In questo articolo cercheremo dunque di spiegare di cosa si deve tener conto nel valutare un obiettivo: quali sono, cioè, le caratteristiche che rendono un obiettivo migliore di un altro o, semplicemente, diverso.
Le riviste specializzate adottano un sistema di grafici, frutto di test di laboratorio, che misurano alcune prestazioni ottiche dell'obiettivo in questione. Questi test in genere misurano la "capacità di risolvenza", cioè quante linee per millimetro l'obiettivo è in grado di riprodurre, la "correzione delle distorsioni" e la "caduta di luce ai bordi".
Stesso su Nadir trovate vari interessanti articoli nei quali si spiega con notevole accuratezza come interpretare i grafici relativi a queste ultime due misurazioni. Di conseguenza non ci dilungheremo qui a spiegare cosa siano questi valori, come si devono leggere questi grafici, quali sono le "distorsioni" di cui gli obiettivi possono soffrire, eccetera: per questi ed altri argomenti, rimandiamo agli articoli in questione, limitandoci a dire che, più che ai commenti del recensore, bisogna prestare attenzione ai grafici, che sono un'espressione geometrica di valori numerici, e perciò non sono interpretabili soggettivamente.
Dunque, abbiamo visto che qualunque rivista di buon livello propone grafici relativi alla nitidezza, alla correzione delle distorsioni ed alla caduta di luce ai bordi del fotogramma. Questo vuol dire forse che queste tre grandezze sono tutto ciò che serve per giudicare un obiettivo? Nient'affatto. Noi ne abbiamo individuate almeno altre sette, e quel che è grave è che molte di esse non sono per nulla misurabili.
Ragioniamo un istante: la risolvenza si misura in termini di linee per millimetro; la distorsione si calcola in valori percentuali, la caduta di luce in termini di EV. Dunque, qui abbiamo qualcosa di oggettivo e di misurabile.
Aggiungiamo ora un altro criterio: il trittico prezzo-peso-dimensioni. Ovviamente, si tratta di valori meno importanti, per nulla legati alla qualità ottica; tanto più che spesso si è vincolati dall'attacco della propria reflex, quindi ad un utilizzatore Nikon poco importa se un ottimo teleobiettivo Canon costa meno (o pesa meno, o ingombra meno) del corrispondente Nikkor. Il prezzo ritorna ad essere importante, tutt'al più, nel confrontare le ottiche universali. In ogni caso, si tratta ancora di grandezze oggettive e precisamente misurabili.
Dove cominciano i problemi, è con i sei criteri che restano. Vediamoli uno per uno.
1) La solidità meccanica
È un parametro che solo talvolta si trova menzionato nelle recensioni delle riviste, ma ha la sua importanza; sia per una maggior sicurezza "psicologica" dell'utilizzatore, sia per una miglior utilizzabilità ed affidabilità dell'obiettivo stesso; dunque, ghiera di messa a fuoco morbida, precisa ma non troppo "elastica", ghiera dei diaframmi precisa, presa di attacco al corpo macchina solida. Purtroppo, ormai è sempre più diffuso l'uso della plastica rispetto al più pesante e costoso metallo, negli obiettivi come nelle reflex. Inoltre, è fisiologico che la ghiera di messa a fuoco di un obiettivo autofocus sia alquanto "lasca" (insomma, balla!) se utilizzata in manuale, altrimenti il motore di messa a fuoco per ruotare il gruppo di lenti dovrebbe lavorare moltissimo, e le batterie durerebbero tre rullini...
In ogni caso, la solidità meccanica è un parametro oggettivo, nel senso che se un obiettivo è più solido di un altro c'è poco da discutere; però non è assolutamente misurabile.
2) Il trattamento antiriflessi
È quell'insieme di fasi di lavorazione delle lenti dell'obiettivo effettuate allo scopo di ridurre la possibilità che sull'immagine, in condizioni di illuminazione particolari, si vengano a creare dei riflessi. È un parametro troppo spesso sottovalutato, ed è un banco di prova al quale impietosamente crollano numerosi obiettivi economici, zoom e non solo.
Anche qui siamo in presenza di qualcosa di oggettivo, ma non misurabile.
3) Ariosità
Qui entriamo in un terreno spinoso. Brevemente, l'ariosità si potrebbe definire come la capacità di un obiettivo di riprodurre un'immagine che, una volta osservata, dia una precisa impressione di ampiezza; trasmetta cioè all'osservatore la sensazione di trovarsi davvero davanti alla scena fotografata, e non di stare osservando una stampa (o una diapositiva).
Come si può intuire, è un parametro estremamente difficile da cogliere (è richiesto un occhio allenato); le possibilità di misurare un "valore" del genere sono, semplicemente, nulle. Quindi, tutto quello che si può dire - sempre se si ha un occhio allenato! - è che un obiettivo X è più o meno arioso dell'obiettivo Y, ma nulla più.
Dunque, un altro valore, magari oggettivo, ma per nulla misurabile.
4) Plasticità
La plasticità è la capacità di un obiettivo di trasmettere alle immagini formate sulla pellicola il preciso senso del volume fotografato (una palla appare come una sfera o come un cerchio?).
Anche qui siamo di fronte ad una sfumatura molto sottile, difficilissima da spiegare a parole (eppure basterebbero pochi minuti e due obiettivi, uno plastico e l'altro no, per far capire a chiunque di cosa si sta parlando), ma che può essere presente o meno.
Ancora, quindi: un parametro oggettivo ma per nulla misurabile.
5) Resa dello sfocato
Anche questa caratteristica degli obiettivi viene spesso trascurata. Per "resa dello sfocato" si intende la capacità di un obiettivo di rendere graduale il passaggio tra le zone messe a fuoco e quelle sfuocate (di un'immagine). Anziché produrre un salto netto e visivamente avvertibile fra ciò che è a fuoco e ciò che non lo è, si cerca di creare un'immagine in cui la sfocatura appaia morbida e progressiva. Il contributo nelle zone fuori fuoco è tipico delle ottiche tedesche (Zeiss e Leica).
6) Ultimo parametro
Semplicemente, il tipo di resa generale. Per tipo di resa di un obiettivo si intende il modo, potremmo dire lo stile, con cui un obiettivo riproduce le scene che inquadra. In effetti, questo valore è una specie di sintesi-conseguenza di alcune delle caratteristiche citate (nitidezza, ariosità, plasticità), con l'apporto di altre relative alle scelte ottiche del costruttore.
Per spiegarci con degli esempi, diremo che, generalmente parlando, le ottiche Nikkor tendono ad essere molto nitide, puntando sulla capacità di risolvenza; quelle Canon di solito sono "calde", con una certa saturazione dei colori; quelle Contax-Zeiss e Leica hanno quella che si definisce una "resa tedesca", cioè sostanzialmente neutra, molto fedele alla realtà da un punto di vista cromatico, con una valida resa anche dello sfocato.
Qui si tratta dunque di un valore oggettivo, genericamente classificabile, ma la cui valutazione è squisitamente frutto di gusti personali.
Concludendo, quindi: la prossima volta che leggerete un test su una rivista specializzata, non fermatevi a misurare le linee per millimetro e la caduta di luce; sono valori importanti, certo, ma cercate anche di scoprire (provando gli obiettivi di persona, o chiedendo ad amici o conoscenti che li posseggano) come si comportano queste ottiche all'atto pratico: come rendono la luce soffusa di un tramonto, come reggono un controluce, se quando fotografate una casa dopo ottenete una casa o un panettone, se i colori sono caldi o freddi, se il contrasto dell'immagine è, nel suo complesso, inciso oppure morbido, e via discorrendo.
Come ha detto qualcuno (...Rino Giardiello!), si possono fare scoperte impensabili anche solo inquadrando una lampadina da 100 Watt...
Agostino Maiello © 01/1998
Riproduzione Riservata
Un efficace trattamento antiriflessi è indispensabile per mantenere la saturazione cromatica ed il dettaglio anche in situazioni di forte controluce. Non si tratta solo del vistoso riflesso in basso a destra, ma anche della perdita di contrasto in tutto il resto dell'immagine (il canale di gronda). L'obiettivo della foto a destra è un 85/1.4 di rango e prezzo pari al Planar della Zeiss.
Foto Archivio Studio Nexus © Rino Giardiello
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