Il corpo della NEX-5 quasi scompare dietro la mole del glorioso Olympia Sonnar 180mm F/2.8!
Un po’ di storia.
A quella iniziale hanno fatto seguito, nel corso dei decenni, varie altre versioni. Nel dopoguerra, la Carl Zeiss Jena mise a disposizione questo 180mm per vari sistemi di fotocamere (innesto a vite 42x1, e poi baionette Praktica, Praktisix, Pentacon…) ed in tempi più recenti (si fa per dire: 1966) lo ritroviamo per il sistema Contarex; questa versione pesa un chilo abbondante, ha un nuovo schema ottico (4 lenti in 4 gruppi) ed è priva del trattamento antiriflesso multistrato, il famoso T* che sarebbe nato pochi anni dopo. Nonostante ciò, comunque, si tratta di un’ottica dalla resa molto brillante e con colori pieni, in linea con il resto del sistema Contarex. Non è facile trovarne oggi un esemplare, perché ne furono prodotti meno di mille. La più recente versione del 180mm, infine, è quella per il sistema Contax nato negli anni ‘70, insomma quello Yashica/Kyocera. Con l’occasione l’ottica venne completamente riprogettata: circa 800 grammi di peso, 6 lenti in 5 gruppi, trattamento antiriflesso T*.
La buona resa generale a F/4 anche a distanza relativamente ravvicinata (un paio di metri). Clicca sull'immagine per vedere la foto a dimensioni doppie.
La resa.
Come i lettori abituali di Nadir probabilmente già sapranno, ho sempre avuto una certa predilezione per i grandangolari ed utilizzavo di solito (sul 35mm) gli obiettivi dal 18 all'85mm, possibilmente luminosi. Quando proprio dovevo usare lunghezze focali maggiori apprezzavo molto il 135 (che portavo al posto dell'85mm nei viaggi) e, solo in rari casi, il 180/2.8 ed il 300/4 (comprati apposta Aus Jena perché altrimenti avrei lasciato un piccolo capitale nel cassetto). Ricordo comunque che, ai tempi della pellicola, usavo il mio 180/2.8 Zeiss Jena con la Contax AX ed il tutto mi sembrava normale e non stancante, sia come peso che come dimensioni. Ma, riprendendo oggi in mano questo 180mm per il test, sono rimasto impressionato dal peso: dopo pochi minuti che lo tenevo in mano, non ce la facevo più a reggerlo e l'immagine mi ballonzolava manco fosse stato un 500mm. E’ vero che un 180mm col fattore di moltiplicazione dell’APS-C inquadra come un 270mm, ma anni fa utilizzavo il 350 Tamron catadriottico senza avere questi problemi.
A parte questo, comunque, devo dire che il glorioso Olympia Sonnar si è comportato molto bene: a TA l'immagine è morbida come ricordavo, ma questo oggi è un problema minore che con la pellicola perché basta applicare un po' di maschera di contrasto e giocare coi livelli per vivacizzarla quanto basta. La risolvenza, per chi non deve giocarsela tutta sulle linee per millimetro, è più che sufficiente e diventa molto buona ad F/5.6, diaframma più sfruttabile di anni fa visto che la qualità di un moderno sensore a 3200 ISO è superiore a quella di tante pellicole da 800 ISO e, nel mirino della NEX, la perdita di luminosità in stop down viene compensata automaticamente, per cui ci si vede benissimo sia cosa si inquadra sia come verrà fotografato (ecco perché non sono un nostalgico dei mirini ottici).
In condizioni estreme ho rilevato un notevole purple fringing a F/2.8, problema comune a molte ottiche nate per la pellicola (anche più blasonate e costose di questa); davvero poco, comunque, considerando che stiamo lavorando a F/2.8 con un’ottica così datata. Non si noterebbe nemmeno su stampe fino al 20x30; chiudendo di uno stop il problema quasi sparisce. Molto bella e avvolgente la resa coi soggetti tridimensionali di cui allego un esempio, ma la PDC (F/2.8 con un 270mm equiv.) mi pare più critica dell'85 F/1.4: bisogna dunque fare molta attenzione al punto di messa a fuoco. Da segnalare, infine, l’assenza di distorsione: un innegabile pregio per chi fotografa anche dettagli architettonici e non fa solo reportage o fotografia naturalistica.
Il Purple Fringing (dettaglio al 100% dell'immagine precedente). Non è il peggiore che abbia visto, ma è comunque evidente ai diaframmi più aperti.
L’utilizzo sul campo.
Inutile dire che chi fotografa con un 180mm F/2.8 non mira certo alla massima praticità e tascabilità. Nel mio caso, la fotocamera usata (NEX-5), già piccola di suo, davvero sparisce e, in pratica, si ha la sensazione di andare in giro a fotografare con il solo obiettivo: la NEX sembra quasi solo un pulsante di scatto, davvero ininfluente come peso e volume. Il mio Sonnar è quello per Pentacon Six, quindi ho dovuto abbinarlo a diversi anelli adattatori: da Pentacon Six a vite, da vite a Contax, da Contax a NEX. Tutto solido e stabile, ma è ovvio che sarebbe meglio avere un anello “vite-NEX”, così da risparmiarsi un passaggio (io non lo posseggo, dunque ho dovuto fare il doppio passaggio “da innesto a vite a Contax” e poi “da Contax a NEX”).
La messa a fuoco (ovviamente in manuale) è molto agile grazie al brillante monitor LCD della NEX ed al focus peaking, che consente di evidenziare con dei puntini colorati le aree a fuoco dell’immagine, agevolando di molto il lavoro del fotografo. La rotazione della ghiera di messa a fuoco è un po’ lunga e scomoda, visto il peso dell’obiettivo; ma forse chi ha mani più grandi delle mie se la cava meglio.
Dalla stessa posizione, il confronto tra i campi inquadrati con lo zoom Sony 18-55 a 55mm ed il 180mm. La differenza è notevole. La risolvenza del 180mm è elevata, nel file originale si legge persino la scritta sul talloncino dell'assicurazione che non pubblichiamo per rispetto della privacy. Un tempo, coerentemente con la filosofia Zeiss, avrei detto "a che pro avere più risolvenza di quanta ne avremmo ad occhio nudo? Conta di più la qualità generale dell'immagine". Ma oggi, con sensori sempre più nitidi e con la diffusa tendenza a spaccare il capello in quattro visionando le immagini a schermo al 100% dimenticando che questo equivale a guardare una foto 70x100cm da venti centimetri, questa abbondante risolvenza potrebbe essere vista da alcuni come un plus irrinunciabile.
Conclusioni.
Come si sarà capito, la resa è davvero molto buona sotto tutti i punti di vista. Oggi, forse, questo vecchio 180mm mostra i suoi limiti meno di ieri, proprio grazie alla possibilità di intervenire in postproduzione. Sicuramente un moderno 180mm andrà meglio, ma non sono certo che ciò si veda, e quanto, su una stampa 30x40cm (o sul monitor al 50%).
E’ un obiettivo studiato per offrire la massima resa a tutta apertura con una eccezionale uniformità tra centro e bordi. Non a caso è stato per lungo tempo la pietra di paragone per gli altri fabbricanti, ed ancora oggi resta un obiettivo di gran classe, tra i migliori della sua categoria anche se - indubbiamente - accusa il peso degli anni; la risolvenza non più da record è però compensata da un buon contrasto che fornisce immagini brillanti e colorate, ed una plasticità ben superiore alla media. Globalmente, dunque, ancora oggi un’ottica molto valida, che può dare delle notevoli soddisfazioni, soprattutto con un minimo di postproduzione.
Rino Giardiello © 05/2012
A confronto il campo inquadrato con il Sony 18-55 a 18mm ed il 180mm: dieci volte la focale iniziale. Buona nitidezza (cliccare per ingrandire) e notare, nelle linee del palazzo, l'assenza di distorsione.
Pregi e difetti
La resa cromatica è molto pulita, brillante ma naturale, anche senza interventi di prostproduzione. A questa foto ho solo applicato la consueta quantità di maschera di contrasto che applico sempre alle foto scattate con la NEX, un po' morbide per scelta progettuale della Sony.
Su Nadir si parla del 180/2.8 Zeiss anche qui: