizioni della gravità, creando geometrie più ampie, imprevedibili e meno codificate, dove, come nel sogno freudiano, le adiacenze spaziali creano originali nessi causali.
Il rettangolo è una vasca di pesci rossi, dove vedi il tempo scorrere avanti e indietro, segui le storie con un verso narrativo dato, senza mai sovvertire le regole della fisica classica. Il formato quadrato segue una logica quantistica, un sistema a “n” gradi di libertà (quanti il fotografo è in grado di concepirne).
In una foto rettangolare c’è un mondo, dentro una foto quadrata c’è l’universo: “l’infinito è un quadrato senza angoli”, recita un antico detto cinese.
Ci vuole una grazia particolare per utilizzare come si deve il formato quadrato, oppure una generosa follia. Quando fai una bella foto rettangolare ti senti un artista; quando fai una bella foto quadrata, puoi sentirti Dio.
Che sia il prodotto di una moderna diligente macchina giapponese, di un residuato postbellico russo, di una trasognante Holga o di una altezzosa Hasselblad, il formato quadrato propone sempre una sfida di livello superiore all’autore e al fruitore. 

Carlo Riggi Elogio del formato quadrato

E allora tutto quadrato? Pan Carré?
Certo che no, ogni formato ha la sua dignità e il suo perché. Il rettangolo accompagna le narrazioni come nessun altro, è naturalmente descrittivo senza per questo porre limiti alla sua potenzialità evocativa; davanti a una foto quadrata, però, il mondo per un attimo si ferma. Il quadrato richiede tempo, pazienza, tenacia. La sua area è lo spazio dell’iperbole, il narcisismo del lato che moltiplica se stesso dando luogo a infiniti mondi potenziali. Il quadrato è un viaggio dentro mappe in continuo mutamento. Ci si muove come in un labirinto, perdendosi e ritrovandosi, lentamente cercando l’uscita. Ogni volta mai la stessa.

Carlo Riggi © 04/2018
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