GF FORUM - APRILE 2000 |
1) Un commento (non una domanda): In effetti se quello che interessa sono i movimenti di camera sul 4X5 è logico che un teleobiettivo sia più limitato, ma dipende anche dal formato, se ci si limita ad un buon 6X9 o giu di li le cose cambiano drasticamente (anche in peso e praticità, oltre che per costo pellicola..). Io ho visto i risultati proprio del Congo 400 f/8 di un conoscente, e devo dire che sono decisamente interessanti, senza dubbio un eccellente rapporto qualità/prezzo. Il contrasto e la resa cromatica sono giapponesi ma buoni, sulla risolvenza non potrei giudicare perché le foto in questione erano volutamente semisfocate, (vi ricordate di Dennis Stock?). Sono completamente d'accordo con lei sulla serie commercial di cui lei ha usato il 250/4.7, inaffidabile per principio e vedo anche nella realtà (io non ho visto risultati di prima mano). Concludendo, per un amatore che non ha un budget illimitato, questi teleobiettivi dischiudono un tipo di fotografia altrimenti inaccessibile, se poi uno vuole il colore squillante usa una Velvia magari con un polarizzatore etc.. grazie per la consulenza Sergio Monai 2) Medio formato o grande formato per fotografare il paesaggio? Mi spiego: una Pentax 6x7 ha un grandangolare da 55 mm, ma se io metto un dorso 6x7 alla folding, devo comperarmi un Super Angulon da 47 mm perché il grandangolare che va bene per il 4x5 pollici (90 mm) è troppo lungo per il formato 6x7. Ma acquistare un 47 mm vuol dire anche avere un soffietto grandangolare, e non tutte le folding lo possono montare. Molte, poi, non possono montare un'ottica così corta per motivi strettamente fisici, neppure con una piastra arretrata. Insomma, un casino. Perché allora non la smettiamo di portarci appresso questi arnesi da museo e non ci comperiamo una bella Fuji 6x9? (Leone De Cesaris) Per molti motivi che non sto certo ad approfondire, dato l'evidente carattere retorico della sua domanda finale. Citerò appena, a beneficio di chi ci legge, il maggiore formato del fotogramma, le possibilità di controllo della prospettiva e della profondità di campo, la completa applicazione del sistema zonale dovuta alla singolarità delle pellicole piane. Per il resto, il problema cui lei accenna è reale e non va sottovalutato: per fotografare in medio formato potrebbe rivelarsi più vantaggioso utilizzare una fotocamera di medio formato (come la Pentax 6x7 che lei cita, o la "compattona" 6x9 della Fuji) che non applicare alla folding dorsi di formato inferiore. Ma perché allora esistono i dorsi per pellicola in rullo? Semplicemente perché - anche quando, per motivi di praticità e di costo, si decide di lavorare in medio formato - le macchine di grande formato permettono un controllo della prospettiva, della forma del soggetto e della profondità di campo decisamente sconosciuto alle reflex progettate per i formati inferiori. Con il vantaggio, oltretutto, di poter utilizzare un cerchio di copertura che eccede di molto la diagonale del fotogramma, permettendo alle standarte di raggiungere i limiti fisici del decentramento e del basculaggio. Così, anche quando l'obiettivo che si sta usando ha un cerchio di copertura inferiore alle possibilità di movimento della macchina, se rapportato al grande formato, esso può essere vantaggiosamente adoperato con i formati inferiori. È il caso, ad esempio, dei vecchi obiettivi "Press", alcuni dei quali ancora in circolazione (come il Tele-Xenar da 240 mm): teoricamente esi coprono il formato 4x5" senza movimenti, ma in realtà sono affetti da una resa ai bordi intollerabilmente scadente. Se utilizzati invece con il formato 6x9, garantiscono una resa accettabile (fatte salve le limitazioni dovute alla loro veneranda età) e rendono possibile un moderato decentramento. In ogni caso, se lei avverte l'esigenza di lavorare in medio formato pur mantenendo i vantaggi derivanti dalle possibilità di controllo dell'immagine, non dimentichi l'esistenza di sistemi come il Silvestri (distribuito da Manfrotto) o di fotocamere come la Linhof M 679, che uniscono ai vantaggi del grande formato la praticità e l'economicità dei formati inferiori. 3) Sono in procinto di acquistare un G-Claron da 305 mm per la mia folding Toyo. La scelta è quasi obbligata, dato che non si trovano molti obiettivi da 300 mm montati su Copal #1. La perplessità riguarda la luminosità: ho paura che f/9 sia un diaframma massimo un po' troppo chiuso per permettere una visione chiara sul vetro smerigliato. Inoltre, il G-Claron va bene solo per la macrofotografia o può essere usato anche nelle riprese normali? Piero Sola Temo che la perplessità del signor Sola sia rivolta verso l'oggetto sbagliato. Più che sulla luminosità (di cui parleremo dopo) io sarei perplesso su ben più importanti questioni riguardanti il tiraggio. Con un soffietto corto come quello delle Toyo folding, un obiettivo a schema tradizionale da 305 mm consente a malapena di fotografare all'infinito, oltretutto con una possibilità di movimenti molto limitata. Come pensa il lettore di affrontare le riprese a distanze medie o brevi? Direi che ci sono due soluzioni: la prima consiste nell'acquisto di un 300 mm a schema tele, che certo non avrà il cerchio di copertura del G-Claron (cerchio di copertura che comunque sarebbe scarsamente sfruttabile a soffietto tutto esteso), ma che presenterebbe un tiraggio posteriore sufficientemente corto da consentire anche riprese ravvicinate. La seconda soluzione è rappresentata dall'acquisto dell'extension back da 4" (100 mm), il cui costo però, a quanto mi risulta, non è inferiore a quello di un obiettivo. Per quanto riguarda la luminosità, il problema si può effettivamente presentare in situazioni di illuminazione scarsa, ma è irrilevante quando si lavora all'aperto, soprattutto se si ha l'avvertenza di utilizzare il panno nero o un visore reflex. L'ultima domanda del signor Sola riguarda la possibilità di utilizzare l'obiettivo per riprese generiche. Effettivamente gli obiettivi della serie G-Claron sono stati progettati per la fotografia ravvicinata, ed offrono le migliori prestazioni entro una gamma di rapporti di ingrandimento che va da 5:1 a 1:5; tuttavia, se si chiude convenientemente il diaframma (f/22 o superiore), possono essere utilizzati con buoni risultati anche a distanze medio-lunghe. 4) Buongiorno, mi hanno proposto un apparecchio in discreto stato della B&L. Non so esattamente di quale modello si tratti né il suo valore di mercato: mi potete dare una mano? Ma soprattutto, vale la pena acquistarlo? Vorrei iniziare con il grande formato. Bausch & Lomb OPT.00.PAT. APP'0 Rapid RECTILINEAR Il vetro smerigliato è un po' rigato ma penso non importi troppo. Quanto dovrei pagarlo? Grazie mille in anticipo per le cortesi risposte Ruscello Claudio Da quello che il lettore mi scrive, direi che si tratta di un apparecchio molto... anziano. L'obiettivo Rapid Rectilinear fu il capostipite degli obiettivi simmetrici (se si esclude l'obiettivo di Petzval, che ha una storia a sé stante). Lo idearono Dallmeyer e Steinheil nel 1886 come obiettivo di uso generale (mentre l'obiettivo di Petzval era destinato al ritratto). La sua apertura relativa massima non poteva essere superiore a f/8, data la presenza di un forte astigmatismo che ne limitava l'uso ai diaframmi più chiusi. Fu utilizzato come obiettivo per apparecchi economici anche in questo secolo. Personalmente ritengo che gli attuali standard qualitativi che richiediamo alle nostre immagini sconsiglino l'uso di un simile obiettivo, che al massimo può essere utilizzato per fare qualche esperimento o per ottenere fotografie (rigorosamente in bianco e nero) dal sapore "ottocentesco". L'acquisto di un apparecchio del genere può essere fatto per fini collezionistici, ma temo che usarlo possa rivelarsi deludente. In ogni caso, il fatto che il vetro smerigliato sia rigato non influisce sulla qualità di immagine. Il vero pericolo sta nelle condizioni del soffietto: in macchine così vecchie possono essere presenti piccoli fori (invisibili ad un'osservazione diretta) che favoriscono infiltrazioni di luce. Per smascherarli è sufficiente mettere l'apparecchio fotografico in piena luce, inserire una pellicola piana nello chassis e togliere il volet SENZA APRIRE L'OTTURATORE. Dopo alcune ore si reinserisce il volet e si sviluppa la lastra. Se sono presenti velature o "baffi" di luce vuol dire che il soffietto è bucato, oppure che è penetrata luce dal dorso della fotocamera. Non ho la più pallida idea di quanto possa costare un apparecchio del genere, né quale sia il suo valore collezionistico (che ritengo comunque piuttosto basso). Ribadisco in ogni caso le mie forti perplessità nei confronti di un suo reale utilizzo. Un altro commento: 5) Vorrei consigliare al sig. Achille, possessore di un esposimetro Horseman, che il fatto che le batterie non sono più reperibili sul mercato non costituisce affatto un problema. Io ho risolto questo piccolo inconveniente senza l'intervento di un laboratorio, senza applicazioni esterne, antiestetiche e soprattutto poco pratiche,con batterie facilmente reperibili in commercio, e sopratutto,senza danneggiare l'esposimetro! Detto esposimetro consta di due sedi separate,per due batterie diverse l'una dall'altra,la PX 26, sede"A", (con voltaggio di 5,6 volt, e non di 1,3, come afferma il sig Achille), per le misurazioni in condizione di scarsa luce, la PX 640 1,3 volt per tutte le altre misurazioni. Io ho sostituito la batteria PX 26, con la PX 23 (Ucar EPX 23 al mercurio) che si trova regolarmente in commercio, il voltaggio è lo stesso,5,6 volt, il diametro è lo stesso, ma è circa 4 mm più corta, ho inserito nella parte interna del tappo a vite della sede della batteria una molla (quelle che si trovano nella sede delle batterie a silo da 1,5 volt) l'ho incassata, con l'aiuto solo di una pinza per elettronici, nello scanso del tappo della sede, la molla recupera i 4 mm di differenza tra la introvabile PX 26 e la reperibilissima PX 23. Lo stesso discorso vale per la sede "B", la PX 640 di 1,3 volt, sostituendola con la PX 625 anche lei con voltaggio di 1,3 (la PX 625 è la batteria che alimenta anche l'esposimetro lunasix, che però ne usa due in serie per un voltaggio di 2,6), anche la PX 625 ha lo stesso diametro della PX 640, oltre che lo stesso voltaggio, ma anche lei è più bassa di spessore; anche in questo caso ho inserito nello scanso interno del tappo della sede della batteria "B", una piccola molla che vada a recuperare quei pochi millimetri di differenza tra le due batterie. Con circa 10 minuti ho effettuato la modifica senza ricorrere ai fotolaboratori e funziona perfettamente. Credo di essere stato sufficentemente chiaro, per eventuali dubbi in calce la mia e-mail. persiag@tin.it 6) Tralascio i complimenti per la Vostra rubrica sul grande formato e passo direttamente al mio quesito: ho un ingranditore Durst Laborator 54 per il quale avrei la necessità di reperire due condensatori (Otocon 160 e 130) ed i vetri ottici per il pressapellicola (si sono rotti quelli originali). Ho sostituito i vetri con altri che mi sono fatto tagliare dal vetraio ma i risultati a livello di microdefinizione mi sembrano scadenti. Potreste gentilmente darmi un consiglio? Vi ringrazio. Osvaldo Ghirardi Ahi ahi! Temo che il nostro lettore sia alle prese con una bella gatta da pelare. L'unico consiglio che gli si può dare è quello di cercare i vetri originali, oppure eliminarli del tutto. Potrebbe chiedere alla SMAF di Torino (011-504622), dove un gentilissimo Massimo Demo cura il settore professionale, ed anche un vivace mercato dell'usato. |