Un completo dossier su tutti i modelli Leica R prodotti dal 1964 al 2009. Un esauriente elenco compilato da due grandi esperti del mondo Leitz - Pierpaolo Ghisetti e Marco Cavina - che hanno pubblicato le singole schede, con più foto e maggiori informazioni, su “Historical Wetzlar Italia”. Su Nadir Magazine la pratica pagina di riepilogo con le informazioni essenziali.
LEICAFLEX
La prima fotocamera reflex Leitz nacque nel 1964: presentava una linea elegante ed originale, ma non possedeva ancora la lettura TTL, in quanto la cellula al CdS era posta sul frontale del pentaprisma, accanto al vano batteria. I tempi dell'otturatore a tendina andavano da 1sec sino ad 1/2000 di secondo + B, mentre il tempo sincro era di 1/100 di secondo. La Leicaflex possedeva inoltre il sollevamento dello specchio prima dello scatto, grazie ad una levetta a tre posizioni, derivata dalla cassetta reflex Visoflex III. Da notare che questa caratteristica ritornerà su una reflex Leica solo vent'anni dopo, con la R6.
Il mirino era molto luminoso con schermo di Fresnel finissimo e indicazioni del tempo di posa selezionato, oltre naturalmente, sulla destra, il doppio indice a lancette dell'esatta esposizione.
La Leicaflex inaugura il terzo innesto ottiche Leitz, ovvero la baionetta R. Si segnalano due varianti: la prima con contafotogrammi semisferico e innesto per il cavalletto esterno fissato con tre viti, la seconda con contafotogrammi circolare bordato in metallo e innesto del treppiede integrato nel corpo macchina; oltre al fatto che l'interruttore dell'esposimetro era comandato dalla leva di carica.
Il pentaprisma della Leicaflex era fisso, contrariamente a quello di molte concorrenti, come Nikon F e Contarex Special: si conoscono 3 prototipi Leicaflex con due mirini intercambiabili, ma questa opzione fu probabilmente giudicata troppo dispendiosa e macchinosa. Furono anche fabbricati 10 prototipi motorizzati.
La Leicaflex originale o Standard (come è stata rinominata a posteriori) rimane una macchina di alta scuola meccanica, rifinita e costruita al meglio, secondo la tradizione Leica, ma arrivata tardi sul mercato. Probabilmente il grande successo delle M3 ed M2, ha provocato l'illusione nella dirigenza Leitz che le macchine a telemetro potessero reggere il mercato ancora per anni, con conseguenti ritardi nella progettazione (vedi esposimetro non TTL) che nella commercializzazione. In ogni caso tratta di un pezzo irrinunciabile per un appassionato di fotocamera classiche. Le Leicaflex in dettaglio qui. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICAFLEX SL
La Leicaflex Select Ligth, ovvero SL, con lettura attraverso l'obiettivo (TTL con cellula al CdS) e misurazione spot è la logica evoluzione della prima Leicaflex: appare nel 1968 e rimane in catalogo sino al 1974, con 70.995 pezzi prodotti, sia neri che cromati.
Si tratta di un apparecchio interamente meccanico con otturatore a tendina che arriva sino al tempo di 1/2000 di sec, mentre la batteria alimenta esclusivamente l'esposimetro, con indice a lancetta da far collimare con l'ago, con tempi di otturazione visibili nel mirino.
La misurazione della luce a tutta apertura introduce una seconda camma negli obiettivi, rispetto ai primi per Leicaflex che ne possedevano una sola.
Il mirino rappresenta uno del massimi capolavori Leitz in fatto di lavorazione e luminosità, con una trama di microprismi finissimi che permettono una visione ottimale del soggetto inquadrato, anche agli angoli. Viene introdotto con questo modello anche il pulsante della profondità di campo, che può essere sia nero che cromato. Esiste anche l'autoscatto meccanico con ritardo di 10secondi: la levetta in alcuni modelli possiede un trattino bianco verticale.
La levetta di sblocco degli obiettivi era in plastica rossa nelle prime SL prodotte, poi sostituita con una levetta di metallo.
Il numero di matricola si trova talvolta sul fondello oppure anche sul bordo posteriore. La macchina pesa 650g. La Leicaflex SL non accetta le ottiche da 16-24-zoom 80-200 né il 15/3,5.
La Leicaflex SL rappresenta uno dei capolavori della Leitz per costruzione e semplicità di funzionamento, con un mirino brillante di eccezionale luminosità abbinato ad una meccanica senza tempo. Estremamente consigliabile. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICAFLEX SL2
L'ultima macchina della serie Leicaflex, apparsa nel 1974 e durata solo un paio d'anni, sino al 1976, quando l'elettronica R3 iniziò una nuova era anche in casa Leitz. Dopo 75 esemplari di preproduzione, i pezzi prodotti si attestarono a 23.960 esemplari, in finitura sia nera che cromata. Le macchine con questa finitura sono abbastanza rare. La SL 2 presenta una serie di perfezionamenti rispetto alla SL: mirino molto luminoso con anello di microprismi e stigmometro; diverso disegno del sorso, meno incurvato; scala dei tempi e dei diaframmi visibile nel mirino; microlampada per illuminare il mirino; nuovo ago collimatore, molto sensibile alle variazioni di luce; cellula esposimetrica al CdS otto volte più sensibile di quella della SL: possiede una seconda fotoresistenza che assicura una maggior linearità di risposta alle varie condizioni di luce e un tempo più breve di recupero contro l'abbagliamento; 5 trimmer di regolazione dell'esposimetro, contro i 3 della SL; nuovo disegno della leva di carica; migliore manovrabilità della ghiera dei tempi; tendine dell'otturatore di nuova concezione, molto robuste; slitta flash con contatto caldo; diverso movimento dello specchio rispetto alla SL, per permettere l'innesto di tutte le ottiche R, che non si potevano precedentemente montare sulla SL.
La SL 2 è una macchina d'altissima qualità costruttiva, purtroppo la sua limitata produzione, circa un terzo della SL, ne ha fatto un mito tra gli appassionati, con conseguenti alte valutazioni, talvolta eccessive.
Rappresenta storicamente il disperato e non riuscito tentativo della Leitz di continuare la tradizione delle macchine meccaniche, in un momento storico in cui le fotocamere elettroniche promettevano nuove frontiere d'automatismi e facilità d'uso. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R3 ELECTRONIC
La R3 rappresenta storicamente in casa Leitz la reflex di rottura con la tradizione, in precedenza declinata con le tre reflex meccaniche Leicaflex. Con la comparsa della Contax RTS e della Canon AE-1 l'elettronica dilaga sulle reflex, proponendo nuove e rivoluzionarie prestazioni, sia per quanto riguarda il controllo elettronico dell'otturatore, con una precisione dei tempi di posa prima sconosciuta, uniti a svariati automatismi d'esposizione, sia per quanto riguarda le informazioni visibili nel mirino.
L'accordo Leitz-Minolta, come quello Zeiss-Yashica, compenetra la tecnologia elettronica giapponese con la qualità di progettazione e dei particolari di derivazione tedesca, cercando di far quadrare il difficile cerchio del rapporto qualità-prezzo, arrivato a cifre improponibili per la manifattura Made in Germany, tanto che anche la terza grande casa tedesca, ovvero la Rollei, si era decisa a trasmigrare il processo produttivo a Singapore.
Apparsa nel 1976, la R3 (che anche nella sigla si distacca dalla precedente famiglia di reflex, ad indicare una nuova generazione di apparecchi) sfrutta la base elettronica della Minolta XE-1, integrata da ben tre cellule al CDS e offrendo per prima la doppia lettura esposimetrica, integrata e spot, con il semplice spostamento di un interruttore posto sul tettuccio. Il peso è di 780g.
L'otturatore Copal Leitz a lamelle metalliche a scorrimento verticale, è comandato elettronicamente, con tempi da 1/1000 di sec a 4 sec, posa B, più la memoria di esposizione; permette, scegliendo il diaframma. d'impostare automaticamente il tempo di posa.
La scatola reflex (specchio maggiorato di 1mm rispetto alla Leicaflex) e il pentaprisma (con tetto in ottone) sono di progettazione Leitz: sia il disegno particolare del pentaprisma, sporgente in avanti che lo schermo di messa a fuoco, molto luminoso e a microsismi finissimi, rappresentano la caratteristica saliente del progetto rispetto alla corrispettiva fotocamera Minolta, mentre all'interno del mirino è visibile la scala dei tempi, indicata dal classico ago del galvanometro, e i diaframmi.
Per la prima volta su una Leica appare la finestrella memo per la pellicola: occorre ricordare che spesso la gommapiuma che protegge la finestrella, dopo qualche anno tende a sgretolarsi, tuttavia la sua sostituzione è molto facile, anche col fai da te. I contatti elettrici interni sono placcati in oro.
Dopo i primi 500 esemplari cromati e i primi 1500 neri prodotti a Wetzlar, la produzione fu spostata in Portogallo, per un'ulteriore segmentazione del lavoro, nel tentativo di offrire un prodotto di qualità ad un prezzo tutto sommato competitivo, almeno per i parametri Leitz. La R3 è oggi nettamente sottoquotata dal mercato, in quanto frutto di una commistione di lavoro cooperativo che ha sì permesso la sopravvivenza dell'azienda, ma è sempre stata mal digerita dai cosiddetti puristi Leitz, che invece spesso non ne hanno apprezzato pienamente lo sforzo progettuale, produttivo e commerciale.
Uno dei pochi difetti che abbiamo riscontrato sul campo, nell'uso della R3, è l'abbagliamento di cui soffre la cellula al CdS, con effetto memoria di qualche secondo. Inoltre occorre ricordare che senza pile (2 all'ossido d'argento) l'otturatore non funziona, se non sul tempo sincro. Ottimi l'assenza di vibrazioni e il rumore soffuso dello scatto.
Se sana, ovvero con l'elettronica funzionante, rappresenta un ottimo ingresso nel mondo delle fotocamere reflex Leica, con costi limitati, ma ben due sistemi di lettura esposimetrica e un corpo complessivamente solido e robusto. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R3 SAFARI
Nel 1977/78 vengono realizzate 5.000 Leica R3 in speciale edizione verde SAFARI, con 4 ottiche dedicate ovvero: Summilux 50/1,4 (in due versioni, con paraluce separato e con paraluce incorporato), Summicron 50/2, Elmarit 28/2.8, Elmar 180/4, cui si aggiungeva anche la borsa speciale e il binocolo Trinovid 8x20.
Da notare che nella pubblicità dell'epoca compare anche un proiettore Pradovit in edizione Safari, in realtà mai realizzato.
Infine, a titolo di curiosità, ricordiamo che il vocabolo 'safari' in lingua swahili significa viaggio. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R4
Nel 1980 la Leitz mette in cantiere una nuova fotocamera reflex elettronica multi-program, come obbligo all'epoca, inaugurando contemporaneamente un design moderno ed accattivante, che sarà mantenuto per una ventina d'anni anche nei modelli successivi.
La nuova fotocamera, denominata logicamente R4, si avvale sempre della collaborazione della nipponica Minolta, utilizzando lo chassis in pressofusione della XD-7. Il corpo, molto ben sagomato e ricco di curve, col caratteristico pentaprisma sporgente, sul quale campeggia il nome LEICA, dal disegno completamente diverso dalla precedente R3, si maneggia molto bene, anche se forse, si sente la mancanza di una piccola presa laterale per la mano destra. Il peso è di 550g.
La nuova R4 presenta un'elettronica completa, con automatismo a priorità dei tempi, dei diaframmi e perfino program. Inoltre è sempre possibile il controllo manuale dell'esposizione. La misurazione può essere integrale o spot.
Il mirino, estremamente luminoso e con schermi di messa a fuoco intercambiabili, possiede informazioni a led ed è completissimo, mostrando anche l'eventuale staratura intenzionale dell'esposizione (informazione che mancava, ad esempio, sulla contemporanea Canon A-1, che inoltre non possedeva la doppia misurazione esposimetrica).
Sincro flash a 1/100 di secondo, anche come tempo meccanico disponibile. Scatto silenziosissimo per un apparecchio reflex, con appena 66 decibel di rumorosità. Possibilità di montare un dorso data con funzioni complete.
I numeri dimostrano che con la R4 la Leica aveva centrato in pieno l'obiettivo di offrire una fotocamera dal design accattivante e con tutte le caratteristiche tecnologiche legate alla moda dell'epoca: anche se in apparenza complessa la R4 era intuitiva nei comandi e di semplice apprendimento. Il prezzo evidentemente non spaventava poi troppo gli utenti, poiché la usavano i fotoamatori benestanti e i professionisti, tra i quali si annoveravano perfino il grande Ansel Adams e l'italiano Fulvio Roiter. La Leica R4 e modelli derivati rappresentano oltre un quarto di tutta la produzione di reflex Leica, stimabile sul mezzo milione di esemplari. Qui il nostro test completo. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R5
Presentata nel 1986 e rimasta in produzione per cinque anni sino al 1991: 45.000 pezzi prodotti, di cui 40.000 nere e solo 5000 esemplari cromati. Si tratta di una macchina elettronica che prosegue le caratteristiche della precedente R4, con identica carrozzeria, in più con l'introduzione, necessaria, del TTL flash. Tempo syncro a 1/100 di sec. Peso 460g. Otturatore a controllo elettronico a scorrimento verticale con tempi da 15 sec a 1/2000 di sec. Tempo meccanico di 1/100 di sec e posa B.
Esposizioni TTL: manuale con misurazione spot, automatica a priorità dei diaframmi (con misurazione integrata o spot), dei tempi e Program, (entrambi con misurazione integrata) e staratura dell'esposizione a passi di mezzo stop fino a due valori di stop. Esposimetro molto preciso e funzionale.
Mirino: con schermo intercambiabile con stigmometro e anello di microprismi, led nel mirino indicanti tempi, diaframma, modo d'esposizione, eventuale staratura. Correzione diottrica e antina per la chiusura del mirino. Autoscatto con ritardo di 10 sec. Alimentazione sul fondello con due batterie all'ossido di argento. Un'ottima fotocamera che si trova a prezzi molto convenienti e che raramente presenta problemi di elettronica. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R-E
Il modello R-E appare nel 1990 come modello semplificato della precedente automatica R5, e viene prodotto per due anni, sino al 1992 in soli 6500 esemplari, tutti in finitura nera. Il numero degli esemplari prodotti è una estrapolazione, in quanto i lotti produttivi della R-E sono mescolati con quelli della R-5 e R-6.2. La R-E possiede solo l'automatismo a priorità dei diaframmi, più l'esposizione manuale e il TTL flash. La misurazione esposimetrica può essere media o spot. Peso di 550g. Le restanti caratteristiche sono identiche a quelle della famiglia R.
Per le Olimpiadi di Barcellona del 1992 ne fu fatta una serie speciale con logo in 1500 esemplari, corredati da zoon Vario Elmar 28-70. Sul fondello dell'apparecchio appare una delle cinque lettere del nome LEICA e il numero speciale dell'apparecchio-
Le R-E Olympische Spiele 92 sono state commercializzate solo in Germania, e sono abbastanza rare.
La Leica R-E mostra normalmente un funzionamento impeccabile esente da difetti elettronici. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R6 - R6.2
Alla Photokina del 1988 viene presentata la nuova reflex meccanica dopo la scomparsa, nel 1976, della Leicaflex SL2.
La nuova reflex meccanica (costruita a Solms) e ad esposizione manuale presenta lo stesso corpo delle sorelle elettroniche che l'hanno preceduta, con tempi da 1sec ad 1/1000 di sec, TTL flash e una misurazione esposimetrica sia media che spot.
L'otturatore a lamelle metalliche è meccanico (Seiko) a scorrimento verticale. Il sincro flash è ad 1/100 di sec. Gli schermi di messa a fuoco sono intercambiabili. Possibilità di sollevare lo specchio prima dello scatto.
Fornita sia nera che cromata viene prodotta sino al 1990 in circa 7000 pezzi, con nr 10070/10071 la versione cromata.
L'anno seguente appare il modello aggiornato, denominato R6.2, con il tempo massimo di otturazione spinto sino ad 1/2000 di sec. e un otturatore alleggerito. Sono diverse anche la leva di carica e il contafotogrammi. I dati del mirino sono illuminabili.
Prodotta sino al 2002 in 16.000 esemplari, con nr di catalogo 10073/10074. Nel 1976 è stata realizzata la R6 nr 1.750.000 con 50/1,4 Summilux con finitura al platino a ricordo dei 150 anni della fotografia, il tutto con placca celebrativa in un cofanetto di mogano. Venduta all'asta per beneficenza a favore del WWF.
Nel 1995 e 1997 sono state realizzate una R6.2 placcate oro a 18k per i 30 anni dell'indipendenza di Singapore (500 pezzi con Summilux 50) e una seconda per il passaggio di HogKong dalla GranBretagna alla Cina, in 300 esemplari, completi di Summicron 50.
La R6/R6.2 è una macchina che va controcorrente alla moda dell'epoca, proponendo una fotocamera interamente meccanica (la batteria alimenta solo l'esposimetro a 3 led) in un periodo storico che vede il trionfo di tutta una serie di automatismi elettronici.
Solo Leica poteva permettersi, con un buon successo di vendita, questo exploit. La R6.2 mantiene ancora quotazioni abbastanza elevate, sia per l’affidabilità complessiva, per la doppia misurazione esposimetrica e non ultimo l'essere una fotocamera essenziale, e perciò non legata alle mode, per fotografi 'puristi'. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R7 E R7 URUSHI
Terminale evolutivo delle Leica reflex della terza generazione, la R7 appare nel 1992, con tutte le caratteristiche proprie della serie R, con l'aggiunta di qualche novità: 4 tipi di esposizione, program compreso; lettura esposimetrica media e spot; TTL flash molto migliorato rispetto alla R5; con adattatori SCA 351 e SCA 551, ottimo anche in fill in; tempi d'otturazione da 16 sec ad 1/2000 di sec; tempo meccanico di 1/100 di sec; ampliamento della sensibilità dell'esposimetro di 1EV; compensatore dell'esposizione sino a +/- 3EV (sulla R5 solo 2EV); vetrini intercambiabili; codice pellicola DX, per la prima volta su una Leica; alimentazione con 2 batterie al Litio, ovvero 4 all'ossido d'argento; ghiera dei tempi di posa più alta di 2mm, rispetto a quella della R5; indicazioni digitali nel mirino; finitura nera o cromata.
Prodotta sino al 1997, in circa 23.000 esemplari neri e 7.000 cromati, per complessivi 29.529 pezzi, al terzo posto produttivo della famiglia, dopo R4 e R5, su 8 modelli complessivi.
Occorre ricordare che nel periodo produttivo della R7 si erano ormai prepotentemente affacciate sul mercato le reflex autofocus, per cui la R7, con il suo look inaugurato dalla R4 nel 1980, sembrava ormai l'ultimo esempio di una stirpe gloriosa, una prosecuzione di una formula ormai esauritasi, né un TTL molto sofisticato quale questa possedeva, poteva ribaltare il giudizio. Inoltre proprio il TTL flash presentava l'incongruente tempo sincro di 1/100 di sec, ormai tecnicamente superato, ma il tipo di otturatore, rimasto invariato, non permetteva altrimenti.
Il prezzo di listino nel 1997 era di 4.500.000 Lire, ma sia la R6.2 che la nuova R8 costavano di più, rispettivamente 4.800.000 lire e 4.900.000 lire. Nel 1998 la R7 non compare più in catalogo.
Si tratta comunque di una macchina di qualità, molto ben costruita e dalle prestazioni complete.
L'Urushi è la lacca giapponese più pregiata di tutto l'oriente: la sua particolarità, al contrario di altri prodotti dell'artigianato tradizionale, è che ha un'origine totalmente autoctona, senza cioè essere stata importata dall'estero. La lacca viene applicata a strati, aspettando la completa asciugatura, prima di passare a quello successivo. L'uso della lacca in Giappone comprendeva non solo suppellettili ed arredi domestici e di rappresentanza, ma pure oggetti religiosi, attrezzatura da guerra, ecc. La Leica R7 Uruschi si inserisce pertanto in un filone storico artistico squisitamente nipponico, ed è rarissima. (Pierpaolo Ghisetti)
LEICA R8
Così come la Leica R4 fece scalpore fra gli stands della Photokina 1980 per il suo design compatto, essenziale, rarefatto e molto più moderno rispetto ai modelli che l'avevano preceduta, alla stessa stregua la Leica R8 del 1996 esibiva un'estetica così personale, sofisticata, muscolosa ed avveniristica che fece incanutire di schianto le reflex che andava a sostituire, aprendo un autentico abisso fra lei e la gloriosa schiera di reflex targate Leica che l'avevano preceduta. E' interessante notare che questa new-wave, opera dei designer Alfred Hengst e Manfred Meinzer, non costituisce soltanto un felice connubio di design avanzato coniugato con un'ergonomia molto ricercata ma raccoglie anche il testimone della tipica configurazione estetica propria dei classici corpi macchina teutonici, portandola alle più estreme conseguenze. Se analizziamo gli stilemi che storicamente contraddistinguono i più classici e tipici corpi macchina made in Germany, vedremo che – invariabilmente –prevedono una calotta superiore con marcata simmetria bilaterale e lo sbalzo centrale per un eventuale pentaprisma molto contenuto, quasi incassato fra le robuste "spalle" dell'apparecchio.
Tutti questi fermenti e queste suggestioni verranno poi sublimati, dopo altri trent'anni, nel corpo della Leica R8, interpretandoli in chiave moderna con la geniale intuizione di raccordare il pentaprisma, le due ghiere di servizio laterali e tutto il top dell'apparecchio in un'unica, sinuosa curva.
Un altro brevetto al quale l'estetica R8 è ufficialmente debitrice venne registrato sempre da Canon nel 1990; gli autori del design sono Noboru Tanaka, Hidehiko Fukahori, Shosuke Haraguchi e Kenji Ito, e stiamo parlando del corpo EOS-5; anche in questo caso non è stato specificato a quali dettagli i designer teutonici si sarebbero ispirati. (Marco Cavina)
LEICA R9
Prodotta dal 2001 al 2009 la R9 rappresenta l'ultima reflex prodotta da Leica. Il rivoluzionario design di Manfred Meinzer, col pentaprisma quasi incassato nel corpo, e che ripercorre quello dell'innovativa R8, sembra pesante, ma in realtà, specie col winder, risulta perfettamente equilibrato. Molto comoda l'impugnatura sulla parte destra del corpo. Peso 790g, ovvero 100g in meno della R8, grazie alla costruzione in magnesio della calotta superiore. In finitura sia nera che nell'originale nero-antracite, possiede un otturatore elettronico a scorrimento verticale con tempo massimo sino ad 1/8000 di sec, mentre i tempi lenti arrivano a ben 32 sec. Il tempo sincro è di 1/250 sec. L'esposizione può essere manuale, a priorità dei tempi o diaframmi, program e TTL flash. La misurazione, inseribile tramite un pulsantino frontale di ottima agibilità, permette di scegliere misurazione spot, integrale o multizona.
Il mirino è eccezionale per completezza e luminosità:una serie completa di informazioni a LED nella zona bassa permettono di avere il totale controllo della fotocamera, con qualunque tipo di illuminazione esterna, mentre la visione con telemetro ed immagine spezzata è chiarissima. 5 schermi disponibili.
La produzione è stimata in circa 8000 esemplari sino al 2006 con ultimo nr assegnato 2929100.
La R9 accetta il dorso digitale DMR, che permette di trasformare la macchina a pellicola in apparecchio digitale: dispiace che Leica non abbia creduto in questo progetto che, sicuramente migliorato almeno nelle dimensioni, poteva rivitalizzare un intero settore.
In definitiva si tratta di una macchina reflex classica dal design unico ed inconfondibile, di eccezionale qualità costruttiva, completa in tutti i parametri, che una volta impugnata si rivela estremamente equilibrata, realizzata specialmente per utilizzare ottiche zoom, con le quali trova un perfetto bilanciamento di peso e dimensioni. La degna erede di una dinastia di apparecchi eccezionali, sin dalla prima, intramontabile, meccanica Leicaflex. (Pierpaolo Ghisetti)
Pierpaolo Ghisetti e Marco Cavina © 11/2017
Courtesy Historical Wetzlar Italia
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