IL FORUM SUL GRANDE FORMATO: MARZO 2002

Posseggo un banco ottico 4x5 Horseman con ob. Schneider 5/6 210mm, ma una cosa veramente non riesco a capire: si tratta del basculaggio che anche il vostro sito tratta ma non molto comprensibilmente; per esempio la regola di Scheimpflug, capibile nella teoria ma nella pratica è veramente difficile per me seguire. Ho consultato diversi testi ma la mia perplessità è ancora forte: mi affido a voi e alla vostra pazienza. Walter

Il basculaggio della standarta anteriore viene utilizzato essenzialmente per consentire l'applicazione della regola di Scheimpflug, la quale dice che quando il piano su cui giace il soggetto, il piano dell'ottica e il piano focale si incontrano lungo un'unica retta, l'immagine apparirà a fuoco indipendentemente dal diaframma utilizzato. Come si applica in pratica? Se si lavora in studio esistono metodi più o meno precisi. Di fatto si tratta di calcolare degli angoli e la cosa non è difficile. Molti appareccghi a banco ottico (ad esempio Sinar) hanno poi dei metodi pratici di calcolo basati sulle scale graduate presenti alla base delle standarte. Se si usano le folding, generalmente prive di scale graduate e millimetrate, si va... "a occhio", basandosi sull'impressione di nitidezza sul vetro smerigliato. Un buon sistema consiste nel rispettare questa sequenza di operazioni:

1. Mettere a fuoco sul punto più lontano;
2. Basculare;
3. Aggiustare la messa a fuoco fino a quando non appare nitido anche il punto più vicino;
4. Chiudere il più possibile il diaframma compatibilmente con le esigenze di ripresa.

Con un po' di prove e di esperienza, di solito tutto funziona. Su Nadir compariranno presto un paio di miei articoli proprio sulle tecniche del basculaggio e sulla regola di Scheimpflug.

Fotografo da poco con un banco ottico e ho la difficoltà di reperire una tabella che in basse alla focale e al tiraggio mi dia il valore di stop in più. So che esistono tabelle che evitano calcoli complicati. Si vendono? Ne avete una voi? In attesa di una Vs. gentile risposta ringrazio. Distinti saluti, Antonio Malavenda - antoniomalavenda@tin.it

Esiste un metodo facile, che "traduce" e volgarizza il calcolo classico del fattore di posa, rendendolo applicabile anche quando si lavora all'aperto e non si dispone di calcolatrice. Si tratta in pratica di tradurre la lunghezza del soffietto espressa in centimetri e la lunghezza focale dell'obiettivo in valori di diaframma. Ad esempio, se dopo la messa a fuoco del soggetto si constata che il tiraggio è pari a 30 cm, questo equivarrà a f/32 (una ragionevole approssimazione è ammessa e non influisce sul risultato finale). Se si sta usando un obiettivo da 210 mm, questo equivarrà a f/22. A questo punto si calcola lo scarto, in diaframmi, tra il valore corrispondente alla lunghezza focale e quello corrispondente al tiraggio. In pratica, quanto c'è tra f/22 (corrispondente alla focale) e f/32 (corrispondente al tiraggio)? Esattamente un diaframma. Bene, l'incremento del fattore di posa richiederà allora che l'esposizione venga incrementata di uno stop. Altro esempio. L'obiettivo ha una focale di 90 mm (corrispondente quindi a f/8), mentre il tiraggio necessario è pari a circa 27 cm. Ovviamente f/27 non esiste ma si può dire che sta tra f/22 e f/32. Quanto c'è tra f/8 e f/27? Più o meno tre diaframmi e mezzo. Incrementando l'esposizione di quattro valori saremo certi di andare sul sicuro. Ma cosa vuol dire incrementare di "n" valori? I casi sono tre:

1. Se lo scarto non è eccessivo si può aprire il diaframma, stando però attenti a non diminuire troppo l'area di profondità focale e soprattutto di non cadere in diaframmi troppo aperti che potrebbero causare l'insorgere delle aberrazioni ottiche. Per esempio io non avrei problemi a passare da f/32 a f/22 (se la profondità di campo non ne risente), ma aprire a f/8 (quattro valori) sarebbe un madornale errore.
2. In questo caso è meglio agire sul tempo di otturazione, stando però attenti all'insorgere del difetto di reciprocità. Aumentare di quattro valori non è uno scherzo, e può voler dire non tanto passare da un secondo a 16 secondi (come risulterebbe da un calcolo strettamente aritmetico), quanto impostare una posa di almeno un minuto per compensare adeguatamente il difetto di reciprocità (il grado di compensazione dipende dal tipo di emulsione e viene dichiarato dal fabbricante: il nostro è un semplice esempio).
3. Si può ovviamente effettuare una combinazione dei due valori (diaframma e tempo) qualora non si ritengano convenienti tempi di otturazione troppo lunghi.

Il calcolo semplificato del fattore di posa (che non richiede neppure l'uso di un metro, dal momento che il tiraggio può essere misurato a spanne) risulta più rapido ed efficace di quanto non sia la consultazione di diagrammi e tabelle. Ovviamente vale solo con gli obiettivi a schema tradizionale, nei quali il tiraggio coincide con la lunghezza focale. I teleobiettivi, che richiedono un tiraggio inferiore alla distanza focale nominale, sfuggono a tale regola.

Ciao, ho la Dardoff 8x10 e la uso con un vecchio Dagor, che è una meraviglia ma le foto mi vengono tutte slavate e bianchiccie. Perché succede questo? Piero, Rovigo.

Caro Piero da Rovigo, la forza totale di un insieme è la forza del suo anello più debole. È un po' come quando si fa la polenta: possiamo usare la migliore farina ma se l'acqua è cattiva o se non la giriamo bene mentre cuoce viene una schifezza. Lei usa un apparecchio Deardoff 8x10. Splendida macchina, ma è sicuro che sia in perfetto ordine? Ha controllato la tenuta del soffietto? Potrebbero esserci microscopici fori nella pelle che fanno filtrare la luce quel tanto che basta per velare il negativo (il che spiegherebbe le foto slavate). Il Goerz Dagor è un'ottica storica, ma non ha pensato alla possibilità di affiancarle un obiettivo più recente, magari dotato di trattamento antiriflessi multistrato? E poi, lei non dice nulla sul procedimento di sviluppo e stampa. Tratta personalmente i negativi o li affida a un laboratorio? In entrambi i casi, è certo della qualità dei chimici e dell'accuratezza del trattamento? Controllando passo dopo passo tutti i componenti del suo sistema fotografico, riuscirà certamente ad individuare l'anello debole, quello che provoca la caduta di qualità da lei lamentata.

Ho acquistato tempo fa una Linhof Technika (dovrebbe trattarsi di una IV, dalle specifiche da me trovate in altri siti web sul Grande Formatof) usata. Eccezionale! Basculaggi, Scheimpflug, tonalità di grigi incredibili! Però 2 o 3 volte mi è capitato un leggero fuori fuoco. Va bè, mi sono detto, il vetro non è luminosissimo, mi sarò sbagliato. Poi però riflettendo sulle possibili varianti, mi sono detto: il problema si è sempre verificato quando ho usato il diaframma alla massima apertura (5,6). Non sarà che in realtà la messa a fuoco era sistematicamente poco corretta e che la profondità di campo che mi davano diaframmi molto stretti non mi ha svelato il problema? Fattostà che sono andato a misurare lo scalino che si trova fra il bordo dello chassis e la superficie emulsionata del negativo (che ho inserito nello chassis prima di eseguire la misurazione, così da tenere conto del suo spessore). Poi ho fatto lo stesso con il vetro smerigliato e la cornice della standarta posteriore (si chiama così nelle folding?): risultato 1-2 mm di differenza (maggiore la profondità dello chassis). Il tutto poi torna se vado a vedere le foto sfuocate, dato che in realtà il piano messo a fuoco si trova un po' più vicino alla macchina da presa, rispetto al soggetto che risulta sfuocato (infatti, rispetto al vetro smerigliato usato per la messa a fuoco, la pellicola, vista la maggior profondità dello chassis, si viene a trovare 1-2 mm più indietro, aumentando così la distanza obiettivo-pellicola). Dopo tutta questa forse un po' noiosa premessa, chiedo: gli chassis che mi sono stati venduti insieme alla macchina non vanno bene? Se sì, come acquistare quelli adatti? Li costruisce solo la Linhof? I dati riportati su quelli da me usati sono 4x5 Film holder MFG. Co. Sun Valley Ca. USA Pats. 2.946.271 3.091.168 FIDELITY ELITE. Grazie, Antonio Scorletti

Nel grande formato esiste una regola tassativa e inderogabile, che è quella di non usare MAI l'obiettivo a tutta apertura, e neppure ai diaframmi più aperti. Un'ottica caratterizzata da un'apertura relativa massima di f/5,6 incomincia a funzionare benino a f/11, bene a f/16, meglio da f/22 a f/32, per poi calare di nuovo, a causa della diffrazione, a partire da f/45. Lo sfocato che lei rileva è una colossale ed evidente perdita di nitidezza dovuta alle aberrazioni ottiche. In realtà le cose non funzionano come nel piccolo formato, dove gli obiettivi possono anche - in casi eccezionali - essere usati a tutta apertura: nel grande formato l'apertura relativa massima serve solo per la visione e la messa a fuoco. Controlli anche il perfetto parallelismo delle standarte quando i movimenti sono azzerati: un urto o un colpo di qualunque genere possono averle disassate causando un perenne e non voluto basculaggio che può contribuire alla perdita di nitidezza. Non so quanto vecchi siano gli chassis che le sono stati venduti insieme alla macchina: certi chassis che si usavano un tempo possono avere dei problemi di dilatazione meccanica dovuta agli sbalzi di temperatura. Lo stesso avviene per gli chassis in legno, per quanto stagionato sia. Gli chassis Fidelity Elite sono comunque i migliori e - se ragionevolmente nuovi - non causano problemi di alcun tipo.

Ancora dal medesimo lettore: Carissimo Vacchiano, innanzitutto grazie per la immediata risposta. Penso purtroppo che il problema non sia la massima apertura, perché il terreno 2-3 metri davanti del soggetto che avrebbe dovuto essere a fuoco era effettivamente a fuoco (granelli di sabbia ben nitidi e definiti). Come ti dicevo ho misurato (non so se riesco a spiegarmi senza un disegnino): 1.la profondità tra il bordo dello chassis e la pellicola montata su questo e 2.la profondità tra il bordo della standarta posteriore (quella che con un meccanismo a molla si allontana, quando si carica lo chassis e lo tiene premuto) e la superficie anteriore del vetro di messa a fuoco (quella smerigliata). Le 2 profondità sono diverse 2 -3 mm la 1. e 4-5 mm la 2. Risultato: quando monto lo chassis la pellicola viene a trovarsi un paio di mm posteriormente rispetto al piano in cui si trovava il vetro smerigliato al momento della messa a fuoco; questo spiegherebbe il perché sul negativo risulta nitido il terreno (sabbia) che si trova un paio di metri al davanti del soggetto che risultava nitido sul vetro di messa a fuoco. Ripeto, questa è l'unica spiegazione che ho saputo trovare (d'altra parte è inequivocabile che la pellicola e il vetro devono trovarsi sullo stesso piano per poter esserci una messa a fuoco precisa; ed è inequivocabile che le profondità 1. e 2. sono diverse come ti dicevo prima). Non potrebbe essere quindi che ci sono diversi tipi di chassis (che so: quelli per le folding sono un po' diversi rispetto a quelli per il banco ottico e magari chi mi ha venduto la macchina usava quegli chassis per il banco ottico; oppure la standarta posteriore della Technika era di un modello precedente - lo dico perché ha un rivestimento tipo "martellato" grigio anziché nero come il rivestimento in finta pelle del resto del corpo macchina -, che richiedeva chassis con una distanza bordo/pellicola inferiore)? Non ho ancora sentito un riparatore (sono nella zona di Roma; me ne potresti consigliare uno?): in ogni caso che ne pensi?

Non so davvero che cosa dire. Escludo che ci siano chassis diversi: se fatti come si deve, tutti gli chassis devono essere costruiti in modo che la pellicola venga a trovarsi esattamente dove si trovava il vetro smerigliato durante la visione e la messa a fuoco. Io uso i Fidelity indifferentemente sulle folding e sul banco ottico e anche cambiando marche e modelli non ho mai riscontrato differenze. Può essere che il dorso da te acquistato sia difettoso, nel senso che per qualche ragione il vetro smerigliato è spostato rispetto a dove dovrebbe trovarsi? Mi dici che forse la macchina è il risultato di un "assemblaggio" di parti diverse. Se un dorso proveniente da un modello precedente è stato applicato all'apparecchio, allora possono effettivamente verificarsi problemi di compatibilità. Lo stesso potrebbe avvenire a causa della lente di fresnel, che se applicata in modo non corretto potrebbe (in certi modelli, e non so se la Techika è fra questi) spostare il vetro smerigliato. Si può verificare anche il contrario: se il modello era stato previsto per la lente di fresnel e questa è stata rimossa, il vetro smerigliato può venirsi a trovare più avanti (cioè verso l'obiettivo) di quanto dovrebbe essere. Sono tutte ipotesi. Bisognerebbe rivolgersi a un riparatore specializzato ma a Roma non ne conosco. Puoi però telefonare direttamente all'importatore (Gruppo BP) per farti indicare qualche buon artigiano capace di intervenire sull'apparecchio.

Tempo fa vi avevo chiesto un parere su una Graflex che mi avevano proposto ma che non avevo visto. Oggi ho esaminato il materiale nei dettagli. Il corpo macchina è una Speed Graphic 4x5 con telemetro teoricamente accoppiato, ma che non funzionava. La macchina mi ha colpito per il fatto di avere una specie di secondo otturatore a tendina davanti allo chassis: si carica un meccanismo a orologeria e con due scatti di un pulsante la tendina rimane aperta, con un terzo resta chiusa. Ho trafficato col banco ottico (un Toyo View 13x18) quando facevo l'assistente, ma non avevo mai visto una cosa del genere. Le ottiche in dotazione sono uno Xenar 135mm f4,7 non trattato anti-riflessi con otturatore Sinchro-Compur, e un Imagon 250mm f5,8 trattato anti-riflessi che mi ha colpito per il fatto di avere una lente sola (?) e un antico otturatore Compur Rapid che, nonostante l'aspetto ottocentesco, funzionava bene. Ci sono anche cinque chassis e un enorme flash a lampada stile Wegee. A parte il telemetro che non funziona, il soffietto mi è sembrato integro e tutti i movimenti della piastra porta-ottiche fluidi. Il prezzo sarebbe di un milione e ottocentomila. Vale la pena? È roba con cui posso pensare di fare qualche lavoro serio? Saluti, Giuliano.

La Speed Graphic era la macchina di Weegee e dei reporter americani. Aveva un otturatore a tendina sul piano focale che si aggiungeva all'otturatore centrale presente sull'obiettivo. Erano anche previsti obiettivi privi di otturatore per l'uso esclusivo con la Speed. A differenza della Super Graphic, la Speed ha una gamma piurttosto ridotta di movimenti, essendo nata come press camera e non come field camera. Ha un telemetro accoppiato che funziona solo se si inseriscono le camme di accoppiamento: ogni obiettivo dovrebbe avere la sua camma. È un sistema macchinoso e complicato (ancora oggi usato dalla Linhof Master Technika Classic), che però ha il vantaggio di consentire la traguardazione attraverso il mirino con la lastra già in posizione e pronta allo scatto. L'Imagon 250 mm non lo conosco. Azzarderei l'ipotesi che quella che appare come una lente sola sia in realtà un doppietto acromatico (le due lenti, positiva e negativa, sono incollate insieme e sembrano una sola): il minimo indispensabile per garantire una correzione almeno passabile delle aberrazioni. Ma poiché l'Imagon è un obiettivo da ritratto, è anche probabile che la scelta di una sola lente sia voluta: certo le immagini così ottenute saranno naturalmente "flou". Un milione e ottocentomila lire per un'attrezzatura del genere mi sembra un tantino esagerato, soprattutto se si considera il fatto che lei dovrà mettere in conto l'acquisto di un obiettivo moderno per poter eseguire lavori di una certa serietà. Consideri il fatto che circa un anno fa l'Unionfotomarket di Torino offriva una Cambo Cadet, completa di obiettivo Rodenstock Geronar 150 mm, scatto flessibile e due chassis Fidelity a meno di due milioni. Ovviamente tutto nuovo. Promozioni del genere non sono infrequenti: provi a informarsi presso i centri Unionfotomarket (www.unionfotomarket.it) e SMAF (www.smaf.it).

Fino a che punto si puó approfittare di un 65mm su un 4x5"? So che la maggior parte delle fotografie per i miei clienti saranno riprese con un 75mm ma a volte serve proprio un 65 (o un 58 addirittura!). Allora, compro un 65mm e inquadro poi durante l'edizione in 75mm? Ne vale la pena considerando che dovrò anche comprare un filtro centrale? Quanti mm di decentramento (col 75mm) posso effettuare su un 4x5" senza utilizzare un filtro centrale? Grazie per la risposta, Flavio D'Inca.

Il limite della fotografia grandangolare su una folding è di natura puramente meccanica: spesso la "scatola" che, a macchina ripiegata, alloggia il soffietto e la piastra anteriore impedisce di montare obiettivi di corta focale; altre volte è la rigidità del soffietto standard che rende limitati i movimenti. Sulle macchine da studio a banco ottico, invece, non ci sono limiti, a patto che si faccia ricorso ad un soffietto floscio capace di garantire la necessaria fluidità dei movimenti. Sia nel caso delle folding che nel caso degli apparecchi a banco ottico, l'uso di una piastra rientrante migliora la manovrabilità dei corpi. L'uso del filtro centrale è necessario soprattutto per lavori di precisione: le riprese generiche di paesaggio possono il più delle volte farne a meno. Tutto dipende dal tipo di soggetti e dalle esigenze del cliente il quale, il 90% delle volte, manco si accorge della caduta di luce ai bordi. Ho preparato per Nadir un articolo proprio sui 65mm che verrà prossimamente pubblicato.

Ma gli obiettivi Congo, che vengono venduti solo su Internet, perché costano così poco? Ho una gran voglia di comperarmene uno, anche perché quelli della serie Commercial costano meno di quanto pagherei uno Schneider usato. Ma il problema è la qualità. Insomma, sono così e economici perché vengono venduti solo per corrispondenza (e quindi non ci sono spese di distribuzione, ricarico dei rivenditori ecc.), oppure perché sono dei fondi di bottiglia? Mi posso fidare? Giulio Gattiglia

Come dicono in Normandia, dove hanno sempre le idee chiare, può darsi di sì come può darsi di no. Mi spiego. Gli obiettivi Congo costano così poco per tutta una serie di ragioni, alcune delle quali squisitamente commerciali (e sono quelle giustamente evidenziate dal lettore), altre squisitamente tecniche. Primo: le ottiche della serie Commercial hanno uno schema ottico a tre lenti che è né più né meno il vecchio tripletto di Cooke. Ora, è vero che alla sua comparsa (fine del XIX secolo) si trattava di un disegno rivoluzionario, capace di correggere magistralmente le aberrazioni più evidenti, ma è anche vero che non era la Perfezione Assoluta, tant'è vero che fu presto migliorato con l'aggiunta di una quarta lente, dando così origine allo schema Tessar e a tutta una serie di nobili discendenti. Nei Commercial Congo la quarta lente non c'è, e non ci sono neppure vetri speciali o terre rare. Secondo: se non ho capito male gli obiettivi Congo non subiscono, prima di uscire dalla fabbrica, alcun controllo di qualità. Questo vuol dire che se l'obiettivo è nato bene tanto meglio, se è nato male nessuno ne risponde, se non l'incauto acquirente che si ritrova tra le mani uno strumento imperfetto. E secondo me basterebbe questo per fuggire a gambe levate! Una volta provai un obiettivo Congo e ci scrissi pure un articolo, a dire il vero non troppo entusiastico. Ma tutto sommato non era malaccio, evidentemente ero stato fortunato. Ma non consiglierei a nessuno di giocare alla roulette russa con la qualità di immagine. A comprare uno Schneider usato almeno si va sul sicuro.

Spett. Nadir, dovendo realizzare delle diapositive molto grandi, mi accontenterei del 13 x 18, vorrei sapere se possibile realizzarle con banco ottico e se in questo tipo di macchina si può caricare la pellicola dia. Se la cosa è possibile vorrei conoscere una azienda o un fotografo che sia in grado di realizzare una diapositiva simile. In attesa ringrazio e saluto. Paolo Russi paolorussi@libero.it

L'uso di un apparecchio a banco ottico o di una folding 5x7" è l'unico modo per ottenere diapositive del formato da lei indicato. Quasi tutte le pellicole professionali invertibili sono prodotte in tutti i formati, compreso il formato 5x7"/13x18cm. Ovviamente la pellicola si presenta sotto forma di lastra piana e deve essere caricata nell'apposito chassis per poter essere impressionata. Qualunque studio professionale di buon livello è in grado di realizzare una ripresa in questo formato. Purtroppo non posso fornirle indicazioni specifiche, dato che non conosco la città in cui lei vive.

Ha senso montare un obiettivo di grande formato su una reflex 35 mmP? Lo chiedo perché ho visto la pubblicità di un sistema Horseman che trasforma la reflex in banco ottico. È possibile? Lina Radicchi

L'aggeggio si chiama View Camera Converter (VCC) ed è in sostanza un soffietto capace di decentramento e basculaggio della piastra portaottica. Monta obiettivi Rodenstock appositamente progettati che vanno dagli 80 ai 180 mm. Può montare obiettivi di grande formato dai 90 ai 300 mm montati su otturatori Copal 0 e Copal 1. Tramite anelli adattatori può essere montato sulle seguenti fotocamere: Canon EOS, Canon FD, Nikon F, Minolta, Contax, Olympus OM, Pentax, Leica R. Due considerazioni: 1. Con il costo di questo accessorio ci si può permettere una folding nuova; 2. Montare su un certo formato obiettivi progettati per formati superiori non ha senso: l'eccesso di campo coperto genera inevitabilmente perdite di nitidezza, senza contare che quanto più cresce il formato tanto più diminuisce il potere risolvente dell'ottica. Il che è logico, se si pensa che il fotogramma dovrà subire minori ingrandimenti. Se gli obiettivi per il formato 35 mm risolvono tranquillamente 70-80 linee per millimetro, le migliori ottiche progettate per il grande formato non superano - quando va bene - le 50, massimo 60 l/mm. Del resto non hanno bisogno di un maggior potere risolvente, poiché quello che conta sono le dimensioni del negativo. Ora, se montiamo un obiettivo siffatto su una reflex di piccolo formato, avremo nella migliore delle ipotesi un sistema ottico molto più scadente di quanto non sarebbe un obiettivo - molto meno costoso - progettato per il formato che si sta usando.

Ho acquistato su una bancarella un obiettivo di grande formato marcato Tele-Xenar 240 mm e montato su un otturatore Linhof Press. Pensavo di montarlo sulla mia Linhof Master Technika. Poiché l'ho pagato solo 300 000 lire mi chiedo: dove sta la fregatura? Luca

Lo Schneider Tele-Xenar 240 mm fu prodotto in molti esemplari intorno agli anni Cinquanta. Se ne trovano parecchi a basso costo sul mercato dell'usato. Un po' meno diffuso l'altro Tele-Xenar, quello da 360 mm prodotto nella stessa epoca. La fregatura è duplice. 1. Essendo destinato alle press camera 6x9, ha una copertura insufficiente per il formato 4x5 pollici: non solo non permette movimenti, ma la qualità di immagine a bordo campo è penosa. 2. Essendo privo di trattamento antiriflessi multistrato ha una resa non paragonabile a quella degli obiettivi più recenti. Usato sul formato 6x9 per fotografare in bianco e nero offre risultati accettabili se ci si sa accontentare.

Gentile signor Vacchiano, che cosa ne pensa di un obiettivo Zeiss Doppel Amatar 135 millimetri f/6,8? Credo che sia degli anni Venti o Trenta. È montato su un vecchio oturatore, di quelli con la ghiera dei tempi incisa su una rotella a parte e la scala dei diaframmi strana, con numeri per noi inusuali. Angelo Ripamonte

Si tratta probabilmente di un otturatore Compound fabbricato a Dresda prima della seconda guerra mondiale. Che cosa ne penso? Dipende da quello che ne vuol fare. Se è per montarlo sulla vecchia folding del nonno, recentemente restaurata e messa nell'angolo del salotto buono, direi che è perfetto. Se è per usarlo... via, non scherziamo.

Non capisco che differenza ci sia tra angolo di campo e angolo di copertura. Nei siti in inglese sul grande formato questa differenza non è spiegata con sufficiente chiarezza. Anna Pampolini

L'angolo di campo (angle of view) definisce la porzione dell'area inquadrata che viene vista dall'obiettivo e riprodotta sulla pellicola. Esso è strettamente dipendente dalla lunghezza focale rapportata al formato del negativo. Per ragioni squisitamente geometriche, esistono in realtà tre angoli di campo: orizzontale, verticale e diagonale, che ovviamente hanno aperture differenti. Per convenzione ci si riferisce sempre a quello orizzontale. L'angolo di copertura (angle of coverage) descrive invece l'ampiezza dell'intero cono di raggi proiettato dall'obiettivo sul piano focale e determina il cerchio di copertura. Esso dipende direttamente dal disegno ottico e non dalla lunghezza focale, dato che a parità di focale due diversi obiettivi possono avere cerchi di copertura differenti. Nel grande formato questo è importante perché quanto più è largo l'angolo di copertura (e di conseguenza quanto più è ampio il diametro del cerchio di copertura) tanto più sono possibili i movimenti di decentramento (e in minor misura di basculaggio) che caratterizzano le macchine a banco ottico e ne giustificano l'uso. Questo spiega - tra le altre cose – la grande differenza di prezzo che si verifica tra obiettivi magari prodotti dallo stesso fabbricante e caratterizzati dalla stessa lunghezza focale. L'angolo di copertura varia col variare dell'apertura relativa. Per convenzione, quando si indica l'angolo di copertura lo si riferisce sempre a f/22 (un'apertura di lavoro considerata normale per il grande formato) e con l'obiettivo focheggiato all'infinito.