Probabilmente il limite principale delle fotocamere a telemetro riguarda i grandangolari molto spinti, che richiedono un mirino separato. L'uso di questo accessorio contrasta infatti con uno dei motivi per cui tale categoria di fotocamere viene più apprezzata, e cioè la compattezza e la praticità d'uso.
Non fa eccezione a questa regola l'obiettivo oggetto di questo giro di prova, il Carl Zeiss Biogon T* f/2.8 21mm per Contax G, che difatti va usato con il mirino aggiuntivo GF-21. Il mirino è fornito a corredo e la confezione include anche un sobrio cofanetto rigido in pelle nera, con i due scomparti per obiettivo e mirino, oltre alla documentazione tipica degli obiettivi Zeiss (test MTF, dati tecnici, e così via). Esteticamente questo 21mm non si discosta dagli altri obiettivi del gruppo, anche se la filettatura della lente frontale è un po' più ampia (55mm, come per molte ottiche con innesto Contax-Yashica). Di fatto solo la leggera sporgenza posteriore, come nel Biogon 28mm, tradisce la sua natura di grandangolare.I due mirini
Il Biogon è molto leggero e piuttosto compatto, quindi la G non perde nulla in praticità e peso rispetto al solito (la G1 "cresce" un pelo di più della G2). Il mirino aggiuntivo, sebbene sia alto solo un paio di dita, aggiunge però quel di più che, tanto per dirne una, rende impossibile inserire la fotocamera in un taschino. D'accordo, nei taschini uno di solito dovrebbe metterci le compatte, ma poiché talvolta è possibile farlo anche con le G, perché rinunciarvi? In compenso la qualità del mirino è elevatissima: l'immagine è molto più luminosa, incisa e brillante rispetto a quella del mirino standard, e presenta una leggera dominante calda che non dispiace affatto. La visione è abbastanza comoda anche per chi porta gli occhiali, ed aggiungiamo che è così brillante che se la miopia non è eccessiva si può anche fare a meno degli occhiali (per intenderci: con due/tre diottrie ve la caverete benissimo; se siete delle talpe però non aspettatevi miracoli).
Al centro del mirino c'è una croce molto utile che indica il centro del fotogramma. L'immagine fornita non è certo esente da distorsione: immaginiamo che una elevata correzione avrebbe aumentato in maniera esponenziale costi ed ingombro. Le istruzioni dell'ottica raccomandano di mettere a fuoco nel mirino della fotocamera, e poi di guardare nel mirino separato, comporre e scattare. Può anche andar bene, ma in questo caso bisogna fidarsi dell'esposizione (che nel mirino separato ovviamente non si legge), e si sa che un 21mm, con quei suoi 90 gradi di angolo di campo, può giocarci qualche brutto scherzo: fonti di luce puntiforme o ampi spicchi di cielo possono facilmente ingannare gli esposimetri, soprattutto se non dotati di lettura multizonale. Comunque, dopo vari esperimenti abbiamo individuato due modalità di lavoro con tale ottica: una veloce ed una studiata. Quella veloce è: componete l'immagine nel mirino separato e scattate, senza guardare nemmeno una volta nel mirino della fotocamera. Se si lavora con la priorità della messa a fuoco e nella scena non sono presenti elementi di rischio per l'esposizione, andrete bene 95 volte su 100. La modalità studiata impone di controllare entrambi i mirini, nella sequenza che si preferisce, ed entra in gioco in tre casi:
Se però bisogna a tutti i costi poter scattare sempre e portare la foto a casa, forse è il caso di passare alla messa a fuoco manuale, impostarla sull'iperfocale e levarsi il pensiero: ad f/8 e con messa a fuoco a 3 metri, la profondità di campo va da 130cm all'infinito.
Come va
Dunque, carichiamo una pellicola diapositiva, inseriamo il mirino aggiuntivo nella slitta portaflash ed andiamo a farci un primo giro, scegliendo deliberatamente la brutta e dura luce di un mezzogiorno estivo, così da mettere subito alla corda il piccolo Biogon quanto a resa cromatica e trattamento antiriflessi. I 90 gradi di angolo di campo si vedono tutti e la distorsione prospettica è sempre in agguato: basta inclinare di pochissimo la fotocamera per vedere lampioni, colonne e palazzi incurvarsi da tutte le parti (vale anche per i volti: se avete una nonna alla cui eredità tenete, state attenti a dove la posizionate all'interno del fotogramma). In compenso la distorsione ottica è praticamente assente. I test che corredano l'obiettivo dichiarano una distorsione a barilotto di circa mezzo punto percentuale, un valore che farà stare tranquillo anche il più pignolo dei fotografi, e le immagini che abbiamo ottenuto confermano risultati di tutto rispetto. Questo primo giro ci ha fatto capire di avere tra le mani un'ottica decisamente di razza che offre una resa cromatica molto neutra, con colori brillanti ma non eccessivamente saturi. Il trattamento antiriflessi è eccellente: abbiamo effettuato scatti in condizioni davvero estreme (spesso le foto più belle sono quelle con una luce difficile ) ed il Biogon fa veramente di tutto per "tenere" il contrasto e velarsi il meno possibile. Davvero un comportamento eccellente, ma da uno Zeiss non ci aspettiamo nulla di meno, vista la reputazione e visto il costo. Alla fine della stessa giornata abbiamo scattato altri due rullini, per testare l'ottica in condizioni differenti. In questi casi la luce è più bella ma talvolta molto critica per la continua presenza di lampioni, finestre illuminate, fari di automobili, eccetera. In sostanza le condizioni ideali per testare la presenza di coma, e la resa a tutta apertura. Anche qui il piccolo Biogon non ci ha deluso: le aberrazioni ottiche sono molto ben corrette e, in buona sostanza, l'obiettivo consente di scattare con tranquillità in tutte le condizioni di luce.
Ridotta a pochi K questa immagine perde tutta la sua ariosità, ma nella dia originale il dettaglio e la sensazione di realismo sono notevoli, grazie anche alla splendida resa dei colori ed alla capacità dell'obiettivo di riprodurre l'atmosfera del momento. Ma un test che misuri "l'effetto presenza" non l'hanno ancora inventato.
Molto buona la resa dei bordi rispetto a quella del centro del fotogramma: i test MTF forniti a corredo, del resto, lo confermano. La caduta di luce ai bordi è decisamente contenuta, considerata la lunghezza focale, e non vi sono problemi in relazione alla planeità di campo. In buona sostanza questa è una tipica ottica Zeiss: tedesca, nel senso che privilegia il contrasto alla risolvenza e l'effetto presenza alla definizione, ma con i tratti distintivi tipici degli obiettivi Zeiss. Ovvero un eccellente trattamento antiriflessi ed un'ottima correzione delle principali aberrazioni ottiche, il che si traduce in una resa sempre mediamente molto elevata (e la parola chiave qui è "sempre", non "molto elevata").
Campi
Di solito si tende a pensare che l'uso tipico dei grandangolari sia la fotografia di paesaggio, ma non tutti i paesaggi sono adatti ad un 21mm. L'angolo di campo è notevole e nel fotogramma ci va a finire un sacco di roba.
A lato: un paesaggio di Ventotene - Avere un 21mm e non scattare, di fronte ad un panorama del genere, è davvero un delitto! Nonostante la luce dura, l'ottica si è comportata in maniera egregia.
Se non si sceglie la posizione giusta, magari mettendo qualcosa in primo piano, si ottengono panorami larghissimi e lontanissimi pieni di dettagli minuscoli. L'obiettivo, nonostante il mirino separato, si presta bene ad un reportage veloce da strada, sempre tenendo presente quanto detto sopra in materia di fiducia nell'esposimetro. La lunghezza focale impone una certa vicinanza ai soggetti, già a tre metri una bimbetta con un gattino in mano apparirà molto piccola sul fotogramma (per non parlare dell'animale: sarà un gattino? un golfino? una martora?), e l'ingrandimento in fase di stampa, se possibile, non sempre risolve i problemi (la prospettiva rimane la stessa). Un 21mm tende ad avere molta personalità, e quindi in un certo senso meno versatilità. E' ovvio che difficilmente questo Biogon troverà pane per i suoi denti nel ritratto, nella fotografia di moda, nella fotografia macro ed in quella sportiva. Anche un ritratto ambientato non sembra l'ideale, ma ci si può provare e divertirsi con le possibile variazioni sulla prospettiva. Viceversa è eccellente per la fotografia d'architettura e d'interni, per il reportage e naturalmente per il paesaggio. Accoppiato ad un normale e ad un mediotele (che nel caso del sistema G significano il 45mm e il 90mm, anche se alcuni "sostituiscono" il 45 con il 35mm), forma un trio di ottiche di assoluta eccellenza che consente al fotografo di realizzare immagini di qualità praticamente in ogni condizione di luce.
Agostino Maiello © 10/2001
Riproduzione Riservata
Tutte le immagini che corredano il test sono state scattate su pellicola diapositiva Fuji Provia 100F o Sensia II 100 ASA, sviluppate in laboratori non professionali in condizioni standard.
Scheda tecnica
Schema
ottico: Biogon, 9 lenti in 7 gruppi
Diaframma: da f/2.8 a f/22
Angolo
di campo: 90°
Lunghezza focale effettiva: 21.5mm
Diametro filtri:
55mm
Peso: 180 grammi
Distanza minima di messa a fuoco: 50cm