ANCORA SUI TEST MTF
Michele Vacchiano, luglio 2002

E' vero, ne abbiamo già parlato, ma le molte lettere che arrivano alla Redazione ci invogliano ad approfondire l'argomento, davvero fonte di dubbi e talvolta di fraintendimenti da parte dei fotografi (non solo dilettanti). Ecco che cosa ci ripropone al riguardo Michele Vacchiano.

Il Planar 80 mm oggetto del nostro test.

Lo Schneider Xenotar montato sull'Exakta 66.

Nadir Magazine ©

Nadir Magazine ©

Curve MTF del Planar (sopra) e dello Xenotar (sotto).

Per capire davvero la curve MTF e le prestazioni degli obiettivi occorre capire la differenza tra potere risolvente e contrasto. Il fotografo spesso confonde termini quali nitidezza, definizione, risoluzione, contrasto, brillanza e MTF. In realtà le differenze sono fondamentali.

La nitidezza, ad esempio, è definibile come la misura di quanto l'immagine appaia a fuoco oppure sfocata, mentre il contrasto è la misura della differenza tra le zone più chiare e più scure dell'immagine. Il potere risolvente, dal canto suo, è la capacità dell'obiettivo di risolvere, cioè riprodurre separatamente, coppie di linee bianche e nere (ricordiamo che quando si parla di 40, 20 o 10 linee per millimetro si parla in realtà di coppie di linee bianche e nere alternate). Un obiettivo può essere dotato di un alto potere risolvente ma di un basso contrasto, nel senso che è capace di riprodurre magari 60 coppie di linee per millimetro (l/mm), ma le riproduce come toni di grigio poco differenziati; un altro, invece, riesce a risolvere soltanto 30 coppie di l/mm ma con una netta distinzione fra linee bianche e linee nere.

Quanto più la frequenza spaziale aumenta (cioè aumenta il numero delle linee bianche e nere accoppiate per ogni millimetro) tanto più risulta difficile, per l'obiettivo, riuscire a riprodurre la sequenza mantenendo elevato il contrasto. Quando in un millimetro c'è soltanto una coppia di linee (1 l/mm) basterebbe un menisco semplice per ottenere una fotografia accettabile. Misurando la differenza tra le linee chiare e le linee scure sull'originale e confrontandola con la differenza fra le stesse linee riprodotte sul negativo avremo ottenuto il grado di contrasto dell'obiettivo riferito a quella specifica frequenza spaziale. Quando le linee per millimetro aumentano, le cose si complicano. Se fotografiamo una mira ottica a 40 o 50 l/mm ed osserviamo al microscopio il negativo così ottenuto, vedremo che i confini fra le linee bianche e le linee nere non sono più così netti e definiti, ma il bianco e il nero si mescolano generando un grigio uniforme. Se poi aumentiamo ulteriormente la frequenza spaziale, il bianco e il nero finiranno per confondersi del tutto e l'obiettivo non sarà più in grado di riprodurre alcunché.

Quando si parla di contrasto a questi livelli, si finisce obbligatoriamente per parlare di nitidezza. Il basso contrasto con cui un obiettivo riproduce le differenze di tonalità fra particolari minuti viene percepito essenzialmente come scarsa nitidezza.

Per capire in modo ancora più approfondito i risultati forniti dai test MTF, prendiamo ad esempio due obiettivi normali per il medio formato: il Carl Zeiss Planar CF 80 mm f/2,8 per Hasselblad e lo Schneider Xenotar 80 mm f/2,8 per Exakta 66.

Per uniformità diamo i risultati ottenuti a 10, 20 e 40 linee per millimetro. Spiegheremo più avanti il perché di questa scelta.

Premettiamo che si tratta di obiettivi per il medio formato. Questo è importante sottolinearlo, dal momento che qualcuno (abituato a leggere i test MTF degli obiettivi per il piccolo formato) potrebbe stupirsi di certi valori apparentemente piuttosto bassi. In realtà, in un fotogramma di 6x6 cm trovano posto 4 fotogrammi di 24x36 mm, il che significa essenzialmente che quanto maggiore è il formato tanto minore deve essere l'ingrandimento per ottenere un'immagine leggibile e sufficientemente nitida. Insomma, quanto più cresce il formato del negativo, tanto più aumenta l'importanza di questo parametro, a discapito del puro e semplice potere risolvente. E' logico, dal momento che l'occhio umano non è in grado di risolvere più di 16 l/mm sulla stampa finale. Ne consegue che quanto meno dev'essere ingrandito il negativo, tanto meno è necessario un obiettivo dall'elevato potere risolvente. Ad esempio, un obiettivo progettato per il formato 20x25 cm non ha certo bisogno di risolvere 80 linee/millimetro, dal momento che il negativo può essere addirittura stampato per contatto!

Vediamo ora di illustrare i risultati dei test comparativi, cercando di spiegare le differenze.
Carl Zeiss Planar CF 80/2,8
Schneider Xenotar 80/2,8
Lunghezza focale effettiva

80 mm

82 mm

Spesso la lunghezza focale effettiva differisce da quella nominale. Questo è dovuto alle caratteristiche costruttive e al disegno ottico e non influisce minimamente sulla qualità dell'immagine finale.

Valutazione media globale

3,7

3,8

In una scala da 1 a 5, i valori ottenuti riassumono con una valutazione globale i singoli risultati. Questa media è ottenuta prendendo in considerazione i semplici dati dei test MTF e non altri parametri quali la distorsione, l'illuminazione relativa, la trasmissione spettrale ecc. Il punteggio ottenuto dai due obiettivi è da collocarsi in una fascia decisamente elevata.

Valutazione media a f/2,8

0,62

0,75

Valutazione media a f/4

0,75

0,78

Valutazione media a f/8

0,82

0,81

Il valore MTF è misurato a distanze fisse, partendo dal centro dell'immagine verso i bordi, e a 10, 20 e 40 l/mm, sia in direzione sagittale che in direzione tangenziale. In totale si possono raggiungere e superare le 48 misurazioni per ogni diaframma. La media ponderata di queste misurazioni fornisce i valori riportati sopra. I risultati ottenuti al centro dell'immagine sono di solito considerati più importanti di quelli ottenuti a bordo campo. Nella comparazione fra i due obiettivi presi ad esempio, vediamo come lo Schneider dimostri un comportamento più uniforme, con una netta supremazia nella zona centrale e risultati praticamente identici a quelli del Planar nelle zone periferiche. Le prestazioni a piena apertura (f/2,8) sono limitate dalle aberrazioni. A questi diaframmi la differenza fra gli obiettivi è notevole. Ai diaframmi più chiusi le prestazioni sono limitate dalla diffrazione. Qui le differenze fra i vari obiettivi si fanno meno marcate: tutti i modelli si rivelano ugualmente scadenti. Questo è il motivo per cui non vengono effettuate misurazioni a diaframmi inferiori a f/8. Diverso è il discorso per gli obiettivi di grande formato, nei quali la misurazione si effettua generalmente a f/22, che è considerata l'apertura relativa media (come f/8 nelle ottiche di medio formato).

Vale forse la pena spendere qualche riga sulla diffrazione, di cui tutti parlano ma che pochi sanno descrivere da un punto di vista fisico. La diffrazione è un fenomeno strettamente connesso con la natura ondulatoria della luce. Quando un fronte d'onda oltrepassa un ostacolo netto, viene da questo leggermente deviato. Il diametro del fascio di raggi che attraversa l'obiettivo è determinato dall'apertura del diaframma. Ora, i raggi che "sfiorano" il bordo netto delle lamelle vengono leggermente deviati, cioè diffratti. Se l'apertura del diaframma è larga, la quantità di luce diffratta è percentualmente insignificante rispetto alla quantità di luce che non viene deviata; ma quanto più il foro si stringe, tanto più la percentuale di luce diffratta diviene significativa rispetto alla quantità di luce che passa normalmente. In questo modo la diffrazione (che - lo sottolineiamo - è un fenomeno sempre presente, ma reso ininfluente alle aperture maggiori) riesce ad abbassare significativamente la nitidezza dell'immagine.

Media ponderata a 10 l/mm

0,88

0,89

Media ponderata a 20 l/mm

0,75

0,76

Media ponderata a 40 l/mm

0,51

0,50

I test MTF ci danno la misura oggettiva del contrasto che rimane tra le linee bianche e nere dopo che esse sono state rifratte dal sistema ottico e riprodotte su un negativo. La misurazione viene effettuata per ogni frequenza spaziale e il risultato ottenuto viene confrontato con i valori del contrasto misurato sull'originale. Un valore MTF pari all''89% significa che l'89% del contrasto originale è stato riprodotto sul negativo. Alle basse frequenze spaziali tutti gli obiettivi hanno un MTF vicino al 100%. A mano a mano che la frequenza aumenta, l'MTF tende allo 0%. Questo significa che le prestazioni di ogni obiettivo alle diverse frequenze spaziali possono essere rappresentate da una curva. I risultati ottenuti a 10 l/mm sono più importanti di quelli ottenuti a 40 l/mm. Il valore a 10 l/mm è importante per valutare il contrasto generale quando si debbano ottenere ingrandimenti non troppo elevati (10x15 cm nel piccolo formato, 24x30 cm nel medio formato), come normalmente accade nelle pubblicazioni a stampa, cataloghi pubblicitari eccetera. Il valore a 40 l/mm è invece importante quando si intendano ottenere stampe di grande formato per manifesti o poster, oppure per esposizioni o mostre. Nel caso degli obiettivi presi in esame notiamo una sostanziale uniformità con risposte sostanzialmente elevate in tutte le situazioni.

Distorsione

-1,25%

0,29%

L'ideale sarebbe un valore uguale a zero. La distorsione si misura in percentuale dell'altezza dell'immagine. E' negativa (o a barilotto) quando le linee prossime al bordo campo e parallele ad esso si incurvano verso l'esterno; positiva (o a cuscinetto) quando si incurvano verso l'interno. I risultati della misurazione rivelano una differenza sensibile tra i due obiettivi, a vantaggio dello Schneider che dimostra un comportamento più neutro.

I grafici riportati sopra a sinistra, nella colonna delle illustrazioni, rappresentano i risultati dei test MTF ottenuti a 10, 20 e 40 l/mm dal centro dell'immagine (a sinistra) al bordo (a destra). Essi inoltre rappresentano i risultati ottenuti a f/8 (in alto) e a tutta apertura (in basso). Le linee in alto rappresentano le 10 l/mm, quelle in centro le 20 l/mm e quelle in basso le 40 l/mm. Le linee continue rappresentano il trasferimento della modulazione sagittale (quando le linee per millimetro sono orientate dal centro verso i bordi come i raggi di una ruota), mentre le linee tratteggiate rappresentano l'MTF tangenziale (quando le linee sono disposte lungo il "cerchio della ruota"). Il punto di incontro delle coordinate cartesiane (lo zero) rappresenta il centro dell'immagine (asse ottico).

Michele Vacchiano © 07/2002
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