PRIMAVERA COL PICCOLO POPOLO
Il popolo della microfauna e della flora: piccoli animali, insetti, piccoli fiori
Vitantonio Dell'Orto, marzo 2007

Stavolta i miei venticinque lettori non troveranno le amenità cui questa rubrica li ha abituati: niente filosofia o disquisizioni sui massimi sistemi, niente moralismi, ma piuttosto una modesta elegia, un inno, e al tempo stesso consiglio e buon auspicio.
La primavera sta arrivando. Frase banale da dire alla fine di marzo, ma non per questo meno vera, come capita con i passaggi fondamentali della vita. Lasciatemi allora essere banale per una volta. La primavera sta arrivando: forse non proprio ora, mentre sfogliate queste pagine, ma di certo a giorni o a ore, e sarà dolce e tiepida e colorata, e gravida di sentori profumati. La Natura rialzerà come sempre la testa, e noi fotografi con lei: lucideremo l'attrezzatura, più probabilmente cercheremo di rammentarne l'uso. Sogneremo di prossimi viaggi e fughe, e di nuovi orizzonti. Io qui celebro invece la maestosità delle piccole cose, la grandiosità delle dimensioni minime, un mondo alternativo in cui fuggire, che non richiede trasferimenti onerosi, ma solo di essere considerato. È il mondo del microcosmo, e c'è un piccolo popolo ad abitarlo; non il drappello fiabesco di gnomi e folletti dell'immaginario di ogni paese, ma una comunità reale, che vive sotto i nostri occhi spesso ignari. È il popolo della microfauna, e della flora: parlo dei piccoli animali, degli insetti, degli invertebrati, dei piccoli fiori. Parlo anche dei dettagli, delle trame, delle mirabili strutture e dei disegni naturali che da vicino guadagnano una proporzione imponente, altrimenti invisibile ai nostri occhi, geometrie che nella dimensione minuscola rivelano la loro straordinarietà. Lasciatemi essere banale: il filo di perle di una ragnatela rugiadosa, le scalettature di una pigna, le venature di una foglia, il caos policromo delle scaglie dell'ala di farfalla.


Al di là del tripudio di forme e colori, l'universo piccolo è un mondo compiuto, in cui vediamo svolgersi avvenimenti, concludersi drammi, accendersi passioni: chi si rincorre per amore, chi per fame; chi si approfitta degli altri, chi ne è sfruttato. Qualcuno finge, qualcuno ci casca; qualcuno muore, a volte in maniera drammatica (ma esiste un modo non drammatico di morire?). Qualcun altro nasce, ed è accudito con la stessa dedizione che ci aspetteremmo da una madre umana... A volte, persino di più. Ritroviamo in pieno dinamiche e pulsioni cui siamo avvezzi nella nostra scala dimensionale, nella nostra misura di animali "superiori" grandi e grossi, una completa gamma di istinti e di vicende riprodotta in parallelo, universo nell'universo.
Nella distanza che colmeremo fermandoci a guardare, quando ci chineremo e per un attimo annulleremo l'abisso che di solito ci separa dalla terra, e quindi dalla Terra, in quell'istante riecheggerà la proporzione tra noi e il cosmo intero, e forse ne percepiremo profondità e spazio, e le diverse scale di grandezza. Lasciatemi essere banale ancora una volta: a quel punto chiedersi se noi pure, visti da lontano, non si appaia come un brulicare di piccoli esseri stipati su un granello di sabbia perduto nelle sfere celesti, forse non sarà davvero una cosa originale, ma di certo la più naturale. Abbassare lo sguardo sulla terra avrà allora lo stesso significato di alzare gli occhi alle stelle, e potremo coglierne la stessa solennità.
Usciamo allora, e pieghiamo il capo ad osservare, e che quel gesto sia anche un umile inchino al rifiorire della vita, e alla primavera del piccolo popolo: ci accorgeremo presto di quanto saprà ricompensarci.

Vitantonio Dell'Orto © 03/2007
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Pubblicato nella rubrica "L'Arzigogolo" di Oasis n°164