Le lenti asferiche sono state introdotte per diminuire le aberrazioni ottiche. Combinando una o più lenti asferiche all'interno di un obiettivo, si possono ridurre gli effetti di alcune aberrazioni. Questo consente anche ai produttori di usare meno lenti sferiche, il che si traduce in obiettivi più piccoli e leggeri.
Purtroppo, anche con le lenti asferiche, le aberrazioni non si annullano mai del tutto; piuttosto, si minimizzano. La forma delle lenti influisce in particolare su due specifiche aberrazioni, quella sferica e quella cromatica. Di quest'ultima ci occuperemo in un altro articolo specifico; in questo invece parleremo diffusamente dell'aberrazione sferica.
Dicevamo dunque che usando lenti asferiche si può correggere l'aberrazione sferica; vediamo come. La radice del problema risiede nel fatto che un'immagine (ciò che stiamo inquadrando) dev'essere riprodotta su una superficie piana (il piano pellicola), attraverso una lente, ovvero un pezzo di vetro circolare, per dirla rozzamente. Ciò vuol dire che i raggi di luce percorrono distanze differenti a seconda che passino per il centro della lente o lungo i bordi. In altre parole: "la luce che passa attraverso i bordi di un obiettivo è in realtà messa a fuoco su un piano più vicino all'obiettivo rispetto alla luce che passa attraverso l'area centrale, con il risultato di un'immagine poco contrastata". Questo è quanto scrive Adams ne La Fotocamera, anche se forse il traduttore dell'edizione italiana avrebbe fatto meglio ad usare "lente" anziché "obiettivo" (ma in inglese il termine è unico: lens).
Concludendo: la messa a fuoco al centro del fotogramma non coincide con quella ai bordi. Questo ci fa notare anche come l'aberrazione sferica sia in qualche modo parente di un altro difetto, la curvatura di campo, che si verifica quando un obiettivo, nel riprodurre un soggetto piano, non produce un'immagine piana, perché i raggi provenienti dalle parti "esterne" del soggetto, essendo obliqui, non si incontrano sul piano focale con quelli provenienti dalle parti centrali del soggetto, che invece entrano paralleli nell'obiettivo. Non a caso la curvatura di campo viene corretta particolarmente nelle ottiche macro, e più in generale in quelle destinate alla riproduzione: non bisogna credere che un obiettivo sia "macro" solo perché mette a fuoco a venti centimetri.
Tornando all'aberrazione sferica: Madre Natura ha provveduto a risolvere questo problema nell'occhio umano, dove ogni punto del nostro "piano focale" (la retina) è sempre alla stessa distanza dalla pupilla; ora tocca agli essere umani risolvere questo problema negli obiettivi fotografici.
Come detto, le ricerche hanno mostrato che usando lenti dalla superficie non sferica il difetto si riduce. In pratica, nelle lenti dalla forma non sferica la lunghezza focale al centro è differente da quella ai bordi, ed in misura tale da compensare la differenza di messa a fuoco; dunque, in pratica annullano quasi del tutto l'aberrazione sferica.
Questo spiega perché le lenti asferiche sono molto usate negli obiettivi superluminosi (Leica Noctilux, Nikon Noct Nikkor 58/f1.2, Zeiss Planar 85/1.2
), dove la grande apertura relativa massima crea molti problemi di messa a fuoco. E spiega anche perché, man mano che si diaframma un obiettivo, aumenta la nitidezza: perché si evita di usare la parte esterna delle lenti, diminuendo quindi la differenza di messa a fuoco sulle diverse zone del fotogramma. Per completezza, aggiungiamo che la nitidezza aumenta anche perché "con valori di diaframma più chiusi diminuisce la dimensione del circolo di confusione, rendendo più distinguibili i dettagli fini sul negativo" (vedi a tal proposito l'articolo sul bokeh).
Come si fabbricano
In passato gli obiettivi con lenti asferiche si costruivano molando a mano le lenti asferiche all'interno di una superficie dalla forma parabolica o iperbolica; è facile comprendere come i costi ed i tempi di tale procedimento costituissero un ostacolo insormontabile alla diffusione di massa delle lenti asferiche.
Metodi più moderni prevedono la lavorazione meccanica del vetro, attuata in due modi: o tenendo fermo il vetro ed utilizzando una ruota impregnata di polvere di diamante, che viene fatta ruotare ad alta velocità; oppure tenendo fissa una punta di diamante e facendo ruotare il vetro.
Successivamente a questa fase bisogna eliminare ogni irregolarità dalla superficie dal vetro, operazione che viene definita "politura". Poiché la politura è un procedimento lungo e costoso, gli sforzi dei produttori si sono concentrati sulla sua eliminazione.
In alcuni casi si è scelto di adottare lenti in plastica. I continui progressi della tecnologia hanno portato miglioramenti impensabili fino a qualche anno fa, ma siamo ancora ben lontani dal poter considerare la plastica un rivale del vetro, almeno nel campo della fotografia. Purtuttavia l'uso di alcuni elementi in plastica può pregiudicare in maniera più che accettabile la qualità di un obiettivo fornendo nel contempo un notevole calo di costi ed un miglioramento della qualità in altri aspetti grazie a tali lenti plastiche ed asferiche.
Lenti asferiche in plastica sono perciò state utilizzate in obiettivi destinati ad avere un prezzo contenuto (per esempio nel Tessar della Yashica T4 e T5).
Al momento, qualità ottica a parte, la limitazione principale delle lenti in plastica consiste nella notevole sensibilità della plastica alle variazioni termiche.
Una soluzione intermedia è quella degli "ibridi asferici", fondendo un rivestimento in plastica e poi unendolo ad una lente in vetro. In questo modo si riduce la quantità di plastica, diminuendo il rischio che le dilatazioni della plastica dovute al caldo possano compromettere la struttura dell'obiettivo.
Questo è un procedimento più economico ed è quello maggiormente utilizzato. Purtuttavia i risultati in termini di qualità ottica sono ancora ben lontani dal potersi definire ottimali.
Il primo produttore ad introdurre le lenti asferiche nella produzione di massa è stato Canon, che ha usato lenti asferiche per la prima volta nel 1971, con un 55mm FD. Anche nel settore degli obiettivi cinematografici c'è stato un certo utilizzo di lenti asferiche (per esempio il Canon K35, i cui risultati sono stati premiati nel 1977 con un Oscar), che però poi non ha avuto seguito: visti i miglioramenti raggiunti sotto altri aspetti (vetri Hi UD, messa a fuoco interna, ecc.), al momento Canon non usa lenti asferiche nei suoi obiettivi destinati all'uso cinematografico e televisivo. Viceversa, molte ottiche fotografiche fanno uso di lenti asferiche.
Alcuni obiettivi Canon dotati di lenti asferiche hanno alla base un processo di fabbricazione particolare, realizzato grazie ad un materiale elaborato da Canon, assai resistente alle variazioni di temperatura. Una lastra di questo materiale viene portata a temperatura molto elevata, poi ne vengono tratti due stampi di forma asferica, dentro i quali si pone la lente. Una volta che il tutto si è raffreddato, la lente viene estratta e sottoposta ad un ulteriore processo di lavorazione.
In pratica questa soluzione è una tecnica particolare di stampaggio del vetro, ottenuto mediante l'uso di un materiale plastico.
In casa Nikon, invece, si percorre una strada diversa. Si prende la lente e la si lavora con tolleranze di precisione molto ampie, in modo da contenere i costi del processo; dopodiché questa lente "approssimativamente asferica" (i puristi ci perdoneranno, ma vogliamo essere il più chiari possibile) viene rivestita con uno strato di plastica molto sottile. Tale ridotto spessore rende praticamente inesistenti le variazioni termiche; e l'applicazione dello strato plastico (una resina) viene fatta attraverso uno stampo metallico, il che permette di rispettare molto fedelmente la forma originaria della lente.
Il futuro
Chi può dire cosa ci riserva il futuro? La tecnologia procede senza sosta. Posto che i costi della lavorazione del vetro potrebbero diminuire in qualche modo, c'è da chiedersi se le lenti asferiche in plastica riusciranno a scalfire il dominio del caro, vecchio vetro (che a tutt'oggi risulta ancora il mezzo migliore che l'umanità ha trovato per riprodurre la luce).
Per chi confida maggiormente nella plastica, una strada potrebbe essere quella delle lenti plastiche F Teta. Di cosa si tratta? Concettualmente, sono l'opposto delle lenti asferiche: le lenti F Teta servono a focalizzare un'immagine su una superficie irregolare. Esattamente il contrario delle lenti asferiche, che invece nascono per focheggiare su un singolo punto un'immagine irregolare.
Le lenti plastiche F Teta (di cui la Kyocera è uno dei maggiori produttori al mondo) sono utilizzate ampiamente nelle stampanti laser, nei fax, negli scanner, ed in altre apparecchiature del genere. Vista la rapidità dei progressi tecnologici del settore, e vista la sempre maggiore convergenza tra fotografia chimica e fotografia digitale, non è da escludersi prima o poi una innovazione radicale nel campo delle lenti asferiche proveniente proprio dal settore della plastica.
Agostino Maiello © 02/2000
Riproduzione Riservata