IL FORUM SUL GRANDE FORMATO: APRILE 2001
Buonasera, le faccio i miei complimenti per il forum sul grande formato: mi ha fatto scoprire una nuova dimensione di fare Fotografia. Sono uno studente di 22 anni, ho letto con attenzione le sue raccomandazioni e le sue avvertenze a chi vuole cimentarsi in questo "costosissimo hobby", in effetti mi sarei già dovuto tirare indietro,ma spinto dalla curiosità ho navigato un po' ed ho trovato i progetti per costruire una folding 8x10 (il sito è http://www.srv.net/~vail/camera.htm). Ora il mio dubbio è: conviene una macchina gf 8x10? ho come l'impressione che l'8x10 sia considerato un po' "fuori standard", dove lo standard è il 4x5. Dalla sua esperienza, la reperibilità del materiale sensibile è la stessa? e per quanto riguarda gli obiettivi?

Sono felice che il grande formato abbia acquisito un giovane e certo promettente neofita. Per iniziare, il formato 8x10 è certamente impegnativo, ma non impossibile. Non direi proprio che sia "fuori standard", anche perché nel grande formato non c'è uno standard definito: esistono formati diversi che consentono di fare cose diverse. Il formato 8x10 ad esempio consente di ottenere stampe per contatto senza dover ingrandire il negativo, con tutto vantaggio della nitidezza originale. Per quanto riguarda la possibilità di reperire il materiale sensibile, di solito non ci sono problemi: chi vende pellicole piane 4x5 vende anche le pellicole 8x10. Bisogna tuttavia sottolineare che l'offerta, da parte delle case produttrici, è più limitata, mentre i costi sono di gran lunga superiori. Anche la scelta degli obiettivi è più limitata, ed è facilmente intuibile: se col formato 4x5 possono essere usati tutti gli obiettivi progettati per i formati superiori, con l'8x10 non possono essere usate le ottiche concepite per coprire formati inferiori. Essendo caratterizzati da un ampio cerchio di copertura, gli obiettivi appartengono a una fascia di prezzo decisamente elevata, anche sul mercato dell'usato. Personalmente non consiglio questo formato a chi non è certo di ricavarne un utile o almeno di recuperare gli ingenti investimenti necessari.

Salve,vorrei acquistare un banco ottico ed in questi giorni avrei trovato un "usato" interessante ma prima della scelta definitiva vorrei chiarire la questione riguardante i costi di gestione. In sostanza qual è il costo approssimativo di una lastra 4X5 (tipo Fuji Velvia) e del relativo sviluppo? io abito nei pressi di Udine e quindi i miei costi sarebbero leggermente maggiori ma era per poter fare dei calcoli approssimativi. Un'altra domanda, probabilmente sciocca anch'essa: so che si possono usare le pellicole ready load col dorso Polaroid, ma al momento dell'estrazione, per permettere lo sgancio del ferretto si deve ruotare la levetta che avvicina i rulli. È la procedura corretta? Se si non c'è il rischio che si rovini la pellicola? grazie mille e continuate col vostro buon lavoro!

Una confezione di 25 pellicole piane in bianco e nero di formato 4x5" costa approssimativamente (dipende dalle marche e dai rivenditori) dalle 25.000 alle 30.000 lire, mentre una confezione di dieci pellicole piane invertibili a colori di pari formato costa intorno alle 40-45 mila lire. Le pellicole in confezione a caricamento rapido costano all'incirca il 20% in più. Per quanto riguarda lo sviluppo, i costi sono molto vari, così come sono vari i costi di sviluppo dei rullini di piccolo formato. C'è chi sviluppa un rullino da 36 diapositive per 4.900 lire e chi invece lo fa pagare 9.000; lo stesso avviene per le pellicole piane. A Torino lo sviluppo di una lastra 4x5" in bianco e nero costa dalle 3.000 alle 6.000 lire (ma si arriva alle 30.000 se lo sviluppo è fatto a mano da uno stampatore "fine art"), mentre lo sviluppo di una pellicola piana invertibile va dalle 5.000 alle 10.000 lire circa. Probabilmente c'è chi lo fa pagare di meno o di più, ma sinceramente non conosco i prezzi di tutti i laboratori della città. Per estrarre le pellicole Readyload dal dorso Polaroid 545 NON BISOGNA ruotare la leva in posizione R, ma occorre lasciarla in posizione L. Bisogna invece premere il pulsante di rilascio e tirare fuori la busta in cartoncino con movimento costante, senza indecisioni ma anche senza strappi. La leva va ruotata in posizione R solo quando si usano le pellicole Polaroid a sviluppo istantaneo.

Perché è importante avere un obiettivo apocromatico? Che cosa è esattamente l'aberrazione cromatica e quali effetti ha sull'immagine? È solo un problema di colori falsati? In questo caso chi fotografa in bianco e nero non dovrebbe avere questo problema, giusto? Perché le ottiche di grande formato più costose sono apocromatiche? Un'ultima domanda: l'aberrazione cromatica ha effetto sulla distorsione? Lucia e Giorgio Ferraris

Andiamo con ordine. Parlare di aberrazione cromatica non è corretto: in realtà bisognerebbe parlare di aberrazioni cromatiche, perché ne esistono due tipi. Nell'aberrazione cromatica assiale, o lineare, i raggi paralleli di luce bianca che provengono da un punto posto all'infinito non sono di fatto focalizzati su un unico piano, ma su diversi piani tanto più distanti dalla lente quanto più è elevata la lunghezza d'onda della singola componente dello spettro: la luce blu verrà focalizzata più vicina alla lente di quanto non avvenga per la luce rossa. Questo spiega perché gli obiettivi delle reflex presentano un segno rosso di riferimento per la messa a fuoco in luce IR: pur se corretti per lo spettro visibile, non lo sono per la radiazione infrarossa. Conseguenze: alcuni colori risultano a fuoco, altri no. In pratica i punti-luce corrispondenti a certi colori non sono a fuoco, e questo causa un calo di nitidezza non solo nella fotografia a colori, ma anche in quella in bianco e nero (dove le diverse lunghezze d'onda sono tradotte con variazioni del grigio). Soluzioni: un'accurata progettazione dello schema ottico: a volte è sufficiente l'utilizzo di un semplice doppietto acromatico (la forma più primitiva di obiettivo composto). Il fotografo può poi eliminare l'aberrazione residua chiudendo il diaframma, cioè estendendo in profondità il cono di raggi e restringendolo in modo che i punti luce giacenti sui diversi piani presentino un diametro comunque inferiore al circolo di confusione. L'aberrazione cromatica laterale o extra-assiale riguarda i raggi di luce che colpiscono obliquamente l'obiettivo: i punti luce relativi alle diverse lunghezze d'onda si focalizzano su un solo piano ma leggermente spostati l'uno rispetto all'altro. Conseguenze: sfrangiature multicolori, come un piccolo arcobaleno, intorno alle linee di separazione tra zone chiare e zone scure; calo generale di nitidezza sia nel colore che nel bianco e nero; brusca caduta delle curve MTF. Soluzioni: un'accurata progettazione. L'aberrazione residua non può essere ridotta chiudendo il diaframma. I primi obiettivi acromatici venivano progettati prendendo come riferimento due lunghezze d'onda dello spettro visibile e provvedendo a garantire la messa a fuoco in un solo punto di tutte le lunghezze d'onda comprese nell'intervallo considerato. Questo era - ed è - sufficiente per la maggioranza delle applicazioni, soprattutto se il fotografo ha cura di chiudere un poco il diaframma per eliminare l'aberrazione cromatica lineare residua. Invece gli obiettivi progettati per le arti grafiche e per la reprografia, più ancora degli obiettivi per la ripresa fotografica, devono garantire la riproduzione in tricromia senza sbavature e senza spostamenti nella sovrapposizione dei colori. Si rese ben presto necessario, quindi, correggere questi obiettivi prendendo come riferimento non due, ma tre lunghezze d'onda. Simili schemi ottici vengono detti apocromatici. La correzione apocromatica venne poi adottata anche negli obiettivi da ripresa. L'aberrazione cromatica (di entrambi i tipi) non ha alcuna attinenza con la distorsione, che consiste in un incurvamento delle linee parallele ai lati del fotogramma, tanto più accentuato quanto più ci si allontana dal centro verso i bordi. La distorsione positiva, o a cuscinetto, incurva le linee verso il centro, mentre la distorsione negativa, o a barilotto, le incurva verso l'esterno. La correzione della distorsione è resa possibile solo da un'accurata progettazione. Tra le variabili che intervengono a modificare la distorsione, la posizione del diaframma e la sua distanza dalle lenti assume un ruolo importante.

Ho visto in una vetrina di fotocamere usate una specie di padella rettangolare col manico. Incuriosito ho chiesto informazioni e ho saputo trattarsi di una Sinar Handy. Mi potete dare informazioni più dettagliate al riguardo? Domenico Rapazzi

La Sinar Handy era una fotocamera grandangolare portatile 4x5", compatibile con gli accessori del sistema Sinar, composta da un corpo molto piatto e da un dorso in grado di accettare i normali chassis. La messa a fuoco era assicurata non da un soffietto ma da un vero elicoide di cui erano forniti gli obiettivi in dotazione (un accorgimento simile a quello adottato dal sistema Silvestri). La piastra portaobiettivo veniva fornita in due versioni, fissa e decentrabile. Sotto l'apparecchio poteva essere applicata un'impugnatura per l'uso a mano libera, ed è questa che dava all'insieme quell'aspetto di "padella rettangolare col manico" che tanto ha incuriosito il lettore. Nella seconda metà degli anni Ottanta l'apparecchio costava circa 3.800.000 lire.

A casa di un mio zio ho visto un apparecchio Burke & James, praticamente mai usato. Lo zio non ha saputo dirmi molto su di esso, dato che a sua volta lo ha ereditato da un parente ma non lo ha mai neppure aperto. Posso avere qualche notizia in più? Davide Alacci

La B&J era una press camera con corpo in alluminio e dorso rotante, come le Graflex. Dotata di una gamma di movimenti ridotta, era concepita per l'uso a mano libera, come del resto tutte le press camera. Semplice da usare, montava le piastre portaottica 4x4", comuni a molti apparecchi di grande formato.

Ho visto un'offerta che mi è sembrata allettante: Una Cambo Explorer completa di soffietto standard, obiettivo Rodenstock Geronar 150 mm, due chassis Fidelity e qualche altra cosa che non ricordo a meno di due milioni, tutto nuovo di fabbrica. È un pacco oppure può avere senso? Inoltre questa macchina mi sembra la copia della Calumet Cadet (o è la Cadet che copia la Cambo?). Grazie. Silvano Previato, Torino

L'olandese Cambo Explorer (venduta in alcuni paesi - Italia compresa - con il nome commerciale Cambo Cadet) è molto simile all'americana Calumet Cadet sia sotto l'aspetto costruttivo (tipico in entrambe il supporto a L) sia dal punto di vista delle prestazioni. Si tratta di apparecchi "entry-level" dai quali ci si può aspettare un buon livello di utilizzo nel lavoro quotidiano ma ai quali non si possono chiedere prestazioni esasperate. La gamma dei movimenti è contenuta (manca ad esempio il decentramento sulla standarta posteriore), ma tutto sommato risulta più che sufficiente per affrontare la generalità delle occasioni fotografiche, compreso il lavoro quotidiano in studio o in location. Leggere e maneggevoli (circa due chili e mezzo senza obiettivo), queste macchine possono facilmente essere utilizzate sul campo, pur non essendo delle folding ma dei veri apparecchi a banco ottico. Il Geronar 150 mm è il classico obiettivo "per studenti", economico e discretamente performante, se non gli si chiedono cose troppo difficili. L'offerta è interessante per chi vuole accostarsi al grande formato senza eccessiva spesa. In un secondo tempo sarà sempre possibile acquistare altri obiettivi. Le fotocamere Cambo sono importate in Italia da Manfrotto.

Vorrei cortesemente sapere come si possono distinguere nel mercato dell'usato obiettivi per il formato 10x12 (4x5"), ho infatti acquistato un obiettivo e mi sembra che il cerchio dell'immagine che proietta sia troppo stretto in quanto sul negativo vedo della vignettatura evidente. Grazie. Stefano

Il cerchio di copertura di un obiettivo fa parte delle sue caratteristiche costruttive. Purtroppo, contrariamente alla lunghezza focale o all'apertura relativa massima, questa caratteristica non è dichiarata sull'obiettivo stesso. Bisogna pertanto rifarsi ai cataloghi dei fabbricanti. Se questo è facile per gli obiettivi nuovi, diventa difficile per quelli usati. L'unico accorgimento adottabile consiste nel chiedere al venditore di poter provare l'obiettivo, montandolo sulla macchina ed effettuando i diversi movimenti. Ci si accorgerà del limite del cerchio di copertura quando i bordi del vetro smerigliato incominceranno ad oscurarsi. Se lei vorrà comunicarmi la marca e il modello dell'obiettivo in suo possesso potrò forse reperire qualche informazione in più.

Ho visto in un negozio specializzato in usato una strana macchina di grande formato, marcata Ernemann Klapp Tropical. Mi è sembrata straordinariamente bella, con il suo legno lucidato e il cuoio ingrassato. Sembra un apoparecchio ottocentesco. Potrei saperne di più? Ci sono notizie in merito? Grazie e complimenti a tutta la redazione per il vostro splendido lavoro. Viviana Venturelli

Le fotocamere "Tropical" erano fatte per resistere ai climi caldo-umidi: abbondavano le parti in pelle ingrassata (spesso la pelle rivestiva tutto il corpo dell'apparecchio) per via della resistenza di questo materiale all'umidità. Costavano care allora e costano care adesso, soprattutto se ben tenute. La Ernemann Klapp Tropical risale ai primi anni del Novecento e copriva il formato 10x15. Aveva un otturatore sul piano focale capace (teoricamente) di raggiungere 1/2500 di secondo: una buona prestazione anche per le reflex dei nostri giorni. Normalmente veniva equipaggiata con uno Zeiss Tessar 165 mm f/4,5. Non erano possibili movimenti se non il decentramento verso l'alto della piastra portaottica. Il vetro smerigliato era protetto da un bellissimo (non solo esteticamente, ma anche concettualmente) paraluce pieghevole. Veniva prodotta a Dresda, importantissimo centro dell'industria fotografica tedesca ed europea.

Salve a tutti. Per caso, gironzolando sul WEB sul 4x5, mi sono imbattuto su Michele Vecchiano e il grande formato in quattro semplici articoli ed èstata per me una vera delizia, sia per il contenuto che per la presentazione che mi ha rimesso in carreggiata alla fine della giornata.Ho detto "per caso" anche perché non sapevo nulla di Nadir, ma io da un buon decennio vivo in Canada, poche decine di chilometri dalla frontira USA, dove il mio onorevole datore di lavoro pensò bene di inviarmi. Dico che pensò bene con serietà perché dopo oltre 45 anni di vita nel bel paese natio è bello fare una nuova esperienza e per un amatore fotografo il nord america è un posto ideale.Per noi italiani, ormai amanti del 35 mm, del colore del Lab "foto pronte in un'ora", credo che il fascino del bn e del grande formato si sono smarriti se non perduti; qui c'è un esercito di amatori e di materiali relativi.Io cominciai quindicenne con una vecchia 6x9 e stampavo a contatto coi i bagni fatti da me, poi comprai un paio di vecchie 13x18, poi ricevetti una 18x24 (ho anche una Nikormat: in 25 anni ho fatto meno di 10 rullini).Quando cominciai ad avere un po' di denaro tornai al 6x9 con macchine moderne (Linhof, Horseman, Cambo ed una Graflex con splendide ottiche Zeiss: l'ultima nata della gran casa, purtroppo non più costruita). Acquistai una Graphic 4x5 ed una 5x7 (13x18) francese di legno: un gioiello.Sto trattando una Linhof GT e poco tempo fa ho comprato un Durst 138, ovviamente di seconda mano, completo di tutto quello che ci si poteva attaccare, condensatori, luce fredda, tre ottiche, sei portanegative etc.Bene, a partire da "Linhof, Horseman......." ho comprato tutto qui, a prezzi ottimi, dove la roba gira; nel mio dolce paese pochi anni fa mi misi a cercare una 4x5 di seconda mano: i fotografi mi guardavano come se fossi matto.Io mi son fatto una teoria.Punto primo, in Italia spendiamo a cuor leggero 25.000 lire per una pizza ed una birra, ma 1.000 lire per una pellicola 4x5 ci sembra una pazzia. Punto secondo, quelle malefiche stampatrici che fanno il 10x15 a quattro lire hanno fatto perdere il gusto di una stampa di decente formato. Ovviamente, per una stampa grande quanto una mano qualsiasi obiettivo e pellicola vanno bene.Punto terzo, malgrado queste stampucole nanoidi, discettiamo sulle linee per mm., come se fossimo astronomi, e spendiamo una montagna di soldi per una macchina ed una o due lenti, per poi sfruttare una minima frazione delle potenzialità del sistema e per fotografare, la domenica, la nonna (che verrà stampata grande un cm.), il cane e la palla, la villetta in campagna, che verrà storta, e la faccia del pescatore piena di rughe.Punto quarto, e a discolpa di tutti i miei confratelli, non abbiamo le comodità. Dove lo mettiamo a Roma o a Milano un ingranditore di qualita, quando abbiamo solo il soggiorno con angolo di cottura e due camere da letto? Qui tutti hanno "la casa" con il sottosuolo, che non è una cantina ma una sorta di appartamento seminterrato con un bagno, la lavanderia, l'hobby room, l'aria condizionata estate e inverno e le finestre e spazi per studio/pensatoio, cantina per il vino e per i salami, e, ovviamente, per una camera oscura ove si può mettere anche un ingranditore 20x24 cm, che è grande quanto un tavolo da pranzo.In definitiva, è vero che noi non stampiamo, è chiaro che nella realtà si può stampare solo il bn, non usiamo le macchine di grande formato e quindi gli importatori non le hanno, ma tutto il nostro sistema di vita e l'organizzazione sociale ci ha portato su questa strada. Incidentalmente, qualcuno sa che fine ha fatto "La siluro", che costruiva, tra l'altro, ingranditori di legno dal 6x9 al 20x24. È roba di 35 anni fa e sui numeri dell'epoca di Progresso Fotografico (eh, vecchia gloria. Oscar Ghedina ed il dr. Namias!) c'è la pubblicità.Se qualcuno ne ha uno, in buono stato, che gli impiccia la cantina io ho lo spazio. Saluti affettuosi a tutta la brigata. Claudio Palma

Grazie a Claudio Palma per la simpatica lettera dal Canada. Le osservazioni che fa sono puntuali e calzanti, anche se devo sottolineare che la situazione da lui lamentata non è riscontrabile soltanto in Italia, ma un po' in tutta Europa. La qualità di immagine non è roba di casa nostra, così quando un editore (anche italiano) vuole una foto fatta bene si rivolge alle agenzie USA. Desolante. Un'altra cosa desidero sottolineare: è vero che le nostre case non sono tali da poter ospitare un ingranditore 20x24, ma esistono ottimi (anche se pochi) laboratori in grado di venire in aiuto del fotografo. Il ricorso al laboratorio può sembrare strano al dilettante, che giustamente ci tiene a seguire personalmente tutte le fasi della formazione dell'immagine, ma spesso è una necessità per il professionista, non tanto perché non ha spazio per l'ingranditore quanto piuttosto perché non ha tempo per stamparsi da solo i negativi. In Europa è frequente che i fotografi professionisti lavorino in coppia con uno stampatore di fiducia che segue le loro indicazioni, conosce le loro esigenze espressive e sa valorizzare al meglio il loro stile.

Salve, sono un fotoamatore che da qualche mese legge Nadir, e mi è venuta voglia di provare il grande formato. Per carattere prediligo una buona riflessione prima dell'azione, così leggendo sull'argomento mi sono convinto che come corpo macchina, per capire se la cosa mi piace, possa andar bene una Tachiara; come obiettivi, considerato che uso un corredo Contax G, ho pensato agli Schneider, e qui vengono i problemi, sul sito della casa tedesca ve ne sono di così tanti tipi diversi che non riesco ad orientarmi. Considerato che prediligo paesaggio e ritratti (anche ambientati) e che le ottiche del piccolo formato che preferisco sono il 35 ed il 90 mm, avrei pensato al formato 6x9;le ottiche scelte per sono il 90 ed il 210, ma quali? Il Super-Angulon o il Super-Symmar XL o il Super-Symmar HM… ecc. potete spiegarmi le differenze tecniche e/o di impiego? Dalle notizie riportate sul sito della Schneider non sono riuscito a capire molto. Grazie Giovanni Mugnai

Per il paesaggio il Super-Angulon 90 mm f/8 va benissimo. Gli altri modelli sono caratterizzati da una più elevata luminosità (inutile all'aperto) e da un cerchio di copertura notevolmente incrementato. Questo li rende utilissimi nella fotografia di architettura ma inutilmente costosi nel paesaggio, dove si fa un uso limitato dei movimenti di macchina. Tenga anche conto che sul formato 6x9 il Super-Angulon (che in questo formato corrisponde circa a un 37 mm, mentre corrisponde a un 25 mm nel formato 4x5") ha un cerchio di copertura notevolmente superiore di quello proprio del formato 4x5", per cui è stato progettato. Sul formato 6x9 il 210 mm corrisponde più o meno a un 100 mm (a un 60 mm nel formato 4x5"). Anche in questo caso consiglierei il classico Apo-Symmar, ottimamente corretto specialmente alle distanze medio-lunghe e dotato di una trasmissione spettrale ideale per il paesaggio. In ogni caso io l'ho utilizzato con ottimi risultati anche nel ritratto (anche se per quest'uso preferisco focali superiori al 300 mm nel 4x5").

Sono un fotoamatore che si vorrebbe dedicare alla fotografia di architettura e vorrei chiedervi alcuni consigli in merito. Vorrei sapere se per questo tipo di foto sia piu adatto un formato 35 mm, il medio formato, usando per entrambi un obiettivo decentrabile,oppure il grande formato vedi banco ottico o folding. Vi chiedo anche un giudizio su quelle che si definiscono supergrandangolari come la cambowide e le silvestri. Vi ringrazio anticipatamente - Alessandro Bernabei

Gli obiettivi decentrabili per il piccolo formato hanno una lunghezza focale di 35 mm o, più raramente, di 28 mm: troppi per fotografare una facciata da vicino, come può avvenire nelle strette vie di una città d'arte italiana. Nel medio formato le cose non vanno diversamente. Lavorando con il formato 4x5", l'obiettivo da 90 mm (che corrisponde a un 25 mm nel piccolo formato) risulta talvolta ancora troppo lungo, rendendo necessario il ricorso a ottiche da 75 o addirittura 65 mm. Se la fotografia di architettura vuole essere qualcosa di più di un hobby, il ricorso al grande formato è obbligato. Macchine come Cambo Wide o il sistema Silvestri rappresentano un buon compromesso fra leggerezza e trasportabilità da un lato e versatilità di utilizzo dall'altro, pur non raggiungendo le prestazioni di un vero e proprio banco ottico.

Salve, mi chiamo Mirko, sono un giovane fotografo 27enne con alle spalle diversi anni di studi ed esperienze lavorative come Illustratore. Due anni fà ho capito che tra tutti i mezzi espressivi utilizzati fino ad allora per dipingere un'immagine, quello fotografico lo sento più degli altri (olio, tempera, acrilico, aquerello, ecc. ecc.). Avendo deciso di passare dal medio al grande formato, ho pensato di acquistare un obiettivo a L. 300.000 perché mi attirava enormemente...soprattutto il suo prezzo. Ve ne specifico le caratteristiche. La focale è un 254mm: f /6.3 fino a f/45 con tempi così indicati: 1 2 5 10 25 50 100 150 posa B posa T...è marcato "ILEX OPTICAL COMPANY ROCHERSTER, NEW YORK, U.S.A." in più sulla parte superiore dell'obiettivo c'è scritto No. 3 Acme Syncro. La parte interna dell'obiettivo che riporta la focale è così impostata: Ilex-Calumet Caltrar No. 4445 Made in Usa 10" (254mm). Volevo sapere questo, visto che di nozioni tecniche sul grande formato ne ho molto poche: 1) È possibile che l'otturatore arrivi soltanto ad 1/150esimo? Non è un po' limitativo? 2) Anche se ad otturatore centrale, il sincro flash su quale tempo è più indicato? 3) Non avendo ancora il banco ottico, su quale formato è più indicato: 4x5, 13x18, 20x25? Sarà destinato alla macro foto, ritrattistica, architettura, paesaggistica... a me piace molto il 13x18....che ne pensate? Ho sentito dire che è un formato che sta morendo, in quanto le agenzie richiedono lavori soltanto sul 4x5 o 20x25. In più volevo chiedervi questo: ho pensato di costruire il banco con l'aiuto di un amico architetto molto in gamba...volevamo provarci nel farne uno in legno...Sapreste gentilmente indicarmi quanta estensione dovrà avere il soffietto??? Io sapevo che la lunghezza si calcolava raddoppiando la focale. È giusto o no come metodo? Grazie mille per le indicazioni che, spero, mi verranno date. In attesa di un Vs cordiale riscontro, vi invio distinti saluti e buona giornata. Mirko

L'obiettivo in questione era prodotto negli Stati Uniti ed equipaggiava spesso le fotocamere a banco ottico dei contemporanei di Ansel Adams. È dotato di trattamento antiriflessi a un solo strato, come tutte le ottiche dell'epoca. Il tempo di otturazione minimo di 1/150 di secondo è normale per gli obiettivi montati su otturatore Copal 3 o similari. I diaframmi chiusi resi necessari dalla fotografia in grande formato per garantire un'accettabile profondità di campo (non dimentichiamo la lunghezza focale dell'obiettivo!) impongono tempi di otturazione sempre piuttosto lunghi. Il tempo di sincronizzazione con il flash dipende dall'effetto che si vuole ottenere e dalla maggiore o minore influenza che la luce ambiente deve avere nella composizione, come sempre avviene quando si lavora con otturatore centrale. Il formato più indicato è il 4x5", che consente di sfruttare al meglio il cerchio di copertura dell'ottica. Esistono diversi fabbricanti che mettono in vendita kit di montaggio per autocostruirsi un banco ottico in legno. L'estensione del soffietto non ha limiti. Da un punto di vista strettamente teorico, più è lungo il soffietto maggiori sono le possibilità di effettuare riprese ravvicinate anche con gli obiettivi di più lunga focale. In pratica, un soffietto eccessivamente lungo può presentare problemi di rigidità con le focali grandangolari: quando viene tutto accorciato rende difficoltosi i movimenti di macchina. L'ideale sarebbe un soffietto lungo di tipo tradizionale (tapered bellows) per poter montare le ottiche pari o superiori alla focale normale e un soffietto grandangolare (bag bellows) per le lunghezze focali inferiori alla normale. La versatilità del soffietto intercambiabile è irrinunciabile per lavori di precisione.

Ho trovato sul mercato dell'usato una macchina fotografica folding in legno, marcata Tanakaichi Seisakujo, equipaggiata con un obiettivo montato in ottone. Sull'obiettivo c'è scritto RR. I diaframmi vanno da 8 a 64. Non è indicata la lunghezza focale. Sa dirmi qualcosa? L'obiettivo è valido? Ettore Pezzotto

So dire ben poco. La Tanakaichi era prodotta in Giappone prima della seconda guerra mondiale. Era una folding in legno e ottone, molto ben rifinita e dotata di un eccellente allungamento del soffietto ma di movimenti piuttosto limitati (il dorso poteva soltanto basculare in avanti; la piastra portaottica era dotata di decentramento verticale e basculaggio sul solo asse orizzontale). L'obiettivo è probabilmente un Rapid Rectilinear prodotto negli USA dalla Bausch & Lomb (ma era prodotto anche sotto altri marchi), decisamente datato e certamente non all'altezza degli standard attuali. Non so dire nient'altro se non conosco la lunghezza focale. Una macchina del genere, equipaggiata con quell'obiettivo, può essere usata come ornamento o per fare dei divertenti esperimenti, ma non per essere usata come strumento di lavoro. Oltretutto, se non ricordo male, il formato era leggermente diverso dal 4x5" e l'uso dei moderni chassis richiederebbe un adattamento meccanico del dorso.