Al di là del tripudio di forme e colori, l'universo piccolo è un mondo compiuto, in cui vediamo svolgersi avvenimenti, concludersi drammi, accendersi passioni: chi si rincorre per amore, chi per fame; chi si approfitta degli altri, chi ne è sfruttato. Qualcuno finge, qualcuno ci casca; qualcuno muore, a volte in maniera drammatica (ma esiste un modo non drammatico di morire?). Qualcun altro nasce, ed è accudito con la stessa dedizione che ci aspetteremmo da una madre umana... A volte, persino di più. Ritroviamo in pieno dinamiche e pulsioni cui siamo avvezzi nella nostra scala dimensionale, nella nostra misura di animali "superiori" grandi e grossi, una completa gamma di istinti e di vicende riprodotta in parallelo, universo nell'universo.
Nella distanza che colmeremo fermandoci a guardare,
quando ci chineremo e per un attimo annulleremo l'abisso
che di solito ci separa dalla terra, e quindi dalla
Terra, in quell'istante riecheggerà la proporzione tra
noi e il cosmo intero, e forse ne percepiremo profondità
e spazio, e le diverse scale di grandezza. Lasciatemi
essere banale ancora una volta: a quel punto chiedersi
se noi pure, visti da lontano, non si appaia come un
brulicare di piccoli esseri stipati su un granello di
sabbia perduto nelle sfere celesti, forse non sarà
davvero una cosa originale, ma di certo la più naturale.
Abbassare lo sguardo sulla terra avrà allora lo stesso
significato di alzare gli occhi alle stelle, e potremo
coglierne la stessa solennità.
Usciamo allora, e pieghiamo il capo ad osservare, e che
quel gesto sia anche un umile inchino al rifiorire della
vita, e alla primavera del piccolo popolo: ci
accorgeremo presto di quanto saprà ricompensarci.
Vitantonio Dell'Orto © 03/2007
Riproduzione Riservata
www.exuviaphoto.it
Pubblicato nella rubrica "L'Arzigogolo" di Oasis n°164