GRANDE, ANZI GRANDISSIMO |
Come un 17 millimetri nel formato 4x5 pollici; come un 28 millimetri nel formato 6x9. Il 65 millimetri è un obiettivo sorprendente, e non solo per il fotografo di architettura. |
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Abbiamo messo a confronto due strumenti di lavoro di altissimo livello ottico: il Rodenstock Grandagon 65 mm f/4,5 e lo Schneider Super-Angulon 65 mm f/5,6. Due supergrandangolari progettati per il formato 4x5" e destinati prevalentemente (ma non solo) al fotografo di architettura. Sul formato 4x5" un 65 mm equivale più o meno a un 17 mm di piccolo formato. Se a un angolo di campo già eccezionale aggiungiamo poi il cerchio di copertura proprio del grande formato (e quindi la possibilità di eseguire decentramenti e basculaggi), ci accorgiamo di avere tra le mani un mezzo insuperabile per scatenare la creatività del fotografo. Un obiettivo da 65 mm non può essere utilizzato su tutte le macchine.
Il problema è l'estensione minima del soffietto, che può dare origine a due ordini di problemi:
Per ovviare a simili inconvenienti è fortemente consigliabile:
Io ho montato gli obiettivi in prova sia su una Cambo SC con soffietto floscio sia sulla mia piccola Wista DX dotata di soffietto standard, ovviamente utilizzando una piastra rientrante. Devo dire che anche la folding si è comportata bene, consentendomi persino un sufficiente range di movimenti. Iniziamo con il confrontare le caratteristiche tecniche e costruttive dei modelli in prova.
Come si può vedere, da un punto di vista puramente costruttivo le differenze non sono eclatanti. Tuttavia non si può non notare come la maggiore apertura relativa massima del Rodenstock (quasi un diaframma) possa costituire un vantaggio per l'inquadratura e la messa a fuoco, soprattutto in condizioni di luce scarsa. Soprattutto ai bordi (a causa della caduta di luce propria dei grandangolari) può diventare difficile valutare con la dovuta precisione tutti i particolari e un diaframma in più può fare davvero comodo. Il tutto a fronte di dimensioni e peso più contenuti rispetto allo Schneider. Questi obiettivi (come del resto tutti quelli destinati al grande formato, e in special modo i grandangolari) non possono essere utilizzati a tutta apertura, e neppure ai diaframmi più aperti, pena l'insorgere delle aberrazioni (in particolare l'aberrazione sferica) che sono tipiche dei grandangolari a schema simmetrico. Le aperture di lavoro raccomandate vanno da f/16 a f/22. A diaframmi più chiusi la qualità di immagine incomincia a risentire degli effetti della diffrazione. Il cerchio di copertura di entrambe le ottiche è pari a 170 mm. In rapporto alle dimensioni del negativo 4x5" essi consentono un decentramento molto limitato sia in verticale che in orizzontale. Bisogna tuttavia considerare che con un angolo di campo di 105 gradi la necessità di movimenti si riduce di molto: è difficile non riuscire a comprendere nell'inquadratura l'intero edificio. Il rischio è piuttosto quello di inquadrare anche particolari non voluti (ad esempio, un'eccessiva area di selciato), ma a questo si rimedia, come sempre, con i dovuti tagli in fase di stampa o di digitalizzazione. Nel formato 6x9, invece, 170 mm di cerchio di copertura risultano abbondantemente superiori ai 108 mm che costituiscono il diametro del fotogramma, consentendo pertanto di giocare a piacere con decentramenti e basculaggi. Nelle riprese di paesaggio, ad esempio, il basculaggio in avanti della piastra portaottica - unito ad una sufficiente diaframmatura - garantisce la massima nitidezza tanto del primo piano quanto dello sfondo. Ho provato il Grandagon lo scorso inverno, in Valle d'Aosta, lavorando sia in bianco e nero che a colori. Nonostante il numero di lenti non proprio ridotto, l'obiettivo non mostra riflessi fantasma o flare neppure nelle riprese in controsole. Allo stesso modo si comporta lo Schneider, con il quale ho lavorato tra le rovine del castello di Graines (Val d'Ayas). L'ampio angolo di campo permette di avvicinarsi ai soggetti e di esaltarne i rapporti prospettici, oppure di enfatizzare il primo piano regalando all'immagine un'inusitata profondità spaziale. Il confronto sul campo evidenzia la superiorità indiscussa di questi gioielli dell'industria ottica tedesca, tanto che diventa quasi impossibile scegliere a quale dei due dare la palma. Personalmente, analizzando tanto le diapositive quanto le stampe in bianco e nero, ho trovato il Rodenstock più saturo e tagliente ma meno "arioso", mentre lo Schneider mi è parso dotato di maggiore respiro, anche se leggermente più morbido. Inezie, di fatto. Differenze che si annullano completamente (penalizzando oltretutto la resa superba di questi obiettivi) quando si è costretti a subire il calo di qualità imposto dalla scansione digitale. Per questo motivo siamo costretti a ricordare che le immagini pubblicate qui a titolo di esempio non possono in alcun modo restituire al lettore la resa delle diapositive o delle stampe originali. Il loro scopo è semplicemente quello di fornire un'idea (per quanto approssimativa) della resa prospettica e delle possibilità espressive di questi obiettivi. Michele Vacchiano © 12/2001 |
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