EXAKTA 66
Un po' di storia e prova sul campo
Michele Vacchiano, febbraio 2001

Nadir Magazine ©Negli anni Trenta comparve sul mercato una nuova fotocamera reflex: il suo nome era Exakta.

Era l'inizio di una lunga e travagliata storia, costellata di successi e di sconfitte, di grandi entusiasmi e di tracolli economici; una storia ramificata e complessa, nella quale si intersecano cambi di proprietà e di marchio, imitazioni e ritorni al passato...
Il tutto condito dall'incondizionata ammirazione che i fotografi, soprattutto quelli un po' avanti con gli anni, da sempre hanno tributato a queste macchine, considerate (a torto o a ragione) robuste e affidabili, ricche di accessori per soddisfare ogni esigenza professionale, ma soprattutto precise, come si conviene ad ogni buon prodotto "made in Germany".

La prima fotocamera di medio formato marcata Exakta fu il "Model A" del 1933. Era possibile scegliere l'ottica standard fra quattro diversi modelli, prodotti rispettivamente da Meyer Optik, Schneider e Zeiss.

Le Exakta erano prodotte dalla Ihagee di Dresda, la stessa città dove, nel dopoguerra, incominciarono ad essere fabbricate le Praktisix, poi Pentacon Six. La semplicità d'uso, la qualità delle ottiche Zeiss Jena e la buona dotazione di accessori regalarono alle Pentacon un discreto successo, appena incrinato da alcuni difetti non del tutto trascurabili, quali l'insufficiente copertura dello schermo di messa a fuoco e - soprattutto - la scarsa robustezza del sistema di trascinamento, che in alcuni modelli (soprattutto i primi) causava l'accavallamento dei fotogrammi o - nella peggiore delle ipotesi - il blocco totale dell'avanzamento della pellicola.

Nonostante questo la Pentacon Six fu copiata anche dai sovietici, che iniziarono a produrre la Kiev 60, mai importata in Italia ma facilmente reperibile sulle bancarelle a prezzi incredibilmente vantaggiosi. La Kiev 60 è tuttora prodotta: a seguito dello smembramento dell'URSS la fabbrica si trova ora in territorio ucraino. La compatibilità fra Kiev e Pentacon è totale per quanto riguarda le ottiche, ma non per il mirino a pozzetto e il pentaprisma esposimetro. Va detto, tra l'altro, che il sistema ad autospegnimento e i led che caratterizzano il pentaprisma Kiev risultano più moderni (e un po' più precisi) della soluzione a galvanometro adottata dalla Pentacon. Anche il meccanismo di apertura del dorso e l'alloggiamento dei rulli portapellicola appaiono meno spartani e più curati. Contrariamente alla Pentacon, la Kiev è priva di autoscatto.

Dopo la caduta del muro di Berlino l'economia dell'ex DDR subì un colpo mortale. L'esubero di personale e la scarsa produttività che caratterizzavano l'industria di stato non potevano essere tollerati dagli imprenditori occidentali, pronti a conquistare, senza esclusione di colpi, il nuovo, promettente mercato. Licenziamenti e drastiche riduzioni di bilancio furono l'ovvia conseguenza di operazioni condotte nella migliore delle ipotesi con troppa fretta, nella peggiore con la cinica determinazione che caratterizza l'avanzata del capitalismo. La Pentacon dovette chiudere e il materiale parzialmente lavorato prese la strada dell'occidente.

Qui il telaio della Pentacon venne rivestito di gomma grigia, venne migliorato (finalmente!) il sistema di trascinamento e fu anche realizzato un pentaprisma esposimetro di nuova concezione, un po' più sofisticato di quello della Pentacon Six in quanto elettricamente accoppiato con tempi e diaframmi. In pratica, non occorre più controllare l'esposizione e poi riportare manualmente sull'apparecchio la coppia tempo-diaframma rilevata, ma l'impostazione dell'esposizione corretta si verifica direttamente nel mirino azionando la ghiera dei tempi e/o l'anello dei diaframmi, come in tutte le reflex 35 mm meccaniche. Lo so che può sembrare una cosa ovvia (chi è avvezzo alle reflex elettroniche superprogrammate probabilmente non sa nemmeno di che cosa sto parlando), ma non lo è per chi è abituato alle macchine di medio formato interamente manuali.

Lo schermo di messa a fuoco consente di inquadrare l'88 per cento dell'immagine, il che non è eclatante se paragonato alle prestazioni delle reflex 35 mm, ma è molto se confrontato con la media delle reflex di medio formato.

L'Exakta 66, dalla linea moderna e aggressiva, pesa un po' più della Pentacon. I comandi sono sistemati nelle stesse posizioni, la leva di trascinamento ha una corsa molto lunga ed è un po' scomoda da azionare, ma questo è comprensibile dato il maggiore formato del fotogramma.

Gli attacchi della cinghia a tracolla, larga quanto basta per sostenere un chilo e mezzo di macchina senza segare il collo, sono posizionati nell'esatto baricentro dell'apparecchio, che in questo modo si porta comodamente e senza pericolosi dondolii. Io ho provato anche ad agganciare la macchina, senza tracolla, ai moschettoni pettorali dello zaino, come faccio con tutte le reflex per poterle avere sempre a portata di mano (e di occhio) quando cammino in montagna, e devo ammettere che il peso risulta ben bilanciato e giustamente equilibrato anche in questo caso.

L'apparecchio è giunto ormai alla sua terza edizione, ma le differenze fra l'Exakta 66 I e l'Exakta 66 III non sono poi così fondamentali (io possiedo il modello II). Come nella Pentacon (e in altre reflex di medio formato) lo specchio non è a ritorno istantaneo, il che può sembrare strano a chi lavora abitualmente col 35 mm, ma l'improvviso oscuramento del mirino non deve preoccupare: quando lo specchio si blocca in posizione sollevata la pellicola è già stata impressionata e non ha più importanza osservare il soggetto attraverso il mirino. Inoltre in questo modo è possibile capire immediatamente se l'otturatore è carico oppure no. Certo, con questo sistema non si possono realizzare scatti in rapida sequenza, ma il medio formato non è nato per soddisfare questa esigenza.

L'otturatore a tendina a scorrimento orizzontale è più silenzioso di quello delle Pentacon. La sincronizzazione con luce lampo avviene a 1/30 di secondo (e, ovviamente, con tutti i tempi più lenti). La gamma dei tempi impostabili va da 1 secondo a 1/1000 di secondo più posa B. Come nella Pentacon, è presente un autoscatto meccanico con ritardo di 10 secondi. Sul corpo manca il pulsante per il controllo visivo della profondità di campo, che però è presente sugli obiettivi.

L'Exakta 66 usa pellicole formato 120 e 220. Si passa dall'uno all'altro formato semplicemente facendo slittare il pressapellicola all'interno del dorso.

Il sistema prevede un buon numero di accessori, ed è ulteriormente incrementato dalla possibilità di utilizzare i più economici accessori Pentacon. Soltanto il pentaprisma non è compatibile, proprio come avviene per la Kiev 60.

La vera rivoluzione, però, sta nella scelta degli obiettivi. I "vecchi" Zeiss Jena sono stati abbandonati in favore di ottiche appositamente prodotte dalla Schneider, che con l'Exakta ha in comune parte del capitale azionario.

Esteticamente gli obiettivi per l'Exakta sono molto belli: la ghiera di messa a fuoco non è zigrinata ma rivestita di morbida gomma grigia, come il corpo macchina. l'insieme macchina-obiettivo si impugna bene, nonostante il peso, e dà alla mano una piacevole sensazione di morbidezza. La gomma non scivola neppure se la mano è sudata, e in caso di freddo intenso non dà la sgradevole sensazione di appiccicarsi alla pelle delle dita. l'unico neo è costituito dal fatto che questo rivestimento risulta piuttosto delicato: se si butta l'apparecchio nello zaino in compagnia di scatolette di Simmental e lattine di Fanta, la gomma rischia di rigarsi molto in fretta. Ma per fortuna non tutti i fotografi sono grezzi come il sottoscritto.

L'obiettivo normale, uno Xenotar da 80 mm f/2.8, ha una filettatura frontale di ben 67 mm, contro i 58 dello Zeiss Biometar destinato alla Pentacon. L'anello dei diaframmi scatta con precisione e senza giochi; le lamelle scorrono l'una sull'altra con regolarità e il foro che ne risulta appare sempre perfetto e regolare. La ghiera di messa a fuoco scorre morbida e con continuità dall'infinito a una distanza minima pari a un metro.

Un altro vantaggio del parco ottiche Exakta è costituito dal fatto che la filettatura frontale si mantiene costante in tutti gli obiettivi: 67 mm dal Curtagon da 60 mm al Tele-Xenar da 250. Il che consente al fotografo di utilizzare gli stessi filtri con notevole risparmio di spazio (oltre che di denaro).

Gli obiettivi disponibili in Italia sono i seguenti:

A questi si aggiungono due obiettivi zoom: il Variogon 75-150 mm f/4,5 e il Variogon 140-280 mm f/5,6.
Ovviamente l'Exakta può montare tutte le ottiche Zeiss Jena per Pentacon, nonché le ottiche ucraine per la Kiev 60.

Provati sul campo, gli obiettivi Schneider mi sono sembrati leggermente più "morbidi" (che non vuol dire meno nitidi) degli Zeiss Jena, ma questa caratteristica è ben nota a chi lavora col grande formato e ha l'occasione di utilizzare queste ottiche: i pur eccellenti Apo-Symmar, ad esempio, sono caratterizzati da una morbidezza maggiore di quella tipica, diciamo, delle ottiche Rodenstock, pur rientrando nelle specifiche tipiche della scuola tedesca, che privilegia il microcontrasto al potere risolvente tout-court. è una questione di gusti e non di linee per millimetro. Certamente i contrasti risultano meno taglienti e gli scarti fra luci ed ombre più ammorbiditi.

Sono salito da Chamonix al Montenvers, affacciandomi sulla Mer de Glace. Ho scattato la stessa fotografia del ghiacciaio con lo Zeiss Biometar e lo Schneider Xenotar, ma a parte la maggiore "ariosità" di quest'ultimo (a fronte di una maggiore morbidezza dei toni) la differenza per quanto riguarda definizione e nitidezza è inavvertibile anche osservando le due diapositive col lentino contafili. Tanto che ho deciso che non valesse la pena di scandire le due immagini per pubblicarle su queste pagine: la differenza è talmente esigua che verrebbe senza dubbio appiattita dalla digitalizzazione.

Michele Vacchiano © 02/2001

Nell'ottobre 2000 la Casa madre ha annunciato che non verranno più realizzati ulteriori aggiornamenti dei modelli Exakta. Il tono freddamente "aziendale" di questo comunicato sta a significare che l'Exakta 66 è di fatto uscita di produzione. L'importatore italiano è Asphot, via Zuretti 61, 20125 Milano (tel. 02-6693941; fax 02-67075728).