CONTAX E CONTAREX: UN MONDO PERFETTO
Pierpaolo Ghisetti, marzo 2009

Il mito di Icaro non è solo leggenda: vi sono uomini per i quali il valore del tentativo di oltrepassare i limiti è superiore al risultato che si può ottenere.
L'illusione di poter assoggettare le ferree leggi dell'economia e della fisica potendo così vivere senza compromessi spesso fa sognare non solo gli uomini, ma anche le società che da questi uomini sono formate.
Ma il gioco della vita, perennemente sospeso tra sogno e realtà, spesso non perdona anche le migliori e più elevate intenzioni realizzate.
Nel 1932 nasce la creatura 35mm della Zeiss Ikon di Dresda, dal nome altezzoso ed inconfondibile: Contax. D'ora in avanti per gli amanti della fotografia tedesca il mondo si divide in due: da una parte il sistema Leica, dall'altra il sistema Contax. Perché ciò avvenga, la pianificazione del sistema, dei suoi componenti e, naturalmente, della sua linea, ha seguito un'elaborazione mentale diversa, tipica dei prodotti Zeiss Ikon, ove il piacere d'uso e l'ergonometria hanno un posto secondario rispetto alla valenza tecnica e all'impostazione tecnologica.

La linea della cassa della Contax I nera si distingue immediatamente dall’impostazione della sua diretta concorrente, la Leica.
La forma della macchina concepita da Barnack già prima della Grande Guerra, esibisce una serie di curve che non solo la snelliscono, ma la rendono più vicina all’utente, contribuendo a farne non un oggetto da temere, ma da amare.
Tecnicamente la casa di Wetzlar costruisce un ottimo otturatore cui successivamente applica un telemetro: la semplicità costruttiva e la robustezza meccanica fanno della Leica la macchina di riferimento.
La vera innovazione per la Leica è rappresentata dalla sua stessa esistenza e non certo dalle varie migliorie, appena percettibili da modello a modello.

La Contax invece sposa i concetti dello stile Bauhaus: non vi è bellezza all’infuori della praticità e dell’utile. Il perfetto parallelepipedo della scatola meccanica, frutto di una concezione rigidamente razionalistica, non concede nulla all’eleganza formale, ma si pone come oggetto estremamente specializzato, concentrato di una tecnologia futuristica, del tutto sconosciuta alla Leica.
L’innesto a baionetta e il dorso apribile, cui Leica arriverà solo nel 1954, il complesso otturatore di nuova concezione, la rotella di messa a fuoco, sono tutte caratteristiche che pongono la Contax in ‘empireo’ tecnologico ove non esiste la necessità di ‘piacere’ al pubblico, ma solo quella dell’autoaffermazione.

La Contax I rappresenta in realtà un sublime atto di trasgressione nei confronti della sua rivale: ne nega tutte le caratteristiche, producendo un nuovo modello di riferimento che fonde armonia, simmetria ed equilibrio.
L’atto di trasgressione nei confronti della Leica si spinge perfino a negare l’ovvio: ovvero la ghiera di messa a fuoco dell’ottica più usata. Il 5cm viene messo a fuoco dalla rotellina sul carter superiore della macchina, simbolo estremo di una tecnologia che si fa prassi.
Maneggiando le due grandi rivali si avverte la sensazione che mentre la Leica ha tutto per piacere, la Contax fa di tutto per imporsi.
L’apparecchio di Dresda, nel suo razionalismo tecnologico e strutturale, deve trovare un utente che sia all’altezza della propria unicità: la Contax non lascia al fotografo alcuna scelta, proprio perché non scende a compromessi.
Prendere o lasciare.

Davanti alla sconcertante novità il mercato non reagisce positivamente, e a fronte di poco meno di 37.000 Contax prodotte, la Leica vende, nello stesso periodo, più di 80.000 apparecchi.
Nel 1933 finisce la Repubblica di Weimar e contemporaneamente si chiude l’esperienza del Bauhaus.
Probabilmente una spinta di motivazioni, commerciali, tecnico-estetiche, e forse anche politiche, fanno sì che dopo solo quattro anni di vita la Contax I lascia il campo ad un nuovo stilema linguistico: la cromatura prende il sopravvento, mentre il tettuccio viene ridisegnato e scompare il bottone frontale. Il movimento della piastra frontale cromata a sbalzo, con al centro la complicata baionetta, caratterizza ora in maniera definitiva la diversità Contax rispetto alla semplicità Leica.
Se la Bellezza nasce dall’equilibrio di forme simmetriche e matematiche, la Contax I fonde splendidamente il tutto, abbandonando definitivamente il mondo della mediocrità.

Ma se su tutto ciò s’innesta la trasgressione come momento creativo assoluto, come ricerca linguistica deformante delle regole dettate in precedenza, la Contax II e poi la IIa, mirabilmente equilibrata nelle proporzioni, sono la quintessenza della bellezza.
Nella nuova versione, abbandonato il linguaggio rigidamente matematico ed armonico, la Contax trova un equilibrio formale che finirà per farle superare la barriera del tempo: il mondo perfetto proposto dalla Contax crea ulteriori mondi paralleli, trasmigrando in Giappone filiando le bellissime Nikon, e poi in Russia, cristallizzando e prolungando l’icona Contax col marchio Kiev per oltre cinquant’anni, fino al crollo del regime comunista.

La Zeiss Ikon, nel 1959, proprio alla fine dell’era Contax, proporrà un altro disegno epocale, ovvero la reflex Contarex, che già nel nome dimostra il proprio desiderio d’assoluto.
Nel disegno della Contarex la Zeiss abbandona ogni velleità di ricerca stilistica, che invece aveva caratterizzato le fotocamere Contax, e realizza una vera ‘panzercamera’, ove l’ingegneria ha il netto sopravvento sulle caratteristiche stilistiche e di piacevolezza d’uso.

La prima Contarex, detta Ciclope, è esempio lampante di design psicoanalitico, ove la cellula esposimetrica si tramuta nel grande occhio Zeiss, che controlla il mondo della fotografia, assurgendo a simbolo di un desiderio che si materializza nel suo figlio migliore e più complesso: oltre mille pezzi di metallo, diabolicamente montati in una complessione inarrivabile.

Proprio per questo la Ciclope non assomiglia a nessuna altra macchina, poiché non rappresenta quello che desidera l’utente, bensì espone in modo evidente il desiderio di rivalsa del mondo Zeiss dopo la chiusura dell’esperienza Contax: un ritorno alla tecnologia pura, la dimostrazione palese di una supremazia ineguagliabile.
Infatti la ‘Ciclope’ è la prima reflex a tendina con esposimetro accoppiato: un primato epocale, che aprirà la strada ad una nuova generazione di fotocamere.

Questo dichiarato atteggiamento di autoaffermazione, che naturalmente va ben al di là degli scopi commerciali di un’industria ottica e meccanica, rappresenta il limite ma anche la grandezza della casa tedesca, tesa non solo a fornire un ‘semplice’ prodotto, per complesso per sia, ma un vero ‘status symbol’ di un’epoca, al di fuori delle mode imperanti.
Proprio nel diverso concetto di ‘status symbol’ si consuma la battaglia con l’acerrima rivale di Wetzlar: contro il minimalismo Leica, la sua morbidezza di linee, il suo cercare di passare inosservato, la sua semplicità tecnica, la Zeiss Ikon mette in campo concetti diametralmente opposti, sbandierando la propria tecnologia attraverso due design epocali che hanno fatto sognare generazione di fotografi, non solo per gli inarrivabili apparati ottici, che erano in dotazione ai due apparecchi, ma appunto per l’esclusivo design del prodotti, immediatamente riconoscibili nella affollata panoplia degli oggetti fotografici. Il razionalismo di una Nikon F non sfiora neanche lontanamente i tecnici Zeiss: una macchina fotografica, al massimo della sua espressione, è uno strumento altamente scientifico, e non certo un oggetto di consumo. Sono pertanto i fotografi che devono adattarsi alla macchina e non viceversa. Il prezzo, il più alto in assoluto nel mercato fotografico del 1959, in fondo rappresenta ben poca cosa: il biglietto d’ingresso per entrare in un modo fotografico perfetto.

L’eccezionalità della Ciclope viene recepita da 36.000 fortunati acquirenti, una cifra consistente, se si pensa che tutte le rimanenti versioni della Contarex, molto più evolute tecnologicamente, non raggiungono i 25.000 esemplari.
Ma anche il mondo più perfetto può non bastare al perfezionismo Contarex, che riesce perfino ad uscire dalla misera condizione terreste, per lanciarsi nello spazio cosmico, in compagnia degli astronauti americani, realizzando così l’allegoria di Icaro: parabola estrema di uno strumento scientifico di livello siderale.

Da questa concezione rigidamente teutonica della macchina fotografica e, parallelamente, da questa incomprensione dell’evoluzione del mondo reale dei fotografi, nascono due prodotti (e due sistemi) che si pongono altezzosamente al di là delle leggi di mercato, sia nel prezzo che nella concezione, tendente ad una perfezione ideale, che genera figli prediletti di una mentalità assolutistica, e proprio per questo non concorrenziali.
Perché Contax e Contarex, tese ardentemente nell’afflato della perfezione, non accettano alcun compromesso e quindi non concedono nessuna alternativa.
Così questi due design epocali, strettamente legati a due tecnologie altrettanto epocali, plasmeranno il mito della Zeiss Ikon: trasformare la macchina fotografica da scatola di metallo a sogno assoluto, al di fuori di ogni logica aziendale e produttiva, anche a costo, come Icaro, di bruciarsi le ali e di precipitare.
La scelta, in realtà, è molto semplice: realizzare il sogno perfetto o ripiombare nella mediocre realtà.
E il sogno è sempre immortale.

Pierpaolo Ghisetti © 03/2009
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