Il breve racconto dell'esperienza di un'occasione persa, ovvero quando non tutto va come dovrebbe. Pubblicato sulla rivista Oasis di Luglio/Agosto 2001, nella rubrica "la redazione racconta".
Un Chiurlo maggiore là dove avrei voluto vedere lo Smeriglio...
Da lettore di riviste di natura prima, e da collaboratore adesso, so quanto può essere fuorviante l'immagine che talvolta si ha dall'esterno del lavoro di fotografo della natura, se giudicato solo attraverso le immagini pubblicate.
Immagini selezionate che danno l'idea di un lavoro di ripresa filato liscio e senza alcun intoppo. Per questo mi sorride l'idea di raccontare uno dei tanti episodi che potrebbero rientrare in un ipotetica rubrica dal titolo "l'immagine mancata", nella quale ognuno di noi avrebbe un'infinità di cose da scrivere.
Un esempio del genere è quanto accaduto durante uno dei miei viaggi nelle isole Vesterålen, Norvegia, mentre ero fermo sul ciglio di una strada, fuori dall'auto, intento a "sbinocolare".
Un falco Smeriglio attraversa il mio campo visivo, come una freccia colorata. Lo vedo posarsi su un monticello di muschio, ad una ventina di metri da me. Ci fissiamo per qualche attimo, poi sparisce zampettando dietro la vegetazione. L'involo disperato di una pispola, in un deflagrare di piume nell'aria, mi fa capire che il piccolo predatore è andato a servirsi di un pasto fresco. Dopo qualche secondo infatti emerge da dietro il muschio e si ferma sulla cima del cocuzzolo erboso con un pulcino implume che gli penzola dal becco, ancora vivo. Un altro sguardo e via, un rapido volo dietro una costa rocciosa poco distante.
Vado a cercare il nido e trovo altri tre piccoli nidiacei. Resto incerto tra la particolarità della scena, lo sconcerto per l'inevitabile crudeltà implicita in ogni predazione, e il desiderio di riprendere l'accaduto così come si è presentato davanti ai miei occhi, col rapace posato e ritto, simbolo stesso di efficienza e potere, splendido nel piumaggio ruggine e ardesia, la preda impotente e fragile che gli si agita nel becco.
Ma il programma è diverso per oggi, mi sono organizzato per seguire altri soggetti, e la scarsa elasticità mentale in quest'occasione mi gioca un brutto scherzo. Rimando il tentativo al tardo pomeriggio. Per il resto della giornata però continuo a pensarci, a prendere le misure mentali dello scatto, a riflettere sulle tecniche più adeguate, e soprattutto (cosa sempre imprudente, da un punto di vista scaramantico) a vedere già l'immagine realizzata con gli occhi della mente.
Quando finalmente torno sul posto una rapida ispezione mi rivela che la dispensa è vuota: il nido è ormai completamente predato, nessuna traccia nemmeno dell'adulto. Maledico il mio scarso tempismo e al tempo stesso la voracità del piccolo falco, dimenticando per un istante che sicuramente anche lui ha dei nidiacei da sfamare. Che occasione persa, che situazione interessante, e che bel soggetto, soggetto col quale ora difficilmente posso sperare di avere un contatto così ravvicinato. Ora non ha più alcun senso tentare un appostamento, o posizionare la fotocamera con un telecomando come avevo in animo di fare. Non c'è alcuna possibilità che l'animale si faccia vedere, senza una preda a lusingarlo e con la mia ingombrante figura che cammina intorno da un quarto d'ora.
Ma la natura è sempre pronta a sorprenderti, ha sempre in serbo qualcosa che non ti aspetti, anche se in questo caso al danno aggiunge la beffa. Quando mi sono ormai voltato per tornare sulla strada, ecco infatti un veloce guizzo scuro e lo smeriglio che si posa sul luogo del misfatto, incurante dell'auto e della mia presenza a pochi passi.
Evidentemente poco convinto che la cuccagna sia finita gira intorno al nido, lo ispeziona più volte, resta perplesso, ci torna... io resto immobile, basito, colpito soprattutto dal pensiero che se avessi piazzato la fotocamera solo cinque minuti prima, contravvenendo alle più elementari regole del buon senso nel puntarla verso un nido vuoto, ormai un punto qualunque sulla sconfinata mappa della tundra, avrei scattato la foto che avevo desiderato a quello stesso falchetto che invece ora sto osservando sparire nella boscaglia.
Vitantonio Dell'Orto © 05/2003
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