Il vulcano del Teide, sull'isola canarica di Tenerife, con i suoi 3715 metri di altezza rappresenta la cima più elevata della Spagna, in quanto, come è noto, le isole Canarie appartengono politicamente alla Spagna, ma geograficamente all'Africa, essendo situate alla stessa latitudine del sud del Marocco, ovvero al 28° parallelo nord.
Con la sua tipica forma piramidale, domina tutta l'isola e costituisce un ecosistema a sé stante: essendo io nato all'ombra di un altro vulcano, l'Etna, non sono insensibile al fascino degli ambienti aspri e selvaggi, monocromatici e impervi.
L'altezza del Teide, nome di origine guancia (i Guanci erano gli abitanti originari delle Canarie) che significa inferno, impone un minimo di prudenza a chi vuole raggiungere la cima, visto che, contrariamente al Cevedale delle nostre Alpi, di pari altezza, il vulcano parte direttamente da quota zero, cioè dal mare, e gli oltre tremila metri (quasi quattromila, in verità) si percorrono in un colpo solo: un minimo di acclimatazione si rende necessaria ed infatti a quota duemila circa, si trova il classico Parador, ottimo albergo caratteristico della nota catena spagnola.
Il mio equipaggiamento fotografico per la salita era ridotto al minimo: l'esperienza da me fatta su numerose cime di quattromila metri insegna che più ci si alza di quota, meno si ha voglia di fotografare, e che il sistema migliore è avere sempre la macchina fotografica a portata di mano, e non nello zaino. Dopo poco tempo il meccanismo rituale di togliersi lo zaino-estrarre la macchina- regolare la macchina e scattare- rimettere la macchina nello zaino e caricarselo in spalla – fa passare ogni velleità fotografica, facendoci così perdere i momenti più belli della salita.
Quindi: Leica CM, compatta Made in Germany della Casa di Wetzlar, risalente al 2003 cod 18130, strettamente imparentata con la Minilux, di cui abbiamo parlato su Nadir qui FOTOGRAFIA NADIR MAGAZINE - LEICA MINILUX IN VIAGGIO.
L'ottica della CM, sempre a scomparsa, è lo stesso Elmarit 40/2,4 della Minilux, a sei lenti a schema Gauss, dalla resa molto incisa con colori trasparenti e naturali, in questo caso aiutati dall'aria secca dall'ambiente semidesertico del vulcano.
Se l'ottica è la stessa, diverse modifiche sono state invece apportate al corpo, ad iniziare dalle misure dello stesso, più corto di un centimetro e più largo di 2 millimetri, con un peso di 415g. Il tempo massimo di esposizione sale ad 1/1000 di sec contro il 1/400 della Minilux, mentre l'esposizione può essere in Program o a priorità dei diaframmi, operando sull'apposita rotella posta sulla destra. Il bottone di scatto ora è rotondo e non rettangolare. Messa a fuoco sia manuale che autofocus, molto utile in un uso disinvolto della macchina, quando viene impugnata solo con la mano destra.
Il mirino, posizionato ora a sinistra e non più al centro, è stato totalmente ridisegnato: rispetto alla semplicità concettuale della Minilux, con solo due led di diverso colore, ora appaiono tempi, diaframma, pronto flash e numero dei fotogrammi. Una piccola miniera di informazioni!
Anche il dorso è stato modificato, e presenta un grande display a cristalli liquidi illuminabile. Grazie a 4 pulsantini e una rotella, si possono controllare lo stato della batteria, il contafotogrammi, autoscatto e staratura esposimetrica a passi di 1/3 di stop. In più si aggiunge il controllo totale del flash, anche in piena luce con tecnica del fill-in, slowsynch e anti occhi rossi.
Nella parte interna della fotocamera sono previsti i contatti per il codice DX della pellicola.
Infine l'alimentazione è fornita da una batteria al litio da 3V, bloccata nel suo vano da un fondello solidale al corpo macchina, invece del fondello amovibile della Minilux, più facile da perdere.
Secondo il FB Leica la CM è stata costruita in 15.000 esemplari, non pochi per una compatta di qualità come questa. La CM, con la sua notevole iniezione di elettronica, specie nel mirino e nel dorso, possiede una quantità di regolazioni eccezionale e completa.
Nella tasca del mio pile Patagonia, la CM stava sempre al caldo, dimostrandosi pronta in qualunque occasione, anche a 3500 metri di quota, sul pianoro finale, prima del salto verso la vetta. Grazie ad una giornata particolarmente limpida, cosa non rara alle isole Canarie, ma non del tutto scontata, specie dalla metà della mattinata in poi, i particolari del paesaggio sono risultati nitidi e incisi. Dall'alto si poteva scorgere il profilo della vicina isola di Gran Canaria, con la sua caratteristica forma tondeggiante. La possibilità di operare con una sola mano è un plus impagabile: si estrae la macchina dalla tasca, si attiva la levetta frontale per far fuoriuscire l'ottica, si punta e si scatta, senza preoccupazioni di esposizione e di messa a fuoco. Si chiude l'ottica e in attimo la macchina è di nuovo nella mia tasca.
Ammetto che ho una predilezione per queste due apparecchi, Minilux e CM, ma ciò è dato dal fatto che dopo decine e decine di rullini, non mi hanno mai tradito: so perfettamente, data anche l'età, che l'errore 02, che significa blocco elettronico, è sempre in agguato, ma fortunatamente non mi è ancora capitato.
L'affascinante ambiente vulcanico, le sue variopinte formazioni rocciose, le sabbie dorate, la grande caldera che forma l'anello esterno, per finire con il caratteristico e inconfondibile cono che domina tutta l'isola, rimangono ricordi indelebili grazie soprattutto alla fedele testimonianza della mia Leica CM.
Pierpaolo Ghisetti © 12/2021
Riproduzione Riservata
Articoli correlati:
• La sezione dedicata a fotocamere e obiettivi Leica
• Leica Minilux
• Le batterie delle Leica